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Caravaggio e il suo periodo a Roma
Caravaggio entra poi in contatto col maestro Valentino, rivenditore di quadri a San Luigi dei Francesi, che gli presenta il cardinale Del Monte che lo accoglie in casa con alloggio, vitto e stipendio. Con l'entrata in casa Del Monte termina il periodo buio del Caravaggio a Roma. Per il suo nuovo patrono dipinge opere come i "Bari", il "Suonatore di liuto" e la "Medusa".
Il cardinale Del Monte procura a Caravaggio anche la sua prima commissione pubblica, cioè l'antica redazione del "San Matteo" per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. In questo periodo Caravaggio sperimenta anche la pittura della "natura morta". Nel "Bacco" troviamo il vassoio di frutta, il nastro dimenticato, la caraffa smezzata. Tante era la cura che Caravaggio metteva nel dipingere ciò che uno dei suoi amici riferisce come l'artista affermò che "tanta manifattura gli era fare un".
Il quadro "Buon quadro di fiori come di figure" sta a significare che il Caravaggio aveva annullato la distinzione tra una natura superiore rappresentata dagli elementi naturali del Rinascimento e una natura "inferiore". Caravaggio aveva il genio di proporre gli elementi della natura non come oggetti di pregio, ma proponendo le cose comuni. Ad esempio, nel cestino di frutta vi è sia la mela buona che quella bacata, e nei pampini di Bacco vi sono sia le foglie verdi che quelle ingiallite.
Alcuni critici obiettavano a Caravaggio il fatto di non saper coniugare il principio-base dei quadri di "historia", cioè l'azione e il movimento. A ciò Caravaggio risponde sia con il quadro "Giovinetto morso dal ramarro", dove propone un riflesso fisiologico del dolore, sia con il quadro "Medusa".
dipinta sul vecchio scudo orientale da torneo, lancinante, dovecercò di riproporre l’urlo strozzato che dura un quarto di secondo dopo ladecapitazione.
Altra obiezione mossa al Caravaggio era che nelle sue opere non c’era spazio per gli“affetti”. Ciò viene ancora una volta smentito da due opere: “La Zingara che dà laventura” e i “Bari”. Uno dei primi biografi di Caravaggio afferma che nell’opera della Zingara si può notare quella grazia mai espressa prima, dove la Zingara mostra la sua nel levar l’anello al giovanotto e questi la sua semplicità verso la vaghezza furberia della gitana. Nei “Bari”, invece, un dilettante inglese notava esservi “nei due comparitanta forza ed arroganza e nel gabbato tanta ingenuità e timore.
Ma le critiche non finirono così. Veniva detto che i soggetti di strada, di osteria non meritavano di essere accolti nell’elenco dei soggetti
autorizzati che erano soltanto le“historie”, i fatti consacrati dalla religione o le illustri storie umane.
anche a questi punti con il “Riposo nella fuga d’Egitto”Il Caravaggio dovette ribatteree la “Maddalena pentita”.
Nel “Riposo” il Caravaggio aveva immaginato un soggetto “di ferma”, “di sosta”, cosìcome lo sono la madre e il figlio addormentati alla nenia del violino suonato.
Qualsiasi altro pittore avrebbe inserito nel quadro elementi di floradall’angelo.orientale di palme e datteri, mentre Caravaggio vi rappresentai quercioli dellacampagna romana e le erbe grasse e spinose fra i mattoni rossi.
Nella “Maddalena” invece non troviamo come era d’uso, una cortigiana di lusso fattasipovera, ma una povera ciociarella tradita mentre, lacrimuccia sulla gota, approfittadell’attesa per asciugarsi i capelli dal sole che filtra nella stanzetta senza arredi.
Va comunque precisato che
questi primi quadri di carattere sacro non sono destinati ad altari, ma piuttosto a collezionisti privati. Questi chiamiamoli così "esperimenti" servivano però al Caravaggio per poter aspirare ad avere la commissione di "opere in pubblico" da parte delle chiese, cosa per la quale contava molto sull'intermediazione del suo cardinale protettore. Fu il "San Matteo e l'angelo" la prima commissione pubblica ricevuta dal Caravaggio, destinato sull'altare della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi e che, per essere poco piaciuto, fu poi ritirato dal marchese Giustiniani nella sua celebre collezione. Qualche critico colloca questo dipinto all'ultimo decennio del secolo, ma chi ha visto quel primo San Matteo, perduto a Berlino nel 1945, sa bene che esso è legato ai primi esperimenti sacri dell'artista ed è quindi un dipinto prettamente "bresciano" del giovanissimo Caravaggio giovanissimo.Questo primo San Matteo, Caravaggio affronta il dipinto con evidente spregiudicatezza. Mettendo da parte ogni esigenza iconografica, rappresenta san Matteo come un apostolo, come gente del popolo, non curandosi del fatto che Matteo fosse comunque un pubblicano, un uomo pratico di scritture e di far di conto. Viene quindi rappresentato come un semplicione di pelle spessa, che stupisce però per la perfetta calligrafia mentre scrive sotto la guida della mano dell'angelo, una specie di ragazzaccio insolente, panneggiato in un lenzuolo a strascico come in una rappresentazione sacra da teatrino parrocchiale.
