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Modena di “freddezza”, causando la contrazione dei consensi al Pci di fine

decennio). I Festival dell’Unità dovevano presentare un’immagine di un Pci

capace di affrontare i valori ideali di cui è portatore nel confronto con le altre

forze politiche.

I risultati elettorali del 75-76 registrarono un aumento di consensi che spinse i

dirigenti a puntare sulla parola d’ordine “forza di governo”, segnando una svolta

nel linguaggio comunista. La richiesta di rinsaldare i legami, avanzata nel 74

nella lettera per la campagna di tesseramento (con raddoppiamento della quota)

di Berlinguer, fu accolta nelle amministrative, in cui il Pci raggiunse il record di

consensi, presentandosi come primo partito in gran parte delle maggiori città, per

poi aumentare i voti alle politiche del 76. Il “terremoto elettorale”, frutto della

politica di Berlinguer, fu agevolato dall’incapacità dei partiti di maggioranza di

opporre soluzioni convincenti alla crisi economica, nonché dal voto degli under 21

alle urne per la prima volta.

Le feste ebbero allora il compito di far sì che dai padiglioni uscisse confermato il

verdetto delle urne, con l’avanzamento di proposte per far uscire il Paese dalla

crisi. Andavano proposti nuovi modelli di vita e sviluppo attraverso il rapporto col

territorio e col tempo libero, chiedendo ai lavoratori di lottare per la democrazia

dell’informazione, da sottrarre a gruppi economici e finanziari. Con la celebre

frase “Siete una forza, siatene coscienti”, De Filippo annoverò Napoli nella

geografia comunista, nel 76, col primo festival nazionale al Sud, seguito alla

vittoria elettorale. I 15 giorni di festa ebbero l’obiettivo di sfatare tutti i luoghi

comuni sui napoletani, mostrandone “maturità politica, capacità organizzativa e

autodisciplina”, con interventi di disboscamento, diserbamento e

ripavimentazione, funzionali anche alla “riappropriazione” della città che

interrompesse la politica dello spreco e recuperasse il patrimonio territoriale e

urbano esistente, nonché il senso di appartenenza della popolazione. Il festival di

Napoli si realizzò grazie ad esponenti del mondo politico e internazionale, tra cui

Gabriel Garcìa Màrquez, che partecipò all’incontro sulla letteratura latino-

americana, nell’ambito dell’omaggio a Cuba, Paese ospite.

Successivamente, alcuni concerti a pagamento fecero incrementare l’introito, ma

richiamarono una folla non sempre facile da gestire, come nel caso di De André,

che, a Firenze, richiamò all’ordine le 30.000 persone, ricordando loro la finalità di

sostenere il partito, e non danneggiarlo. Spesso furono proprio i festival a dare

spazio alla canzone nazional-progressiva, sebbene la maggioranza del partito

respingesse il “modello consumistico e divistico”. Ci si affidò allora ad altri

promotori, affinché individuassero i concerti più adatti tenendo conto del rapporto

costo-ricavi. Nell’estate del 79, il Pci promosse la tournée Dalla-De Gregori e

l’arrivo in Italia di Patti Smith, per evidenziare la capacità del partito di far fronte

a grandi manifestazioni musicali di massa, conferendo alla musica extracolta una

maggiore dignità. Renato Nicolini, assessore alla cultura della giunta di Roma, nel

77 inventò l’Estate romana, che avviò le estati culturali in gran parte delle

amministrazioni “rosse”, con l’intento d spettacolarizzare luoghi e piazze del

centro storico, invitando i cittadini ad usufruire del tempo libero nei luoghi

simbolo.

L’Estate romana divenne tuttavia sinonimo di festosità provvisoria e fugace, e ci

si interrogò se la politica dovesse finanziare e sostenere il divertimento di massa,

oppure impiegare le risorse in strutture e iniziative che mirassero all’elevamento

culturale, soprattutto dei lavoratori che hanno solitamente meno possibilità di

avvicinarsi a iniziative di questo tipo.

Dopo la fase propulsiva della metà degli anni Settanta, il Pci perse consensi

elettorali al punto che, per la necessità di un rilancio (anche finanziario) del

partito, si preferì spesso allungare i giorni a disposizione, ma razionalizzando gli

investimenti. Dopo la “disfunzione organizzativa” che aveva portato alla perdita

di 200.000 iscritti, le feste dovevano fungere la specchio dei cambiamenti del

partito, grazie alla loro potenzialità di mass media, sintonizzandosi con la società

spettacolo e il nuovo modo di fare politica.

Il volto moderno del partito veniva presentato con una grafica più dinamica per

lanciare messaggi chiari e condivisi. A Reggio Emilia vediamo gli show di Benigni

e Dario Fo, una modernissima libreria e una propria emittente televisiva (Ntv),

che trasmetteva in diretta le immagini della festa in regione, compreso il comizio

finale di Berlinguer. Numerosi corsi furono promossi per insegnare ad organizzare

le feste, con materiali predisposti dalla Direzione, al fine di rendere omogenei

allestimenti e programmi tramite un bollettino mensile. A Torino si registra una

“fame di sapere” su tematiche attuali come droga, sessualità, risanamento

ambientale, mentre a Milano Nanni Loy utilizzerà la candid camera per osservare

il comportamento dei “compagni” e affrontare un dibattito sull’”identità degli

italiani prima che dei comunisti”.

