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P.A.:
Controversie su atti amministrativi produttivi di certezze pubbliche: non è atto amministrativo
proprio, ma un atto vincolato che crea certezza pubblica. Il giudice può ricostruire i fatti,
ordinare alla P.A. la riproduzione di documenti, può annullarlo o sostituirlo con altro
contenente il proprio acclaramento. L’autorità amministrativa deve eseguire interamente la
pronuncia.
Controversie sul rifiuto opposto dall’Ufficiale dello Stato Civile alla celebrazione del
matrimonio: che non può avvenire se non per causa di legge. L’interessato può adire il
tribunale civile, che provvederà in Camera di Consiglio, sentito il P.M., per richiedere un
ordine all’Ufficiale di celebrare il matrimonio.
Altre materie attribuite per legge: ascrivibile al genus di diritti assoluti non degradabili ad
interessi legittimi.
Riparto di giurisdizione nel pubblico impiego dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro
dei dipendenti pubblici. 26
Capitolo 8 – I limiti dell’attività del Giudice ordinario.
1. Introduzione.
Gli artt. 4-5 Legge 1865 prevedono dei limiti interni al potere del G.O. verso la P.A. nel caso di
sindacato dei provvedimenti amministrativi: solo quando esso sia chiamato a conoscere di un atto
amministrativo della P.A.
La Legge 1865 si basava sulla regola della divisione dei poteri: si ammette il controllo giurisdizionale
sull’operato della P.A. in quanto si risolverebbe una tutela dei diritti soggettivi ma il giudice ha il
divieto di sostituirsi alla P.A. nell’emanare provvedimenti amministrativi.
Il legislatore del 1865, in realtà, temeva l’attività del G.O. e volle conservare alla P.A. una serie di
privilegi, uno dei quali vietare al G.O. di esercitare il potere di annullamento di un atto, non attuando
così il principio di sottoposizione al G.O. di tutte le controversie relative ai diritti soggettivi.
2. Ipotesi prospettabili.
Quando la contestazione cade su un diritto che si pretende leso da un atto della P.A. i tribunali si
limiteranno a conoscere gli effetti dell’atto in relazione all’oggetto dedotto in giuridico (art. 4) ed
applicano i provvedimenti ed i regolamenti in quanto essi siano conformi alle leggi (art. 5 Legge
1865).
Ci si trova di fronte dunque a tre limiti al potere del G.O.:
L’efficacia del giudicato ordinario è limitata al rapporto giuridico oggetto della controversia:
la sentenza del G.O. fa stato solo tra le parti in causa e può riguardare solo l’oggetto dedotto
in giudizio da esse. Gli effetti della sua decisione (declaratoria di legittimità (illegittimità del
provvedimento)) vanno circoscritti all’atto in relazione ai suoi risvolti dannosi, per i quali
l’azione è stata instaurata (poteri di cognizione).
Divieto di annullamento e riforma: ogni atto della P.A. non può essere annullato o modificato
dal G.O. ma solo dalle Autorità competenti. A tal proposito si sono succedute due
interpretazioni:
- 1° interpretazione: quando il G.O. si trova di fronte ad un provvedimento
amministrativo illegittimo, non può emettere pronuncia in ordine al vizio dedotto, ma
deve limitare la sua indagine alla conoscenza di ciò che riguarda gli effetti del
medesimo. Il giudice non può prescindere dalla disamina della conformità del
provvedimento alla legge, ma tutto rimane una sorta di accertamento preliminare. La
disamina deve essere ex necesse limitata ai vizi di incompetenza e di violazione di
legge, ma non rientra l’eccesso di potere, non potendo la sentenza entrare sul potere
discrezionale dell’amministrazione.
- 2° interpretazione: il G.O. ha il potere di accertare il vizio dei provvedimenti
amministrativi, ma non può rimuovere l’atto invalido, quindi rimane una mera
enunciazione dichiarativa d’invalidità; qui però il potere del G.O. è più ampio, perché
ogni vizio dell’atto è sindacabile dal giudice.
La disapplicazione: anche per essa abbiamo due interpretazioni:
- 1° interpretazione: il giudice dichiara non avverati gli effetti prodotti in relazione alla
lesione del diritto soggettivo (c.d. declaratoria d’improduttività di effetti).
- 2° interpretazione: il giudice, accertata l’esistenza del provvedimento invalido,
dovrebbe condannare la P.A. al solo ristoro dei danni.
La prassi giurisprudenziale è per la 1° tesi, che appare più conforme agli artt. 4-5 Legge 1865.
27
La disapplicazione dell’atto amministrativo è inibita se la legittimazione dell’atto è stata acclarata dal
G.A: con sentenza passata in giudicato: impossibilità di far valere davanti al G.O. i vizi
dedotti/deducibili davanti al G.A.
In quei pochi casi nei quali possono essere portati alla cognizione del giudice provvedimenti
amministrativi, bisogna limitare l’ambito di giurisdizione ordinaria di chi la può solo contemplare,
perché nulla può disporre se non pagare un compenso.
L’inapplicabilità costituisce una situazione oggettiva in cui si trova il provvedimento viziato, il quale
assume rilievo solo davanti la giurisdizione ordinaria, e che lo priva degli effetti giuridici che esso
produce, sui diritti soggettivi, pur mantenendolo in vita.
