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San Giacomo in basso e quelle di San Pietro e San Paolo in alto. Sulla cuspide si legge la data 1775, che

indica la conclusione dei lavori della facciata. Nel primo ordine vi è un grande portale con cornice mistilinea,

ricca di fregi e rilievi a motivi vegetali e le porte lignee hanno una decorazione scultorea con gli episodi del

martirio di San Giorgio. L'interno, a croce latina, con le braccia chiuse da absidi semicircolari, viene diviso

in tre navate da dieci pilastri in pietra. Nell'incrocio del transetto con la navata centrale si eleva la cupola

neoclassica poggiante su due file di colonne: in precedenza libere, oggi lo spazio tra di esse è occupato da

vetri che donano alla cupola il colore blu che forma un panorama inimitabile con il resto di Ragusa Ibla.

San Bartolomeo a Scicli (Alì)

La chiesa di San Bartolomeo è uno dei più importanti monumenti della città di Scicli, risalente ai primi anni

del XV secolo, dato che resistette al catastrofico terremoto del 1693.

L'imponente e scenografico prospetto in stile barocco-neoclassico, progettato dall'architetto Salvatore Alì,

tradisce un cambiamento di gusto nella cultura ufficiale, un passaggio dalla pomposa plasticità tardobarocca

a una più chiara classicità. L'impostazione volumetrica e chiaroscurale nel contesto urbano e naturale

rimangono sono di tipo tardobarocco. L'influsso neoclassico è leggibile nelle colonne trabeate che si

concludono nei possenti costoloni della cupola terminante l'intero organismo della facciata. La struttura

architettonica interna è estremamente chiara: l'aula a unica navata è preceduta da un esonartece (nartece

rivolto verso l’esterno della chiesa) e conclusa da un abside rettangolare; due cappelle si trovano

simmetricamente a metà della navata come un transetto. Le decorazioni in stucco eseguite dal Settecento fino

al 1864 rappresentano uno degli esempi più riusciti di spazialità barocca e rocaille in Sicilia. Gli affreschi

sulla volta della navata rappresentano scene della vita di San Bartolomeo in preghiera, della benedizione,

dell'arresto e del martirio. Vi è anche una pala d'altare raffigurante il Martirio di San Bartolomeo di Pascucci.

Degne di nota è la Sacra Cassa, un'urna-reliquiario d'argento decorata con varie incisioni raffiguranti scene

della vita di San Bartolomeo.

Basilica minore di Noto (Gagliardi)

La cattedrale di San Nicolò è il luogo di culto cattolico di Noto. È ubicata sulla sommità di un'ampia

scalinata ed è dedicata a San Nicolò. La costruzione iniziò nel 1694 e fu completata nel 1703. Nel corso dei

secoli, sia la facciata che l'interno hanno subito numerosi rimaneggiamenti. L'interno, a tre navate, custodisce

numerose opere d'arte. Il crollo del 1996 ha causato la perdita dell’apparato iconografico. Il 21 gennaio 2012

Papa Benedetto XVI ha elevato la cattedrale a basilica minore. All’esterno, la facciata in pietra calcarea è un

esempio di stile tardo-barocco. Si erge sulla sommità di una scalinata composta da tre rampe risalenti al

Settecento ma ristrutturate nell'Ottocento. La tipologia della facciata è a torri laterali ed è riferibile a

composizioni francesi del Settecento. È coronata da quattro statue tardo-settecentesche e presenta nel primo

ordine tre maestosi portali, di cui quello centrale è in bronzo. L'interno, a croce latina con tre navate, ha

subito numerosi rimaneggiamenti. Nell'abside sono posti due troni vescovili con sgabelli in legno scolpito e

dorato, un coro ligneo, lo stemma in marmo del vescovo Angelo Calabretta al centro della pavimentazione,

l'altare maggiore in marmo con alle spalle il trittico di Arduino raffigurante san Nicolò, san Corrado e san

Guglielmo. Nelle navate laterali è possibile ammirare le opere preesistenti restaurate che sono scampate al

crollo.

Monumento a Maria Cristina d’Austria (Canova)

Il monumento funebre a Maria Cristina d'Austria è un'opera scultorea di Antonio Canova, custodita

all'interno dell'Augustinerkirche di Vienna. L'opera è strutturata su una piramide bianca, rappresentativa del

gusto egizio che si era diffuso dopo la campagna d'Egitto di Napoleone Bonaparte. Il punto focale della

sovrastata da un architrave, è scritto “Uxori

composizione è l'oscura apertura al centro della piramide,

optimae Albertus” («Alberto alla sua ottima moglie»). Esso è sostenuto da stipiti inclinati che conferiscono

una maggiore inclinazione virtuale alla parete. Il buio ingresso è il varco per cui si può entrare nella camera

sepolcrale e allude alla soglia che separa l'Oltretomba dal mondo dei vivi. Verso quest'apertura si avvia una

processione che reca le ceneri della defunta, contenute in un'urna retta dalla Virtù, la donna che dirige il

corteo insieme alle due fanciulle al suo fianco. Tra i partecipanti vi è un genio funerario alato dai dolci

lineamenti (tenerezza del duca Alberto), poggiato sul dorso di un leone accovacciato e malinconico (forza

morale); vi è anche la Beneficenza (o Pietà), resa dalla donna che accompagna una bambina e un vecchio

cieco, tenendolo per braccio. Il corteo funebre è assistito dalla Felicità Celeste che, accompagnata da un

bambino nudo in volo con una palma in mano (gloria), regge un medaglione recante il volto di Maria

Cristina. Il medaglione è contornato dall'uroboro, il serpente che si morde la coda e che allude al cosmo e

all'eternità. Tutti i componenti sono legati tra di loro da una ghirlanda di fiori e sono invitati a camminare su

un telo che sottolinea la continuità tra la vita e la morte. Il modo in cui Canova propone il tema della morte è

di canone neoclassico. È scolpito nel marmo il momento in cui la morte è in divenire e chiama a sé tutti i

componenti del corteo funebre che non possono sottrarsi al suo invito.

