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I PROCESSI AI MAGGIORI ESPONENTI ANTIFASCISTI PRIMA DEL TSDS

Prima dell'entrata in funzione del tribunale speciale per la difesa dello stato furono celebrati alcuni processi penali a carico di vari soggetti appartenenti a ideologie diverse, ma che in comune erano antifascisti. I tribunali non giudicavano delitti comuni segnati da un movente politico, ma giudicavano un vero e proprio "reato di antifascismo". L'antifascismo era visto come un tradimento, come una violazione del dovere di fedeltà ai superiori interessi della nazione. Tali processi non erano solo repressione, ma avevano senso anche come tecnica di costruzione di consenso.

Nel 1923 iniziò il processo ai maggiori esponenti del Partito comunista d'Italia. Il procedimento era iniziato con l'ordine di arresto dei dirigenti del Pcd'I da parte della questura di Roma, che li accusò di complotto internazionale per abbattere il governo. Dalla questura di Roma l'ordine di arresto

Era stato diramato alle questure disseminate sul territorio nazionale. Il comitato esecutivo e gli avvocati difensori del partito condannarono lo squilibrio secondo con cui alcune sedi avevano rilasciato gli arrestati mentre altre li avevano consegnati all'autorità giudiziaria. Inoltre il comitato e gli avvocati affermavano che il materiale probatorio era stato acquisito in modo illegittimo. Al termine delle indagini preliminari e prima del rinvio a giudizio cadde l'accusa di complotto (più grave), ma restava in piedi l'art 251 che incriminava le associazioni che incitavano pubblicamente a compiere delitti, alla disobbedienza della legge e all'odio fra le classi sociali. Il PM chiedeva 18 mesi di detenzione per i maggiori esponenti del partito. La strategia della difesa era duplice: da un lato affermava l'insussistenza del reato e il diritto dei partiti di compiere un'opera di proselitismo fra le masse; dall'altro lato attribuiva alla vicenda

giudiziaria unconnotato politico. Bordiga, capo del partito, affermava infatti che il procedimento non era stato avviato peraccertare una responsabilità penale, ma era nato come accusa politica. Ma fu soprattutto l'avvocato Cassinelliad insistere sulla natura politica del procedimento. Cassinelli, oltre a demolire il quadro probatorio, affermòche il governo voleva spezzare la schiena ai comunisti, e ricordò ai giudici che i processi avviati pernecessità politica hanno sempre trovato il correttivo dei magistrati (che non lavorano secondo un indirizzopolitico) citando poi un gran numero di assoluzioni.La sentenza si concluse con l'assoluzione degli imputati. Dal punto di vista dei fatti il tribunale assolse icomunisti per insufficienza di prove che dimostrassero che il partito voleva commettere delitti. Dal punto divista del diritto il tribunale affermò che alla luce delle leggi liberali ancora vigenti, il diritto di associazione(grande temadel momento discusso nella giurisprudenza) consentiva di seguire i principi di questo o di quel partito, per quanto sovversivo esso fosse. Le leggi quindi garantivano l'esistenza legale del partito comunista all'interno dell'ordinamento. La sentenza fu aspramente criticata dal governo e non a caso di li a poco le leggi liberali sarebbero state cambiate.

Nel corso di un processo celebratosi a Firenze nel 1925 agli autori di "Non mollare", una deposizione di un testimone causò l'apertura di un procedimento contro Salvemini. Il tribunale di Firenze tuttavia stabilì che il teste non poteva testimoniare prima di essere stato giudicato coimputato nel processo precedente, con la conseguenza che Salvemini venne liberato. L'esito del procedimento scatenò la rabbia dei fascisti, che a ottobre diedero luogo a numerosi tumulti e incidenti, assassinando anche alcuni esponenti di "Non mollare".

Di conseguenza Salvemini lasciò.

L'Italia per la Francia. Proprio sull'onda di queste violenze nel Novembre 1925 il governo presentò alla camera un disegno di legge che prevedeva la privazione della cittadinanza e dei beni nei confronti dei fuoriusciti: il fuoriuscitismo era visto come un danno che i pessimi italiani compivano al proprio paese, un vero e proprio tradimento. Fu una vera e propria legge contro la persona di Salvemini, etichettato come il capofila dei pessimi italiani.