Anche i visitatori che non si riconoscono nei simboli si trasformano così nei

“protagonisti” della “molteplicità di occasioni” che consente alle feste di

caratterizzarsi come “massimo circuito culturale esistente”, nonché mezzo di

comunicazione politica con finalità di consenso elettorale data la necessità di

riposizionamento del Pci in un periodo di ricerca dell’alternativa democratica.

Dato che la festa di Modena dell’87 aveva reso evidenti i “segni di una

segmentazione generazionale”, alle feste dei giovani, a quella meridionale, quella

del mare e della neve, degli emigrati (a Bruxelles), si aggiunsero anche le feste a

tema, a Reggio Emilia sulla scuola, a Ravenna sui beni culturali, a Mantova sulla

cultura, a Ferrara sull’ambiente (intitolata “Rosso più verde”), per poi proseguire

con scienza e ricerca a Trieste, per sottolineare il tentativo del Pci di sintonizzarsi

con gli umori del Paese, scendendo su terreni scoperti o mal coltivati dagli

avversari politici.

Si rispose così alla necessità di approfondimenti politico-culturali su elementi di

novità che bisognava saper comprendere (grazie a relatori competenti, anche

stranieri), scegliendo tematiche scelte già ben impiantate nella città/festa, in

modo da valorizzare e rilanciare un patrimonio, sottraendo la leadership ad

associazioni, enti (come Lega Ambiente) e sindacati. Sebbene si cercasse di non

disperdere energie, spesso il tema fu svolto solo in parte a causa di un supporto

organizzativo non adeguato. D’Alema cercò allora di ribadire il carattere delle

feste a tema in qualità di semplici “segnali” e di presentazione di tematiche delle

quali non si potevano risolvere i problemi. Il carisma e lo spessore etico di

Berlinguer portarono nelle feste la questione morale, anche alla luce della

battaglia contro la corruzione (intrapresa dopo gli scandali dei primi anni 80) e

contro un “sistema” e uno stile di vita i cui caratteri distintivi erano spreco,

individualismo ed “esigenze materiali artificiosamente indotte”, costose, alienanti

e socialmente discriminatrici.

Tuttavia, nelle elezioni del giugno 83, i consensi calarono a vantaggio della nuova

coalizione governativa del pentapartito, guidata da Craxi. 10 giorni prima delle

elezioni, Berlinguer venne immortalato nella celebre foto in braccio a Benigni,

scattata a una manifestazione preelettorale per la pace a Roma, immagine che

diverte ma compromette il ruolo quasi religioso assegnato al segretario. Nel suo

ultimo appuntamento, Berlinguer definirà le feste come un patrimonio che i

comunisti mettono a disposizione di tutta la società, e la sua scomparsa, nell’84,

condizionerà positivamente le elezioni europee.

Il Pci (da sempre affidatosi ad analisi interne per proteggere la propria immagine

da intrusioni esterne) si rivolgerà, allora, alle agenzie di settore per realizzare

indagini al fine di ricercare nuove possibili alleanze, rilanciare questioni

programmatiche e delineare l’”identità comunista”, distribuendo un questionario

ai delegati alla vigilia del XV Congresso, monitorando così provenienze e

composizione sociale. I risultati provarono “un’appartenenza vissuta come meno

totalizzante dalle più giovani generazioni”, ma anche la “persistenza dei modelli

organizzativi”. Nell’82, la Direzione del Pci commissionò all’Abacus la prima

indagine sulle feste dell’Unità, dalla quale risultò un’alta presenza di giovani, ceti

medi e operai, con un forte gradimento per le innovazioni grafiche e tematiche,

un’alta frequenza di mostre e padiglioni internazionali e l’accettazione delle

presenze commerciali purché contenute.

Esibendo solo alcuni dati come prove del successo delle feste, successivamente il

Pci registrerà una leggera prevalenza maschile, con imprenditori, dirigenti e liberi

professionisti in crescita, a conferma di un cambiamento sociale anche nella

composizione del partito. L’alto grado di soddisfazione per la festa si registra

soprattutto per organizzazione e servizi, ma iniziative politiche e dibattiti si

attestano solo alla settima posizione, a comprovare l’autonomia delle feste

rispetto al partito, che sarà invece maggiore a Bologna, in cui la festa dell’Unità

viene considerata come “la festa dell’elettorato comunista” e non solo un “grande

fatto popolare”.

Il giudizio positivo sulle feste, soprattutto quello dei giovani, riguarda in primo

luogo divertimento e socialità, mentre l’abitudine risulta essere la motivazione

che maggiormente induce a partecipare. Le critiche si rivolgono all’eccessiva

commercializzazione e alla necessità di rivolgersi a strati sociali nuovi e gruppi

sensibili a tematiche più attuali. Le feste iniziano allora a comprendere dibattiti su

comportamenti privati (malgrado parlare apertamente di affetti sia considerato

parte del costume borghese), specialmente con la pubblicazione del 79 di Daniela

Pasti “I comunisti e l’amore”.

Nell’81, l’Espresso uscirà con una copertina che ritrae una donna discinta avvolta

in una bandiera con falce e martello, per cond

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
11 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Tonelli Anna.