La seconda opera commissionata al Caravaggio per il pubblico fu la "Conversione di San Paolo" per la casa Balbi di Genova ed ora conservata presso la famiglia Odescalchi di Roma (10). In questo episodio, invece che da un evento miracoloso, Caravaggio parte da un incidente meteorologico: sullo sfondo il fiume Aniene ingrossato dal violento temporale, un fulmine che scheggia il
pioppo al passaggio della comitiva militaresca, il cavallo che si inalbera e Saulo che, accecato dal lampo, si porta le mani davanti agli occhi, non vedendo il Cristo e l'angelo che si sporgono dal ramo spezzato.
Come sempre, non manca nel dipinto la presenza naturalistica, come il tronco colpito dal fulmine che sfavilla, la nuvola temporalesca sul fiume posto sullo sfondo. Qui il Caravaggio usa un linguaggio al quanto teatrale dove la natura si accorda con il tema dell'evento umano.
Avverrà invece il contrario nel dipinto del "Sacrificio d'Isacco", dove alla dramaticità della cena di Abramo che "tiene il ferro figlio che grida", fa da contrappunto un paesaggio tranquillo come quello dei Castelli romani e dove il tramonto sfuma teneramente tra il giallo e l'azzurro.
Dopo questi primi incontri con l'arte sacra, al Caravaggio viene commissionata da Vincenzo Giustiniani un'opera mitologica: il
“Cupido o Amorprofano” (12). In quest’opera Caravaggio propone un perfetto torso nudo inciso da un’ombra, una gamba destra con un contorno così lungo, in contrasto con la sinistra celata dietro la caterva degli emblemi. Si tratta senza dubbio del maggior raggiungimento “plastico” del maestro, ma nonostante ciò, Caravaggio non insiste oltre su questi temi e torna presto alle storie sacre.
Lo fa dipingendo la “Cena di Emmaus” (13) (oggi a Londra), ambientata in una specie di osteria romana con la presenza anche dell’oste che senz’altro gli avrà richiamato allamente uno dei suoi primi lavori giovanili, così come anche la presenza della natura morta sul tavolo, la caraffa. Nella “Cena di Emmaus” è notabile un primo accenno di inclinazione drammatica nell’ombra che sforma sul muro, quasi caricando la figura del Cristo. Caravaggio, non avendo un modello a disposizione, dipinge il
Cristo sbarbato, ovalizzato, che senza altro gli richiama alla mente quello della "Cena" leonardesca vista negli anni giovanili a Milano. Anche nel dipinto "Andata al Calvario" (14), Caravaggio sceglie di dipingere un Cristo fin troppo bello che contrasta con l'asprezza della scena. Notiamo anche le pieghe la manica dell'aguzzino del manto molto fluide, troppo florida rispetto all'espressione spietata del viso. Diciamo che in questo dipinto possiamo leggere una giusta contrapposizione tra l'inclinazione elegiaca del periodo adolescenziale 14 con la nuova cruda passionalità emersa nell'artista. Altre opere del Caravaggio che si ispirano al mondo sacro sono "San Francesco in deliquio" (15), dove osserviamo il contrasto tra l'angelo color di luna che rievoca il periodo giovanile dell'artista, e la figura del santo con la sua tonaca intaccata dall'ombra che invece dimostrano un Caravaggio più.maturo.C'è poi il "David" (16) conservato al Museo del Prado di Madrid dove il protagonista lunare inchinato a tondere la "pecora nera" di Golia, è pensato come un pastorello evidenziando così un misto di dolcezza e forza che vanno pari passo. Un po' più orrida è la scena rappresentata nell'opera "Giuditta" (17) della raccolta Coppi dove campeggia questa scena di sangue sovrastata da un tendone sanguigno. Sembra che la stessa modella di "Giuditta" sia quella del dipinto "Santa Caterina" (18) della collezione Barberini. C'è qui un passaggio di stile: dalla campagnola Maddalena alla bella Caterina appoggiata alla ruota del martirio, con il suo candido vestito di lino dai passamani trapunti di luce ed un bel manto turchino e oro.
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Qualche antico biografo di Caravaggio sottolineava il confronto tra le trasparenze delle opere giovanili e l'uso pronunciato degli
Scuri in queste opere di carattere sacro dellasua prima maturità. Questo in effetti ci sorprende, ma possiamo capirla pensando cheogni pittore crea quello che il mondo gli chiede e Caravaggio si adegua alla richiestadi opere di carattere religioso dove cerca, appunto, di fare emergere l’episodioE’ questo il vero e proprio continuo circoloattraverso il contrasto chiaro-scuro. discambio fra arte e mondo sociale.Lo stesso Caravaggio aveva il problema di non cadere nell’apologetica del corpoumano, sublimata da Raffaello e Michelangelo, o nel chiaroscuro melodrammatico delera “il rilievo dei corpi” e perTintoretto. Quello che lui voleva invece rappresentaretener fedele la natura fisica era necessario che l’ombra apparisse come casuale e nongià causato dai corpi.