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Case Study: MGM – “more stars than there are in heaven”

[La MGM era anche produttrice e distributrice del conglomerato Loew’s Inc, fondato da Marcus,

che comprò la Metro Pictures nel 1920 e poi la Goldwyn Pictures nel 1924; l’ex dirigente Louis

B.Mayer era deciso a supervisionare la produzione e così venne creata la Metro-Goldwyn-Mayer.]

Il giovane produttore Irving Thalberg supervisionava tutte le produzioni della MGM; secondo

Janet Staiger era il produttore centrale del sistema di produzione. In qualsiasi caso, la MGM

possedeva meno cinema rispetto alle altre compagnie e i suoi guadagni dipendevano molto dalle

vendite ai cinema degli altri studios. Douglas Gomery ritiene che questo portò la MGM a

necessitare di una produzione consistente di personalità di alto profilo, risultando in film

spettacolari e in una gran quantità di star. Il glamour di questa casa è ben rappresentata da Greta

Garbo, Joan Crawford, Norma Shearer e Clark Gable. L’immagine della Garbo era fondata su un

romanticismo mistico, e portava (insieme a Gable) stile, fascino, carisma e sex appeal allo studio.

Tuttavia, verso la fine degli anni ’30, la star più popolare era Marie Dressler, che aveva un profilo

più “semplice” e senza troppe pretese (insieme con Wallace Berry). Inoltre, la MGM poteva

vantare un nutrito numero di giovanissime stars, come Judy Garland e Mickey Rooney, il più

popolare. Thalber univa frequentemente più stars in uno stesso prodotto. Durante la Depressione la

MGM risentì meno della crisi, grazie al minor numero di case possedute, affiancate da un

abbassamento dei costi di produzione. Durante gli anni ’40 tuttavia, il mercato cinematografico

domestico ebbe un boom e il numero di catene di Loew impedì loro di capitalizzare adeguatamente

su questa crescita: la MGM cadde dietro le altre majors, precipitando in una spirale negativa che

nemmeno le stars potevano invertire.

Selling Stars

La distribuzione comprende sia la vendita dei film che la loro pubblicità e le stars ne divennero un

fattore essenziale. Ogni studio aveva un direttore della pubblicità e quando si stava lavorando a un

film, questa doveva essere diretta a quella produzione individuale. <<La pubblicità iniziava quando

la Warner Bors. partoriva un’idea e non finiva fin quando non veniva rilasciato il film>>.

Personalità semisconosciute cercavano di ottenere lo status di stars chiedendo l’aiuto di un agente,

tentando di esercitare un certo controllo sulla loro immagine: tuttavia molti studios non vedevano di

buon occhio gli agenti pubblicitari e gli attori vennero scoraggiati dall’assumerli.

Per misurare il valore di una star, venivano assunte compagnie di ricerca che conducevano studi per

stabilire la popolarità di un certo attore, basandosi sulla quantità di e-mail dei fan ricevute, sulle

statistiche dei box office, sul loro appeal, sull’effetto dei diversi generi sulla loro popolarità, sul

fattore “want-to-see” e sulla votazione degli appassionati di cinema.

Cathy Klaprat, nel suo studio sulla carriera di Bette Davis, esamina quanto l’immagine della star

venisse cambiata in base ai suoi ruoli; veniva presentata in modo diverso a seconda del film: una

bomba sexy o una vamp mangia-uomini. La pubblicità definiva specificatamente Davis in modo da

legare direttamente il suo ruolo narrativo alla sua stessa identità. Per evitare di esaurirne il valore, la

Warner Bros. sperimentò l’off-casting, dandole ruoli che contraddicessero la usa immagine da

vamp. Questa variazione non solo permise di mantenere vivo l’interesse del pubblico, ma serviva

anche a mostrare la bravura e la capacità attoriale dell’attrice, e divenne a sua volta un’immagine da

pubblicizzare.

Il primo strumento pubblicitario fu la raccolta stampa, che era preparata separatamente per ogni

prodotto e inviata agli “espositori” per offrire loro informazioni e consigli per la pubblicità (posters,

la lista del cast, un sunto della storia, brevi biografie e foto delle stars. [Lo stile stesso dei posters e

degli spot mettevano in primo piano il ruolo delle stars.])

Le stars erano sfruttate per la promozione dei prodotti anche attraverso la presenza personale in

premieres, shows, etc. (le stars musicali potevano ballare e danzare e gli attori potevano recitare una

breve scenetta.)

Charles Eckert (1978) ritiene che durante la crescita dell’economia consumista negli anni ’20,

l’industria cinematografia intensificò i suoi sforzi per legarsi alle grandi marche sfruttando le stars

per vendere e commercializzare diversi prodotti. Nel 1930, quando Bernard Waldman costituì la

Modern Merchandising Bureau., iniziò a produrre vestiti basati sullo stile delle stars nei film:

inizialmente gli studios gli offrirono diverso materiale gratuitamente, sperando nell’effetto della

pubblicità gratis.

Le donne vennero percepite come la prima categoria di consumatori: linee di moda offrivano il

glamour delle stars a prezzi relativamente accessibili, promettendo in qualche modo un’evasione

dalla realtà contemporanea.

