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La pianificazione territoriale

La pianificazione territoriale è un intervento su processi di trasformazione territoriale già in atto, i quali vengono orientati al fine di svilupparne alcune potenzialità a beneficio della collettività. A tal fine, viene predisposta una valutazione approfondita delle risorse del contesto, le quali possono rappresentare un'opportunità per lo sviluppo. Ciò accade quando sono riconosciute come tali dalla comunità locale e da un complesso di attori che più direttamente possono influire sul governo di quel dato contesto. Sono ad esempio le attività economiche, le caratteristiche dell'ambiente fisico e di quello costruito, il capitale umano, la cultura materiale ed immateriale.

La pianificazione territoriale realizza un nuovo rapporto tra le competenze degli esperti di diversa provenienza e stabilisce canali comunicativi a senso doppio anche con competenze diffuse nella popolazione o con quelle connesse con lo svolgimento di

ruoli non immediatamente riconducibili al piano. In Italia, chi svolge il ruolo di pianificatore/urbanista può impegnarsi in misura prevalente nella ricerca e nell'insegnamento universitario, oppure affiancare la pratica della professione e l'attività amministrativa diretta nei settori di propria competenza. I punti salienti delle interviste sono il rapporto che il pianificatore/urbanista dichiara di instaurare con la sociologia nell'attività di ricerca e nella propria formazione di studioso e intellettuale, il rapporto culturale con la tradizione delle scienze sociali e con gli autori che ne sanno interpretare le linee più attuali. L'intervista è strutturata in due parti. La prima ha carattere oggettivo ed è volta a precisare il ruolo dell'intervistato e le esperienze da lui svolte. La seconda ha carattere soggettivo ed implica la raccolta di informazioni, come i punti di forza e di debolezza e le proposte. L'impegno.nella ricerca, Qualcuno sottolinea discute il proprio problema con la sociologia e non ritiene che il confronto interdisciplinare debba presupporre una divisione netta dei rispettivi compiti. Ciò che avviene apprezzato nel sociologo è l’attitudine a compiere proiezioni, a delineare scenari che mostrano la possibile evoluzione di fenomeni che oggi si trovano ancora allo stato nascente. Pianificatori/urbanisti e sociologi collaborano su varie tematiche quali le ondate migratorie, il loro impatto sulla società e sugli assetti spaziali della città, la rigenerazione delle periferie urbane e dei dell’hinterland dei poli industriali, e l’identificazione centri delle risorse e delle identità connesse ai luoghi in una prospettiva di sviluppo locale. Le argomentazioni più interessanti emerse nel corso dell’intervista riguardano i limiti dati dalla natura delle attività professionali dell’urbanista e del pianificatore.nellacollaborazionesituazione tipica del contesto italiano, i differenti approcci delle due discipline, gli orientamenticulturali dei sociologi nella fase attuale e il significato da attribuire alla collaborazioneinterdisciplinare e in generale alla divisione del lavoro tra esperti di diversa estrazione.Un momento fondamentale dei colloqui con i pianificatori/urbanisti ha avuto per oggetto i possibilitemi di lavoro, quali le nuove forme di povertà ed emarginazione, la crescente presenza di gruppiprovenienti da contesti lontani, il carattere multiculturale e multietnico che stanno iniziando adacquisire le città italiane, la relazione tra luogo, ambiente e forme di appartenenza e cittadinanza, icambiamenti in atto nelle strutture familiari, nel rapporto fra le donne, i bambini e la città, ladeurbanizzazione, i mutamenti del ruolo degli spazi pubblici, la struttura del governo urbano, ladiffusione del volontariato, le politiche culturali e la valutazione degli

effetti sociali nella costruzione di complessi edilizi.

La pianificazione operativa viene implementata a scala comunale e locale, è strettamente orientata all'azione in una prospettiva temporale di breve termine, ha forti contenuti tecnici e ha un contenuto prescrittivo e vincolante.

La pianificazione strategica riguarda la definizione di un intervento di sviluppo della città e dell'individuazione del territorio ritenuto desiderabile e possibile mediante obiettivi di medio-lungo periodo, linee di intervento e priorità, la considerazione delle risorse disponibili e il coinvolgimento degli attori collettivi. Si tratta di un processo che si esplica in varie fasi: lancio del progetto, ascolto della città, visione del documento, scelta delle aree strategiche, costituzione e lavoro dei gruppi, elaborazione del programma, conferenza, implementazione e gestione del piano. I compiti dell'esperto del processo sono quelli di realizzare seminari introduttivi,

organizzare eventi pubblici, condurre interviste e fornire la propria conoscenza sui piani. La pianificazione strategica si applica a livello macro, sviluppando reti di città, aree territoriali estese e distretti territoriali; a livello meso, analizzando la città e il territorio di riferimento; a livello micro, ad esempio mediante il welfare locale e le politiche del lavoro. Gli enti locali hanno il compito di promuovere il processo costruendo una fitta rete di attori locali che verranno coinvolti, l'organizzazione agevolare le competenze coinvolte, e coordinare del processo stesso.

