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CAPITOLO 7 OLTRE IL SECOLO BREVE
Negli Ottanta, l’ importanza della televisione commerciale e altri mezzi di comunicazione è cresciuta parallelamente al
declino dei partiti di massa. I partiti hanno perso la loro base anche a causa dell’ aumento della scolarizzazione, la
diffusione delle nuove forme di benessere e consumismo, la frantumazione degli interessi individuali oltre al fatto che a
causa del moltiplicarsi degli attori nei partiti il rapporto tra essi è divenuto più esile.
L’ occupazione delle istituzioni e l’ utilizzo delle risorse pubbliche ai fini del consenso hanno portato politica, affari e i
fenomeni di corruzione ad intrecciarsi fino a giungere a Tangentopoli.
E’ tramontato, in particolare, il rapporto tra élites e masse. La Dc, come altri partiti, ha favorito la creazione di
“intellettuali d’area”, personale politico non privo di spessore culturale ma quando Craxi prese in mano la guida del
partito interruppe la collaborazione con molti di loro. La crisi tra partiti e intellettuali ha coinciso con il declino delle
grandi tradizioni politico-culturali diffuse a livello popolare (3 crisi dunque: quella tra partiti e masse, quella tra
intellettuali e partiti ed infine quella tra élites e popolo).
Dopo il fascismo, il miracolo italiano non è stato solo economico ma soprattutto “politico e sociale”, ha trasformato “una
comunità di contadini analfabeti in una benestante e solida nazione del mondo industriale”.
Per molto tempo i partiti hanno costituito un tramite tra élites e massa gestendo l’ “investimento” in termini di fiducia da
parte dell’ elettore nei confronti dell’ eletto. Alla democrazia rappresentativa è andata pian piano sostituendosi la
“democrazia del pubblico”, una sorta di spettatori che giudicano in tempo reale, parole, azioni e comportamenti degli
uomini politici; dalla democrazia rappresentativa a quella del telecomando.
La crescente debolezza del governo dei partiti si è manifestata durante i due esecutivi di Andreotti oscurati soprattutto
dall’accusa di associazione esterna alla mafia, una vicenda troppo presto dimenticata. In quegli anni ci furono una serie di
avvenimenti come: la caduta del muro di Berlino, la Guerra del Golfo, la riunificazione tedesca, il Trattato di Maastricht, la
fine dell’Urss accumulando problemi decisivi per l’ esplosione tra il 1992 e il 1994 del big bang che ha poi travolto la
politica italiana. Che i problemi economico-finanziari dell’ Italia non erano più rinviabili se ne accorse Guido Carli,
ministro del Tesoro dal 1989 al 1992 intorno cui si ritrovarono (con vedute non sempre convergenti) ministri e un gruppo
di “tecnocrati”: Carlo Azeglio Ciampi, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi, Mario Monti, Luigi Spaventa etc.
Nel mentre vi era la rapida evoluzione del progetto europeo di unione economica e monetaria che fu visto anche come un
“vincolo esterno” che avrebbe reso obbligatoriamente virtuosi gli italiani.
Il collasso dell’ Urss gettò in una piena occidentalizzazione tutti i paesi ex comunisti, trovati da un momento all’ altro nel
mare aperto della globalizzazione. Le transizioni degli ultimi decenni del XX secolo si differiscono molto dalle rivoluzioni
liberali dell’ Ottocento o quelle comuniste del Novecento; molte infatti sono state improvvise e non previste da esperti,
caratterizzate da un’ampia partecipazione popolare favorite dalla larga condivisione di opinioni e vedute comuni. Il
carattere consensuale di molte di esse ha di frequente scoraggiato dure azioni di contrasto dei regimi che comunque
avrebbero avuto i mezzi per attuarle. Ruolo decisivo lo hanno avuto i negoziati, compromessi,la capacità dei leader e delle
élites di “tradire” i propri seguaci e “de radicalizzare” le proprie posizioni per favorire quelle comuni.
Gli avvenimenti di fine Novecento non hanno segnato solo la fine di una rivoluzione ma anche il tramonto della
rivoluzione.
In Italia il muro di Berlino è caduto sulla Dc e il Psi mentre Achille Occhetto, eletto segretario del Pci seppe cogliere il
momento per avviare una radicale trasformazione del suo partito e nel Congresso di Rimini del 1991 uscirono due nuove
formazioni politiche, il Partito democratico della sinistra e Rifondazione comunista. Il Pds si spaccò sul primo evento
emblematico, la Guerra del Golfo del 1991 e sul fronte opposto si schierò Cossiga il quale vide un atteggiamento molto
duro da parte dei comunisti poiché scoprirono la notizia di una struttura militare segreta realizzata in ambito Nato per
contrastare il comunismo. Polemizzando contro Cossiga denunciarono dunque l’ Alleanza Atlantica così che l’ arma
propagandistica dell’ anticomunismo venne contrastata con quella dell’ antiamericanismo. Gli ex comunisti misero così
sotto accusa non solo Cossiga ma anche la Dc che della scelta atlantica era stata garante. Con la fine del comunismo
cessava anche il senso dell’ anticomunismo che comunque ha continuato a essere un importante elemento di lotta
politica come l’uso che ne ha fatto Berlusconi. Insomma Dc e anticomunismo non hanno avuto una sorte parallela, e gli
eredi del Pci sono sopravvissuti alla scomparsa di questo partito; è uno degli elementi che spiegano il paradosso per cui le
pietre del muro di Berlino sono cadute su Dc e Psi che avevano contenuto il bipolarismo.
