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POST-MODERNITA’:

Santi Romano riteneva l’edificio del diritto borghese ammirevole ma, allo

• stesso tempo, artificioso, in quanto: lo scenario era ridotto a 2 protagonisti

Stato e soggetto/singolo; le fonti erano ridotte a 2  legge e contratto; la

società era ridotta a  una massa anonima di cittadini che subivano

passivamente i comandi del potere centrale. La denuncia di Romano fu

contro questo processo riduzionistico che aveva creato un edificio armonico

o

e semplice ma che nel 20 secolo si mostrava anti-storico. Si ruppero anche

le 2 colonne portanti dell’edificio cioè la separazione tra: sfera del diritto

pubblico e sfera del diritto privato; e mondo del diritto e mondo dei fatti. Per

o

quanto riguarda il 1 punto vediamo che la Modernità giuridica aveva

rinnovato la vecchia divisione romana tra pubblico e privato quasi cancellata

dalla civiltà medievale: il “pubblico” era nelle mani dello Stato; e il “privato” si

restringeva ai rapporti tra individui. Ma la presenza di un io collettivo, diverso

dallo Stato, scombussolava quella dicotomia preziosa per la borghesia. Per

o a

quanto riguarda il 2 punto vediamo che questa 2 colonna portante fu rotta

dalla nascita di fatti economici e sociali che corrispondevano ad esigenze

nuove e che venivano osservati dai cittadini, a prescindere

dall’appropriazione da parte del potere politico. Il risultato fu: la perdita di

autorevolezza dello Stato, lo sfaldarsi del suo monopolio e il formarsi di 2

livelli d giuridicità: quello legale e quello dell’esperienza giuridica. Nel 1918,

Romano scrisse “L’Ordinamento giuridico”, nel quale affermò che il diritto era

espressione della società prima che dello Stato e che, se durante la

Modernità si era ridotto il diritto statalizzandolo, era giunta l’ora di

recuperarlo. a

Corporativismo  La 2 metà dell’800 fu il tempo delle associazioni. Preuss

• tentò di disegnare uno Stato/comunità dalla struttura corporativa. Il sociologo

e biologo Albert Schaffle disegnò la società come organismo complesso

dove il protagonista era l’individuo sociale, il quale insieme agli altri individui

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formava le strutture portanti e dove era impossibile separare il soggetto dal

gruppo, così come era impossibile separare la cellula biologica dal tessuto.

Senza lasciarsi influenzare da questo biologismo, Emile Durkheim ne colse il

messaggio fondamentale, cioè: la valorizzazione dei gruppi sociali come

strumenti essenziali di mediazione tra massa e potere. Il vescovo Ketteler

affrontò il problema dei rapporti tra “questione operaia” e cristianesimo, e

propose di respingere le scelte individualistiche e di riassumere l’idea di

associazione come fondamento della società puntando su un assetto

corporativo misurato sulle esigenze della società industriale. Toniolo

identificò nella corporazione la soluzione al conflitto sociale, essa inoltre

evitava 2 rischi opposti ma entrambi gravi cioè: l’onnipotenza dello Stato e

l’anarchia. Tra i fenomeni associativi sensu latu ricordiamo il partito politico e

o

l’impresa: il 1 era un’organizzazione che mirava alla conquista del potere; la

a

2 era un’organizzazione unitaria di: persone, beni e servizi vincolati al

raggiungimento di scopi rilevanti sul piano socio-economico.

a

La 1 Guerra Mondiale ebbe un’incidenza anche sull’ordine giuridico

• europeo; essa, infatti, costrinse gli Stati a diminuire il controllo conservativo

del vecchio ordine giuridico e a permettere l’emergere a livello ufficiale di

fermenti già diffusi nella prassi quotidiana. Al giurista interessava una

legislazione di guerra emanata all’insegna dell’eccezionalità; ma non si

trattava di sporadici interventi ma di una serie corposa di atti legislativi (che,

tuttavia, non erano destinati a vanificarsi al termine della guerra). Francesco

Ferrara (commentatore delle leggi italiane di guerra) si chiese se questi

interventi legislativi rappresentassero anomalie dettate dalle necessità del

momento o se, invece, fossero inizi di un nuovo diritto, e pensò bene di

rispondersi che la guerra era l’occasione per accelerare e maturare lo

sviluppo delle riforme giuridiche. I temi trattati dalla legislazione di guerra

erano tanti, ma i 2 più importanti sono: quello delle fonti e quello del diritto

civile, entrambi relativi al controllo della produzione giuridica e fondati su un

Codice Civile come Costituzione. Le certezze del diritto borghese furono

intaccate e ciò appare chiaramente nella produzione normativa degli Stati

coinvolti nel conflitto, ricordiamo infatti che:

- il potere esecutivo divenne il normale produttore di disposizioni legislative, e si

espropriò il ruolo dei Parlamenti (anche se ciò avvenne formalmente per delega

parlamentare);

- si costruirono Commissioni Arbitrali come organi di decisione rapida ed

efficace e si previdero criteri equitativi, rimessi all’attento giudizio del giudice,

rompendo l’immagine del “giudice secondo legge” (iudex sub lege);

- per quanto riguarda il diritto di proprietà vediamo che il proprietario subiva

limitazioni alla sua libertà;

- e relativamente alla sfera contrattuale si esoneravano i debitori

dall’adempimento della prestazione quando essa diventava difficile; pertanto è

evidente che si proteggeva il contraente debole, dunque tutto questo annullava

quell’uguaglianza formale delle parti del contratto;

- infine per ciò che concerne il risarcimento dei danni di guerra vediamo che

essendo relativo ai danni provocati da un esercizio legittimo della potestà

d’imperio dello Stato (la guerra appunto) non trovava collocazione nel

tradizionale concetto di responsabilità (subordinata alla colpa) e richiedeva una

revisione di quel concetto.

