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CAP. 2 IDEALISMO E REALISMO
Con la separazione della Germania, erede del terzo Reich divenne la RFT; in effetti entrambe
avevano avuto lo stesso identico Ministero degli esteri e alcuni diplomatici implicati nello sterminio
avevano ripreso il loro posto al termine del conflitto. All’interno del ministero si contavano più
nazisti negli anni ’50 che nel decennio precedente alla guerra. Dopo la guerra, la Germania ovest
aveva perso metà del suo territorio e molte risorse naturali, quali il carbone. Essa, inoltre, era
divenuta una democrazia; la distruzione subita nel 45 aveva anche modificato il carattere della
popolazione e il suo approccio all’uso della forza militare. La guerra fredda aveva stravolto la
collocazione geografica del paese: la Germania era ora uno Stato debole situato al margine
orientale dell’Europa occidentale, si era spostata dal centro all’estremità; fino alla riunificazione
rimase una nazione semisovrana, dipendente dagli alleati. La RFT aveva due obiettivi in politica
estera: la sicurezza e la riabilitazione internazionale. Scopo principale era dunque quello di
integrarsi nelle organizzazioni internazionali come la NATO e la futura UE. La RFT può esser
definita come “potenza civile” volta a civilizzare i rapporti tra Stati avvalendosi di norme
internazionale. Insieme al Giappone era definita “nuovo tipo di potenza internazionale”: entrambi
usciti sconfitti dalla guerra, accettavano di cooperare con altri Stati e preferivano utilizzare
strumenti non militari per realizzare la propria politica estera. La dipendenza di entrambi dagli USA
era solo una strategia per potersi concentrare sulla crescita economica. Questo nuovo tipo di
Stato, più che all’espansione militare, puntava all’espansione commerciale. Negli Usa, in ambito di
politica estera, dominavano i concetti di idealismo e realismo. L’idealismo è legato alle relazioni
internazionali e mira a diffondere norme e valori; il realismo, è volto al perseguimento anti
ideologico degli interessi economici ed è accostato all’isolazionismo e all’imperialismo. Anche nella
Germania ovest è possibile individuare i due approcci: la sicurezza e la riabilitazione – i due
obiettivi della politica esterna nazionale- necessitavano di integrazione nelle istituzioni
internazionali e di un solido rapporto con l’occidente, la Westbindung. Ma lo sviluppo di tali legami
formalizzava la divisione in due della Germania e ben presto innescò un intenso scontro tra coloro
che privilegiavano la dimensione securitaria e chi non voleva rinunciare alla relazione con la DDR.
Da una parte l’intenzione di rafforzare la Westbindung, anche a costo di ampliare la distanza tra le
due Germanie, dall’altra la volontà di privilegiare l’unità e il rifiuto di integrarsi definitivamente
nell’Occidente. Fino al 45 il nazionalismo apparteneva soprattutto alla destra, mentre la sinistra
tendeva ad essere internazionalista. Ma dal 49 in politica estera i socialdemocratici si dimostrarono
più nazionalisti dei conservatori. Durante la guerra fredda, i cristiano-democratici si sono battuti per
la Westbindung,- l’integrazione nell’occidente-, mentre i socialdemocratici per la riunificazione.
Idealismo del centro destra – idea di libertà; nazionalismo di centro-sinistra – concetto di pace. Nel
1949 diviene cancelliere il cristiano-democratico Adenauer, lo rimane fino al 1964. Primo obiettivo
di Adenauer fu quello di ottenere una maggior libertà di manovra, poiché la Germania ovest era un
protettorato degli alleati occidentali. Sfruttando la dipendenza dagli Usa, Adenauer puntava a
rendere la RF un membro paritario del blocco occidentale. Adenauer aveva una visione idealistica
degli affari internazionali. Nel 1949 firmò l’accordo Petersberg che pose fine allo smantellamento
dell’industria nazionale e nel 1950 firmò il Piano Schuman che diede vita alla CECA. Questa
contribuii sicuramente alla riabilitazione internazionale del Paese. Il leader dei socialdemocratici
Schumacher riteneva che la priorità per la Germania dovesse essere la riunificazione, per questo
criticò fortemente la politica di Adenauer e lo accusò di essere il “cancelliere degli alleati”.
