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Paulucci svolge un ruolo chiave.
Il 5 Novembre 1928 viene inaugurato a Roma l’Istituto internazionale per la cinematografia educativa, su
iniziativa dell’Italia, grazie agli accordi con la Società delle Nazioni.
Battendo sui tempi la Francia, l’Italia aveva presentato all’Assemblea di Ginevra un preciso progetto, in cui si
impegnava a coprirne il relativo finanziamento e a mettere a disposizione una sede operativa nella capitale.
La presidenza viene affidata ad Alfredo Rocco, mentre la direzione a Luciano De Feo.
Il 6 Agosto 1932, sotto l’egida della Società delle Nazioni, tramite l’Istituto internazionale per la
cinematografia educativa, si inaugura a Venezia la I° Esposizione internazionale d’arte cinematografica
nell’ambito della Biennale d’arte.
Nel 1933 Paulucci diviene presidente dell’Istituto Luce, e convoca il suo primo Consiglio di amministrazione
il 23 Settembre: nel discorso di esordio espone il piano strategico di risanamento finanziario e amministrativo
dell’Istituto, dopo un’articolata e complessa gestione commissariale.
Qui è grande la soddisfazione di Paulucci per un risultato che testimonia un passo verso la moderna diffusione
della conoscenza realizzato nel segno italiano e internazionale dell’Istituto per la cinematografia educativa:
viene scelto il formato sub standard 16 millimetri che verrà adottato a livello mondiale.
Agli inizi del 1934, il rapporto di Paulucci con Giovanni Gentile, già frequentato nell’ambito dell’Istituto per il
Medio Oriente, si intensifica. A metà Gennaio, Paulucci invia a Gentile un articolo firmato da Luca Bianchi sul
tema della riforma ginevrina e Gentile lo pubblica sulla rivista da lui diretta, organo dell’Istituto Nazionale
Fascista di Cultura, che cambia il proprio nome in «Civiltà fascista».
Il 15 Febbraio 1934, Paulucci, ora collaboratore di Gentile, diventa membro del Consiglio d’amministrazione
e della giunta dell’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente, diretto dallo stesso Gentile.
Paulucci diviene presidente dell’Istituto Luce. Nel 1935, per ovviare al problema della formazione tecnica e
artistica di quanti operano nel cinema, viene fondato il Centro sperimentale di cinematografia, il cui obiettivo
non è tanto quello di promuovere un’industria cinematografica di stato, quanto quello di elevare il livello
della cinematografia italiana, sia dal punto di vista tecnico che produttivo. Nel 1935 viene istituito l’Ente
Nazionale Industrie Cinematografiche che nasce come società per azioni.
La presidenza di Paulucci, nell’Istituto internazionale del cinema educativo, viene assunta fino all’Agosto
1936. Inoltre, nel 1936 Paulucci riceve l’ordine dal ministro Ciano di presentarsi a Roma, per organizzare la
prima missione estera, in Giappone e in Manciukuò, dal Partito nazionale fascista.
Il filosofo del fascismo fu Giovanni Gentile (1875-1944).
Il filosofo siciliano proponeva l’attualismo ancora prima della Grande Guerra: ossia, una nuovo modo di
immaginare, descrivere e concettualizzare la relazione tra gli agenti e gli atti, tra i soggetti e gli oggetti, tra il
visibile e l’invisibile, tra la storia e la filosofia, tra la filosofia e la politica, tra la teoria e la prassi, e tra l’arte e
la tecnica.
L’ideologia di Gentile e di Rocco rappresentano le due correnti principali del fascismo, correnti fra di loro
antagoniste e contrastanti per i presupposti culturali su cui si fondavano, anche se avevano alcun punti in
comune e un’eguale avversione per la democrazia liberale, riassumendo le diversità di concezione, di
mentalità, di temperamento anche fra i fascisti “rivoluzionari” e i fascisti “reazionari”, cioè tra i fascisti
trasportati, da un entusiasmo attivista e dal mito del futuro, verso la novità e il cambiamento per il loro senso
dinamico della storia, e i fascisti che diffidavano del divenire medesimo della storia e quasi speravano di poter
fissare, una volta per sempre in un ordine chiuso le forme della vita sociale.
Autore di decine di saggi che offrono una legittimazione ideologica al regime e alle sue politiche culturali,
oltre che ministro dell’Educazione (1922-1924), nonché autore del Manifesto degli intellettuali fascisti nel
1925, fondatore dell’Istituto nazionale di cultura fascista e dell’Enciclopedia italiana, nella nuova filosofia
attualista Gentile pone centralmente il concetto di “auctoctisi”: un neologismo, che appare per la prima volta
in L’atto del pensare come atto puro.
Auctoctisi significa che ogni azione è un atto di pensiero, e ogni atto di pensiero è puro perché è un atto di
autoconoscenza spirituale.
La storicità della storia è comprensibile solo, sostiene il filosofo siciliano, se orientiamo noi stessi verso il
concetto opposto della storia che appartiene al presente, cioè verso la storia che è tutta presente nell’atto
della costruzione di se stessa.