Amore e Psiche (Canova)

Amore e Psiche è un gruppo scultoreo di Antonio Canova, realizzato tra il 1787 e il 1793, conservato nel

museo del Louvre, a Parigi. Canova scolpì nel marmo uno dei momenti più lirici dell'Asino d'Oro di Lucio

Apuleio in cui è narrata la favola di Amore e Psiche. Psiche era una fanciulla seducente e scatenò le gelosie

della dea Venere che, invidiosa della mortale, decise di vendicarsi con l'aiuto del figlio Amore, il quale

avrebbe dovuto farla innamorare di un uomo rozzo che non la ricambiasse. Ma appena Amore vide Psiche se

ne invaghì perdutamente e decise con l'aiuto di Zefiro di trasportarla nel proprio palazzo. Lì Psiche trascorse

con Amore notti infuocate senza poter guardare il volto dell'amante: Amore non rivelò mai la propria

per evitare l’ira della madre Venere. Ma in seguito Psiche venne meno al patto e vide il volto

identità,

dell'uomo ma Amore, indignato, si allontanò da Psiche. Pur di potersi ricongiungere con lui, Psiche si

dichiarò disposta ad affrontare una serie di prove per ottenere l'immortalità, superandole brillantemente,

malgrado la difficoltà. Esse erano state organizzate da Venere che decise di sottoporre la fanciulla alla prova

più difficile: discendere negli Inferi e chiedere alla dea Proserpina di concederle un po' della sua bellezza.

Psiche ricevette da Proserpina un'ampolla, l’aprì e scoprì che il vaso non conteneva bellezza ma un sonno

infernale che la fece addormentare profondamente. Amore, venuto a conoscenza del destino dell'amante, si

recherà presso Psiche e la risveglierà con un bacio: è questo l'attimo che Canova ha voluto eternare nel

marmo.

L'opera raffigura, con un erotismo sottile e raffinato, Amore e Psiche nell'attimo che precede il bacio,

preannunciato dall'atteggiamento dei corpi e degli sguardi: le loro labbra vicinissime non sono ancora unite.

Amore poggia il ginocchio sinistro a terra mentre con la spinta della gamba destra si china in avanti e

sorregge delicatamente con la mano destra il volto di Psiche; con la sinistra sfiora in modo romantico il seno

di lei, tradendo un desiderio non espresso. Psiche è semidistesa, rivolge il viso verso l'alto ed alza le braccia

per accogliere il bacio di Amore, sfiorando con le dita i capelli di lui, che ha le ali spiegate. I loro corpi,

caratterizzati da una perfezione anatomica neoclassica, sono nudi tranne che per un drappo che vela le

intimità di Psiche. S può cogliere come i corpi di Amore e di Psiche intersecandosi diano vita a una X. Il

punto di intersezione tra queste due direttrici è anche il punto focale della composizione ed è sottolineato

dall’abbraccio dei due personaggi.

Il Giuramento degli Orazi (David)

Il giuramento degli Orazi è un dipinto di Jacques-Louis David, realizzato nel 1785, conservato nel Musée du

Louvre di Parigi e considerato il manifesto del Neoclassicismo. Il dipinto è tratto da una leggenda romana,

secondo cui, durante il regno di Tullio Ostilio, per decidere l'esito della guerra di Roma e Alba Longa, tre

fratelli romani (gli Orazi) si dovettero scontrare con tre fratelli di Alba Longa (i Curiazi). Dei Curiazi non

sopravvisse nessuno mentre dei tre Orazi uno riuscì a ritornare stabilendo la vittoria di Roma. Il tema del

quadro è tratto dalla narrazione storica di Tito Livio e dalla tragedia “Horace” di Corneille. Per porre fine alla

guerra si decise di affidare le sorti del conflitto ad un duello armato tra due gruppi di campioni, ciascuno in

rappresentanza delle due città: i fratelli Orazi per Roma e i fratelli Curiazi per Albalonga. Ma il vincolo che

legava Roma ed Albalonga erano gli intrecci matrimoniali tra le due famiglie. È questo il caso di Sabina,

moglie del romano Orazio, e di Camilla, moglie promessa di Curiazio, albano; era una situazione spinosa

perché le donne erano destinate a perdere i fratelli per mano del marito o a perdere un marito per mano dei

fratelli. Pertanto entrambe tentarono di opporsi allo scontro in armi, invano. Nel duello la sorte sembrò

essere a favore dei Curiazi; rimase un solo Orazio a combattere ma egli riuscì ad uccidere i tre fratelli albani

ed a evitare la sconfitta definitiva. Fu così che Roma vinse la guerra e conquistò il territorio. Infervorato dal

successo, Orazio si aspettava che la sorella Camilla (che aveva perso nel combattimento il futuro sposo)

gioisse del trionfo di Roma ma ciò non successe, ed egli - folle dal patriottismo - accusò la sorella e la

trafisse con la spada, uccidendola. La scena richiama il classico dramma poetico. Però David sceglie di non

rappresentare un momento cruento, raffigurando l’attimo in cui i tre combattenti decidono di scontrarsi per la

pace di Roma. Gli uomini presentano un braccio proteso in avanti,

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
11 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher polly_64 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Pensiero Valentina.