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Roma. La sua attività è talmente vicina agli insegnamenti della “scuola” di Manfredi che Sandrart conia la

Théodore Rombouts

fortunatissima definizione di manfrediana methodus. si dimostra invece più legato alla

cultura figurativa nordica nelle sue rappresentazioni di genere, in cui i personaggi, colti nelle attività consone

alla taverna, presentano attitudini e fisionomie fortemente caricate. I suoi dipinti offrono una visione meno

raffinata e più popolare rispetto alle versioni similari dei colleghi caravaggeschi. Tra i pittori fiamminghi

Gerrit von Honthorst

troneggia di Utrecht; egli non fa propriamente parte del gruppo manfrediano ma nel

periodo italiano realizza scene di grande impatto visivo e invenzione. Egli elabora sistemi di illuminazione

interna al dipinto e forti contrasti chiaroscurali, ambientando le sue scene di banchetto in atmosfere buie e

ambigue. Ma gli effetti luministici, la ricercatezza dei dettagli e la monumentale impostazione delle figure

Dirk van Baburen

sono certamente di stampo romano-caravaggesco. Anch’egli originario di Utrecht,

raggiunge Roma nel 1617 dove realizza la sua più importante impresa, la decorazione della cappella della

Pietà in S. Pietro in Montorio. Egli si interessa particolarmente alla rappresentazione delle scene di gioco e

delle scene sacre, organizzate secondo l’impostazione suggerita dal metodo manfrediano.

2. La cultura di genere, temi feriali e moniti virtuosi

Nuovi eroi popolari

Il gusto per la rappresentazione di vagabondi, mendicanti, zingare, cortigiane e furfanti si sviluppa

durante il XVI secolo attraverso la letteratura picaresca che pone al centro delle narrazioni le figure dei

protagonisti della strada, trasformandole in novelli eroi popolari. La letteratura cinquecentesca offre

all’immaginario collettivo continue invenzioni in questo ambito. Vere e proprie scene di genere sono presenti

nei componimenti poetici dialettali prodotti dai membri dell’Accademia della Val di Blenio, guidati dallo

Giovanni Paolo Lomazzo.

studioso e pittore Precedentemente alcuni brani di genere sono rintracciabili nelle

opere letterarie di Francesco Berni, di Anton Francesco Doni, di Anton Francesco Grazzini, di Pietro Aretino e

di Teofilo Folengo. È evidente insomma un interesse crescente nei confronti di soggetti letterari più popolari

e quotidiani. Sono state spesso evidenziate dagli studiosi anche connessioni tra la pittura di genere e la

Commedia dell’arte. Questo tipo di arte teatrale derivava direttamente dai giullari e dai cantastorie medievali

che erano soliti girovagare per le corti e allestire i propri spettacoli anche nelle piazze e lungo le strade. I

giullari medievali erano giunti a una tipizzazione estrema dei propri personaggi anche a causa del bando

emesso nei loro confronti dalla società medievale che non poteva accettare gli eccessi dissacratori di cui

riempivano le loro manifestazioni; gli attori cominciarono ad accostarsi sempre più ai personaggi che

interpretavano, facendo infine dimenticare al pubblico la persona reale in virtù del carattere fittizio che

portavano sulla scena. Si ottenne in questo modo una canonizzazione dei caratteri della Commedia, capace

di discostare l’elemento artistico-teatrale dalla vita vera. Nacquero le tipologie, le figure ricorrenti all’interno

della scena teatrale, che iniziarono a trasmigrare dal mondo teatrale alle arti figurative, trovando spazio con

eguale frequenza sia nella Commedia dell’arte, sia nella pittura di genere. Inoltre, già dal Quattrocento si

assiste a un crescente interesse da parte degli autori del teatro italiano per gli aspetti della vita reale, per gli

accadimenti di ogni giorno, per le esperienze degli umili.

Zingare, picari e barrarie del mondo. Testimonianze letterarie e documentarie

Verso la fine del Cinquecento si assiste a un decisivo avvicinamento tra le rappresentazioni teatrali e

le opere di pittura, anche a causa della necessità da parte della Chiesa di trasmettere messaggi religiosi. I

Flaminio

palchi della commedia dell’arte e i cortei carnevaleschi vengono rappresentati negli “scenari” di

Scala del 1611, in cui compaiono anche tutti i personaggi tipici della commedia detta “all’improvviso”. Il

teatro dunque assurge a paradigma della vita reale e gli elementi del genere vengono innalzati dal livello

umile cui appartengono, divenendo esemplari della condizione umana. Oltre agli spettacoli teatrali, era la

letteratura a descrivere le gesta di personaggi che con le loro precipue caratteristiche rientravano nella

categoria del genere. Questi scritti evidenziano le analogie tra la letteratura di stampo teatrale dell’epoca e

