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LE DECISIONI DI PRINCIPIO
4.1. In ogni decisione che prendiamo si possono individuare due fattori, dei quali il primo almeno in teoria può mancare, mentre il secondo è sempre presente in una qualche misura. Essi corrispondono alla premessa maggiore e a quella minore del sillogismo pratico aristotelico. La premessa maggiore è un principio della condotta; la premessa minore è un'asserzione che ci dice più o meno dettagliatamente che cosa di fatto comporta l'agire in un certo modo.
Ad esempio, se decidiamo di non dire una cosa perché è falsa, seguiamo il principio "Non dire mai (o non dire in certe circostanze) ciò che è falso", e inoltre dobbiamo sapere che l'asserzione in questione sarebbe falsa.
Esaminiamo prima la premessa minore, dato che presenta minori difficoltà. Ovviamente non possiamo decidere sul da farsi se non abbiamo almeno un'idea di che cosa succederebbe se ci
comportassimo in un certo modo. Per esempio, supponiamo di essere dei datori di lavoro e di dover decidere se licenziare o no un impiegato che abitualmente arriva in ufficio in ritardo. Se lo licenziamo, priviamo la sua famiglia del denaro di cui vive, forse creiamo alla nostra ditta una reputazione che spingerà gli impiegati a cercar lavoro altrove, e così via; se lo teniamo, addossiamo agli altri impiegati il lavoro che altrimenti sarebbe svolto da quell'impiegato; e gli affari dell'ufficio non saranno sbrigati rapidamente come potrebbero se tutti gli impiegati fossero puntuali. Queste sarebbero le considerazioni che faremmo nel prendere la nostra decisione. Esse riguardano tutti i possibili effetti del licenziare quell'impiegato e del non licenziarlo. Sono gli effetti a determinare quello che facciamo; è fra le due serie di effetti che decidiamo. Ciò che è essenziale in una decisione è che essa modifica il corso degli
avvenimenti;e lo modifica proprio in quanto i suoi effetti sono diversi da quelli di ogni altra. Alcuni filosofi della moralesembrano talvolta ritenere che, in certe occasioni, sia immorale prendere in considerazione gli effetti di ciò che sifa. Dobbiamo compiere il nostro dovere, essi dicono, qualunque effetto ne derivi. Ma ciò è insostenibile, dato ilsenso in cui qui usiamo la parola ‘effetto’. Non stiamo prendendo le parti della ‘convenienza’ (in senso cattivo)contro il ‘dovere’. Anche compiendo il nostro dovere — nella misura in cui con ciò facciamo qualcosa —provochiamo certi cambiamenti nel complesso della situazione. È senz’altro vero che, di tutti i cambiamenti cheè possibile provocare alcuni sono da considerarsi più rilevanti di altri (quali lo siano di più e quali di meno, sta aiprincipi morali dircelo). Non importa che gli effetti siano prossimi o remoti, anche se
È importante che siano certi o incerti. Si considera immorale non riparare un'ingiustizia, non perché chi così si comporta prende in considerazione gli effetti mentre non dovrebbe; ma perché egli dà a certi effetti - cioè alla massimizzazione del piacere - una rilevanza che non dovrebbero avere in confronto alla superiore importanza di quegli altri effetti che sarebbero derivati dalla riparazione dell'ingiustizia. Nel presentare un ragionamento su come bisogna comportarsi è della massima importanza non usare parole valutative nella premessa minore. L'esposizione dei fatti del caso è bene che sia il più fattuale possibile, è meglio lasciare le espressioni valutative al loro posto, nella premessa maggiore. Ciò impedirà d'introdurre inavvertitamente un termine medio ambiguo (cfr. l'esempio in 3. 3 verso la fine). Non è che discutendo i fatti del caso non si debbano.Usare parole che possano avere un significato valutativo; giacché ciò sarebbe impossibile, dato il modo in cui il significato valutativo pervade il linguaggio. L'importante è che nella premessa minore si usino le parole in modo tale da poterne accertare la verità o la falsità con prove precise (che non comportino a loro volta una valutazione).
Il rapporto tra le due premesse può forse essere chiarito con un esempio immaginario. Supponiamo che un uomo abbia una chiaroveggenza tale da poter prevedere tutti gli effetti delle diverse azioni fra le quali egli deve scegliere; ma che non si sia ancora formato, o che non gli sia stato insegnato, nessun principio della condotta. Nel decidere fra diversi comportamenti, quest'uomo avrebbe una visione completa ed esatta delle alternative fra le quali sta decidendo. Il problema è di stabilire se, e in che misura, il non essersi formato alcun principio gli impedisca di giungere ad una decisione.
Sembrerebbe fuor di dubbio che egli possa scegliere fra due comportamenti; sarebbe strano perfino definire una simile scelta necessariamente arbitraria e infondata, giacché se un uomo sa esattamente in ogni dettaglio ciò che fa e ciò che avrebbe potuto fare, la sua scelta non è arbitraria nel senso in cui lo sarebbe una scelta fatta lanciando in aria una monetina senza tener conto degli effetti. Ma supponiamo di chiedere a quell'uomo: "Perché hai scelto questa serie di effetti e non l'altra? Quali tra i tanti effetti ti hanno spinto a decidere così come hai deciso?". Egli potrebbe rispondere in due modi. Potrebbe dire: "Non so spiegarlo; è che mi andava di decidere così; un'altra volta, di fronte alla stessa scelta, potrei decidere diversamente". Oppure potrebbe dire: "Ho deciso così per motivi ben precisi; volevo evitare certi effetti ed ottenerne certi altri".
