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CAPITOLO 4: “LA SHI'A E LE COMUNITA' NON SUNNITE”
L'Islam più precisamente di coloro che chiamano se stessi “ahl as-sunna wa 'l – jama'a”
(= “la gente della tradizione e della comunità”) dove forse più importante di “sunna” è la
parola “jama'a”, indice di un atteggiamento sunnita per cui l'autorità religiosa non è
concentrata in persone (se si esclude il Profeta) ma in un Libro e nell'interpretazione
comunitaria del medesimo attraverso un lavoro di generazioni di dotti e dei giuristi.
Anche gli sciiti potrebbero chiamarsi ahl as-sunna, in quanto hanno la loro venerazione
per le tradizioni del Profeta e tutte le loro dottrine sono basate su tradizioni da loro
ritenute autentiche, ma non possono dirsi fautori dell'interpretazione comunitaria
perchè il punto centrale della loro dottrina è la concentrazione dell'autorità religiosa in
centri – persone, di cui la più alta è Dio seguito dal Profeta. Il punto singolre è che la
maggior parte degli sciiti fa cessare questa successione a un dato momento del tempo,
riproducendo la stessa situazione che presuppongono i sunniti, solo che la “zona storica
sacra” autorevole è per gli sciiti più lunga. La teoria sciita si è creata dopo la scomparsa
dell'ultimo di tali successori autorevoli e docenti del Profeta. La shi'a teologicamente
organizzata di questo tipo nasce dopo che tutti gli imam erano morti e potrebbe
considerarsi come una tarda codificazione di movimenti precedenti sorti intorno a certe
personalità di discendenti di Alì. Il più importante di questi movimenti è quello ismailita.
La parola shi'a significa “fazione, partito”. Fin dalla morte del Profeta ci furono persone
nella comunità musulmana che sostennero Alì il più parente maschio del Profeta e il suo
legittimo successore. Dal punto di vista teorico e dottrinale queste persone non
dovevano avere avuto idee diverse dagli altri musulmani: si trattava di una questione
puramente politica, pur non potendosi negare una certa tendenza verso impostazioni
simili a quelle dei successivi gulat (estremisti) doveva esistere anche in tempi antichi.
Studi recenti vanno sempre più distinguendo fra una shi'a politica, di partigiani
puramente politici di Alì e degli 'alidi i quali potevano avere anche teorie strettamente
“sunnite” e una shi'a religiosa dalle idee fortemente coraniche, il cui centro fu
soprattutto Kufa (in Mesopotamia) il cui primo rappresentante fu Al – Muhtar. Gli sciiti
non negano la profezia di Muhammad, né la sua definitività nel tempo, quindi sono
secondo Gazzali, degli ortodossi, ma la loro eterodossia principale sta nel non adattarsi
all'ijma'a, preferendogli l'autorità personale di un imam docente, inoltre l'eterodossia
delle varie comunità sciite è misurabile secondo il grado di “divinità” che essi
attribuiscono alla persona dell'imam, divinità che per l'Islam ortodosso è suprema
bestemmia. Gli eresiografi musulmani e gli studiosi europei distinguono 3 categorie di
shi'a:
1. estrema, l'imam è visto come un Dio e sono gli ismailiti
2. media, l'ima è visto come infallibile e impeccabile intriso di luce di Dio
3. moderata, l'imam è semplicemente “rettamente guidato”, sono gli zaiditi (che
poco si distinguono dai sunniti, salvo che nella loro maggiore accentuazione del
concetto di imam
Più o meno secondo il valore sacrale attribuito dai seguaci di queste tre branche
all'imam.
Si ha una grande difficoltà nella trattazione sommaria delle dottrine sciite sia per la loro
varietà sia per i rapporti storico – religiosi tra le sette e solo recentemente è iniziata una
riesumazione di testi preziosi, specialmente ismailiti ed ad opera di Ivanov.
