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“INCERTEZZE CRESCENTI”
RIASSUNTO CASTEL
C’è un’illusione all’inizio degli anni 70 riguardo il progresso sociale che si pensava
fosse radioso, migliore del presente , e che si potessero realizzare progetti proprio
sulla base di questa convinzione futura di benessere maggiore (es. di un
dipendente che inizia un mutuo con la certezza ipotetica che potrà pagarlo avendo
prossimamente uno stipendio superiore ad oggi). Oggi queste convinzioni sono al
contrario, ovvero la maggioranza pensa che il domani sia peggiore, e i nostri figli
dovranno in una condizione peggiore dei genitori.
Siamo entrati in una mobilità discendente, una crisi inizialmente ritenuta
provvisoria ma col passare del tempo si è preso coscienza che non sarebbe stata
passeggera. Oggi lo comprendiamo molto bene proprio perché negli ultimi 30 anni
vi è stato un cambiamento di regime del capitalismo, del quale è fondamentale
capirne in che misura esso influenzi produzione e scambio, la rimessa in
discussione delle istituzioni, difficoltà inattese dove l’avvenire è aperto.
Polany sostiene che si può valutare la natura di una trasformazione solo
rapportandola alla situazione precedente, che era così caratterizzata:
in Francia vi è stata una modernizzazione in seguito a guerre coloniali e conflitti
sociali, che l’hanno segnata da fortissime disuguaglianze e ingiustizie (per es. gli
scioperi insurrezionali degli anni 40 e gli eventi del ’68 che non rispecchiavano
l’idea presunta di paese pacificato, che avrebbe arricchito la classe operaia e
diffuso il suo stile di vira e valori democratici).
Alla fine dello sviluppo del capitalismo industriale, esso era riuscito a promuovere
una gestione regolamentata delle disuguaglianze, superando lo scontro di classe
nel momento in cui la società inizia a strutturarsi in un continuum di posizioni
salariali (tipo di formazione sociale teorizzata da Aglietta), la società salariale, dove
tutto circola e tutti si misurano e paragonano in base alle disuguaglianze. Sono le
grandi categorie socio-professionali a volersi staccare dai livelli inferiori per
avvicinarsi a quelli superiori, in una logica non più di opposizione ma di di
distinzione e concorrenza tra i gruppi professionali. In caso di conflitto, sono in
grado di stringere alleanze tra i partner sociali con diversi obiettivi:
1.spartizione degli utili, dove vi è una soddisfazione differita di uno stipendio
uguale al salario minimo inter-professionale di crescita (SMIC), un diritto del lavoro,
delle protezioni contro i rischi (incidenti, malattie, interruzione lavoro/pensione).
E’ la logica del compromesso sociale del capitalismo industriale. Di fatto la
rivoluzione non c’è stata in Europa, probabilmente grazie anche a questo
compromesso: il lavoratore non è diventato padrone del mondo ma è un elemento
nella società salariale che assicura esso e la sua famiglia.
Wagner nel 1995 chiama questa forma di equilibrio modernità organizzata, che
gestisce risorse e coperture assicurative alla maggioranza dei cittadini.
Questa stabilità dipendeva dall’appartenere alle diverse collettività ( di lavoratori,
sindacali, di accordi, regolamentazioni su diritto del lavoro e protezione sociale).
Nasce una sinergia tra l’organizzazione collettiva del lavoro, i partner sociali e
Stato sociale. Il collettivo dunque protegge.
Con l’avvento del regime del capitalismo postindustriale avviene la de
collettivizzazione e la re-individualizzazione: i vecchi collettivi di lavoro cancellati e i
lavoratori messi in concorrenza tra loro, di occuparsi personalmente del proprio
1
percorso professionale, fare scelte, ecc. Queste trasformazioni causano il senso di
emancipazione individuale generalizzato, promosso dall’ideologia dominante. Da
una parte l’individuo è libero e responsabile, ma dall’altra queste capacità non
sono scontate, devono potersi costruire nel tempo grazie alla proprietà sociale di
risorse e diritti, di mezzi per essere indipendenti, data dallo Stato. Questa
autosufficienza può addirittura trasformarsi in chiusura in sé stessi, fono a
dimenticare di avere in società, dichiarando individui per eccesso, mentre chi di
sostegno necessario per l’affermazione individui per difetto , i quali non sono
trattati allo stesso modo dei primi, pagando il prezzo di non potersela cavare da
soli. La condanna ai cattivi poveri è sempre viva, come fosse una situazione voluta.
Ma è molto lontana da ciò che viene dettato nella Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e cittadino. La dinamica dell’individualizzazione apporta nette
distinzioni, massimizzando le possibilità per alcuni e sopprimendone per altri.
Questo non è più all’interno di quel continuum che vi era nella società salariale,
che invece dava a tutti le opportunità, dando protezione a tutti.
I lavoratori per difetto non sono più saltato coloro che dipendevano
dall’assistenza, dall’aiuto sociale, ma possono anche lavorare in una condizione
ove mancano le possibilità per costruire la propria indipendenza economica e
sociale. Queste sono le zone grigie che la sociologia deve esplorare.
