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L’ARABIA E L’ISLAM
1)L’Arabia alla vigilia dell’avvento dell’Islam
La caratteristica dell’intera regione dell’Arabia meridionale era la strutturazione sociale di
tipo tribale: i nomadi allevatori di bestiame non erano i soli ad articolarsi in tribù, sottotribù
e clan; anche gli abitanti stanziali delle città e i contadini erano organizzati in maniera
tribale. Così la popolazione della MECCA era composta da membri della tribù
QURAYSHITA, che a sua volta si articolava in una dozzina di clan, fra cui i potenti
MAKHZUM e ‘ABD SHAMS e i meno influenti HASHIMITI. L’oasi di Yathrib (la futura
Medina) era abitata da cinque tribù arabe. Già in epoca pre-islamica le tribù della penisola
arabica erano basate sulla presunzione che discendessero tutte da antenati comuni:
capostipite degli arabi meridionali era considerato QAHTAN, quello degli arabi
settentrionale ‘ADNAN. Questa differenziazione riflette un profondo contrasto fra i due
gruppi, le cui ripercussioni si avvertiranno fino in avanzata epoca islamica. Gli arabi del
sud erano considerati quelli puri, i veri, gli ‘ARIBA, mentre quelli del nord venivano definiti
MUSTA’RIBA, gli arabizzati. Ogni tribù parlava il proprio dialetto, ma i poeti avevano già
sviluppato una lingua standard unitaria. Importanti punti d’incontro erano i luoghi
consacrati a diverse divinità, per esempio la KA’BA, un tempio cubico della Mecca,
dedicato al dio Hubal. L’universo delle divinità arabe ci è noto a grandi linee sia attraverso
gli accenni che ne fa il Corano, sia soprattutto attraverso il “Libro degli idoli” dell’iracheno
Ibn al-Kalbi. Le divinità si presentavano sotto forma di sassi o di alberi, lo stormire delle cui
fronde veniva interpretato come un oracolo. Sembra che Habul, il dio principale dei
QURAYSHITI della Mecca, fosse venerato anche con il nome di Allah. I pellegrinaggi e le
fiere, così come la lingua dei poeti itineranti, crearono i primi legami sovraregionali fra le
tribù sparse per tutta la penisola. A ciò si aggiungevano i contatti con l’esterno attraverso il
commercio, che passava ancora prevalentemente per la via dell’incenso, dallo Yemen alla
Siria.
Il profeta MUHAMMAD
L’islamismo è senza dubbio uno degli elementi costitutivi del mondo arabo. Nato intorno al
570, appartenente al clan degli HASHIMITI della tribù dei QURAYSHITI della Mecca,
rimasto presto orfano, Muhammad si guadagna da vivere inizialmente con l commercio. Si
narra che, in qualità di socio e fiduciario della ricca vedova Khadigia, abbia accompagnato
una carovana in Siria e vi abbia concluso degli affari: al suo ritorno Khadigia, un po’ più
vecchia di lui. Lo sposerà. Intorno al 610, dopo aver avvertito la vocazione, Muhammad,
che ha circa quarant’anni, si presenta come il Profeta di una fede monoteistica che
contesta con veemenza, minacciando l’avvento imminente del Giudizio Universale, la
religione politeistica dell’antica Arabia. Alla Mecca riuscì a riunire attorno a sé una piccola
schiera di seguaci: i clan dominanti della tribù dei QURAYSHITI, che temevano per la loro
posizione influente e per introiti derivanti dai pellegrinaggi alla Ka’ba e negli altri luoghi
sacri nei dintorni della Mecca, erano decisamente ostili a lui e al suo messaggio,
vessavano i suoi discepoli e minacciavano lo stesso Muhammad. Così, nell’anno 622, si
giunse all’emigrazione (higra/egira) del Profeta e dei suoi seguaci, che chiamavano sé
stessi “sottomessi a Dio” (muslimun) e la loro fede “sottomissione” (islam), cioè per volontà
di Dio, verso Yathrib, situata a 350 km a nord-ovest della Mecca. Qui il Profeta divenne
capo di una comunità che si faceva sempre più grande e il cui collante era garantito dalla
professione di fede verso un unico Dio e dalla lealtà verso il suo Profeta, invece che dai
rapporti di parentela e talvolta dalle alleanze. Questa nuova comunità (umma), era aperta
a tutte le tribù e a tutti i clan ed era ritenuta indissolubile, poiché si rifaceva direttamente a
Dio. Durante i dieci anni in cui operò a Yathrib (622-632). Muhammad riuscì ad estendere
la umma islamica in pratica a tutta la penisola arabica. Con l’aristocrazia di fede pagana il
Profeta aveva in un primo tempo condotto battaglie dagli esiti alterni, finché i clan pagani
avversari, quelli dei Qurayshiti, avevano capito che il loro futuro sarebbe stato
maggiormente garantito all’interno della umma piuttosto che avendola come nemica.
Aprirono le porte al Profeta e si convertirono all’islamismo (630). Quando Muhammad
morì, due anni più tardi, l’intera penisola arabica era associata alla umma, vale a dire
quasi tutti gli arabi erano uniti nell’islamismo. E’ vero che la lealtà delle tribù era indirizzata
personalmente verso il Profeta e che dopo la sua morte questa venne meno da parte di
alcune tribù, ma è altrettanto vero che il successore di Muhammad, ABU BAKR, riuscì a
sottomettere i rinnegati con la forza delle armi e a porre quindi un freno all’apostasia
(ridda).