Weimar  Nella vicenda weimariana fu peculiare il ruolo assunto dai giuristi:

• si affermò la visione germanistica di Otto Von Gierke e dominarono

nell’Assemblea le presenze e i contributi di 2 suoi allievi: Sinzheimer e

Preuss, sostenitori vittoriosi di una Costituzione statuale “comunitaristica”.

Questo aggettivo da’ l’idea di una concetto pluralistico di Stato come:

comunità di comunità; quindi uno Stato inteso più come “Stato popolare” che

come “Stato di diritto di stampo liberale”, dove il termine “popolare” non

indicava una massa anonima di cittadini uguali, ma un’ampia categoria di

“uomini socializzati”. La democrazia weimariana fu una “democrazia

collettiva” in quanto erano le collettività ad avere importanza all’interno della

macro-collettività statuale e ciò perché prevaleva l’interesse collettivo su

quello dei singoli individui. L’Impero inaugurato a Weimar fu il tentativo di

superare la separazione tra: governanti e governati. Le basi

giusnaturalistiche furono rimosse e la contrapposizione tra stato di natura e

storia si risolvette in storia, rifiutando i miti proposti dal giusnaturalismo e

riducendo tutto alla storia che con il suo scorrere dava vita alla comunità

umana e quindi: allo Stato e alle comunità intermedie. In tema di diritti

vediamo che accanto ai nuovi diritti sociali ed economici del cittadino,

rimanevano anche i vecchi diritti individuali della tradizione liberale, per

esempio: relativamente alla proprietà si ribadì la proprietà privata anche dei

mezzi di produzione, ma la si inseriva in un insieme di doveri che ne

facevano una realtà distante dal modello giusnaturalistico di Locke. Di certo

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spiccava nella Costituzione weimariana un’idea di libertà sociale; non era più

centrale il soggetto proprietario e la proprietà bensì il lavoro e il soggetto

lavoratore ed emergeva, appunto, il diritto al lavoro che le carte costituzionali

liberali non avevano considerato (proprio perché incentrate in un’ottica

individualistica e proprietaria). Inoltre emergeva, tra le comunità intermedie, il

sindacato come collaboratore dello Stato, dotato di pari diritti e doveri e

capace di auto-normazione; e infine spiccavano anche i Consigli di Azienda,

a

considerati come la 1 forma di democrazia industriale. Tuttavia questo

disegno utopico weimariano doveva fare i conti con delle contraddizioni

infatti: al diritto al lavoro non corrispondevano indicazioni per assicurarne

l’effettività; il sindacato si riduceva ad essere una semplice società dello

Stato/comunità e i Consigli di Azienda rimanevano delle creature informi di

fronte alla proprietà privata dei mezzi di produzione. Questa sorta di

ambiguità presentata dalla Costituzione weimariana del 1919 fu la causa

della sua fine; ma occorre comunque riconoscerle il merito di aver avviato

una nuova fase della storia del costituzionalismo, infatti essa non si propose

come carta dei diritti, bensì come autentica Costituzione nella quale il

soggetto non era più un individuo astratto ed incorporeo ma veniva incarnato

nell’esperienza; e il Costituente non era più attento all’uguaglianza formale

proclamata nella Rivoluzione francese, bensì alle disuguaglianze sociali nella

loro fattualità. Per quanto riguarda la struttura della Costituzione weimariana

possiamo dire che essa era divisa in 2 parti: la Parte Prima era dedicata “alla

struttura e ai compiti del Reich”; e la Parte Seconda che indicava “i diritti e i

doveri fondamentali dei tedeschi” ed era ripartita in 5 capi:

o

- il 1  riguardava l’individuo;

o

- il 2  la vita collettiva;

o

- il 3  religione e associazioni religiose;

o

- il 4  educazione e istruzione;

o

- il 5  la vita economica.

Da questa sommaria elencazione si può constatare la distanza tra: la

o

Costituzione weimariana del 1919 e le carte del 1 costituzionalismo.

Unione Sovietica  l’ordinamento giuridico della Russia si presentava a 2

• strati:

- un diritto popolare di formazione consuetudinaria; e

- un diritto legislativo ufficiale, consolidato nel “Corpo delle Leggi” redatto dal

ministro Speransky, il quale ne elogiò l’originalità, affermando che si trattava di

una legislazione che trovava in sé stessa le sue fonti. Ma nell’ottobre 1917 ci fu

a

la 2 rivoluzione bolscevica che si proponeva come sovversione del vecchio

ordine politico e sociale per sostituirvi un ordine nuovo nascente, non da lotte

politiche o movimenti di piazza ma, da una visione nuova della storia e della

società (quella di Marx) che pretendeva di fondarsi su un

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher butterfly1990 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto italiano II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Pace Giacomo.