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IL CODE NAPOLEON E I CODICI CIVILI ITALIANI DELLA RESTAURAIZONE
1.Prime riforme dei governi restaurati in Italia. Il Codice per lo Regno delle Due Sicilie
Dopo gli avvenimenti del 1814, la Restaurazione cercò di abolire tutte le riforme di
contenuto politico del periodo francese e nel campo del diritto privato si propose di
ristabilire la legislazione anteriore dei diversi Stati italiani.
Così, anche il C.N. fu o formalmente abrogato o conservato in via provvisoria con
immediata abrogazione di alcune parti, nell’attesa di una nuova legislazione, come
avvenne nelle province continentali del regno delle Due Sicilie; e rimase
ulteriormente in vigore, con modificazioni, soltanto nelle repubbliche di Lucca e
Genova, anche dopo la loro annessione al Granducato di Toscana e al regno di
Sardegna.
Ma l’esperienza di pochi anni era stata sufficiente per dimostrare l’unità della
codificazione.
La codificazione fu riconosciuta conquista irreversibile, anche quando, restaurando
l’ordine antico, sarebbe stato possibile ritornare al sistema delle fonti del diritto
comune.
Dovunque si affermò e diffuse la necessità di provvedere ad una nuova codificazione
del diritto privato, e l’attuazione di questo proposito fu dominata dal generale
convincimento che il C.N. poteva diventare una legislazione perfetta se messo in
armonia con le diverse parti delle legislazioni anteriori che meglio sembravano
rispondere alle contingenze naturali dei luoghi e dei tempi.
Alla abrogazione formale del C.N. seguì l’effettiva e integrale recezione della
maggior parte del suo contenuto normativo, con l’ulteriore riconoscimento della sua
autorità come modello cui i nuovi codici si ispirano direttamente e largamente, nel
sistema, nella forma, nella sostanza.
Primo nel tempo fu pubblicato il Codice per lo regno delle Due Sicilie.
Ferdinando I dispose la provvisoria vigenza delle disposizioni del C.N. limitandosi ad
abrogare quelle concernenti il matrimonio civile e il divorzio.
La commissione nominata dal re, suddivisa in 3 sezioni, compì i suoi lavori in soli due
anni. I progetti vennero poi definitivamente approvati appena 4 anni dopo il ritorno
del sovrano a Napoli.
Con legge 26 marzo 1819 veniva promulgato il nuovo Codice, comprendente, in 5
part, le leggi civili, penali, di procedura nei giudizi civili e penali, e per gli affari di
commercio, abrogandosi i codici francesi rimasti fino allora provvisoriamente in
vigore. Con successiva legge 21 maggio 1819 veniva definitivamente confermata,
anche per la Sicilia, l’abrogazione di tutte le fonti del diritto anteriore.
I codici napoletani servirono da esempio al rinnovamento legislativo degli altri Stati,
in nessuno die quali però la codificazione riuscì né così compiuta né cosi di getto
come si era fatto a Napoli.
Questo codice più di ogni altro si ispira direttamente al C.N., di cui non solo segue
l’impostazione sistematica, ma riproduce gran parte del contenuto normativo.
L’opera risente della frettolosa elaborazione e non presenta caratteri di originalità.
2. Il codice civile parmense
Al codice napoletano seguì il Codice civile per gli Stati di Parma, Piacenza e
Guastalla.
Anche qui fu confermato in via temporanea il C.N., sospendendo l’applicazione degli
articoli concernenti il divorzio, il matrimonio civile e la comunione dei beni come
regime legale.
Nel 1815 l’imperatore Francesco I nominò una commissione legislativa di 5
giureconsulti parmensi, con l’incarico di formare un corpo di leggi civili.
La compilazione di questo codice fu lenta e laboriosa.
Il testo del codice fu approvato e sanzionato con rescritto 4 gennaio 1820, e ed
entrò in vigore il 1° luglio 1820, abrogandosi da tale data tutte le leggi, ordinanze,
consuetudini generali o speciali, i decreti, i regolamenti, e tutte le atre disposizioni
legislative anteriormente osservate.
Il codice civile parmense fu oggetto di ulteriori revisioni negli anni seguenti.
Il codice parmense presenta, rispetto al napoletano, maggiore autonomia di fronte
al Code Napoleon, e fu preso tenuto in gran conto nella elaborazione del codice
civile italiano del 1865.
3. Il Codice civile albertino
Vittorio Emanuele I, con editto 21 maggio 1814, abrogò i codici e le leggi francesi,
richiamando in vigore le Regie Costituzioni del 1770 e con esse gli statuti locali e il
diritto romano comune. (naturalmente ebbe gravi effetti e sconvolse generali
situazioni di diritti acquistati)
L’ascesa al trono di Carlo Alberto diede finalmente inizio ad un ampio rinnovamento
legislativo, con numerose riforme in ogni parte del diritto, e con una completa
codificazione, della quale nel 1831 fu incaricata una commissione di ministri e
magistrati, sotto la presidenza del guardasigilli conte Giuseppe Barbaroux.
Venne presentato al re un progetto preliminare di codice civile elaborato secondo lo
schema del codice francese, in larga parte riprodotto, ma tenendo presenti anche il
codice napoletano e il parmense, nonché l’austriaco e l’olandese.
Seguirono altri due progetti, che non furono pubblicati.
Vi furono ulteriori progetti. Le osservazioni dei diversi corpi determinarono la
commissione ad un’ultima revisione dell’intero progetto, che nel 1836 fu presentato
al Consiglio di Stato sotto la presidenza del sovrano, il quale prese parte effettiva ai
lavori.
