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Il blocco occidentale era formato da democrazie liberali, in cui il capitalismo
aveva favorito lo sviluppo delle multinazionali, poiché gli aiuti economici
americani previsti dal piano Marshall avevano posto come condizione l’abolizione
del partito comunista, in linea con la politica di contenimento di Truman. Nel
blocco orientale, invece, la direzione comunista aveva preferito un’economia
socialista centralizzata, agevolata dagli aiuti della Russia in termini di denaro e
risorse (anche umane e tecniche), a condizione che permanessero governi
comunisti.
La guerra fredda fu quindi una guerra non dichiarata, ma in cui la corsa agli
armamenti (per organizzare la difensiva/offensiva) portò alla creazione di armi
di distruzione di massa, accanto alla competizione per la conquista dello spazio
e alla spartizione dei territori, con la divisione (fino all’89) della Germania in
Repubblica federale (USA) e Repubblica democratica tedesca (URSS) tramite il
muro di Berlino, la cui creazione, nel 61, fu preceduta da migrazioni da una
parte all’altra. Nel 47 fu istituito il Cominform (al fine di proteggere i paesi
filosovietici), al quale gli USA risposero nel 49 con la NATO, organizzazione
militare che rese evidente il rischio di una nuova guerra mondiale. La guerra
fredda si svolse in 2 fasi: durante la prima, nel 44, si ebbe la guerra civile greca
tra partigiani comunisti e governo democratico, a cui seguì la crisi di Berlino del
48, che portò alla divisione della città in 4 settori (3 occidentali e uno orientale,
il cui blocco rese necessario un ponte aereo americano fino al 49). Nel 54, la
Repubblica federale tedesca entra nella NATO, generando tensioni poi risolte
nella Conferenza di Ginevra.
Anni 50-60: Vietnam, Cuba, Corea
11.
La decolonizzazione, ossia la dissoluzione del regime coloniale e la fine della
subordinazione del popolo, ebbe inizio con la Gran Bretagna, che trasferì il suo
modello organizzativo istituendo delle amministrazioni indirette, in cui la
maggior parte della burocrazia era affidata ad indigeni formati in università
europee, mentre la Francia conservava un’amministrazione diretta in mano a
cittadini della madrepatria.
Il controllo economico e politico influenzava ovviamente il peso degli stati nella
politica estera, sia a causa dello sfruttamento delle materie prime, sia per la
rivendita di prodotti industriali nelle colonie stesse, a seconda del livello di
protezionismo e delle caratteristiche del modello interno (la Francia insisteva
ancora nell’imporre il lavoro forzato). La crisi fu infatti dovuta allo sfruttamento
economico, ma anche alla conoscenza dei valori di democrazia,
autodeterminazione e identità nazionale importati dall’élite culturale indigena
formatasi in Europa, la quale viveva spesso un senso di frustrazione per la
superiorità dell’uomo bianco.
La rivoluzione sanitaria aveva inoltre contribuito, causando la crescita
demografica, l’urbanizzazione, ma anche la disoccupazione. Nella 1 guerra
a
mondiale, inoltre, i coloni avevano partecipato alla guerra, incoraggiati dalla
promessa di indipendenza contenuta nei “14 punti”. Dopo l’aumento della
ribellione dovuto alla crisi del 29, nella 2 guerra mondiale si combatté nelle
a
colonie stesse, tanto che nella Carta Atlantica (che avrebbe dovuto definire
l’ordine mondiale del dopoguerra) di Churchill e Roosevelt, l’articolo 3 ribadiva il
principio di autodeterminazione dei popoli ed il 4 assicurava libero commercio.
L’indipendenza delle colonie (non più vantaggiose economicamente) viene
concessa in contesti internazionali, come le Nazioni Unite. 3 furono le fasi: tra il
45 e il 54, la politica di containment (contenimento del comunismo) americana
porterà alle concessioni nel sud est asiatico e nel mediterraneo.
Tra il 54 (anno della sconfitta francese in Vietnam, diviso in due nella
conferenza di Ginevra) e il 63, gli stati dell’ONU raddoppiano con l’ingresso di
quelli coloniali: nel 55, infatti, alla conferenza di Bandung, stati anticolonialisti e
neutralisti si incontrarono, coniando il termine “Terzo mondo” per designare i
non allineati; nel 56, invece, con la crisi di Suez, gli USA approvarono il cessate
il fuoco e Gran Bretagna e Francia si ritirarono. La guerra d’Algeria (54-62)
generò un conflitto nell’opinione pubblica e nel 60 molte colonie africane
(popolate da etnie diverse) ottennero l’indipendenza.
Nell’ultima fase (63-75), infine, si ha la guerra di liberazione delle colonie
portoghesi. Se in Magreb e Medio oriente la componente religiosa-islamica fu
determinante, il sud est asiatico importò invece i modelli di sinistra (filocinese) e
Ghandiano (non violento), mentre l’invasione giapponese risveglierà i
nazionalismi. Ad aumentare il rischio dello scoppio della Terza guerra mondiale
fu anche la guerra di Corea (50-53), in cui il nord appoggiato dall’URSS cerca di
invadere la democrazia liberale del sud, che chiede aiuto all’occidente, rendendo
evidente il pericolo di bombardamenti americani in seguito all’intervento della
Repubblica popolare cinese filosovietica (nata nel 49) e all’insistenza del
generale McArhtur affinché Truman utilizzasse la bomba atomica.