3) Le conquiste arabo islamiche
Già durante il decennio in cui a Medina Muhammad era stato a capo della umma, erano
state gettate le prime basi di un’entità-stato: i tratti fondamentali di un diritto e di una legge
che unisse le tribù e che fosse al di sopra di esse, un ceto di amministratori inviati da
Medina ed i primitivi esordi di un sistema contributivo e fiscale. I rappresentanti del suo
potere politico e militare, erano esclusivamente arabi. Il nucleo della nuova élite era
formato dai primi compagni di sventura e di lotta Muhammad, i musulmani delle origini,
dalle cui file provenivano anche i quattro califfi (successori): ABU BAKR (632-624), ‘UMAR
(634-644), ‘UTHMAN (644-656), e ‘ALI (656-661) cugino e genero di Muhammad. Tutti e
quattro appartenevano alla tribù meccana dei QURAYSHITI, distinguendosi tuttavia per
meriti religiosi, soprattutto per la loro tempestiva conversione (sabiqa) alla nuova religione;
inoltre, tutti e quattro avevano preso parte all’egira con il Profeta ed erano quindi “emigrati”
(MUHAJIRUN). Rispetto a questi, gli “aiutanti” (ANSAR) non poterono mai esprimere un
califfo, sebbene anch’essi reclamassero il diritto alla carica. Ma non trascorse molto tempo
e di nuovo la vecchia élite pagana economica e di potere della Mecca si impose anche
all’interno della umma islamica, scalzando il ceto dell’aristocrazia meritocratica. Il ruolo
dominante fu assunto dalla famiglia degli OMAYYADI, del clan qurayshita degli ‘ABD
SHAMS, inizialmente acerrimi nemici del profeta. L’omayyade MU’AWIYA, partecipò alla
conquista della Palestina e della Siria e fu ricompensato con il governatorato di Damasco,
che mantenne per vent’anni. La Siria costituiva la base del suo potere e da lì MU’AWIJA
insorse contro la scelta del quarto califfo, ‘ALI. Dopo l’assassinio di quest’ultimo, Mu’awiya
riuscì ad imporsi come califfo e a fare di Damasco la nuova capitale. L’espansione militare
del califfato ebbe inizio con il secondo califfo, ‘Umar, e condusse presto alla conquista
della Palestina/Siria romano-bizantina e della Mesopotamia (al-‘Iraq) persiano-sasanide.
Nel 636 un’armata bizantina fu sconfitta, e in seguito a ciò, l’esercitò bizantino lasciò la
Siria. Allora quasi tutte le città palestinesi e siriane si arresero in cambio di condizioni
favorevoli: protezione, garanzia della proprietà, libertà di religione, ecc. La contropartita
era, in primo luogo, un tributo che le città dovevano versare, trasformato in seguito in una
capitazione (JIZIA) per i non musulmani. Con questi contratti i non musulmani ottennero lo
status di “sudditi protetti” (dhimmi). A tali condizioni capitolarono Damasco,nel 635,
Gerusalemme nel 638, Cesarea in Egitto nel 640 e nel 642 anche Alessandria, con la
quale tutto l’Egitto si ritrovò sotto la dominazione arabo-islamica. Controparte del califfo
erano i patriarchi e i vescovi cristiani, unica autorità pubblica rimasta dopo il ritiro delle
truppe bizantine. La rapida espansione dei califfati è un fenomeno sorprendente, a cui si
sono date spiegazioni talvolta contradditorie. Lo stereotipo delle masse ebree di fede, che
partono entusiaste alla conquista del mondo per diffondere con ogni mezzo l’islamismo, è
quello che regge con maggiore tenacia. Le penetrazioni arabe assunsero presto una
qualità e una dimensione del tutto nuove che si manifestarono in primo luogo nel dato di
fatto che esse conducevano ovunque, al di là dei confini della Mezzaluna Fertile. Dietro a
tutto ciò, si palesava la volontà imperialista del nuovo centro di potere, Medina. Alla guida
dei vari eserciti c’erano soprattutto i Qurayshiti meccani e gli ausiliari medinesi (ansar),
mentre le tribù beduine ce aderivano alla umma, interessate in primo luogo al bottino,
costituivano il grosso delle truppe. Secondo un’antica usanza, un quinto del bottino
spettava al califfo; in un secondo tempo il governo centrale divenne l’ovvio percettore e
redistributore delle entrate fiscali regolari. Anche i guerrieri erano beneficiari di un sistema
fiscale che si basava sulla capacità contributiva dei non musulmani. La garanzia di
protezione (dhimma) per i non musulmani sottomessi divenne parte costitutiva
dell’ordinamento giuridico islamico (sharia); le conversioni di massa avrebbero privato
della base economica il sistema del diwan. Solo un mutamento graduale ha determinato il
crollo del “regno arabo”. Anche se il motivo religioso può essere inquadrato come uno fra i
tanti per capire la diffusione dell’impero arabo, ciò non toglie che non va sottovalutato il
ruolo della religione come anello di congiunzione fra coloro che dominano e come
legittimazione del loro potere: Dio non vuole l conversione degli infedeli, ma vuole che su
di essi dominano i musulmani.
4) Il califfato degli Omayyadi (661-750)
Il califfato Mu’awiya riuscì ad imporre la successione di suo figlio Yazid (680-683) e a
fondare così una dinastia che avrebbe dominato il regno arabo per novant’anni. In questo
modo l’antica aristocrazia dei Qurayshiti meccani l’aveva finalmente scampata
sull’aristocrazia meritocratica religiosa del giovane islamismo. L’omayyade ‘ABD AL-
MALIK (685-705) riuscì a mettere fine al controcaliffato meccano e a ricostruire l’unità del
regno. Questo califfo, forse il più importante degli Omayyadi, pose inoltre in opera tutta
una serie di rif