Il nuovo codice, in 3 libri e 2415 articoli, entrò in vigore negli Stati di terraferma il 1°
gennaio 1838.
Dalla stessa data nelle materie regolate dal codice le leggi romane, gli statuti
generali e locali, le regie costituzioni, gli editti, le lettere patenti, i regolamenti, usi e
consuetudini cessavano di avere forza di legge.
Portalis riconobbe l’importanza di molte nuove disposizioni introdotte nel Codice
albertino, pur rimproverandogli di non aver affermato la piena autonomia del
potere civile di fronte alla Chiesa.
4. Il Codice civile estense
Ultimo nel tempo seguì il codice civile per gli Stati Estensi.
Anche a Modena la Restaurazione aveva abolito tutte le leggi e istituzioni introdotte
dalla Rivoluzione, senza alcun riguardo dei diritti acquisiti.
Nel 1814, il duca Francesco IV, abrogati i codici francesi, aveva richiamato in vigore il
Codice di leggi e costituzioni del 1771 e altre leggi anteriori al 1797.
Lo stesso Francesco IV aveva riconosciuto la necessità di un nuovo codice.
Nel 1849, Francesco V istituì una commissione di 5 membri con l’incarico di formare
un nuovo corpo di leggi civili e criminali, con le rispettive procedure, prendendo per
base del proprio lavoro uno dei codici italiani e specialmente quello del ducato di
Parma.
Francesco V seguì personalmente i lavori.
Il nuovo codice, promulgato nel 1851, entrò in vigore il 1° febbraio 1852,
abrogandosi da tal data tutte le leggi, le consuetudini, e le altre disposizioni
legislative vigenti nelle diverse parti dei domini ducali.
Il codice civile estense contiene la partizione in 3 libri delle materie civili, propria dei
codici precedenti, in 2414 articoli, aggiungendo, inoltre, un quarto libro di
“Disposizioni sul commercio”.
5. Il Code Napoleon e la legislazione civile degli altri Stati italiani
Nel granducato di Toscana, il principe Rospigliosi, nel 1814 confermò
provvisoriamente le leggi francesi, e con esse il codice civile, eccettuate le
disposizioni concernenti lo stato civile, il divorzio e la separazione personale.
Ma dopo pochi mesi la legislazione civile napoleonica venne abrogata ed erano
richiamati in vigore le leggi, ordini e regolamenti generali anteriori, nonché il diritto
romano comune e il diritto canonico.
Furono tentate codificazioni che non furono compiute.
Nel principato di Lucca venne mantenuto in vigore il C.N., con le solite abrogazioni
concernenti divorzio e separazione, richiamando per queste materie in vigore le
leggi canoniche e civili anteriori.
Vennero solamente attuate parziali riforme.
Nel Lombardo-Veneto, incorporato all’impero d’Austria dal 1815, fu introdotto dal
1° gennaio 1816 il Codice civile generale austriaco del 1811.
Nello Stato Pontificio i codici francesi vennero aboliti in perpetuo, fatta eccezione
solo per il sistema ipotecario, richiamando in vigore la legislazione anteriore e
comune.
Nel regno di Sardegna fu raccolta la legislazione antica in una compilazione nota
come Codice Feliciano, che non era un vero e proprio codice ma una consolidazione
di diritto anteriore con numerose innovazioni.
6. Il Code Napoleon e i codici italiani
Il C.N. è diviso in 3 libri:
- Delle persone
- Dei beni e delle differenti modificazioni della proprietà
- Dei differenti modi coi quali si acquista la proprietà
Questa partizione fu accolta dai codici napoletano e albertino,
e accolta con lievi ritocchi formali dai codici parmense ed estense.
(questa tricotomia risale alle Istituzioni gaiane e giustinianee)
Il sistema del C.N., che trattava nel
- Lib. I, delle persone, del matrimonio, della famiglia;
- Lib. II, dei beni, della proprietà e degli altri diritti reali;
- Lib. III, delle successioni, delle donazioni, delle obbligazioni e dei contratti,
delle garanzie personali e reali, e della prescrizione.
Fu seguita dal codice per le Due Sicilie e dal Codice albertino.
Una maggiore indipendenza presenta il codice parmense e l’estense, ma trattasi di
modificazioni più di apparenza che di sostanza.
Per quanto concerne il contenuto normativo, tutti i codici italiani riproducono interi
titoli del C.N., conservando immutato anche il tenore delle singole disposizioni, o
apportandovi emendamenti puramente formali.
6.1. Diritto delle persone e della famiglia
Il C.N. aveva affermato il principio che l’esercizio dei diritti civili è indipendente dalla
qualità di cittadino, ossia dal godimento dei diritti politici.
Il codice napoletano garantisce a tutti i “nazionali” l’esercizio dei diritti civili e
politici.
Il codice albertino riconosce ai “sudditi” il godimento die diritti civili, confermando le
restrizioni tradizionali, precisando che i non cattolici e gli ebrei ne godono secondo
le leggi, i regolamenti e gli usi che li riguardano.
Il codice parmense e l’estense stabiliscono che lo stato di cittadinanza è la qualità
che rende la persona capace del godimento dei diritti civili.
L’abolizione del matrimoni civili e il correlativo riconoscimento degli effetti civili del
matrimonio canonico secondo le forme prescritte dal Concilio tridentino, determina
in tutti i codici della Restaurazione la limitazione delle disposizioni al regolamento
degli effetti civili, e la modificazione delle norme del C.N. concernenti l’età legittima
per contrarre il vincolo, gli impedimenti, l’impugnazione, con rinvio della disciplina
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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