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IDEA PER UNA STORIA UNIVERSALE DAL PUNTO DI VISTA COSMOPOLICO (1784)
Le azioni umane sono determinate come ogni altro evento naturale da leggi universali della natura. La storia si occupa della narrazione di tali fenomeni e si spera con essa che si scopra un andamento regolare, dunque che nei singoli soggetti possa essere riconosciuto uno sviluppo costantemente in progresso, anche se lentamente. Matrimoni, nascite e morti non appaiano sottoposti a nessuna regola in grado di determinarne anticipatamente il numero mediante calcoli. Eppure secondo le tabelle annuali gli eventi accadono secondo regolari leggi di natura, il cui succedersi non può essere predeterminato nel dettaglio, ma nell'insieme a nulla impediscono di mantenere un andamento uniforme e privo di interruzioni. I singoli esseri umani e i popoli interi pensano poco al fatto che, mentre perseguono il proprio intento, ciascuno secondo il proprio disegno e spesso l'uno contro l'altro, procedono secondo
l'intento e lo scopo della natura a loro sconosciuto e lavorano alla sua promozione. Poiché gli esseri umani non agiscono in modo meramente istintivo come animali né interamente secondo un piano stabilito come cittadini del mondo razionali, così non sembra possibile una storia umana conforme a un progetto. Il filosofo deve tentare di scoprire, in questo corso insensato delle cose umane, un intento della natura, quindi se sia possibile una storia secondo un piano determinato della natura. Si riuscirà a trovare un filo conduttore per una tale storia? 1. Tutte le disposizioni naturali di una creatura sono destinate a dispiegarsi un giorno in modo completo e conforme al fine. Un organo che non viene utilizzato, un'organizzazione che non raggiunge il suo scopo sono una contraddizione nella dottrina teleologica della natura. Infatti se ci allontaniamo da quel principio non abbiamo più una natura che è conforme a leggi, ma che gioca senza scopo, eal posto del filoconduttore della ragione subentra il caso.2. Nell'uomo (in quanto unica creatura razionale sulla Terra) quelle disposizioni naturali che sono finalizzate all'uso della sua ragione si sviluppano completamente nel genere, non nell'individuo. Ragione è la facoltà di estendere le regole e gli scopi dell'uso di tutte le sue forze molto oltre l'istinto naturale, non conosce limiti ai suoi progetti. Non agisce istintivamente, ha bisogno di esercizio e insegnamento per progredire da uno stadio di conoscenza all'altro. Ogni uomo dovrebbe vivere smisuratamente a lungo per imparare in che modo fare un uso completo delle sue disposizioni naturali; ma se la natura ha fissato un termine breve alla sua vita, allora ha bisogno di una serie interminabile di generazioni di cui l'una tramandi all'altra i propri lumi, per portare i suoi germi nel nostro genere fino a quel grado di sviluppo che è pienamente adeguato al suo.intento. Questo momento dev'essere la meta delle sue aspirazioni, altrimenti le disposizioni naturali dovrebbero essere considerate in gran parte vane e senza scopo. 3. La natura ha voluto che l'uomo traesse interamente da sé stesso tutto ciò che va oltre l'organizzazione meccanica della sua esistenza animale e che non partecipasse di nessuna altra felicità o perfezione se non quella che egli si fosse procurato, libero dall'istinto, da sé stesso, per mezzo della propria ragione. La natura è stata particolarmente parsimoniosa con l'uomo, ha infatti limitato la sua dotazione animale ad una misura scarsa, appena sufficiente al bisogno di un'esistenza ai suoi inizi. Essa lo ha dotato anche della ragione come se avesse voluto che l'essere umano, se un giorno si fosse elevato dalla massima rozzezza alla più grande abilità, alla perfezione interiore e quindi alla felicità, dovesse averne interamente ilmerito ed essere grato solo a se stesso; come se avesse mirato di più alla sua stima di sé razionale che al suo benessere. Doveva trarre tutto da sé stesso. L'invenzione dei suoi mezzi di nutrimento, della sua sicurezza e difesa, ogni diletto che possa rendere la vita piacevole dovevano essere interamente opera sua. Infatti in questo corso delle vicende umane c'è una intera schiera di fatiche che attende gli uomini. Sembra che alla natura non sia importato affatto che egli vivesse bene, bensì che progredisse tanto da rendersi degno della vita e del benessere col suo comportamento. Le generazioni precedenti sembrano condurre i loro sforzi solo a favore delle successive, ma solo le più tarde devono avere la fortuna di abitare nell'edificio a cui ha lavorato una lunga serie di antenati, senza nemmeno poter partecipare alla felicità per la quale hanno compiuto la loro opera. È allo stesso tempo necessario, una volta che siaccetti che un genere animale debbaavere la ragione e arrivare, come esseri razionali mortali il cui genere è invece immortale, asviluppare completamente le sue disposizioni. 