Francesco Andreini

la pittura caravaggesca: i bizzarri personaggi presentati da nelle varie scenette e nei

dialoghi che compongono le Bravure del Capitan Spavento (1607) sono veicoli dell’insegnamento morale

conclusivo. Per quanto riguarda i soggetti delle raffigurazioni, letterarie o dipinte che fossero, ovviamente

ispirate fedelmente alla realtà di alcune situazioni del tempo, furono molti i trattati che si opposero alle varie

pratiche di gioco e alle illecite attività ingannevoli dei popoli zingari. Un universo di bohémiens, giocatori

d’azzardo, cortigiane e riunioni a lume di candela all’interno di bettole oscure popola gli scritti e le tele tra la

fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. Nel XVII secolo, all’interno degli scritti e delle opere

pittoriche che trattano soggetti di genere, si rafforzano i richiami alla moralità, tendenza tanto più importante

se si considera il degrado che circolava all’epoca per le strade di Roma nonostante i tentativi del governatore

di arginare la situazione critica con retate e processi ai malfattori. Sappiamo infatti che alla fine del XVI secolo

il gioco delle carte e dei dadi era diffuso in tutta la città. Per mantenere l’ordine nelle città della penisola

erano stati pubblicati numerosi editti che mettevano al bando i singoli giochi d’azzardo, imponendo divieti e

multe anche a chi assisteva a tali pratiche, e furono eseguiti molti processi contro i bari professionisti che

infestavano le vie cittadine adescando gli sprovveduti. Roma era il luogo adatto in cui questi traffici potevano

diffondersi indisturbati: la città era considerata il “paradiso dei truffatori”, meta dei furfanti di tutta Europa.

Si creò uno stile letterario, quello picaresco, che raccoglieva moltissimi elementi delle tradizioni precedenti

e contemporanee, sia colte sia umili, e che si accompagnava con eccezionale coerenza alle composizioni

pittoriche che a Roma si diffondevano all’inizio del secolo ad opera di Caravaggio e, qualche anno dopo, dai

suoi seguaci.

I caravaggeschi dipingono la scena di genere: motivi iconografici

Il quadro di genere segue un proprio codice comunicativo fatto di immagini attinenti alla tradizione

popolare, collegate tra loro in modo piuttosto lineare, con riferimenti alla sfera domestica, erotica e alla

gestualità quotidiana. Per interpretare il linguaggio di genere, è necessario tenere presente ambiti tra loro

molto distanti quali la tradizione comica e quella moralistica, le vicende reali dei furfanti di strada, la

descrittività analitica di tipo cronicistico oppure intellettualistico, l’osservazione di stampo scientifico o

caritativo verso i ceti inferiori e ovviamente l’attenzione al dato decorativo. Sovente squarci del quotidiano

convergono all’interno di scene evangeliche come la parabola del Figliol prodigo, nella descrizione della vita

dissoluta del giovane peccatore, o il Rinnegamento di Pietro, con la soldatesca che si sfida alle carte e ai dadi.

Il luogo tipico in cui si incontrano i personaggi della scena di genere caravaggesca è la taverna che diviene

l’universo di una vita parallela e talvolta oscura. Nel Medioevo questo ambiente simboleggiava il mondo delle

cose terrene, un mondo talmente infimo da essere lontano dallo sguardo divino: il regno della tentazione e

del peccato. Ancora nel Seicento l’osteria era nell’immaginario collettivo il luogo eletto in cui Lucifero si

manifestava e legava a sé i propri seguaci. I personaggi nelle scene di taverna caravaggesche sono

rappresentati in gruppo, solitamente non inferiore a tre elementi, e si dedicano alle attività di svago, quali il

gioco delle carte, l’ascolto della musica, e il bere vino in completo abbandono. Altre situazioni mostrano

invece i musicisti al centro dell’azione scenica mentre suonano in concerto, o anche cruente operazioni

dentistiche, realizzate alla presenza di spettatori. Queste raffigurazioni arrivano a inserire fino a dieci

personaggi, in alcuni casi anche di più. Ciò che accomuna tutte le ambientazioni di genere caravaggesche è

la scelta dell’illuminazione: la scena si svolge nella penombra, al chiarore di poche candele che illuminano

uno spazio intuibile, ma soffocato, reso talvolta molto avvolgente, tanto da trasformare anche la locanda più

affollata in un posto appartato e intimo. L’ombra, insieme all’elemento del vino, riveste le scene di

malinconia, con i volti dei personaggi deformati dall’ebbrezza e i lineamenti confusi nell’oscurità. Quasi

sempre il riconoscimento dell’ambiente è affidato ad alcuni oggetti che identificano il luogo d’incontro:

osserviamo in alcuni casi la presenza delle carte da gioco, dei boccali da osteria, delle candele, dei bicchieri

di vino, delle bottiglie vuote, tutti accessori consoni a una taverna. Altresì l’episodio può essere ambientato

in un lupanare e in questo caso il vezzo di alcuni dettagli quali merletti, tendaggi di velluto e colori accentuati,

oltre alla presenza del vino, del cibo e delle figure femminili con provocanti decolleté in primo piano, riporterà

alla mente del riguardante atmosfere allusivamente erotiche. Gli oggetti personali sono una fonte

inesauribile di informazioni e possono trasmettere molteplici messaggi, in quanto è noto che i beni di un

individuo lo aiutano a comunicare con gli altri e a dare significato alla realtà che lo circonda. Gli abiti e

naturalmente il colore delle vesti sono i primi oggetti di una persona ad essere notati; gli abiti a tinte vivaci

dei bari caravaggeschi sono forieri di molteplici indicazioni: sono volgari, e denotano la volontà di apparire e

semmai di intimidire; dal punto di vista culturale si richiamano al carnevale e alle maschere della Commedia

dell’arte. Elementi della classicità quali are e sarcofagi, talvolta presenti nei dipinti di genere caravaggeschi,

avvicinano le scene alla cultura dell’antico. Rispetto al contesto della taverna sono elementi stranianti. La

scena di genere trasporta inaspettatamente lo spettatore in una dimensione simbolica. In queste opere vi

troviamo un forte legame con la ritualità antica. Inoltre, molti degli autori di queste opere erano protetti da

Vincenzo Giusti

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
23 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovyviv94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Macioce Stefania.