L'imamismo
Quella shi'a che alcuni si ostinano ancora a chiamare “reazione ariana persiana alla
religiosità semitica sunnita”, fu imposta ai persiani nel XVI secolo (10 anni dopo la morte
di Alì e gli avvenimenti che originarono la shi'a) da una dinastia turca, i Safavidi, i quali
riesumarono più antichi trattati di teologia sciita, opera per lo più di arabi, e fecero
venire dalla Siria meridionale e dal Bahrein i predicatori ed i propagandisti necessari per
la sciizzazione del paese. La Shi'a fu introdotta in Persia in una forma non lontana dalle
antiche correnti estremistiche. Sah Isma'il Safavide (1524), conquistatore della Persia, è
autore di poesie religiose in cui si proclama “Dio”. I canti turchi di Sah Isma'il furono ben
presto sostituiti da grandi compendi arabi di tradizioni legali opera di più antichi giuristi
e teologi sciiti imamiti, per i quali il misticismo è eresia, diversamente da quanto accade
nel sunnismo. La teologia sciita attuale si differenzia da quella ortodossa sunnita da tre
punti di vista:
1. l'impostazione del concetto di Imam
2. un valore dato dallo sciismo alla sofferenza, al martirio che assumono quasi un
carattere redentivo
3. il fatto che la shi'a adottò la teologia mu'tazilita e nell'interpretazione del Corano
fa ampio uso del ta'wil (trasposizione spirituale)
L'imam
Ai requisiti che l'ortodossia sunnita ritiene necessari per l'elezione a imam o califfo, gli
sciiti aggiungono la discendenza diretta da Alì e negano il principio di elezione. Alì è
chiamato dagli sciiti wali (amico speciale di Dio) e wasi (esecutore, erede del Profeta),
ma soprattutto “amir al – muminin” cioè “principe dei credenti” ed intorno alla sua
persona si è creata una grande quantità di leggende che ebbero un grande
arricchimento all'epoca safavide. La dignità dell'imam si trasmette per atto col quale il
padre designa il figlio che deve succedergli nell'imamato. L'imam è il solo conoscitore
del senso intimo di Islam, comunicato direttamente da Alì e da lui ai suoi discendenti, ed
ha l'autorità di interpretare il Corano e la Sunna; inoltre gli spetta pure la 'isma,
infallibilità ed impeccabilità. Nell'imam si incarna una particella di quella “Luce
Muhammadica” mediante la quale Dio creò il mondo e che, discesa da Adamo a tutti i
profeti, passa da Muhammad (ultimo profeta) negli imam, suoi discendenti carnali,
attraverso la figlia Fatima (sposa di Alì). Insieme ad Alì, assumono carattere puramente
sacro i “cinque puri”, cioè la Sacra famiglia: Muhammad, sua figlia Fatima, suo cugino e
genero Alì, e i figli di Fatima ed Alì: Hasan e Husain. L'imam ed i cinque puri hanno nella
fede sciita un'importanza funzionale: la mediazione. I vari rami della shi'a si distinsero
storicamente storicamente per questioni di successione legittima degli imam: chi negava
l'imamato di un successore del precedente imam, fermava la linea degli imam al
precedente, la cui morte era una scomparsa (gaiba); altri continuavano la serie fino a
quando non ammettevano la scomparsa. L'imam detto “nascosto” o “atteso” non è
considerato dall'ortodossia sciita come presente spiritualmente, ma vivo e vegeto,
nascosto sulla terra e che tonerà ad apparire alla fine dei tempi. L'imam fa conoscere la
sua volontà con altri mezzi e di fatto la direzione spirituale della comunità è in mano ai
dotti e alle autorità politiche. Solo all'imam spetta dichiarare la guerra santa e la shi'a
(che pur ammette la guerra santa come uno dei 6 pilastri dell'Islma) ritiene impossibile
farla ora, in attesa del ritorno dell'imam, e la guerra santa è solo ammessa dagli sciiti in
caso di estrema difesa contro gli attacchi nemici.
Teologia Mu'tazilita
La parte formale del mu'tazilismo fu conservata dalle scuole teologiche ortodosse che
però non seppero rinunciare a certe corposità antropomorfistiche, che i mu'taziliti a
difesa della dignità dell'Islam, cercarono di attenuare e distruggere, ma a torto furono
chiamati “i liberi pensatori dell'Islam”. La teologia mu'tazilita classica riassume le sue
dottrine in 5 usul (radici, principi):
1. l'unicità di Dio e il rigido monoteismo li porta a combattere contro gli
antropomorfisti e contro i dualisti manichei. L'onnipotenza di Dio non si estende
agli accidenti né ai fenomeni nati dal libero agire dell'uomo.
2. La giustizia divina, in quando Dio per i mu'taziliti è giusto e fa sempre il meglio
per le creature, non ha nulla a che fare con le cattive azioni degli uomini.
3. Si chiama “la promessa e la minaccia” e tratta di problemi di teologia pratica.
4. Si discute la posizione del peccatore musulmano.
5. E' una formula che è entrata anche nel diritto sciita. La fede deve essere difesa e
ogni azione cattiva deve essere rimproverata e all'occasione punita
violentemente.
E' stato fatto notare da qualcuno che il Corano sostituisce nell'Islam il “Cristo” del
cristianesimo: è il Corano l'essere in cui Dio si incarna come verbo.
La legge religiosa
Leggendo un trattato del fiqh sciita si nota, per esempio, che al capitolo sulla preghiera
canonica ci sono menzionate delle preghiere speciali per Alì, Fatima e per l'imam Ja'far
(uno dei più importanti tra i 12 imam). Inoltre i prodotti si dividono in 6 parti: le prime
due vanno a Dio e al Profeta, la terza all'imam e alla “Sacra famiglia”, le ultime tre ad
orfani e bisognosi della famiglia del Profeta. Riservati all'imam, come lo erano al Profeta,
sono gli anfal cioè speciali terreni ottenuti con operazioni belliche ed in più tutti i beni
mobili ed immobili appartenenti personalmente ad un sovrano vinto. Vi è anche un
capitolo che tratta l'i'tikaf (ritiro spirituale. Praticato anche dai sunniti) di almeno 3
giorni e 3 notti, non obbligatorio ma raccomandato, da farsi, secondo alcuni, solo in
queste moschee: Mecca, Medina, Kufa, Bassora. Nel capitolo sulla guerra santa,
considerata dagli sciiti uno dei pilastri dell'Islam, viene considerata tale anche quella
contro i musulmani restii a sottomettersi al legittimo imam.
Caratteristica del diritto matrimoniale è la “mut'a” o “matrimonio temporaneo”, che
sarebbe una vera e propria prostituzione legalizzata e si differenzia dal matrimonio
normale per il fatto che, ne contratto, viene menzionato un periodo prefissato di durata
del matrimonio, il quale, al termine di questo periodo, automaticamente si scioglie, ed
in ca