Adenauer, invece, voleva una Germania unita ma riteneva che la riunificazione sarebbe stata
possibile solo nell’ambito di un’Europa diversa. Fu perciò che, nel 1952, rifiutò la proposta di Stalin
di unire la Germania. Nel 1955 la Germania ovest fu riarmata ed entrò nella NATO; nel 1957
Adenauer firmò il Trattato di Roma che diede vita alla CEE. Con queste decisioni, la Westbindung
si rafforza e la divisione tra Germania est ed ovest diviene sempre più marcata. La divisione
diviene realtà con la costruzione del muro di Berlino nel 1961. Nel 1969 Brandt divenne il primo
cancelliere socialdemocratico nella storia della RF. Il suoi consigliere, Bahr, riteneva che la
riunificazione sarebbe stata possibile solo negoziando con l’Urss, Bonn avrebbe dovuto migliorare
le condizioni di vita dei cittadini della DDR. Bahr cercò di mettere in atto il suo progetto: nel 1968
Kissinger, consigliere del presidente americano Nixon, inaugurò una politica di distensione nei
confronti dell’USS, aprendo un canale di comunicazione diretta con Bahr. Inizialmente, Kissinger vi
guardava con sospetto perché la prospettiva messa in atto era essenzialmente nazionalista e
perché puntava essenzialmente alla riunificazione. L’atteggiamento di Bahr può essere definito
realista; egli, in effetti, provò ad ottenere la massima libertà di manovra e a stabilire una relazione
indipendente con Mosca. Secondo Kissinger, la Germania era tornata alla Mittelage; egli temeva
che l’Ostpolitik potesse aumentare la dipendenza dell’europa da Mosca. Nonostante ciò, gli Usa si
schierarono al fianco di Brandt, che firmò numerosi trattati con i Paesi del blocco orientale a partire
dal 1970. Di fatto, l’Ostpolitik ammorbidì la posizione dei sovietici; si trattava di una strategia
realista che puntava sull’interesse nazionale e sull’equilibrio di potenza. Nel 1974 Brandt si dimise
e fu nominato cancelliere Schmidt, con cui proseguì la distensione. URSS e USA firmarono un
Trattato per la limitazione degli armamenti strategici. Schimdt adottò un approccio alle relazioni
internazionali incentrato sugli affari economici. L’economia tedesca divenne un modello per le altre
economie europee quando uscì dalla crisi petrolifera grazie alla stabilità dei prezzi. Nel frattempo,
germania est e ovest continuavano a firmare accordi bilaterali che favorirono commercio e
circolazione tra i due paesi. Nel 1977 si ebbe una crisi dei missili: l’URSS sostituì i suoi missili
nucleari con altri ben più minacciosi (non rispettando il SALT) e la RF iniziava a temere che gli
USA non la avrebbero difesa in caso di un eventuale attacco nucleare. Nel 1979 la NATO annunciò
che avrebbe installato dei missili più potenti nella RF se l’URSS non avesse ritirato i propri. Ne
derivò un’ondata di protesta che si concluse nel 1983 con l’accettazione da parte del Parlamento
tedesco di stanziare dei missili americani nella RF. Nel 1982 era divenuto cancelliere Kohl. La
politica di Brandt e Schmidt venne meno nel momento in cui ci si accorse quando ancora la RF
fosse dipendente militarmente dagli USA. Per quanto riguarda il passato nazista se ne iniziò a
parlare solo tra anni ’60 e’70. L’olocausto fu introdotto nella memoria collettiva dell’occidente e ,
dagli anni ’70, i capi del governo e il presidente federale iniziarono a compiere gesti di pentimento.
Alcuni esponenti della destra, allora, iniziarono ad affermare che il nazismo dovesse essere
considerato al pari degli altri crimini commessi nel ‘900, primi fra tutti quelli commessi dal Stalin.
Qualcuno affermò addirittura che il nazismo dovesse essere dimenticato. Mentre la destra voleva
relativizzare e storicizzare il passato, la sinistra insisteva sull’obbligo di ricordare. Comunque, molti
erano concordi nell’affermare che la Germania non avrebbe dovuto essere eternamente debitrice
per i crimini commessi dal nazismo. Il nazismo ebbe ripercussioni sulla politica esterna di Bonn:
nei primi 30 anni di storia della RF le lezioni derivanti dalla catastrofe nazista – la cultura del basso
profilo, il rifiuto dell’uso della forza, la westbindung, l’integrazione europea- oltre alla riabilitazione
internazionale perseguita da Adenauer, erano entrate nel mainstream nazionale.
CAP. 3 CONTINUITA’ E CAMBIAMENTO
Con la riunificazione del 1990 fu riaperta la questione tedesca; avendo incorporato la DDR, la RF
divenne più popolosa di Francia e GB. La Germania tornò nuovamente alla Mittelage; l’idea che
potesse tornare ad essere una potenza centrale spaventava gli altri Stati. Diversamente dal 1871,
nel 1990 la Germania faceva parte di una serie di organismi che moderavano il comportamento
degli stati e davano stabilità. In un primo momento, la Thatcher e Mitterrand si allearono per
cercare di evitare la riunificazione, poi Mitterrand iniziò a ritenere che la miglior soluzione alla
questione tedesca risiedesse proprio nell’ulteriore integrazione europea (stesso pensiero che
aveva condotto alla realizzazione dell’UE). Due, comunque, erano i timori di Mitterrand 1) temeva
che la RF avrebbe abbandonato la vocazione europea per muoversi in solitaria; 2) che la
Germania fosse troppo grande per essere contenuta nelle strutture comunitarie. Secondo
Mitterrand, la situazione poteva essere tenuta sotto controllo grazie al’integrazione europea; la
Thatcher, invece, temeva che così facendo, Berlino avrebbe sicuramente dominato l’Europa. Il
dibattito concernente la riunificazione tedesca si spostò, poi, sul progetto dell’UEM. Nel 1970
Werner e la commissione di cui era capo elaborarono un piano in3 fasi che stabiliva tassi di
cambio fissi e che avrebbe portato alla realizzazione dell’UEM nel corso di 10 anni. Però, gli Stati
non erano ancora pronti a rinunciare alla propria moneta nazionale. Ci riprovò Delors, presidente
della Commissione europea, nel 1989. Fu con la caduta del muro di Berlino che Mitterrand chiese
a Kohl di iniziare i negoziati sull’UEM, altrimenti si sarebbe tornati al mondo del 1913. Kohl, si
arrese ad accettò l’UEM in cambio della riunificazione tedesca. Ciò che si temeva era che la
Germania unita potesse modificare il suo atteggiamento nei confronti del passato nazista e tornare
ad adottare politiche del passato; occorreva però considerare il fatto che la Germania fosse
cambiata. Dopo la caduta del muro, si aprì un dibattito sul concetto di “normalità”: uno dei più
influenti critici fu H