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GLI ANNI 70 COME SVOLTA
14.1 - Il 1968: la rivolta di una generazione
Il movimento di protesta giovanile, che ebbe il suo culmine nel 1968, in alcuni casi
arriva persino a far vacillare i governi i sistemi politici in nome di una trasformazione
radicale della società. All'origine del fenomeno vi era una serie di fattori di tipo sociale,
demografco e politico. Gli anni del boom economico erano stati caratterizzati da un
notevole sviluppo demografco: alla fne degli anni 60, aveva raggiunto quindi l'età
adulta una generazione, la cosiddetta baby boom generation, che aveva vissuto gli
anni del benessere, senza conoscere il dramma della guerra e delle scarsità che
avevano accompagnato la vita dei loro genitori. In una società dove i giovani
rappresentavano la fascia demografca piu estesa e dove larga era la diffusione della
scolarizzazione, i modelli di comportamento fra genitori e fgli e tendevano a
differenziarsi in modo sempre piu evidente. Essi cominciarono a rifutare la società dei
consumi e il modello di sviluppo che l'ha generata, proponendo una "controcultura
"fortemente critica verso la generazione dei padri e il sistema di potere dell'Elite
politiche sociali dominanti. Venivano proposte e stili di vita sempre piu incentrati su
comunitarismo e sull'egualitarismo; l'abbigliamento e la musica diventarono i mezzi
principali con cui i giovani prendevano palese questa rottura con il passato e
soprattutto le canzoni, che proponevano testi sempre piu introspettivi e di impegno
politico e sociale.
Tratto dominante che caratterizzò il movimento fu la contestazione di ogni forma di
autorità gerarchica, da quella dei genitori a quella nella scuola o sul posto di lavoro,
fno a coinvolgere anche la Chiesa. All'interno del movimento poi si inserì la lotta delle
femministe diretta contro il sistema di potere tradizionalmente esercitato dagli uomini
nella vita pubblica e privata.
La creazione di un sistema internazionale pacifcato, la lotta contro tutte le ingiustizie
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e le discriminazioni, la sensibilità e l'attenzione per le condizioni dei paesi del terzo
mondo furono i tratti caratterizzanti di una protesta che condannava sia il sistema
capitalistico occidentale sia l'oppressione la mancanza di libertà del regime sovietico.
Grande fascino esercitavano la fgura di Mao e quella di Ernesto “Che” Guèvara, che
entrò nell'immaginario collettivo come il mitico combattente delle guerriglie
sudamericane.
Le fasi piu importanti del movimento di contestazione si verifcarono già alcuni anni
prima del 1968 negli stati uniti: l'occupazione dell'Università di Berkeley in California
nel 1964 sperimentò per la prima volta tecnica di autogestione dell'istituzione
universitaria che si diffusero poi in tutto il mondo. All'interesse per le analisi sociali, si
cercò di avvicinare un nuovo modo di vivere in comunità da parte dei gruppi dei
cosiddetti hippies, i quali impostare un una nuova flosofa di vita che spaziava dalla
spiritualità di stampo orientale all'uso di droghe e alla pratica di costumi sessuali liberi.
Il movimento di contestazione negli stati uniti era rivolta soprattutto contro la guerra
del Vietnam e a favore della difesa dei diritti civili dei neri e delle minoranze. Prendeva
di mira, insomma, quelle che si ritenevano le mancate promesse di uguaglianza e
giustizia della costituzione americana, contraddette sia dalle pratiche di
discriminazione verso gli afroamericani, sia da una politica estera giudicata aggressiva
e di stampo neo coloniale, come veniva denunciato dal leader radicale Malcolm X.
La protesta toccò il suo apice con l'assassinio di Martin Luther King a Memphis, il 4
aprile 1968: questo tragico evento scatenò una violenta ribellione nei ghetti neri delle
città americane e l'attivismo dei giovani contro la guerra in Vietnam arrivo al punto di
dividere l'opinione pubblica americana Nello stesso anno, a giugno, fu poi l'assassinio
di Robert Kennedy a mettere a nudo le profonde fratture della società americana.
Dagli stati uniti, la protesta studentesca si spostò rapidamente in Europa, dove
assunse un carattere di maggiore politicizzazione, coinvolgendo anche la classe
operaia: ad esempio, nel famoso "maggio francese" alla ribellione dei giovani delle
università si unirono milioni di lavoratori, proclamando uno sciopero generale che
paralizzò il paese. De Gaulle reagì alle dimostrazioni in modo fermo e deciso, da un lato
trattando con i sindacati, dall'altro chiamando i francesi a nuove elezioni. Il successo
del partito gollista e la sconftta delle sinistre segnarono la fne del 68 in Francia.
In Italia, la protesta, partita inizialmente dalle università di Trento, Torino, Milano e
Roma, coinvolse ben presto anche la classe operaia e raggiunse momenti di acuta
violenza: uno degli episodi piu gravi fu quello che si svolse nel marzo 1968 presso la
facoltà di architettura dell'Università di Roma dove gli studenti, che avevano occupato
la facoltà, si scontrarono con le forze dell'ordine chiamate a sbloccare la situazione.
Tra i vari gruppi, quelli che negli anni successivi ebbero un certo seguito furono Lotta
Continua, Potere Operaio, Avanguardia Operaia.