Un anno dopo, nel novembre del 1926, venne varato il testo unico di pubblica sicurezza. L'art 160 del t.u elevava l'espatrio (fuoriuscitismo) per motivi politici, a delitto penale; lasciare il paese clandestinamente per altri motivi non politici invece era sanzionato come una contravvenzione. L'art 160 poi equiparava il delitto consumato al delitto tentato, e uniformava la posizione dei concorrenti del reato in caso di cooperazione nel reato stesso.

La misura colpì De Gasperi (ex segretario del Ppi),

arrestato alla stazione di Firenze nel 1927 mentre era diretto a Trieste con la moglie. De Gasperi fu rinviato al tribunale di Roma con l'accusa di aver tentato di espatriare per motivi politici con passaporto scaduto, e di essere in possesso di alcuni documenti falsificati. Dal secondo capo di imputazione fu assolto in appello, che giudicò il possesso di documenti falsi come uno scherzo di ignoti. Con riferimento all'accusa di tentativo di espatrio invece, l'avvocato difensore (Filippo Meda) insisteva sull'intenzione dell'assistito di lasciare Roma per tornare a casa e trovare un'occupazione, missione resa impossibile dalle continue molestie che subiva a causa della sua passata attività e opinioni politiche: secondo Meda insomma mancava il movente politico. Il tribunale tuttavia in primo grado condannò De Gasperi. La pena sarebbe poi stata dimezzata in appello, ma anche dopo la grazia ottenuta nel 1928 De Gasperi sarebbe rimasto un.

"sorvegliato speciale". Durante la sua attività difensiva, Meda proponeva una densa riflessione riguardo alla nuova figura di reato prevista dall'art 160. Quanto ai fatti Meda affermava che la punibilità sorgeva si prima dell'atto di varcare la frontiera, ma non riteneva penalmente rilevante il semplice mettersi in viaggio verso la zona di confine. Quanto al movente politico, l'avvocato sosteneva che un conto era tentare di fuggire per cospirare all'estero (penalmente rilevante); un altro è espatriare per cercare lavoro altrove a causa del proprio passato politico (penalmente irrilevante, al limite solo contravvenzione). Il movente politico non poteva certo presumersi dal solo passato politico di una persona. Nell'affermare tutto ciò Meda fece riferimento al celebre Processo di Savona, che si concluse in modo diverso. Nel 1927 Turati e Pertini furono deferiti al tribunale di Savona, accusati di espatrio clandestino per motivi politici."

Era stato utilizzato un motoscafo partito dal porto di Savona, e l'equipaggio fu condannato per cooperazione ed esecuzione del reato. I difensori ricorrevano ad argomenti tecnici, etichettando l'art 160 delt.u come una mostruosità giuridica che puniva l'autore principale nello stesso modo dei complici. Gli avvocati proposero poi argomenti più "personali": da un lato insistevano sul fatto che l'equipaggio aveva agito per stato di necessità, cioè salvare Turati e Pertini dal pericolo grave ed imminente delle violenze squadriste; dall'altro lato veniva negato che Turati avesse commesso un reato politico, ma affermavano che avesse agito perché gravemente malato.

Il tribunale affermò che il movente politico doveva essere dominante, e come tale non poteva presumersi ma doveva risultare dai fatti concreti. Di conseguenza, pur riconoscendo la rilevanza penale dell'espatrio, venne escluso il movente politico sia per

Turati (anziano e malato era espatriato per curarsi in un luogo adatto) che per Pertini (espatriato per cercare lavoro, cosa che a Savona non poteva fare per via dei contrasti col fratello fascista). Allo stesso modo anche l'aiuto prestato dall'equipaggio non poteva rivestire i connotati di un delitto politico. Tutti furono condannati con pene molto lievi.

