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RAZIONALE DEL LAVORO

Muovendo dalla divisione del lavoro di Smith, Taylor cercò di applicare tale principio a

ogni singola fase del ciclo produttivo, suddividendo l’attività produttiva in frazioni

elementari, ciascuna delle quali affidata a un unico operaio, da eseguire in modo

ripetitivo e standardizzato, con sistematicità e specializzazione, senza margini di

incertezza.

Taylor distinse in funzioni direttive e funzioni esecutive, affidando le prime alla direzione

della fabbrica, le seconde agli operai, seguendo il principio gerarchico, conferendo

ampia discrezionalità e potere ai livelli più elevati della gerarchia aziendale. Le funzioni

esecutive dovevano essere quanto più possibile parcellizzate e frazionate, con

l’obiettivo di eliminare ogni residuo margine di discrezionalità dal lavoro degli operai.

Taylor introdusse anche il principio della selezione scientifica della manodopera, in

funzione del quale ogni mansione deve essere affidata all’individuo più adatto, in base

alle sue abilità e specializzazioni.

Henry Ford conferì concreta applicazione al taylorismo strutturando lunghe catene di

montaggio. In esse, la fusione tra lavoro umano e automazione consentì di abbattere

drasticamente i costi medi di produzione al crescere delle quantità prodotte. L’intero

ciclo produttivo era svolto all’interno della stessa fabbrica (modello di produzione

verticalmente integrato); nella fabbrica entrava la materia prima e usciva il prodotto

finito.

Scienza dell’amministrazione 13

Con la produttività aumentarono non solo i profitti ma anche i salari, il che risultò

funzionale all’incentivazione dei lavoratori e rese gli operai compartecipi dei benefici del

capitalismo, trasformandoli in consumatori.

L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Fayol applicò il management scientifico di Taylor alle amministrazioni pubbliche.

Secondo il principio della divisione del lavoro, per “produrre di più e meglio con lo

stesso sforzo”, suggerì di predeterminare rigidamente i compiti dei burocrati per ridurre

la loro discrezionalità (considerata un pericolo per il buon funzionamento

dell’organizzazione), e di riflesso, l’incertezza degli esiti dell’azione amministrativa.

Inoltre Fayol identificò diversi principi:

La pianificazione, definendo un programma di azione a lungo termine.

Il principio di gerarchia, con una divisione dei ruoli tra a) i vertici (dirigenti), che

devono definire gli obiettivi, b) i livelli intermedi, che coordinano le attività di routine,

c) gli strati inferiori dell’apparato, che eseguono gli ordini.

La centralizzazione, riunioni periodiche per trasformare le strategie generali in

azioni concrete.

Il controllo, monitorando che tutto proceda secondo i piani.

L’unità di comando prevede che ciascun dipendente riceva ordini da un solo

supervisore.

L’ampiezza del controllo dispone che ogni supervisore debba gestire un numero

limitato di subordinati.

In seguito Mintzberg individua le strutture fondamentali di cui le organizzazioni si

dotano, tipicamente si compongono di una struttura portante, preposta alla produzione

di un bene o all’erogazione di un servizio, costituita da tre componenti:

A) Vertice decisionale: ne fa parte il management dell’organizzazione con ampi poteri,

responsabilità e discrezionalità.

B) I funzionari di raccordo: funzioni di ordine amministrativo.

C) Il nucleo operativo: costituisce la base dell’organizzazione e ingloba gli operatori

concretamente impegnati nella produzione del bene o nell’erogazione del servizio.

Inoltre abbiamo la tecnostruttura e i servizi di supporto.

Scienza dell’amministrazione 14

Mintzberg definisce anche 5 idealtipi di strutture organizzative:

1. La struttura semplice, basata sulla supervisione diretta, il vertice accentra a sé tutte

le funzioni direttive e di controllo (piccole imprese).

2. La burocrazia meccanica, basata sulla standardizzazione dei processi di lavoro, con

rapporti fortemente gerarchizzati e poco orientata all’innovazione (esercito).

3. La burocrazia professionale, in cui il nucleo operativo ha un ruolo centrale ed

espleta mansioni altamente discrezionali e non esecutive ma concettuali

(università).

4. La struttura divisionale è basata sulla standardizzazione dei risultati. Il vertice fissa

gli obiettivi generali che le diverse componenti dell’organizzazione dovranno

conseguire.

5. L’adhocrazia, basata sull’aggiustamento reciproco, gruppi di lavoro dotati di

competenze avanzate e professionalità (scienziati).

IL CETO DEI DIRIGENTI E DEI COLLETTI BIANCHI NELLE AZIENDE E NELLO

STATO

La burocratizzazione porta con sé la manageralizzazione con l’emergere di una nuova

classe dominante: quella dei dirigenti. Essi esercitano il controllo degli strumenti di

produzione e otterranno la preferenza nella distribuzione dei prodotti, lo Stato sarà di

“proprietà” dei dirigenti. Inoltre l’innovazione tecnologica rende la società moderna

sempre più dipendente dal sapere specialistico e i possessori di tale competenze

diventano la nuova élite.

Come effetto ci sarà la crescita di un altro rilevante blocco sociale: i colletti bianchi,

ossia le classi medie impiegatizie. Non si tratta di un gruppo coeso, ma al suo interno è

diviso, atomizzato; all’esterno i suoi membri sono costretti a dipendere da forze più

grandi di loro.

