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Il giurista e il legislatore
Il Quattrocento rappresenta il secolo dell'affermazione dello stato regionale che porta con sé un lavoro di armonizzazione di un gran numero di ordinamenti particolari con lo ius commune per opera dei giuristi.
I consilia di Bartolomeo Cipolla mostrano come il giurista risolvesse nel concreto il rapporto tra legislazione principesca, statuto e ius commune.
Prende ad esempio 2 consilia:
- Controversia tra il duca di Ferrara e la corporazione della lana della città di Modena. Il duca di Ferrara aveva dato vita a un decreto ducale dove affermava che non era possibile dare lana come retribuzione per un determinato lavoro. I mercanti e il popolo decidono di stipulare un accordo tra di loro per continuare questo metodo di retribuzione. Dopo 12 anni, il duca vuole sanzionare questi 2 soggetti per non aver rispettato il decreto. Il decreto era legittimo, avevano sbagliato i cittadini a violarlo ma Bartolomeo Cipolla si chiede quando
Un decreto è legittimo: sarà legittimo quando viene posto da una autorità competente; recepita nello ius comune e applicata. Se si fosse rinvenuta un'utilità pubblica non si sarebbe potuto ignorare il decreto, qui però non c'è un'utilità pubblica quindi la desuetudine può comportare l'annullamento del decreto. Inoltre, l'atteggiamento del duca che non fa niente per 12 anni fa ritenere al popolo che la loro violazione sarà legittima.
La pace cittadina passava per la pace familiare, per questo motivo se all'interno di una famiglia c'erano delle dispute bisognava risolvere il prima possibile. Il giudice aveva 3 mesi per dare una pronuncia a carattere definitivo: si voleva terminare la controversia il prima possibile per poter ritornare al più presto alla pace.
In questo caso ci sono 3 fratelli che contraggono un debito, la sentenza del giudice dice che il debito doveva essere diviso.
In parti uguali. Una delle parti però sostiene che uno dei fratelli era il magister della società e che il debito doveva ricadere su di lui, ma la sentenza era definitiva. Cipolla quindi si chiede se è veramente impossibile fare appello anche per una lesione enorme? Lo ius commune e lo iura propria prevedono 2 cose diverse. Se lo ius commune prevede appello in caso di lesione enorme predisponendo la possibilità di un appello; lo statuto proprio del comune non lo prevedeva. Lo statuto era stato modificato tramite una riforma recente, prima si prevedeva la possibilità di appellarsi in caso di una sentenza ingiusta che favoriva enormemente una delle parti ma questa norma che dava possibilità di rimedio era stato eliminata. Quando uno statuto può essere modificato? Quando c'è un'utilità e necessità di modifica ma non si erano mai verificate delle problematiche per modificare questa norma, quindi non si doveva modificare.
La norma ma bisognava rafforzarla. Gli statutari possono prevedere una tale limitazione? NO, tutto quello che hanno fatto lo hanno fatto contro il proprio mandato, gli statutari non possono riformare la legge comunale (devono armonizzare non modificarli) c'è stato quindi secondo Cipolla un abuso di potere. Egli ribadisce la necessità di sanare questa norma con l'interpretazione del giurista.
CAP 3: GIUSTO PREZZO TRA FORO INTERNO (TEOLOGIA) E FORO ESTERNO (DIRITTO)
B. Cipolla si dedicherà ai trattati di compravendita con diritto di riscatto. Con il suo trattato si occupa della pratica di concludere un contratto di compravendita di un bene immobile con successivo contratto di locazione e riscatto del venditore. Secondo il foro interno (Chiesa) questa era un'usura, era un patto simulato che andava a coprire un'usura. Il foro esterno invece lo ritiene ammissibile. Secondo l'opinione di molti dotti e di Cipolla, il patto simulato va considerato tale.
quando si tratta di un patto di riscatto stipulato all'interno di un contratto di compravendita; deve avere un prezzo incongruo; e deve esserci la fama di usuraio di una delle parti. Secondo il foro interno il patto simulato si rileva quando si ha un'intenzione diversa da quella della vendita. Il compratore ha l'obbligo di accertarsi che il venditore nutra un'autentica intenzione di vendere, altrimenti dovrà evitare di concludere il contratto. La questione del giusto prezzo di vendita. Qui il contrasto tra foro interno e foro esterno pare inconciliabile: tra ciò che presume un contratto simulato si trova il c.d. prezzo incongruo, cioè notevolmente maggiore o minore rispetto al reale valore del bene. Secondo diritto civile e canonico le parti sono libere di determinare il prezzo di vendita del bene e il contratto è lecito anche quando una parte ottiene un prezzo a suo favore non corrispondete al valore del bene. PERÒ, l'unico limitesarà quello di non ledere l'altrui interesse per più di metà del valore del bene. Secondo il foro interno (chiesa) il prezzo deve essere uguale al valore della cosa altrimenti si va a ingannare il soggetto e questo è un peccato. Come stabilire il giusto prezzo? - Il prezzo stabilito dall'autorità è quello giusto e va osservato nella trattazione; - Se invece il prezzo rimane nell'arbitrio delle parti, queste dovranno applicare dei criteri utili a determinarlo, tra cui l'osservanza degli usi della regione. In caso di usi discordanti si applicherà il prezzo medio. La norma statutaria non può vietare un contratto con patto di riscatto anche con prezzo incongruo però non deve essere un contratto manifestamente fraudolento. CAP 4: GUERRA E GIUSTIZIA RAFFAELE FULGUSIO: commenta la legge romana Ex hoc iure, distinguendo tra guerra lecita o illecita: è lecita quando riprende il diritto delle genti ed è di tipodifensivo (legittima difesa); è illecita quando non riguarda il diritto delle genti e ha natura iniqua. La dottrina riconosce come guerra propriamente detta quella che rispetta i requisiti di: autorità (assenza di un superiore cui rivolgersi per ottenere giustizia); giusta causa; e buone intenzioni. La guerra del popolo romano condotta dalla cristianità contro i nemici esterni diventa la guerra per eccellenza. Si distingue tra guerra condotta senza superiore, caso di guerra a difesa di un proprio diritto e che presuppone una giusta causa e guerra condotta dall'imperatore. Nel Quattrocento, il diritto delle genti introduce un tipo di guerra la cui giustizia non discende dalla presenza di una giusta causa ma solamente dalla qualifica di popolo libero. Fulgosio spiega come i popoli, in assenza di un superiore, usano la guerra come giudice, riconoscendo l'esito come una sentenza. Il diritto delle genti ha stabilito la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie tra
popoli liberi e la giustizia dellaguerra non ne influenza le conseguenze giuridiche che vannoriconosciute al vincitore a prescindere della sua giusta o ingiustacausa.
Il diritto delle genti si rivolge a popoli non soggetti adun'autorità superiore quindi autorizzati a risolvere le lorocontroversie con le armi.