Il Processo di Savona, celebrato in un momento in cui il fascismo stava ritoccando gli ultimi tratti del regime, fu un episodio che parve mettere in crisi il sistema. Gli stessi antifascisti giudicarono il processo un vero e proprio successo politico, capace di minacciare lo stato totalitario. Una particolarità del Processo di Savona fu che il tribunale non si dichiarò incompetente, evitando così che il caso passasse nelle mani del tribunale speciale per la difesa dello stato. Il processo fu quindi una breve parentesi di disobbedienza civile e giudiziaria al regime fascista.

La sentenza del 1923 nei confronti dei...

Comunisti italiani e la giurisprudenza in tema di espatrio politico, riflettevano l'orientamento dei magistrati che (tranne nel caso De Gasperi) almeno in quegli anni simuovevano ancora in un orizzonte liberale, alla ricerca di FATTI CONCRETI commessi dagli imputati. Il rifiuto di riconoscere rilevanza penale all'intenzione (NB: diverso da tentativo) e al sospetto poggiava sul tecnicismo giuridico che, insieme alla separatezza fra giustizia e politica, ha sicuramente contribuito a limitare i danni del regime. I giudici penali poterono continuare ad affidarsi al tecnicismo giuridico grazie all'istituzione del tribunale speciale per la difesa dello stato: i giudici ordinari mantennero la propria indipendenza, la propria gerarchia ed il proprio modus operandi proprio perché era il tribunale speciale ad occuparsi dei reati politici.

REATI CONTRO LO STATO: VILIPENDIO, LIBELLO SEDIZIOSO E SOSPENSIONE DELLA LEGALITÀ

Negli anni successivi alla I guerra mondiale

Rocco, ma è presente anche in altre legislazioni. In Italia, il reato di vilipendio è disciplinato dall'articolo 278 del codice penale. Esso punisce chiunque offende con parole o atti il prestigio o la dignità di una persona giuridica pubblica o privata, o di un corpo politico o amministrativo dello Stato. Il reato di vilipendio può essere commesso attraverso diverse modalità, come ad esempio l'insulto, la diffamazione o la calunnia. Il reato di vilipendio sedizioso, invece, è disciplinato dall'articolo 279 del codice penale. Esso punisce chiunque, con parole o atti, vilipende la bandiera, l'inno o altri simboli dello Stato, o incita alla violenza o alla soppressione dell'ordine costituito. Questo reato è strettamente legato al concetto di sovversione dell'ordine pubblico e può essere considerato un reato politico. Sia il fascismo italiano che la democrazia britannica hanno fatto uso di questi reati per difendere l'autorità dello stato e reprimere l'opposizione politica. Tuttavia, è importante sottolineare che le modalità di applicazione e l'interpretazione di questi reati possono variare a seconda del contesto storico e politico. In conclusione, i reati contro lo stato, come il vilipendio e il vilipendio sedizioso, rappresentano una categoria di reati che ha avuto un ruolo significativo sia nel fascismo italiano che nella democrazia britannica. Questi reati sono stati strumentalizzati per difendere l'autorità dello stato e reprimere l'opposizione politica, ma la loro interpretazione e applicazione possono differire a seconda del contesto storico e politico.modi principali: 1. Vilipendio al Capo dello Stato: era considerato un reato vilipendere o insultare il Capo dello Stato fascista, ovvero Benito Mussolini. Questo includeva qualsiasi forma di critica o disprezzo nei confronti del leader fascista. 2. Vilipendio ai simboli del regime: era considerato un reato vilipendere o insultare i simboli del regime fascista, come ad esempio la bandiera o l'inno nazionale. Questo includeva qualsiasi forma di disprezzo o mancanza di rispetto verso questi simboli. 3. Vilipendio alla razza italiana: era considerato un reato vilipendere o insultare la razza italiana, ovvero l'idea di superiorità razziale promossa dal regime fascista. Questo includeva qualsiasi forma di discriminazione o disprezzo verso altre razze o etnie. Questi reati di vilipendio erano puniti con sanzioni penali severe, inclusa la reclusione. Il regime fascista utilizzava il concetto di vilipendio per reprimere qualsiasi forma di opposizione o critica al regime stesso.
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Publisher
A.A. 2018-2019
17 pagine
9 download
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Simo.Russo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della giustizia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Storti Claudia.