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Estratto del documento

PAR. 3 IL FEUDO, VASSALLAGGIO E BENEFICIO

Con l’età carolingia si sono sviluppati un insieme di regole nuove nei rapporti tra il re ed i potenti

del regno e nei legami di dipendenza di questi tra loro.

I secoli che vanno dal IX al XI secolo sono stati definiti: età feudale. In questo modo gli storici

hanno attribuito il ruolo che ha caratterizzato un’intera stagione della storia d’Europa.

Il rapporto feudale venne definito come un legame personale tra due uomini di diversa posizione,

un legame stretto per garantire al superiore l’aiuto in ogni circostanza – soprattutto nelle imprese

di guerra- e all’inferiore una protezione ed uno stabile mezzo di sostentamento, realizzato

attraverso la concessione di una terra a titolo di beneficio. Questa definizione, però, non teneva

conto delle varie forme che il feudo ebbe nelle diverse parti d’Europa.

Alla base c’è la condizione di una società primitiva e violenta, nella quale la garanzia di una

relativa sicurezza personale risiedeva nella protezione di un potente che assicurasse tutela e mezzi

per il sostentamento. La fedeltà tra vassallo e signore era totale ed etica prima che giuridica. Una

fedeltà che si inspira alla consuetudine germanica che vincolava il re a proteggere i deboli e gli

indifesi. La rottura della fedeltà era il reato più grave “contro tutti il vassallo deve aiutare il signore:

contro il proprio fratello, contro il figlio, contro il padre”.

Il patto di fedeltà avveniva con la cerimonia dell’omaggio, nel corso della quale il vassallo poneva

le mani giunte tra le mani del suo signore e poi pronunciava il solenne giuramento di fedeltà. Nelle

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regioni mediterranee il patto di fedeltà avveniva in forma scritta e l’omaggio giunse solo in

seguito.

Il vassallo aveva il compito di aiutare il signore in guerra ed assisterlo nei suoi compiti pubblici (es.

obbligatoria presenza alle assemblee giudiziarie).

Inizialmente il patto feudale aveva durata soltanto per il tempo di vita del vassallo e del signore

che lo avevano concluso, ma in seguito la sua durata si estese sino all’ereditarietà del beneficio

feudale. Il patto feudale era sì un legame che nasceva tra persone di diversa posizione sociale, ma

comportava il consenso libero del vassallo e non la sua incondizionata subordinazione. Difatti, se il

vincolo veniva considerato interrotto nel caso in cui la guerra mossa dal signore veniva

considerata ingiusta o se avesse agito in maniera illecita, contro il diritto e la giustizia. Il rapporto

feudale divenne caratteristica della struttura politica. Ad esempio, in Francia i conti erano legati al

re anche con il vincolo del vassallaggio, che di lì a breve sarebbe diventato l’unico elemento di

subordinazione.

La rete dei rapporti feudali si intensificò quando il vassallo del re legava a sé vassalli di rango

inferiore. Quindi capitava che lo stesso soggetto fosse contemporaneamente vassallo di due

signori. Per ovviare ad un possibile di fedeltà venne istituito il rapporto prioritario con uno dei

signori. Soltanto nel XIII secolo la monarchia francese riuscì a far prevalere il principio in base al

quale i vassalli sono tutti nella mano del re.

Il vassallo riceveva dal suo signore non soltanto protezione ed impegni di aiuto, ma anche il

beneficio. Grazie al beneficio, il vassallo riceveva i diritti su una terra della corona; a lui spettavano

i frutti in natura o in denaro; diritti di natura pubblica e semipubblica; l’immunità con la quale si

escludeva che il conte locale potesse esigere tributi.

Il rapporto feudale nacque spontaneamente e si diffuse in maniera consuetudinaria. In seguito,

l’editto di Milano di Corrado II il Salico nel 1037 garantì ai valvassori (i vassalli dei vassalli)

l’ereditarietà dei feudi. E nell’Italia settentrionale del XII secolo per le consuetudini feudali venne

promulgato un testo di riferimento in Europa: i Libri Feudorum.

PAR. 4 LA CHIESA FEUDALE

Il diritto della Chiesa ha attraversato nei secoli dell’alto medioevo fasi complesse legate anche al

rapporto con i poteri secolari.

Nel IX secolo l’intento di limitare l’ingerenza sul clero e sui beni delle chiese da parte delle autorità

ecclesiastiche portò al fenomeno delle falsificazioni, che consisteva nell’inserire in alcune collezioni

canoniche una serie di testi artefatti, attribuiti a papi o a concili dei primi secoli. Nella collezione

canonica più importante della prima metà dell’XI secolo, il Decreto di Burcardo di Worms del

1025, il potere del vescovo viene messo in risalto rispetto al papato ed al metropolita.

Il fenomeno più importante fu la commistione tra funzioni pastorali e funzioni secolari. Infatti,

molti vescovi esercitavano anche poteri di governo del territorio. I vincoli feudali legarono molti

vescovi al potere regio e si trasmisero anche all’interno della gerarchia ecclesiastica. La nomina dei

vescovi veniva disposta anche dai sovrani. In questo contesto si diffuse la Simonia: la

compravendita di cariche ecclesiastiche. Inoltre, per gran parte del clero secolare si affermò la

consuetudine di vivere in condizione di concubinato anziché di celibato ecclesiastico. Da questo

derivavano conseguenze gravi relative alla condizione dei figli ed alla loro posizione successoria

alla morte del padre. 20

PAR. 5 LA GIUSTIZIA

Dal IX al XI secolo in Europa convivevano diversi ordini di giudici:

GIUDICI PUBBLICI: conti, missi dominici, la corte del re-giudice;

GIUDICI ECCLESIASTICI: vescovi, papa;

GIUDICI FEUDALI: corte dei pari, composta di vassalli per le questioni di diritto feudale;

GIUSTIZIE SIGNORILI: esercitate dal signore nei confronti del colono.

