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Giudizi estetici e teologici

I giudizi estetici e teologici fanno parte di quest'ultima categoria. Quando infatti ci imbattiamo in un oggetto e lo giudichiamo tale, produciamo un giudizio secondo cui l'oggetto è realmente bello, non solo bello per noi. Ci impegniamo ad affermare che il giudizio è valido anche per gli altri. Dato che ci troviamo di fronte a un giudizio estetico, potremmo pensare che sia invece qualcosa di solamente individuale, ma Kant afferma che esiste una differenza tra qualcosa di piacevole e qualcosa di bello. Nel primo caso si tratta di un giudizio personale e soggettivo, mentre nel secondo caso non è l'agente a trovare piacevole l'oggetto, bensì è l'oggetto stesso a essere bello. Questo tipo di giudizio non parte dal concetto generale di bello, ma parte dal caso particolare e poi va alla ricerca del concetto sotto cui poterlo sussumere. Per questo motivo Kant parla di giudizi riflettenti nel caso dei giudizi estetici.

produrre un giudizio simile infatti produciamo qualcosa di universale, soggetto a norme universali nonostante sia dettato dal gusto, il più personale dei sensi. Quando invece formuliamo un giudizio soggettivo su ciò che risulta piacevole, non ci troviamo più di fronte a un giudizio normativo, ma stiamo solo riferendo un nostro stato mentale. È un giudizio che non presume la possibilità di essere comunicato ad altri, mentre il giudizio che riguarda il bello, nonostante non si basi su concetti o regole, è un'esperienza che possiamo comunicare. Non siamo in grado di prescrivere una regola per la bellezza, ma essendo il bello qualcosa di universalmente comunicabile, deve necessariamente essere strutturato da norme universali. È anche vero però che non possiamo certo affidarci ai concetti per determinare l'unica cosa su cui possa valere come bello, cui possiamo basarci è il possesso di un senso universale, il

gusto→ L’apprensione di qualcosa in quanto belloestetico. scaturisce dal libero gioco armonico tra intelletto eimmaginazione nell’esperienza. L’immaginazione si deve trovare a costruire, anche senza intervento di regole,un’unità nell’esperienza che si trova in un’armonia spontanea con i giudizi concettuali prodotti dall’intellettoe il modo in cui il soggetto apprende questa armonia corrisponde all’atto che l’accompagna: l’atto del giudizioriflettente. Il piacere che proviamo nell’esperienza estetica non precede il giudizio stesso; prima bisogna avereil giudizio riflettente secondo cui qualcosa è bello al fine di esperire il piacere estetico. Piacere estetico chearmonico di immaginazione e intelletto. Possiamo paragonare l’esperienza delaltro non è che il libero giocobello allora alla semplice esperienza empirica in quanto il bello ci appare e suscita giudizi, come accade nellaformali dell’oggetto.

Anche l'arte può essere realtà empirica. Noi infatti reagiamo soltanto alle caratteristiche considerate belle, ma perché lo sia deve dare l'impressione di essere libera da quella progettualità che invece è propria. Per questo l'esperienza del bello naturale rivela sempre qualcosa in più rispetto al bello artistico.

La bella arte è qualcosa costruito appositamente per noi, per suscitarci qualcosa sulla base di stilemi ben precisi, mentre la natura ci dà opere che, prive di qualsiasi progettualità, vanno incontro alle nostre esigenze delle nostre facoltà di immaginazione e intelletto. Le anime belle sono proprio quelle che sanno riconoscere la superiorità del bello naturale rispetto al bello artistico. Il bello di natura è ben più adatto infatti a esprimere e delle facoltà che Kant ritiene essenziale per l'esperienza estetica, rivelare il libero e spontaneo.

giocosuggerendo inoltre un ordine indeterminato di fondo, cioè quello del sostrato sensibile dei fenomeni, che è inall'arte, senza però essere costrettoquestione nel godimento artistico. Il genio è quella persona che dà la regolaa seguire nessuna regola già data se non la sua. Il concetto di anima bella aveva svolto un ruolo centrale nelpensiero illuminista: si riteneva che il bello fosse capace di guidare anche la vita morale. Kant invece escludequesto genere di motivazione; si viene indotti al bene morale dalla legge morale stessa. I sentimenti del rispettodella legge morale e del piacere estetico sono entrambi caratteristiche empiriche della vita della nostra menteche non precedono, e anzi non possono precedere, il nostro incontro rispettivamente con la legge morale e conil bello. L'esperienza estetica apprende questa indeterminatezza in un modo che non ci è dato articolareconcettualmente, ma che è assolutamente

È necessario se vogliamo concepire la nostra somma destinazione e diventare esseri morali autonomi. Anche i giudizi teleologici sono giudizi riflettenti, poiché vanno chiaramente al di là dei giudizi basati su attributi fisiologici. Sembrano necessari a classificare qualcosa come organo, cioè per giudicare quel qualcosa in base a determinati scopi di cui esso è al servizio. L'osservatore infatti produce un giudizio riflettente alla luce di ciò che egli considera lo scopo di maggiore importanza del quale quella certa caratteristica è al servizio. Kant pensa che non si possano eliminare le spiegazioni teleologiche dalla biologia. Affinché sia possibile formulare giudizi che riguardano gli organi nei termini delle finalità alle quali questi sono asserviti, sembra necessario comprendere a quali altri scopi siano a loro volta asservite quelle finalità secondarie; e ciò richiede di concepire la natura come un tutto finalistico.

