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I CONSULES DE IUSTITIA:
E) Una più articolata organizzazione degli uff ici si consoliderà durante la fase podestarile del comune;
durante il XII secolo, al tempo del comune dei consoli, si delinea un’autonoma amministrazione della
giustizia nei confronti dei iudices comitali e vescovili e nei confronti degli organi politici che dominano la
vita cittadina. Tra i consules si distinguono quelli de iustitia che non hanno gran pratica del diritto, e si
risolvono ai tecnici per un consilium che valga a risolvere i problemi suscitati dalle liti giudiziarie.
I tecnici sono i sapientes, o iuris periti. Danno un consilium e il loro parere è decisivo. Quando un console
sottopone per iscritto una questione al giurista e questi annota sulla stessa pergamena una risposta, la
risposta diventa la decisione del console. 8
I consoli ricorrono a iudices che vantano una posizione di prestigio per essere stati legati ai vecchi poteri
vescovili, o per essere investiti di un potere da parte dell’imperatore.
A Bologna, a metà del 200, si incontrano intorno ai 20 magistrati del comune.
Dal comune dei consoli al comune del podestà.
Il trattato di Costanza chiude nell’1188 lo scontro tra Federico I Barbarossa e la città della Lega Lombarda; le
comunità cittadine tentano di organizzarsi secondo linee nuove e sostituiscono i vecchi capi, i consules, con un
capo unico che è il podestà.
Un secolo di dominio consolare ha rafforzato le famiglie partecipi del potere, ha reso evidente la precarietà di un
equilibrio che si basa sul compromesso dei gruppi più ragguardevoli, tutti rappresentati nel regimen da propri
consoli.
Una tensione tra i residenti che appartengono al commune civitatis e che partecipano del governo di esso ricavano
guadagni e i residenti che sono esclusi.
L’esigenza di estendere il potere comunale su tutti i residenti della città e sui territori circostanti, cioè i suburbia e i
suburbium, impone l’esigenza di intenderlo come prerogativa inalienabile di un ente pubblico per interessi pubblici.
I consoli poi il podestà temono che per le crescenti fortune economiche, gli artigiani e i mercanti possano ambire a
partecipare al governo stretto della città; si profila una lotta aspra e difficile tra il comune del podestà e i residenti
esclusi dal comune.
La sostituzione di un podestà unico ai molteplici consoli, non è mai improvvisa, perché coesistono o si alternano
per qualche tempo consoli e podestà.
In alcune città l’avvento del podestà è intorno all’1180 mentre in altre nei primi anni del 200.
Il podestà.
Il comune del podest à ha caratteri pubblici più decisi rispetto al comune dei consoli. La concentrazione dei
poteri è più ampia e sicura e si manifesta un progetto orientato a separare il potere del comune dai soggetti e dalle
famiglie che lo assumono e lo esercitano.
Il podestà deve essere forestiero, affinché non sia legato alle forze interne della città. Non può restare in carica per
un periodo di tempo superiore ai 6 mesi, affinché non pretenda di considerare come cosa propria privata il suo
potere; non può essere rieletto immediatamente e alla fine dell’ufficio è soggetto ad un sindacato che riguarda la
sua persona e i suoi beni, affinché sia costretto a governare per il bene di tutti i cittadini.
È un quadro ideale e praticato per qualche decennio. 9
Nel fatto il regimen podestarile non ha raggiunto molti dei suoi scopi. Le famiglie al potere riescono a fare eleggere
tra i forestieri coloro che sono vicini alla loro fazione, e a eludere il divieto della relazione immediata.
Magistrature e “officia” del comune podestarile.
La concentrazione dei poteri nell’ordinamento comunale c’è nel XII e XIII secolo. Accanto ai consoli e al podestà
dipendenti dal regimen ci sono funzionanti magistrature maggiori e minore e off icia. C’è una grande varietà di
cariche, uffici, di incarichi temporanei e occasionali.
Si diffonde l’uso di certificare gli indirizzi e i contenuti di ogni attività in forma scritta e giuridicamente
adeguata. Il comune si avvale dell’opera dei notai. Nei tempi del primo comune sono di varia condizione i notai. A
Bologna nel 1219 si vogliono verificare i titoli dai quali i notai operanti nella città derivano il loro potere per
riportare questo si deve registrare che i titoli sono stati registrati da imperatori e da un cancelliere imperiale e da
grandi dignitari ecclesiastici e dello stesso commune civitatis.
I notai di varia estrazione hanno contribuito alla creazione del primo comune, portando “in comune” il loro potere.
Nel 200 il comune cresce a ordinamento pubblico e anche l’attività dei notai viene coerentemente attratta nelle
spirali dell’ordinamento.
Dai “cives maiores” ai “cives mediani”. Le corporazioni di arti e maestri, le
botteghe e il lavoro.
Nel XII secolo in qualche città come a Lucca e nel XIII secolo acquistano rilievo le associazioni che raccolgono i
maestri di una professione o di un mestiere con nomi di arti, misteria e fraglie.
Sono associazioni, organismi di vecchia costituzione che si sono sviluppati durante il XII secolo partecipando
attivamente alla rinascita economica della città.