Un problema evidente era l’accertamento dei fatti da parte dei giudici che non sempre riuscivano a

trovare prove certe. Non sempre si trovavano i testimoni, forse intimoriti dalla possibilità di

ricevere ritorsioni. Quindi, spettava ai giudici decidere il caso attribuendo il giuramento decisorio

alla parte che in assenza di prove o testimoni sembrasse presentare le ragioni migliori.

Capitava che in presenza di personaggi autorevoli in missione, per incarico di Carlo Magno, si

permetteva ai sudditi di denunciare dinanzi ai missi imperiali le malefatte del conte o del duca del

luogo.

Negli atti giudiziari del regno italico, nel X e XI secolo, si affermò una procedura particolare. Un

formalismo processuale che apparentemente eliminava ogni contrapposizione tra i litiganti e si

concretizzava nel riconoscimento delle ragioni dell’attore da parte del convenuto. L’origine di

questa procedura risale all’attività dei giudici del Palazzo di Pavia, dove aveva sede il più alto

tribunale del Regno. Venne introdotta al di fuori di ogni intervento legislativo, si impose nella

prassi giurisprudenziale e restò valida sino alla fine dell’XI secolo, anche dopo la distruzione del

palazzo avvenuta nel 1024. Una procedura che dimostra uno stato di debolezza dei poteri pubblici

e che troverà un rimedio solo con l’avvento dell’età comunale.

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CAP. 5 - LE CONSUETUDINI E LA CULTURA GIURIDICA

PAR. 1 I CETI: SERVI, COLONI, LIBERI, NOBILI

Tutti i rapporti regolati dal diritto erano caratterizzati dalla consuetudine.

La schiavitù del mondo antico era quasi scomparsa.

La condizione del servo, che a differenza dello schiavo era soggetto di diritto, nell’alto medioevo si

configurò in svariate forme.

La differenza tra servo e libero risiedeva nello stato giuridico. Il servo non aveva libertà di

movimento e di godimento dei beni comuni e lo legava al padrone anche nelle scelte relative alla

famiglia. Ma venne riconosciuto loro il diritto di acquistare in proprietà beni con il proprio lavoro

ed il diritto di formare una famiglia; ma non poteva sposare una libera.

Il libero che lavorava una terra non sua doveva dare, in qualità di colono, dazioni in prodotti

agricoli o in denaro a favore del proprietario; inoltre doveva prestare il suo tempo e le sue forze a

lavorare la terra gestita direttamente dal proprietario (indominicata).

Tra i contratti agrari con i quali si stabilivano diritti e doveri del colono:

- IL LIVELLO: Il livello è un contratto agrario in uso nel Medioevo che consisteva nella

concessione di una terra dietro il pagamento di un fitto. Alla scadenza prevista

il contratto era rinnovabile, in esito al versamento di un ulteriore canone

livellario. Erano concessi a livello molti beni della Chiesa che in questo modo,

da un lato, aderiva alla richiesta di concessione del temporaneo godimento (allo

scopo di coltivazione, di abitazione) da parte dei singoli, dall'altro, evitava di

perdere la proprietà del bene. Il livello veniva stipulato tra il proprietario ed il

livellario. Il livello rimase in uso fino agli inizi dell'Ottocento. (contratto vigente

= enfiteusi). Di solito aveva una durata di 29 anni, stabilita per evitare il rischio

dell’usucapione trentennale della terra da parte del colono.

-

Quindi la terra veniva lavorata da coloni massari che la tenevano in locazione. Queste terre

costituivano la pars massaricia (appezzamenti di terreno concessi a coltivatori, liberi o servi, da cui il

proprietario pretendeva il pagamento di canoni in denaro o in natura. I detentori dei mansi erano obbligati a

della proprietà di un signore

prestare un certo numero di giornate di lavoro gratuite nella pars dominica)

laico o di un ente ecclesiastico, chiesa o monastero.

Contrapposta alla pars massaricia c’era la pars dominica (gestita direttamente dal proprietario e dai suoi

amministratori, aveva al centro la residenza del signore o l’abbazia. Queste terre coltivate dai servi che

dipendevano direttamente dal signore, erano le terre migliori e gran parte di esse era costituita da bosco,

sfruttato per il pascolo e la caccia).

Con il trascorrere del tempo, il colono affittuario conquistò la facoltà di disporre la cessione della

terra ad altri coloni. E quindi fu ammesso che il diritto del colono venisse configurato come una

vera e propria proprietà (diritto di godimento e alienabilità). In seguito, venne disposta la teoria

del dominio diviso, in base al quale sia il nudo proprietario sia il colono potevano disporre dei

rispettivi diritti: vendere, donare, lasciare in eredità ai successori.

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I proprietari di terre non infeudate erano distinti in diversi gruppi con status diversi. In Italia, gli

arimanni (il guerriero. Ogni maschio adulto libero in grado di portare le armi, ammesso per questo a

erano

partecipare all’assemblea comunitaria, con ciò facendo coincidere dignità militare e dignità civile)

tenuti a servizi militari e di guardia, legati al re da un rapporto diretto.

L’aristocrazia era suddivisa in fasce distinte.

Alla nobiltà più alta il re franco affidava la

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A.A. 2016-2017
28 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mara.G82 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto italiano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Miletti Marco.