Una società degli individui è anche una società del rischio, ove crescono le
incertezze poiché le regolamentazioni collettive sono carenti nel controllo di tutte le
incognite. Tre sono i rischi della società moderna:
1. RISCHIO SOCIALE: la mutualizzazione dei rischi sociali operata dalla
tecnologia assicurativa;
2. RISCHIO DIPENDENZA: può essere mutualizzato
Non si possono combattere indistintamente tutti i rischi viste le conoscenze,
tecnologie e mezzi finanziari cui si dispone. Da qui nasce la necessità di
distinguerli, lottare contro la tendenza a sovrapporli e decidere quali considerare
per primi. Sono rischi non cumulabili poiché mai si dovrebbero sommare le paure.
Ci si deve chiedere di quali mezzi si dispone per affrontarli e non confonderli.
Dunque stabilire una gerarchia tra i rischi, valutare la gravita e comprendere se si
hanno i mezzi per combatterli sono i criteri per soppesarne l’urgenza.
Ci si deve occupare dei rischi sociali in quanto molto gravi perché minacciano la
coesione della società, ma oggi abbiamo abbastanza tecnologie di protezione
sociale per affrontarli. L’autore parla dell’esigenza primaria di affrontare la
dipendenza degli anziano, come il surriscaldamento del pianeta. E’ necessario
procurarsi i mezzi per fare le scelte più efficaci per ridurli.
Lo Stato sociale in questione.
Castel prende come esempio la situazione francese: l’insieme delle trasformazioni
avvenute nella società francese ha sfociato in una contestazione riguardo ad uno
Stato protettore che si appoggia sulle organizzazioni collettive del lavoro per
assicurare una protezione generalizzata. Due le questioni che oggi portano alla
riformulazione della problematica dello Stato sociale, ovvero sul suo perimetro di
intervento e sulle modalità di riorganizzazione. 2
La questione sociale, urbana ed etnica
Una relazione stabile con il lavoro fornisce la base per un’integrazione nella
società, mentre rapporti negativi con il lavoro(disoccupazione, lavoro precario),
impediscono l’accesso ad un posto nella società e ad essere riconosciuti come
individui.
E’ nello spazio urbano che che si delineano le linee di separazione, le opposizioni e
i conflitti che strutturano la vita sociale, dove si cristallizzano le principali
disuguaglianze.
Da una ventina d’anni vi è uno spostamento che porta l’abitante, più del
lavoratore, a diventare il principale interlocutore dei poteri pubblici, soprattutto il
quartiere popolare ha smesso di strutturarsi attorno alla figura del lavoratore. Ciò
comporta a riconoscere un’importanza decisiva al posto che si occupa nel
territorio e alla posta in gioco che ognuno deve affrontare sulla base di questa
appartenenza. Oggi i quartieri popolari diventano quartieri sensibili proprio perché
smettono di strutturarsi attorno al lavoro. Diventano dunque degli spazi dove la
dissociazione sociale prevale sulle forme di sociabilità organizzate attorno al
lavoro.
Un’altra dimensione della questione sociale è la questione etnica, che appare
verso la fine degli anni 90 all’interno del dibattito pubblico. Ciò che costituisce la
specificità della questione etnica è che associa i fattori legati all’etnia e i fattori
legati alla classe: le popolazioni nate dall’immigrazione portano il marchio di
appartenere ad una cultura percepita come cultura inferiore, stigma che li
discrimina, isolandoli sempre più nella loro differenza; contemporaneamente pare
di queste popolazioni hanno forme di degradazione delle condizioni di lavoro e di
vita, che ha posto l’incertezza per il futuro e insicurezza sociale, soprattutto per gli
ambienti popolari. Ciò sovraccarica la questione sociale.
Dal 1995 al 2009, e dopo?
L’autore nel 95 ha diagnosticato uno sgretolamento della società salariale, ovvero
l’indebolimento e deterioramento della struttura sociale. Oggi questi discorsi si
sono svalutati, Ci si dovrebbe interrogare sulla sopravvalutazione del valore del
lavoro: nel 1995, per esempio, si necessitava di porre l’attenzione sulla precarietà
delle relazioni di lavoro che, insieme alla disoccupazione di massa, era la maggiore
manifestazione di degrado della condizione sociale. Oggi ci si deve interrogare
sulla precarietà delle relazioni di lavoro che potrebbe essere permanente.
La modernità si è affermata a partire dalla centralità del lavoro e del mercato e le
relazioni tra lavoro e mercato si sono trasformate profondamente e aggrovigliate.
Per un periodo vi è stata la lotta di classe che man mano è stata soppressa e
organizzata attraverso il compromesso sociale della società salariale, il quale poi si
è degradato. Oggi, a che punto è la relazione tra lavoro e mercato?
Nessuno può dire dove si arriverà. I testo vuole far notare gli effetti del
cambiamento di trattoria che ha colpito la nostra società negli ultimi 30 anni.
Questo non vuol dire che è irreversibile.
Più che di lavoratori usa e getta, il nuovo capitalismo necessita di lavoratori
responsabili, mobili, polivalenti in grado di adattarsi ai cambiamenti avere iniziativa,
riciclarsi. Economico e sociale non sono necessariamente in antagonismo. Ma
questo lo possono fare se hanno sicurezza e protezione, diritto alla formazione, al
riposo, al rispetto. 3
Una nuova economia del lavoro potrebbe imporsi anche sulla base di affiori quali
quelli demografici: con