4. Il mezzo di cui la natura si serve per portare a compimento lo sviluppo di tutte le suedisposizioni è il loro antagonismo nella società, in quanto esso divenga infine causa di unordine legittimo. L’Antagonismo è l’ insocievole socievolezza degli esseri umani, cioè la loro tendenza a entrare insocietà che però è connessa con una resistenza che minaccia costantemente di dividere questasocietà. La disposizione a ciò sta nella natura umana. L’uomo ha un’inclinazione ad associarsiperché in una tale situazione avverte lo sviluppo delle sue disposizioni naturali. Ma ha anche unagrande tendenza a isolarsi perché trova in sé l'insocievole caratteristica di voler disporre tuttosecondo le sue intenzioni e interessi.e perciò si attende ovunque resistenza, così come sa di sé di essere incline a resistere contro gli altri. Questa resistenza risveglia tutte le forze dell'uomo, lo porta a superare la sua tendenza alla pigrizia e a procurarsi una posizione fra i suoi consoci, che non può sopportare, ma di cui non può fare a meno. Così avvengono i primi passi dalla rozzezza alla cultura, che consiste nel valore sociale dell'uomo; così vengono sviluppati tutti i talenti e prodotte le premesse di un modo di pensare che può trasformare la rozza disposizione naturale al discernimento etico in principi pratici determinati, e quindi una concordanza patologicamente forzata a una società in un tutto morale. Senza l’insocievolezza (che dipende dalle pretese egoistiche) tutti i talenti rimarrebbero eternamente celati. Sia reso grazie alla natura per la vanità, per la brama incontentabile di avere o di potere. Senza di esse, tutte leEccellenti disposizioni naturali dell'umanità giacerebbero in eterno senza svilupparsi. L'uomo vuole concordia, ma la natura conosce meglio che cosa è buono per il suo genere: la discordia. L'uomo vuole vivere comodo e felice; ma la natura vuole che si debba tuffare dall'indolenza e dalla contentezza inattiva nel lavoro e nelle fatiche, per escogitare in compenso anche il modo di trarsene di nuovo sagacemente fuori. L'insocievolezza rivela l'ordine di un Creatore sapiente.
Il massimo problema per il genere umano, alla cui soluzione la natura lo costringe, è il raggiungimento di una società civile che faccia valere universalmente il diritto. La società deve possedere libertà e generale antagonismo ma anche limitazioni a tale libertà perché possano coesistere le libertà degli altri. Solo in tale società può essere conseguito l'intento supremo della natura (lo sviluppo di tutte le).
Sue disposizioni) e dato che la natura vuole che essa debbaottenere da sé questo traguardo, compito supremo della natura per il genere umano: una società in cui la libertà sotto leggi esterne si ritrovi al massimo grado possibile connessa con una costituzione civile perfettamente giusta. A entrare in questo stato di coazione l'uomo è costretto dalla pena, quella che reciprocamente si infliggono gli esseri umani, le cui inclinazioni fanno sì che non possano esistere a lungo l'uno accanto all'altro in selvaggia libertà. Solo in un recinto come l'unione civile le inclinazioni producono l'effetto migliore, come gli alberi in un bosco ottengono una crescita diritta perché ciascuno cerca di togliere all'altro aria e sole e si necessitano a vicenda a cercarli sopra di sé, mentre quelli che, in libertà e separati l'uno dall'altro, gettano i loro rami a piacimento, crescono deformi, sbilenchi e storti.
Questo problema è insieme il più difficile e quello che verrà risolto più tardi dal genere umano. L'uomo è un animale che se vive fra altri ha bisogno di un padrone perché abusa della sua libertà e sebbene desideri una legge che ponga limiti alla libertà di tutti, la sua inclinazione egoistica lo induce a esimersene quando è possibile. Ha bisogno quindi di un signore che spezzi la sua volontà particolare e lo necessiti a obbedire a una volontà universalmente valida, in cui ciascuno può essere libero. Dove prendere questo signore? Dal genere umano. Questo signore, però, è ugualmente un animale che ha bisogno di un signore. Non si vede come ci si possa procurare un capo che sia egli stesso giusto, sia che lo si cerchi in una persona singola o in un'associazione di più persone. Ciascuno di loro abuserà sempre della sua libertà se non ha nessuno al di sopra di.sé che eserciti la forza su di lui secondo la legge. Il capo supremo, però, deve essere giusto di per sé stesso e deve essere un uomo. Questo compito è il più difficile di tutti e la sua soluzione è impossibile. Possiamo solo avvicinarci all'idea. Si richiedono: giusti concetti circa la natura di una possibile costituzione, grande esperienza esercitata per molti corsi del mondo e una volontà buona preparata alla sua accettazione; questi elementi possono trovarsi insieme in un solo momento assai difficilmente e molto tardi dopo numerosi tentativi vani. 7. Il problema della instaurazione di una costituzione civile perfetta dipende dal problema di un rapporto esterno fra stati secondo leggi e non può essere risolto senza quest'ultimo. L'insocievolezza è anche la causa per la quale ciascuna cosa comune in relazione con l'esterno, cioè come Stato in rapporto a Stati, sta in una libertà senza vincoli.Perciò l'uno deve aspettarsi dall'altro gli stessi mali che hanno oppresso gli esseri umani singoli e li hanno costretti a entrare in una condizione civile legale. La natura induce dopo molte devastazioni a uscire dalla condizione.