La polemica tra Occhetto e Cossiga ha rappresentato una specie di passaggio intermedio tra Prima e Seconda Repubblica,
per raccogliere le spinte dell’ antipolitici fu il movimento referendario, nato intorno la metà degli Anni Ottanta e ora
sottola guida di Mario Segni che propose nel 1989 una serie di referendum elettorali con l’ intento di gettare le basi del
nuovo ordinamento. I referendari non volevano la rivoluzione ma erano piuttosto favorevoli ad un revisione in senso
liberale, della democrazia dei partiti, proponendo di limitarne i poteri e di rafforzare quello degli elettori.
Il primo scontro tra referendari e socialisti si verificò nel 1989 quando quest’ultimi si opposero all’ introduzione diretta dei
sindaci e poi ci fu il caso del socialista Carraro che divenne sindaco di Roma nonostante avesse ottenuto molti meno
consensi del capolista democristiano. I socialisti cominciarono ad apparire all’ opinione pubblica come i principali
oppositori delle riforme elettorali. L’ incompatibilità tra referendari e socialisti favorì Occhetto e il suo Pds che apprezzava
la spinta al rinnovamento espressa dal movimento referendario.
Nei primi anni novanta tra deputati e senatori si diffuse la sensazione che “la democrazia italiana sa morendo poiché non
nutre più fiducia nelle istituzioni. La gente dice che siamo tutti uguali, che siamo assenti quando siamo presenti, che
siamo disonesti quando siamo onesti”. Molti parlamentari pensarono di essere colpiti da un’insoddisfazione causata
soprattutto dai partiti e iniziarono a invocare maggior rispetto nei confronti del Parlamento, in quanto sola espressione
legittima della sovranità popolare”.
Il dibattito in Parlamento si accese a causa delle legge Mammì (favorevole a Berlusconi e voluta da Craxi) per la quale
alcuni ministri della sinistra democristiana come Mattarella si dimisero. Nel 1991 Scalfaro propose una mozione per la
“parlamentarizzazione della crisi di governo” (mirava a sollevare la questione del ruolo del parlamento sull’ accordo tra
partiti per la formazione di governo) con l’ intento anche di limitare il potere del presidente della Repubblica.
La mozione ottenne un largo consenso, suscitò l’ attenzione del presidente del Consiglio Andreotti e di diversi
democristiani ma non i socialisti (che vedevano aumentare l’ opposizione al presidenzialismo sostenuto da Craxi e
Cossiga).
il 9 Giugno 1991 ci fu il primo referendum elettorale attraverso il sistema delle preferenze multiple, e l’ invito craxiano ad
“andare al mare” coronò una serie di errori da parte socialista che portò alla vittoria i referendari guidati da Mario Segni,
arrivando alla successiva marginalizzazione dei socialisti e, in particolare, di Craxi. Il referendum stava a dimostrare come
il popolo era stanco dell’ immobilismo sulle riforme elettorali, Per Scalfaro la strada del cambiamento non passava per un
ridimensionamento del Parlamento ma doveva investire soprattutto i partiti. La decostruzione del sistema politico italiano
inizia prima dello sconvolgimento del 1992-94, nei decenni precedenti infatti il declino della democrazia consensuale, la
scomparsa delle coalizioni politiche, la crisi dei partiti di massa con il tramonto delle ideologie, hanno preparato la “via
italiana” alla crisi della democrazia rappresentativa.
CAPITOLO 8, IL BIG BANG DELLA POLITICA ITALIANA
Le elezioni del 1992 non disegnò uno scenario politico completamente nuovo, la Dc perse alcuni punti a causa del
logoramento del pentapartito ma raggiunse comunque il 29,6%, gli ex comunisti con Pds e Rifondazione comunista
raggiungo il 21% e il Psi mantiene il 13% ma la classe politica sottovalutò la novità di un partito “extra-sistema”, la Lega
Nord che ottenne un sorprendente 8,6% dei voti.
Dopo le elezioni Craxi cercò di percorrere ancora la strada degli anni precedenti, voleva nuovamente la Presidenza del
Consiglio e per farlo aveva bisogno dell’ elezione di un democristiano alla Presidenza della Repubblica ma qualcosa si
inceppò. Cossiga diede le dimissioni un mese prima della scadenza, la Dc si divise tra Forlani e Andreotti ma alla fine
profilò la candidatura di Scalfaro che venne però eletto solo dopo il tragico attentato mafioso contro il giudice Giovanni
Falcone. Il 23 maggio 1992 presso Capaci, una carica di esplosivo uccise il giudice, la moglie e gli uomini della scorta. Le
importanti indagini avevano fatto luce sull’ organizzazione Cosa Nostra e portato al maxi processo di Palermo iniziato nel
1986 e finito nel 1992 con la condanna di molti mafiosi di quest’organizzazione. Poche settimane dopo fu ucciso anche il
giudice Paolo Borsellino e nel 1993 vennero compiuti attentati a Roma a Firenze, si dice per allentare il duro regime
carcerario degli esponenti di Cosa Nostra. Si è parlato in questo senso di trattativa Stato-Mafia ma l’ ipotesi accusatoria
non ha mai assunto una forma precisa e documentata.
Nel 1993 inoltre Andreotti venne incriminato per un concorso esterno in associazione mafiosa (nel 1992 venne ucciso
Salvo Lima, un esponente della sua corrente accusato di essere vicino la mafia); accusa della quale anni dopo, il leader
democristiano, è stato in parte riconosciuto innocente e in parte prosciolto per prescrizione e ci furono altri processi per
esponenti di primo piano della Dc.
Per Salvatore Lupo ciò dimostrava una delle molte manifestazioni della modernità italiana.
Due giorni dopo l’attentato d