Si elaborano anche norme che compongono lo statuto corporativo che regole le corporazioni, che si dividono nelle
arti maggiori e minori. Gli statuti regolano il periodo dell’apprendistato necessario per chi voglia aspirare a
raggiungere il livello, la dignità e lo status giuridico di maestro d’arte. Apprendista è il giovane posto sotto la guida
del magister; dopo un periodo di addestramento di due o più anni l’apprendista deve dimostrare di possedere le
capacità tecniche richieste e sostenere un apposito esame durante il quale presenta agli esaminatori il suo miglior
lavoro. Se è giudicato sufficiente nell’arte il giovane muta status giuridico: viene proclamato “maestro d’arte”.
Se ha l’età prescritta può essere ammesso nella corporazione della sua arte.
Chi consegue il titolo di maestro ha due prospettive:
Lavorare nella stessa unità produttiva presso cui ha compiuto l’apprendistato diventer à maestro
associato o dipendente del maestro di bottega
Rendersi indipendente impiantando un impresa propria
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Tra le arti ci sono differenze di attività e responsabilità che riguardano l’oggetto del lavoro e gli atti di commercio.
Il mercante in questa società è colui che commercia, ed’è il committente dell’artigiano; è colui che fornisce le materie
prime necessarie per la produzione. Come committente deve prendere in consegna i manufatti artigianali e
provvedere alla vendita. All’interno di un tale sistema si riducono i rischi di impresa per gli artigiani e per i
mercanti: i primi esposti solamente al rischio di una cattiva gestione dei propri processi produttivi, o al rischio del
fallimento del loro committente, mentre i mercanti non corrono il rischio di vedere deperire i manufatti invenduti
nel loro magazzini.
Nella città c’è una possibilità di lavoro specializzato, occupato da salariati, dai garzoni, dai manovali fissi o
periodi pagati a giornata o a settimana. La bottega dell’artigiano come sede del mercante ha una fisionomia ben
definita: al vertice c’è il maestro di bottega che è un artigiano o mercante e accanto associato o retribuito ci sono
uno o più maestri d’arte. Al processo produttivo partecipano salariati e i garzoni mentre alle fasi dell’elaborazione
partecipano gli apprendisti per un tempo predeterminato. La compagine produttiva è spesso rinsaldata da una vita
comune: a la stessa mensa, chiesa, piazza, per le occasioni religiose e politiche.
L’obbiettivo di ogni corporazione è di conseguire nella città il monopolio di uno specifico settore produttivo o
mercantile o professionale, anche perché nessuno può essere riconosciuto maestro di bottega se non è membro
riconosciuto della corporazione.
Chi continua a vivere e a operare nelle corti signorili, al di fuori della diretta giurisdizione delle istituzioni
cittadine, ha ancora la libertà di organizzare e di realizzare una produzione di oggetti d’uso; c’è chi si fa mercante
con questi prodotti, cosicché i manufatti giungono nella città.
Inoltre c’è nella città una mano d’opera capace di affrontare senza adeguata organizzazione aziendale alcuni
lavori, come muratori, carpentieri, legnaioli, che offrono i loro servizi pur senza essere maestri di bottega ne maestri
d’arte. Può darsi che siano lavoratori salariati di un’impresa, ma quando il rapporto di salariato non è stabile essi
nel tempo libero trovano modo di prestare opere e servizi secondo le loro capacità professionali.
La struttura della corporazione.
L’organizzazione corporativa è caratterizzata dal principio della partecipazione comunitaria alla direzione e al
governo dell’arte. Ci sono tre organi principali:
Assemblea
Consiglio
Consules, che sono capi eletti per brevi periodi e così chiamati per la somiglianza con i consoli del primo
comune
I consoli godono di ampi poteri e privilegi, possono infliggere pene pecuniarie e hanno l’obbligo di sorvegliare il
mercato dei manufatti dell’arte; essi debbono curare che si realizzino i fini economici per cui la corporazione è stata
creata ed ha avuto ed ha tanto successo. 11
Il consiglio della corporazione , eletto con diversi sistemi, delibera nel merito di alcuni problemi di natura
finanziaria:
Decide sull’imposizione di tributi ai soci
Giudica i consoci che per ragioni personali o per la posizione che tengono sono sottratti al potere punitivo
dei consoli
C’è alla base la generale assemblea dei maestri d’arte corporati ; le attribuzioni prevalenti sono quelle di
eleggere i membri del consiglio e di deliberare sui problemi di massima importanza. Altri organi importanti sono il
notaio, che redige i verbali delle riunioni, custodisce gli atti dell’associazione; c’è un massaro che tiene la cassa e ci
sono degli accusatori sparsi nei quartieri cittadini, con l’incarico di denunciare ai consoli o al consiglio le infrazioni
alle norme corporative.
La corporazione ha la sua massima vitalità ed espansione tra i secoli XIII e XV.
Attività politica e militare degli artigiani – le “arti” e le “armi”.
Le arti danno diverso contributo allo sviluppo della civiltà urbana nel corso del XIII secolo.
I cives mediani sanno quanto sia difficile entrare a far parte del comune del podestà ed essi vogliono adoperare<