Nel 59 era iniziata anche la crisi di Cuba (grande produttrice di zucchero), retta
dal 1889 da governi fantoccio americani, fino all’istituzione della dittatura
militare del generale Batista. La ribellione dei socialisti Castro e Guevara portò
alla conquista dell’isola. Il sostegno di Eisenhower agli esuli spinse Castro a
cercare la protezione dell’URSS, finché nel 61, il tentativo di riconquista degli
anticastristi fu bloccato dal presidente cattolico Kennedy. Nel 62 furono
installate basi missilistiche, ma gli USA impedirono l’avvicinamento di navi russe
grazie ad un blocco navale intorno all’isola.
Dal 64 al 73, il Vietnam (ex colonia francese invasa dal Giappone, ma restituito
dopo il 45 alla Francia) fu travagliato dalla guerra tra nord comunista (con lo
scontro tra URSS e Cina) ed il sud democratico. L’intervento aereo degli USA di
Nixon non riuscì ad impedire la vittoria del nord, rendendo tale guerra la prima
persa dagli Stati Uniti. Dopo il riconoscimento del governo del sud e il ritiro delle
truppe americane, il Vietnam fu riunito sotto la sfera d’influenza dell’URSS.
Distensione
12.
Se fino al 42 le uniche democrazie erano state quelle anglosassoni, dopo la
guerra, dal 45 al 70, gli Stati sociali avevano garantito diritti, mobilità sociale,
risoluzione delle disuguaglianze e il libero commercio della golden age che
aveva tuttavia reso il mercato saturo. La globalizzazione, lo sviluppo del
terziario e la contestazione dei giovani alla ricerca di libertà avevano
pregiudicato, inoltre, il senso di comunità.
A causa della sua incapacità di coltivare un gruppo di fedelissimi, alla morte di
Stalin iniziò una guerra per la successione tra le fazioni del partito, in cui
emerse Krusciov, capo dell’ufficio del partito sovietico e commissario politico a
Stalingrado. Riuscito a farsi eleggere come segretario del partito (e, quindi,
capo di Stato), si distanziò da Stalin liberando i prigionieri dei Gulag, riabilitando
i medici accusati di aver fatto ammalare Stalin (la cui invincibilità doveva essere
difesa) e dando importanza agli apparati di sicurezza di stato (KGB) che lo
proteggevano dalle opposizioni.
Ci sarà quindi un distacco dalla politica staliniana, di cui Krusciov denunciò gli
eccessi nel congresso di partito del 56, anno delle rivolte di Polonia e Ungheria
(in cui si sviluppano movimenti comunisti distaccati dal partito, ma la cui
repressione viene ignorata dalle democrazie occidentali). Egli avvia quindi la
destalinizzazione, raffigurando Stalin come un mostro, elencando i nomi dei
membri epurati (ma non di tutti gli altri), il tradimento delle teorie marxiste di
Lenin e il volersi rappresentare come un dio, ed evidenziando anche gli errori
compiuti nella guerra contro la Germania (capovolgendo la realtà).
L’obiettivo era quello di legittimarsi a livello internazionale, perseguendo una
strategia interna di rottura con il passato, presentandosi come colui che cambia
la storia del proprio partito e nascondendo così gli interessi personali. Lanciato il
programma di coesistenza pacifica tra Urss e USA, si reca a New York per
inaugurare una mostra sull’Unione Sovietica (era la prima volta che un capo
russo si dirigeva in America), aprendosi al dialogo. Nel 70 inizia la presidenza
del democratico Kennedy (eletto grazie alla vicinanza al popolo emersa nel
dibattito televisivo con l’anziano e rigido Nixon), che dopo aver raggiunto (nel
63) l’accordo con l’URSS sulla sospensione degli esperimenti nucleari,
perseguirà la politica della Nuova frontiera mirante alla democratizzazione (con
la legittimazione dei diritti etici delle varie culture e il rinnovamento politico e
sociale derivante dalla partecipazione politica di più gruppi sociali) fino al 73,
anno del suo assassinio.
Momenti di distensione ci furono anche durante il pontificato di Papa Giovanni
XXIII (scelto nel 58 e detto “Il papa buono”), papa di transizione che aprì la
chiesa al mondo moderno grazie a una forte partecipazione popolare dovuta alle
sue apparizioni, all’accoglienza nel il Concilio Vaticano II dei rappresentanti di
altre religioni e al riconoscimento dei movimenti cattolici dissonanti. La fase di
“Grande distensione” degli anni 70-75 ha tuttavia come protagonista Nixon, che
vince le elezioni americane nel 68, in un periodo in cui l’egemonia statunitense
viene messa in dubbio dalla guerra in Vietnam e dalla ripresa dell’Unione
Europea.
Nel 70, infatti, la Germania del socialdemocratico Brandt avviò l’Ostpolitik, una
politica autonoma, finché nel 72 le due parti si riconobbero reciprocamente
come stati, mentre le contestazioni del modello americano avvantaggiavano
l’URSS. Kissinger, figura dominante nell’ambito della politica estera durante la
presidenza di Nixon, propose allora la Realpolitik, aprendosi al dialogo con
l’URSS al fine di mantenere l’egemonia, risparmiando sugli armamenti,
stabilendo negli accordi SALT (1 e 2) del 72 un tetto massimo per gli
armamenti, e definendo (nella conferenza di Helsinki del 75) i confini intangibili
dei due blocchi e il riconoscimento e la garanzia dei diritti umani.
Stati Uniti dalla guerra agli anni 60
13.
Negli anni 20, l’USA era una potenza mondiale, ma i governi repubblicani, non
regolando il mercato, causarono una crisi di sovrapproduzione ed una forte
speculazione finanziaria, tanto che la circolazione di azioni divenne maggiore di
quella dei prodotti. Il circolo virtuoso del comm