Con la burocratizzazione e l’espansione delle funzioni espletate dallo Stato, i colletti

bianchi sono cresciuti sul piano quantitativo, ma la loro condizione economica e

professionale resta sempre legata a scelte operate da altri gruppi e ai rischi di

sostituzione con macchine, per effetto del mutamento tecnologico.

LIBERTÀ INDIVIDUALE CONTRO RAZIONALITÀ PRODUTTIVA

Scienza dell’amministrazione 15

Nel Settecento e nell’Ottocento la razionalità è stata identificata con la libertà. Ora la

razionalità non risiede nei singoli uomini, ma nelle istituzioni sociali che con la loro

pianificazione burocratica e la loro previsione matematica usurpano sia la libertà che la

razionalità ai piccoli individui in essi prigionieri.

IL RUOLO ATTIVO DELLO STATO SECONDO KEYNES

Keynes sostenne la necessità di un ruolo attivo dello Stato in funzione anticiclica, in

aperto contrasto con la linea astensionistica propugnata dai teorici del laissez faire.

Keynes suggerì ai governi di ricorrere all’aumento della spesa pubblica nelle fasi di

depressione, con l’obiettivo di sostenere una più rapida ripresa e riduzione della

disoccupazione. Fino alla Grande depressione degli anni Trenta i governi osservarono il

vincolo del pareggio di bilancio annuale in linea con le prescrizioni di policy di matrice

liberista.

Entro la prospettiva keynesiana la politica fiscale divenne il principale strumento per

incidere sulle scelte e condizionare il comportamento di consumatori e imprese. I due

punti fondamentali della teoria keynesiana sono:

Le forze di mercato assolvono in modo efficace alle funzioni di aggiustamento, né la

piena occupazione costituisce una condizione di equilibrio spontaneamente

generata dalle dinamiche dei mercati.

In presenza di una domanda aggregata insufficiente, il sistema economico può

restare a lungo intrappolato in una condizione di equilibrio di sottoccupazione. È

dunque il livello della domanda effettiva (data dalla somma di consumi, investimenti

privati e spesa pubblica), e le conseguenti aspettative di profitto degli imprenditori, a

determinare i livelli occupazionali. Di qui l’importanza dell’intervento dello Stato.

Le politiche economiche espansive possono consentire un rapido rilancio

dell’economia, accrescendo al domanda aggregata e l’occupazione.

I TIPI DI POLITICHE PUBBLICHE DI LOWI

Una politica pubblica “è una norma formulata da qualche autorità governativa che

permette di influenzare il comportamento dei cittadini, individualmente o collettivamente,

attraverso l’uso di sanzioni positive o negative”. Lowi individuò quattro macro categorie

generali:

A) Politiche distributive = erogano benefici a favore di gruppi sociali specifici o ambiti

territoriali ben delimitati.

Scienza dell’amministrazione 16

B) Politiche redistributive = erogano benefici a favore di larghi strati sociali, modificando

l’allocazione complessiva delle risorse entro una data struttura socioeconomica.

C) Politiche regolative = mirano a condizionare, indirizzare e disciplinare il

comportamento individuale e collettivo, attraverso l’introduzione di obblighi e sanzioni.

D) Politiche costituzionali = istituiscono le strutture, i procedimenti e i poteri legittimati a

creare nuove policy definiscono cioè l’assetto fondamentale dello Stato, configurandone

le istituzioni.

IL SISTEMA POLITICO DI EASTON COME SCHEMA DI ANALISI INPUT-OUTPUT

La percezione di un problema da parte dei cittadini determina l’insorgenza di domande

e richieste di sostegno. Non tutti questi input, però, daranno effettivamente luogo

all’attivazione di un processo decisionale. Gli input vengono infatti filtrati dai gate-

keepers, ossia i controllori d’accesso.

Perché un dato problema avvertito dall’opinione pubblica sia effettivamente preso in

considerazione dal sistema politico, deve frequentemente superare anche l’avversione

di gruppi ostili e rivali, che cercano di sopprimere la decisione, ostacolando l’attività

decisionale.

Il processo decisionale è orientato a trasformare gli input in output definiti da Easton

”decisioni e interventi” selezionati dall’autorità politica.

Attraverso gli output, il sistema politico, decide di attuare specifiche politiche pubbliche,

definite e selezionate nel corso del processo decisionale. Ogni politica pubblica ha un

specifico impatto esterno. Questi a loro volta genereranno feedback, stimolando

l’insorgenza di nuovi input. Il modello di Easton è circolare, prevede un flusso interrotto

di input, output e feedback.

RAPPORTI TRA PARTITI E BUROCRAZIA SECONDO SHEFTER

Secondo Shefter, una qualsiasi istituzione è forte nella misura in cui riesce a preservare

la sua autonomia e indipendenza da pressioni provenienti dall’ambiente esterno o da

altre organizzazioni, orientate a condizionarne l’azione.

In presenza di partiti deboli e di un’amministrazione statale forte si struttura una

condizione di Stato burocratico, con conseguente burocratizzazione della politica. Si

tratta di una condizione tipica di regimi politici autoritari o di assetti tecnocratici presenti

Dettagli
A.A. 2022-2023
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Yuri.graziano.2002 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze dell'amministrazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Giannelli Nicola.