Potremmo definire la sua decisione in un certo senso arbitraria se rispondesse nel primo modo (sebbene anche in quel caso egli avesse un qualche motivo per scegliere come ha fatto, e cioè che gli andava così); ma non se rispondesse nel secondo modo. Dando la seconda risposta, infatti, quell'uomo, pur non avendo dei principi prestabiliti, mostra di aver cominciato a formarseli; in quanto scegliere degli effetti perché sono certi determinati effetti è cominciare a seguire il principio che bisogna scegliere quegli effetti. Questo esempio ci mostra che per agire secondo un principio non è necessario avere un principio già prima di agire; decidere di compiere un'azione perché ha certi effetti è abbracciare un principio d'azione, anche se non è necessario adottarlo per sempre. Nella realtà gli uomini non sono fortunati come l'individuo del nostro esempio. All'inizio essi non sanno nulla del futuro; ela conoscenza che poi ne acquistano non è intuitiva. La nostra conoscenza del futuro - se non siamo degli indovini - si basa su principi di predizione che ci vengono insegnati o che ci formiamo da noi.
I principi di predizione sono un tipo di principi d'azione, dato che predire è una particolare azione. Pertanto, sebbene non sia logicamente impossibile fare a meno di ogni principio e prendere tutte le decisioni nel modo arbitrario rivelato dalla prima risposta, di fatto ciò non si verifica mai. Inoltre, la nostra conoscenza del futuro è incompleta e solo probabile, per cui in molti casi i principi che ci vengono insegnati o che ci formiamo da noi non dicono 'Scegli questi effetti e non quelli', bensì 'Tu non sai per certo quali saranno gli effetti; ma compi questa azione e non quella, e molto probabilmente i suoi effetti saranno tali quali li avresti scelti se li avessi potuti prevedere'.
A questo proposito è
Importante ricordare che ‘probabile’ e ‘verosimile’ sono termini valutativi; in molti contesti ‘E probabile (o verosimile) che P’ equivale a ‘Ci sono buone ragioni (o prove) per ritenere che P’.
4.3. In base a quanto detto, due sono le ragioni per le quali abbiamo dei principi. La prima ragione riguarda chiunque, anche un uomo con una conoscenza perfetta del futuro, che decida di scegliere qualcosa perché ha certe caratteristiche. La seconda ragione riguarda noi in quanto di fatto non abbiamo tale perfetta conoscenza e in quanto la conoscenza che ci è propria implica dei principi.
A queste ragioni bisogna ora aggiungere una terza. Senza principi non sarebbe possibile insegnare quasi nulla, giacché nella maggior parte dei casi ciò che si insegna è un principio. In particolare, quando impariamo a fare qualcosa, ciò che impariamo è sempre un principio. Anche apprendere un fatto (come i nomi dei quattro
marcia in determinate situazioni stradali. Allo stesso modo, quando si impara a rispondere a una domanda, non si impara a ripetere una risposta specifica, ma a rispondere in base al principio di fornire informazioni corrette. Quindi, imparare a rispondere alla domanda "Quali sono i quattro capoluoghi di provincia delle Marche?" significa imparare il principio di fornire i nomi corretti delle quattro città principali della regione Marche: Ancona, Macerata, Pesaro e Urbino. Questo principio di apprendimento si applica a molte altre situazioni nella vita. Non si tratta solo di memorizzare informazioni specifiche, ma di sviluppare la capacità di applicare principi generali in diverse situazioni. Questo tipo di apprendimento è fondamentale per acquisire competenze e abilità che possono essere utilizzate in modo flessibile e adattato alle diverse circostanze. Quindi, quando impariamo qualcosa, non stiamo solo memorizzando dati, ma stiamo acquisendo principi che ci permettono di agire in modo efficace e appropriato. Questo è ciò che rende l'apprendimento un processo dinamico e significativo.marcia quando il motore fa un certo rumore. Se non fosse così, l'istruzione non servirebbe a nulla; se infatti l'istruttore non potesse far altro che dirci di cambiare marcia ora, egli dovrebbe sederci accanto per tutta la vita per dirci ogni volta quando è che dobbiamo cambiare marcia. Così, senza principi non potremmo imparare proprio nulla dai nostri padri, e ogni generazione dovrebbe ricominciare da capo ad essere maestra a se stessa. Ma anche se ogni generazione fosse in grado d'insegnare a se stessa, non potrebbe farlo senza principi; giacché chi insegna a se stesso, come chi insegna ad altri, insegna dei principi. Questo lo si può vedere ricorrendo ancora al nostro esempio immaginario. Supponiamo che il nostro chiaroveggente prenda tutte le sue decisioni in base a un principio, ma che lo dimentichi sempre non appena presa la decisione. Di conseguenza, egli dovrebbe considerare tutti gli effetti delle azioni fra cui si tratta di scegliere,
ogni volta che prende una decisione. Ciò gli prenderebbe tanto tempo da non permettergli di prendere molte decisioni nella sua vita. Egli passerebbe tutto il tempo a decidere cose come se mettere avanti prima il piede destro o il sinistro, e non arriverebbe mai a prendere le decisioni più importanti. Ma se potesse ricordare i principi