Gentile legge la vittoria italiana della Grande Guerra come un segno storico di un riorientamento collettivo
dell’immaginazione storica, attraverso la storia che appartiene al presente, questa vittoria è considerata il
risultato di una reazione positiva del fronte bellico italiano a due eventi: la Rivoluzione d’Ottobre del 1917b
e la disfatta di Caporetto. La reazione dei militari italiani, secondo Gentile, è stata la natura morale, grazie al
fatto che gli italiani avevano internazionalizzato l’immagine storiografica del conflitto presente come la IV
Guerra di Indipendenza formulata e propagandata dal fronte militare intellettuale. La vittoria, quindi,
rappresentava la disfatta di tutte le forme del trascendentalismo (cattolico, kantiano e marxista) grazie a una
forma immanente di immaginazione storica. Di qui, poi, Gentile identificava il nuovo oggetto politico con il
fascismo, anche perché Mussolini stesso operava la traslazione politica dell’attualismo gentiliano nel motto
di base al quale il fascismo fa la storia, mentre il liberalismo la scrive.
Constatato il fallimento della scienza, che non ha risolto i grandi problemi intorno all’origine e al destino
dell’uomo, del naturalismo e del materialismo, a parere di Gentile, si cerca e si vuole l’unità, cioè: «L’idea
animatrice della natura e della storia»; si cerca la pienezza della vita e della conoscenza, ma l’unico modo per
ottenerla, afferma Gentile, è superare il dualismo: «Il problema è appunto questo: conciliare la trascendenza
con l’immanenza, il determinismo meccanico col finalismo, l’idea col senso: trovare ancora una volta l’unità
dei contrari». Pertanto, idealisti sì, ma idealisti che si rendono conto del valore delle idee, a cui ricorrono per
comprendere la realtà.
Una tecnica, sostiene Gentile, varia e si perfeziona col progresso del pensiero scientifico, e che consiste,
infatti, in gruppi di conoscenza di cui l’artista ha bisogno per tradurre in atto le immagini o i concetti della
sua mente. Tuttavia, la tecnica, che è pensiero e si impara a scuola come ogni altro sapere, non è arte. È
antecedente all’arte, in quanto l’artista se ne impossessa e la padroneggia con sicurezza, e lo aiuta a
manifestare il suo sentimento. Infatti, l’arte è sentimento, con l’espressione, e appartiene a ciò che vi è di più
intimo nell’uomo, è come un “aureo filo” intessuto alla trama della vita dell’uomo.
Il fare artistico viene così presentato come l’invariabile sorgere della coscienza di se stessi, e questo è uno
dei punti che Gentile lascerà immutati in tutta la sua opera. L’oggetto artistico apre l’animo umano alla
consapevolezza dell’eterno; il soggetto sente di appartenere essenzialmente a un regno più nobile che non
all’angusta tirannia delle esistenze finite.
In ogni arte, ossia in ogni opera d’arte, v’è una tecnica, e il filosofo sa che la tecnica è sempre tutto l’universo
in quanto si riassume e concentra nello spirito, che, come coscienza del tutto, è a sua volta una potenza
creatrice.
Bisogna «portare la cinematografia italiana su un piano di dignità artistica», sostiene Chiarini, perché esso è
il mezzo d’espressione col quale è possibile comunicare al maggior numero di uomini, cioè con le masse, con
quelle masse che oggi sono al centro della vita politica e sociale di ogni popolo, masse sensibilissime alla
suggestione potente dello schermo.
La cinematografia è un’espressione d’arte collettiva che si rivolge alle masse popolari.
Cinematografia fascista significa per me cinematografia politica, afferma Chiarini: dunque non solo quella più
propriamente di propaganda, ma tutta la cinematografia giacché per noi fascisti non è neppure pensabile
un’opera dello spirito che non sia politica, cioè non rappresenti il contenuto morale di una personalità piena
e concreta. Cinematografia fascista è dunque, una cinematografia di contenuto che si ispira agli ideali etici
del Fascismo. […] Parlare di una cinematografia fascista è parlare del fascismo del suo contenuto spirituale.
[…] E qui bisogna dire che innanzitutto essa deve essere considerata come un potentissimo mezzo di
educazione ed elevazione delle masse. Chi facendo un film non pensa al popolo è fuori strada giacché la
cinematografia è arte popolare per eccellenza ed è proprio in questo carattere che sta tutta la sua nobiltà.
Lo spirito di unità che forgia tutta l’ideologia del regime, nonché lo stesso immaginario fascista derivante
dall’idealismo gentiliano. Bisogna dilatare il fascismo fino a farlo coincidere col popolo italiano. Su questa via,
nella prospettiva gentiliana, l’interesse generale coincide con quello individuale: ognuno realizza dentro di sé
una coscienza nazionale, e questa realizzazione che sta alla base della specificità individuale di ciascuno è lo
stato. Lo stato etico del fascista non è più, afferma Giovanni Gentile, lo stato agnostico del vecchio
liberalismo. La sua eticità è spiritualità: personalità che è consapevolezza; sistema che è volontà. E sistema
vuol dire pensiero, programma. A sua volta, ciò significa storia d’un popolo, storia raccolta nel fuoco vivo di
una coscienza attuale e attiva. Lo stato, dunque, è la grande volontà della nazione e fa l’interesse del
cittadino, che è il suo interesse. In tal senso, lo stato non è un edificio vuoto: è l’uomo stesso.
Nel Manifesto il fascismo viene presentato, infatti, come un ideale di vita civile e morale “religiosa” nel senso
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