Alla protesta degli studenti, nel 1969 segui quella degli operai, impegnati nel rinnovo
dei contratti collettivi di lavoro. Culminati nel cosiddetto "autunno caldo", gli scioperi
e le rivendicazioni dei lavoratori fnirono per aprire un dialogo tra le tre principali
confederazioni sindacali. Grazie a questo, gli operai ottennero il rinnovo dei contratti di
lavoro con aumenti salariali compresi tra il 15 e il 20%, la riduzione della settimana
lavorativa a 40 ore e il diritto di tenere assemblee in fabbrica per ragioni sindacali. Nel
1970 venne poi varato lo statuto dei lavoratori, un insieme organico di norme sui
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rapporti tra dipendenti e datori di lavoro a tutela della libertà sindacale all'interno delle
aziende. Il movimento del 68 coinvolse anche i paesi del blocco sovietico, dove
assunse il carattere della protesta contro la mancanza di libertà e pluralismo politico
imposta dei partiti comunisti al potere. L'epicentro della ribellione fu Praga.
In Cecoslovacchia, fn dalla metà degli anni 60, era cresciuto un fermento di cui si era
fatto interprete il leader del partito comunista Alexander Dubcek: Il suo programma di
"socialismo dal volto umano" prevedeva il mantenimento del modello di sviluppo
collettivista e consistente riforme politiche, tra cui l'abolizione della censura sui mezzi
di comunicazione, la fne del sistema partito unico e l'allargamento della
partecipazione politica ai cittadini. Egli, a differenza di quanto era avvenuto in
Ungheria, non proponeva l'uscita della Cecoslovacchia dal patto di Varsavia ma
nonostante questo, le riforme del leader apparvero a Mosca come una grave minaccia
all'egemonia sovietica. Il leader sovietico Breznev, succeduto a Chruscev alla guida del
paese, ritenne che l'esperimento cecoslovacco andasse immediatamente fermato: il
21 agosto 1968 le truppe sovietiche e dei paesi del patto di Varsavia occuparono in
poche ore la Cecoslovacchia. Il leader Dubcek e gli altri dirigenti riformisti furono
emarginati e progressivamente allontanati dagli incarichi, mentre la nuova dirigenza
imposta da Mosca riportava il paese sui binari dell'ortodossia sovietica. Il 16 gennaio
1969 le drammatiche immagini del giovane studente cecoslovacco Jan Palach e che si
diede fuoco nella piazza di San Venceslao per protestare contro l'invasione, misero il
mondo di fronte alla tragedia del "socialismo reale" imposto dall'Urss. Gli Stati uniti e i
paesi dell'Europa occidentale non intervennero; Lo shock dell'invasione colpì invece i
partiti comunisti occidentali che presero le distanze dall'intervento sovietico.
Uno dei punti di riferimento di una parte del movimento studentesco fu la cosiddetta
"rivoluzione culturale cinese, di cui tuttavia non si conosceva la vera natura. Nel 1966
era stata orchestrata in Cina una campagna contro la burocratizzazione del partito;
tali contestazioni furono promosse da Mao e dal suo entourage, che le indirizzarono in
modo da rafforzare il potere dello stesso Mao anche attraverso il culto della sua
personalità. Rimasero vittime di questa violenta protesta sia i vecchi quadri dirigenti
del partito, sia intellettuali, artisti, contadini benestanti, che furono rinchiusi nei
"campi di rieducazione" dove il prezzo della sopravvivenza era l'ossequio all'unica
verità politica ammessa, quella del pensiero di Mao. La "rivoluzione culturale" si esaurì
nel 1969, con il rafforzamento del gruppo dirigente e la sconftta di Lin Biao,
principale ispiratore del movimento delle guardie rosse.
Il movimento sessantottino in molti paesi si esaurì nel giro di pochi mesi; nonostante
questo, ebbe il merito di portare al centro dell'attenzione valori che fno a poco tempo
prima erano rimasti nell'ombra: dal pacifsmo alla antirazzismo, dalla contestazione del
potere come forma di dominio all'emancipazione delle donne.
14.2 - Il "nuovo femminismo" e l'affermazione dei diritti delle donne
Anche se alla fne della seconda guerra mondiale le donne avevano ottenuto il diritto
di voto quasi in tutta l'Europa occidentale (in Francia nel 1944, in Italia nel 1945, in
Belgio nel 1948, in Grecia nel 1952), gli anni 50 non rappresentarono una svolta nei
processi di emancipazione femminile. In molti paesi continuava ad esistere la potestà
maritale e alle donne non venivano riconosciuti gli stessi diritti civili degli uomini;
anche il modello femminile che si era diffuso dopo la guerra, relegava ancora le donne
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entro lo spazio domestico, in qualità di moglie-madre-casalinga. Questo ideale della
"domesticità" fu il primo grande bersaglio polemico delle femministe. Defnito
polemicamente dalla studiosa Betty Friedan, in un libro del 1963, come "mistica della
femminilità", questo ideale riduceva la complessa identità della donna ad un unico
valore, quello della femminilità. La Friedan, intendeva denunciare l'ipocrisia che
circondava la condizione delle donne americane, da un lato valorizzate in quanto
“madri della nazione”, ma dall'altro relegate nell'ambito della famiglia e culturalmente
emarginate da un sistema sociale di stampo patriarcale.
Alla nascita del cosiddetto "nuovo femminismo" contribuì anche il pensiero
dell'intellettuale francese Simone de Beavoir, che nel 1949 avrebbe pubblicato "il
secondo sesso”. In esso, egli affermava che la donna aveva sempre rappresentato
l'altro, il polo negativo di un binomio in cui il positivo era rapprese