Case Study: Shirley Temple and the Business of Childhood

Tra il 1935 e il 1938 Shirley Temple domino la lista del top box office. Il suo successo derivava dal

modo in cui rappresentata l’infanzia, che attraeva non solo i bambini, ma anche gli adulti. Secondo

Charles Eckert (1974), questa faceva appello a elementi universali, come la dolcezza e l’amore dei

genitori. Come afferma Jeanine Basinger, i suoi film implicavano una formula famigliare: la

bambina orfana, adulti adorabili e amorevoli, l’aiuto verso i poveri, etc. La perdita di una famiglia è

rimpiazzata da una versione idealizzata e perfetta della stessa. Gli adulti ne erano attratti perché

volevano essere lei, che rappresentava la fantasia di evasione infantile.

Charles Eckert ritiene che, durante la Depressione, l’immagine di Temple rimpiazzava la realtà

economica del periodo: allo stesso modo in cui il governo aveva rimpiazzato l’idea di sussidi

pubblici con il valore della carità e dell’atto del dare invece del ricevere, l’immagine della ragazzina

aveva creato un simile lavoro di rimpiazzo. I suoi personaggi avevano un passato modesto: lei

risolveva ogni problema con la fede nel potere dell’amore e con puri e senza ritorno atti di

beneficenza.

Secondo Basinger, la sua immagine era un miscuglio tra una “piccola e arguta sgualdrinella” e una

“completa piccola bomba sexy”. In alcune occasioni, appariva come la “piccola moglie” che si

prendeva cura del proprio padre e le problematiche di connotazione sessuale erano mascherate dalle

sue battute infantili come “sposami e fammi diventare tua moglie”, etc.

Tuttavia, la connotazione sessuale dell’immagine di Temple esplose nella disputa pubblica e pian

piano la sua immagine cominciò a perdere popolarità. Tutto ciò dimostra quanto gli studios fossero

capaci nel fare appello direttamente alla sensibilità e alle preoccupazioni del pubblico.

Contracts and the Control of Star Image

Tra gli anni ’30 e gli anni ’40 le stars firmavano un contratto con gli studios di sette anni, durante i

quali lo studio deteneva il controllo esclusivo sull’uso della sua immagine, sul salario e sui tipi e la

quantità di ruoli che doveva eseguire; poteva inoltre prestare l’attore ad altri studios senza il

consenso del performer (questa collaborazione permetteva di mantenere il loro oligopolio) Le case

potevano terminare il contratto, ma le stars non avevano alcun potere legale per farlo; se rifiutavano

il ruolo, venivano sospese senza pagamento e successivamente sarebbero state meno desiderabili e

avrebbero avuto un salario più basso. Un'altra punizione era quella di prestare l’attore a una

produzione indipendente che si prevedeva avrebbe fallito al box office: Mae Huetting la descrive

come “l’equivalente hollywoodiana della Siberia”.

I termini del contratto coprivano anche le vite private degli attori, in modo da proteggersi nella

eventualità in cui la stars avesse agito in modi scandalosi e contradditori rispetto la sua immagine.

Negli anni ’20 vennero aggiunte clausole morali: Jane Gaines ritiene che i termini del contatto

offrivano agli studios “assicurazione d’immagine”. Alcune stars particolarmente di valore potevano

negoziare alcuni termini del contratto e in alcuni casi contestarono apertamente contro le condizioni

restrittive dello stesso (si veda la lotta tra Bette Davis e la Warner Bros. che vide la WB

vincitrice: non si poteva scappare dal potere contrattuale e di controllo delle case). La pratica di

estendere il contratto di stars sospese terminò quando Olivia de Havilland portò la WB alla corte

e vinse, spingendo altri attori a cercare di ottenere maggiore controllo della propria carriera e una

maggiore indipendenza.

Case Study: Cagney vs. Warner Bros.

La popolarità di James Cagney come gangster combattivo fu un prodotto della Depressione e del

periodo successivo. Nick Roddick afferma che il film gangster:<<Rappresentava personaggi che

rispondevano attivamente e spesso con un forte senso di onore personale a circostanze sociali che,

nella vita, sembravano condannare il pubblico a una frustrazione inattiva di fronte a un sistema che

spesso appariva disonorevole.>>.

Cagney, negli anni ’30, entrò in battaglie contro il capo dello studio Jack Warner, esprimendo

insoddisfazione sui ruoli limitati e sul salario più basso rispetto a altre stars. Quando divenne

l’attrazione principale al box office continuò a richiedere un aumento stipendiale [man mano che il

suo salario saliva, così faceva la sua pressione fiscale] Secondo Kevin Hagopian diversi erano i

motivi dell’insoddisfazione dell’attore. Nonostante il nuovo contratto gli desse maggiore controllo

sul suo lavoro, Cagney lasciò la Warner Bros.: era il risultato del cambiamento dell’industria verso

la fine degli anni ’40 che permetteva una maggiore indipendenza.

Nel 1940 il Dipartimento di Giustizia iniziò una serie di azioni contro l’oligopolio dello studio

system e con l’aumento delle tasse da parte di Roosvelt tra il 1940 il 1942, i salari diminuirono.

Riassuntino: pag. 66 4. Rethinking the System

Verso la fine degli anni ’40 il sistema integrato verticale iniziò a crollare e dagli anni ’50 gli studios

cominciarono a esercitare il proprio potere specialmente come distributori. Con l’avvento della

televisione ci furono nuove opportunità di intrattenimento e, verso la fine degli anni ’60, gli studios

vennero fagocitati in conglomerati più grandi e diversificati.

Hollywood Reorganisation

Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale le misure prese dal Dipartimen

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
15 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AlbaJane di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Minuz Andrea.