L’invalidità del provvedimento, costituita dall’inapplicabilità, soggiace al potere di annullamento del
G.A. nei confronti del provvedimento stesso perché produttivi di effetti che colpiscono interessi
legittimi, quindi viziato. Ciò non è rilevante per il G.O. perché quest’ultimo di essi non può conoscere.
Le due situazioni soggettive invalidità-inapplicabilità ed invalidità-annullabilità sono in una sorta di
relazione disgiuntiva: o sussiste l’una o l’altra, e ricalca la vecchia formulazione “petitum-causa
petendi”.
In realtà vi è una sola tutela che si individua tramite il carattere del provvedimento, e non come si
diceva una doppia tutela (G.O. per atto vincolato; G.A. per atto discrezionale).
3. Impugnativa dei regolamenti.
L’art. 5 Legge 1865 dispone che le Autorità giudiziarie “applicano i regolamenti generali e locali in
quanto conformi alle leggi”. Si ha una disapplicazione del regolamento distinta dalla disapplicazione
del provvedimento.
Quando si chiede la disapplicazione di una situazione contenuta in un regolamento, la censura deve
ex necesse dirigersi contro la singola norma e non contro tutto il regolamento nel suo insieme.
Regolamenti generali: dello Stato e degli Enti Nazionali, che hanno efficacia verso tutta la comunità
statale.
Regolamenti locali: delle autorità amministrative locali.
Regolamento in senso proprio: atto amministrativo con efficacia normativa esterna e con carattere
generale; non contiene norme incidenti su diritti soggettivi, perciò non sindacabile dal G.O.
Disapplicazione: al privato non è consentita l’impugnativa diretta della norma regolamentare (perché
non lede un suo diritto soggettivo), ma solo una sorta di impugnativa indiretta. Il G.O. può solo
disapplicare la norma regolamentare per il caso dedotto in giudizio, ma non ha il potere di annullare
la medesima e dichiarare il regolamento viziato e quindi inapplicabile nei confronti della generalità
dei governati.
La pronuncia del giudice si limita a dichiarare che la norma regolamentare è viziata per non
conformità alla norma primaria e quindi non dà ad essa applicazione per il caso concreto.
Nei confronti degli altri soggetti ai quali l’amministrazione intendeva applicare quella norma
regolamentare, la pronuncia del giudice viene ad avere l’efficacia della Auctoritas rerum similiter
iudicatur, rischiando la P.A. una nuova azione contro di essa. 28
Capitolo 9 – Cenni sul processo esecutivo.
1. Generalità.
Non è consentito al G.O. l’annullamento o la modifica di un provvedimento amministrativo se non
per ciò che concerne le sentenze costitutive in cui ha giurisdizione piena. Pertanto quando l’effetto
caducatorio non si produce, non esistono preclusioni ad ammettere sentenze di condanna al
pagamento verso il debitore, come misura esecutiva prevista dalla legge per l’obbligazione non
compiuta.
Laddove l’amministrazione sia stata condannata a pagare somme di denaro, incombe su di essa il solo
onere di predisporre gli atti interni di contabilità, per adempiere alla obbligazione di pagamento
scaturita dalla sentenza. Dunque:
È sempre proponibile un’azione esecutiva verso la P.A. inadempiente, solo su quei beni che
possiede come soggetto di diritto comune (e non sui beni pubblici) quindi sui beni patrimoniali
disponibili;
L’azione esecutiva non è proponibile quando la P.A. deve porre in essere un diverso
adempimento, come restituire un bene, ripristinare lo stato dei luoghi. In questo caso la
pronuncia del giudice comporterebbe la modifica/annullamento dell’atto amministrativo.
2. L’esecuzione delle sentenze di condanna.
L’esecuzione delle sentenze di condanna può avvenire attraverso i normali strumenti esecutivi
previsti dal cpc, anche se il numero di beni patrimoniali disponibili sui quali agire è limitatissima. In
alternativa l’interessato può promuovere, davanti il G.A., il giudizio di ottemperanza, che consente al
G.A. di sostituirsi alla P.A., tramite la nomina di un commissario ad acta che emette gli opportuni
provvedimenti.
3. L’inerzia della P.A.; i danni all’immagine; il danno erariale.
Laddove l’inadempimento, o anche il ritardo, consegue da un comportamento colposo del funzionario
titolare dell’ufficio legittimato ad emettere il mandato di pagamento e laddove da tale situazione
scaturisca danno erariale, è stato previsto che l’amministrazione ha l’obbligo di denunziare il
funzionario alla Corte dei Conti.
È vero che dell’inerzia risponde l’amministrazione stessa nei confronti del privato, ma è anche vero
che l’inerzia può essere riportata al comportamento di quei funzionari che avrebbero dovuto
materialmente predisporre il procedimento contabile per l’emissione del titolo di spesa.
Alla Corte dei Conti spetta, attraverso il Procuratore Genarle, l’azione di risarcimento sia del danno
erariale (con carattere economico), sia del danno morale per lesione all’immagine ed alla credibilità
della P.A.
Danno erariale: l’istituto della responsabilità amministrativa-contabile dei pubblici dipendenti riporta
danni peculiari rispetto alla responsabilità civile. Questo sia per la posizione di amministratore
chiamato a rispondere del proprio operato in ragione del rapporto d’ufficio instaurato con la P.A., sia
per l’attribuzi