La natura però si mostra a noi uno stato di caos, non è possibile oggettivamente concepire la natura come ordinata secondo fini. Eppure da un punto di vista morale dobbiamo necessariamente giudicare l'umanità come un fine in se stessa e concepire il mondo come se avesse in se stesso il fine di portare all'esistenza l'uomo in quanto essere morale. Vedere l'uomo come essere morale comporta valutarlo normativamente, considerarlo come membro del regno dei fini. A tale concezione dell'umanità si accompagna la concezione del mondo come finalisticamente strutturato e precisamente nella misura in cui permette all'uomo di raggiungere il sommo bene (l'unione di virtù e felicità). Ciò richiede che venga anche concepito un creatore morale del mondo, anche se Kant nega che da questa affermazione sia altrettanto necessario ammettere l'esistenza di Dio, mentre lo è riconoscere la validità della.

legge morale. La stessa storia umana deve essere concepita come se fosse guidata da scopi interni alla natura stessa, al fine di portare a compimento il regno dei fini quale comunità etica. Noi tutti siamo pieni del naturale desiderio di entrare in società, ma dobbiamo tenere conto anche del nostro innato egoismo (male radicale) che produce in noi il desiderio di mantenere la nostra sovranità privata a spese degli altri. Questo genere di tensioni e conflitti che si vengono a creare va ad ostacolare la realizzazione della comunità etica, a cui invece tende idealmente la storia, e richiede che il genere umano abbia un padrone capace di spezzarne la volontà e di forzarlo ad obbedire a una volontà universalmente valida. Dobbiamo avere una fiducia pratica nel fatto che la storia operi, in un modo o nell'altro, in accordo con leggi ignote, ma nondimeno compatibili con la legge morale normativa. Il destino dell'umanità intera punta allo

stato liberale europeo, come se essa fosse guidata da una mano invisibile che non possiamo vedere. il trionfo del diritto in Europa avrà una funzione legislativa per tutto il mondo el'umanità. Nel 1781 uscì la Critica della ragion pura e nel 1787 venne data alle stampe una seconda edizione radicalmente rielaborata. Nel 1785 poi Kant pubblicò La fondazione della metafisica dei costumi, seguita nel 1788 dalla Critica della ragion pratica. Lo scoppio della rivoluzione francese divenne il fatto determinante per lo sviluppo. All'inizio infatti la rivoluzione venne interpretata dalle giovani coscienze tedesche del pensiero post-kantiano come la prova concreta della realizzazione della propria autonomia millantata da Kant nella Critica della ragion pura. Sembrava che il pensiero del filosofo potesse essere capace di scuotere i tedeschi dai legami del passato senza dover passare attraverso la violenza che invece si era scatenata in Francia. La Rivoluzioneveniva vista come una riforma, un presagio di un nuovo ordine spirituale cui la Germania era destinata. Il pensiero di Kant era ormai ripreso in maniera più militante di una semplice teoria scientifica. Nel 1792 i rapporti tra il neogoverno francese e i territori tedeschi si deteriorarono a tal punto da condurre alla guerra. Un contingente tedesco si spinse fino in Francia con l'intento di mettere fine al disordine rivoluzionario, ma venne sconfitto miseramente il 20 settembre dello stesso anno a Valmy. Da quella data la situazione iniziò a precipitare: in Francia venne abolita la monarchia, il re fu processato e giustiziato e il Terrore si tramutò in una condizione permanente. Molti di quelli che si erano dichiarati entusiasti della Rivoluzione, si ritirarono orroriditi dagli atti violenti compiuti. In Germania gli eventi francesi diedero la spinta a un'intera generazione di intellettuali tedeschi i quali, formatisi sulle opere di Kant, speravano in un nuovo ordine spirituale per la loro nazione.nuovo mondo e in un nuovo ordine politico, morale e religioso. La filosofia di Kant non veniva letta come semplice trattato accademico, ma come il presagio di qualcosa di nuovo. Lo sviluppo cronologico del pensiero post-kantiano seguì proprio Jacobi iniziò ad accusare prima l'illuminismo e gli sviluppi della Rivoluzione francese: Friedrich Heinrich filosofia kantiana stessa poi di distruggere tutto senza costruire niente. Dubitava infatti che la ragione, liberada vincoli, potesse produrre un mondo moderno. Quando la Rivoluzione francese prese le strade più violente molti cominciarono a credere che Jacobi avesse ragione. La speranza accademica in un mondo libero e razionale era destinata a produrre null'altro che devastazione. L'idea kantiana poi di una chiesa invisibile, che tutti nel nome della virtù, all'atto pratico sembrò essere più pericolosa di quanto si era immaginato. Gli attacchi diere considerate nel loro contesto storico.
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Publisher
A.A. 2018-2019
36 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiuliaO. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Garelli Gianluca.