Tra gli anni '60 e gli anni '90, si sono susseguite tre generazioni della pianificazione strategica; quella sistematica tra gli anni '60 e '70 attribuisce molta importanza alla regolazione dei sistemi territoriali in un'ottica razional-comprensiva; quella di matrice aziendale negli anni '80 cerca di trasferire strumenti di programmazione usati nelle grandi

imprese al campo della pianificazione dell'impronta reticolare e visionaria negli anni '90 doveterritoriale e alla gestione urbana; nella definizione del piano sono coinvolti i diversi centri decisionali presenti in una rete di insediamenti urbani tentando di stabilire sinergie fra tali centri. Allorché l'ambiente a divenire tema fondamentale della pianificazione, si sono potute distinguere delle tipologie di piano: monotematici o di carattere prevalentemente settoriale, di protezione speciale e paesistico-ambientali. Il sociologo mediatore Al fine di comprendere il lavoro e il contributo specifico del sociologo nel campo dei processi decisionali che interessano la sfera pubblica, risulta centrale la dimensione partecipativa, che negli anni '50 e '60 ha trovato la sua massima espressione negli USA, dove gli autori, come ad esempio Commons, hanno rifiutato qualunque lettura della società per classi, strati e ceti. In Italia, la spinta partecipativa sisviluppando negli anni '70. Secondo Guidicini, la partecipazione risponde all'esigenza di diversi gruppi che operano nell'interesse della comunità locale mediante una decisione comune sulle tematiche e sulle problematiche, e una gestione comune delle stesse. Un'altra dimensione fondamentale è quella della conflittualità sociale che il sociologo deve scongiurare durante gli interventi e sui quali deve mediare. Il conflitto si verifica quando due o più soggetti che hanno scopi differenti interagiscono e ciascuno di essi punta a far prevalere il proprio punto di vista, a prescindere dal fatto che il loro atteggiamento porti alla neutralizzazione degli altri o a costi personali per i soggetti coinvolti. Di solito, una mediazione non risolve un conflitto del tutto, ma ne attenua portata e intensità. Uno dei principali scopi nella mediazione è quello di intervenire a monte per evitare che il conflitto si manifesti. In Italia, stanno

Iniziando a sorgere dei centri specializzati per la soluzione dei conflitti a una scala ridotta; si tratta di conflitti civili. Si assiste anche allo sviluppo della mediazione culturale e interetnica per la quale ci sono dei corsi di formazione ad hoc per mediatori cultuali.

Con il ritorno dalla sfera pubblica a quella privata, il modello partecipativo entra in crisi. I comitati di quartiere creati per essere il luogo di ritrovo della popolazione nelle città, risulteranno poi caratterizzati da scarsa partecipazione. Le dimensioni spaziale e locale vengono rivalutate.

Di solito, il sociologo viene coinvolto nella raccolta di informazioni socio-economiche o viene integrato nell'équipe dei pianificatori.

Un caso di pianificazione partecipata è quello del progetto inglese City Challenge della riqualificazione urbana avviato nel maggio '91 con la partecipazione attiva della cittadinanza. Dopo due anni, il monitoraggio e la mediazione sociale vengono inseriti in tutte

Le fasi del processo, mentre la comunicazione viene impiegata quale variabile strategica che darà successo al processo. Viene costituita un'agenzia per la raccolta delle informazioni e delle interviste e vengono indetti incontri pubblici di informazione e confronto periodici con imprese e organizzazioni del Terzo Settore. Sono stati effettuati interventi nel campo della formazione, dello sviluppo dell'imprenditorialità locale, incentivi all'occupazione e dell'associazionismo. Del piano di salvaguardia della Medina avviato nel '94 a Gafsa, in Tunisia. Sono state fatte analisi e rilievi tipomorfologici degli edifici e analisi in chiave storica del tessuto residenziale, che hanno comportato la realizzazione di un'indagine socioeconomica nel corso della quale i residenti hanno proposto i problemi della città al gruppo di ricerca dell'indagine "Per migliorare i servizi del".

comune…dite laUn altro caso ancora è stato quellovostra” dall’amministrazione comunaleeffettuata mediante interviste profonde e promossa di uncomune in provincia di Lecco, con lo scopo di migliorare le interazioni e i flussi comunicativi tracittadinanza e governo locale.Il sociologo può anche occuparsi di mediare tra opinione pubblica e decisori, o tra cittadinanza eplanificatori.Nel ’96-’97 è stata effettuata un’indagine sociologica finalizzata all’esplorazione dei problemiattraverso il coinvolgimento della comunità locale mediante interviste sulla qualità urbana e sullascuola. È avvenuto a Pesaro in occasione del rinnovo del piano regolatore. Ad Imola invece, sonostate fatte indagini su autoidentità e appartenenza dei cittadini, emergenze, problemi e risorse locali,dalle quali sono emerse varie problematiche quali anonimato, traffico e luoghi privi di identità.Il tempo e laIntorno agli anni '70 si afferma la sociologia temporalista sul principio che il tempo è sempre un tempo sociale, cioè re
Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
6 pagine
1 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/10 Sociologia dell'ambiente e del territorio

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sandrauselli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'ambiente e del territorio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Meloni Benedetto.