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CAPITOLO 3. TEMPO E SPAZIO
Oggi la colpa dell'infelicità dell'individuo viene data interamente ai
malintenzionati, odierne versioni degli antichi demoni.
Tuttavia se le false vittime possono abusare della credulità del
pubblico e dei soldi pubblici è perchè questi sono disposti a farlo.
L'incontro tra estranei
Secondo Sennett una città è “un insediamento umano in uci è
probabile che individui estranei si incontrino”.
L'incontro tra estranei è diverso da quello tra parenti e amici o
conoscenti.
In un incontro con estranei non si riprende il filo dove lo si era lasciato,
non c'è aggiornamento sulla propria situazione e le proprie pene, è
spesso una conversazione senza futuro. Non c'è tempo per tentativi ed
errori, nessuna possibilità di rimediare agli sbagli commessi
La vita urbana dunque richiede una complessa capacità detta
“buona creanza”, ovvero la capacità di interagire con gli estranei
senza imputare loro la condizione di estranei e senza cercare di
convincerli ad abbandonare in parte i tratti che li rendono tali.
Si protegge l'altra persona fintantochè ci si aspetta un'uguale
generosità e discrezione da parte altrui. La buona creanza, come la
lingua non può essere privata: prima di essere praticata
individualmente deve essere una parte del quadro sociale.
Perchè si possa esercitare la buona creanza, è necessario che il luogo
sia dotato di spazi che la gente possa condividere in quanto persone
pubbliche, cioè senza essere troppo coinvolti ma anche che la città si
mostri ai residenti come bene comune.
Esistono due categorie di spazio pubblico:
Spazio civile ma non pubblico: ad esempio la piazza della
Défense che a causa delle sue scoraggianti caratteristiche
architettoniche, non funge tanto da spazio pubblico ma solo da
luogo che di ospita il passaggio degli individui.
Spazio pubblico ma non civile: ad esempio il centro
commerciale, sono luoghi che stimolano la trasformazione del
residente in consumatore, l'azione piuttosto che l'interazione (che
sarebbe un danno per il consumo). Per quanto affollati questi
luoghi non sono collettivi, gli incontri sono brevi e superficiali
Luoghi enemici, luoghi fagici, nonluoghi, spazi vuoti
Gli spazi di consumo sono lontani dalla città, entrandovi si ha la
sensazione di essere altrove, dunque è un viaggio nello spazio
piuttosto che nel tempo (=/= carnevale, che è anche nel tempo,
mostra che la società può trasformarsi).
Lo spazio commerciale è anche uno spazio purificato, in cui le
differenze interne sono addomesticate, igenizzate e prive di ingredienti
pericolosi, è possibile godersele senza timore.
Si crede che tutti la pensino allo stesso modo, la comunità è una
scorciatoia per l'aggregazione che non si verifica mai nella vita reale.
Il viaggio in spazi di consumo è un viaggio in quella comunità tanto
agognata che oggi è perpetualmente altrove
Claude Lévi-Strauss afferma in “Tristi Tropici” che in tutta la storia
umana sono state solo due le strategie impiegate per risolvere il
problema della diversità altrui:
ANTROPOEMICA - ESCLUSIONE/ALIENAZIONE → si
“vomitano/rigettano” gli altri, che vengono considerati come
esseri incurabilemnte estranei, si evita il contatto fisico, il dialogo,
qualunque rapporto sociale. Si ricorre al ghetto, all'espulsione,
alla violenza fisica.
ANTROPOFAGIA - ASSIMILAZIONE/DISALIENAZIONE → si
“ingeriscono” gli altri in modo da poterli rendere, attraverso il
“metabolismo” indistinguibili dal resto della massa digerita. Si
elimina la differenza
Lévi-Strauss aggiunge una terza classificazione dei luoghi pubblici, il
non-luogo (ripreso dal sociologo francese M. Augé).
I non-luoghi hanno la caratteristica di essere al contempo dei luoghi
emici e dei luoghi fagici, , sono spazi vuoti di significato ed identità
(es.aeroporti).
Essi non permettono il confronto e l’interazione tra le persone che vi
transitano, sebbene ciò non possa comunque impedire che si incontri
l’estraneo, al massimo possono sterilizzare le conseguenze di tale
incontro.
Tali luoghi richiedono un abile uso della buona creanza, sebbene non
la si possa imparare in questo luogo.
Non parlare con gli estranei
La principale caratteristica della buona creanza è la capacità di
interagire con gli estranei senza imputare loro la condizione di estranei
e senza cercare di convincerli ad abbandonare in parte i tratti che li
rendono tali.
L'elemento distintivo deli luoghi pubblici non civili è l'irrilevanza
dell'interazione, se evitare gli estranei non è possibile li si ignora.
La capacità di vivere con le differenze è difficile da ottenere. Via via
che la spinta all'uniformità si accresce, cresce di pari passo la
percezione di terrore nei confronti degli “estranei alle porte”, una
profezia che si autorealizza, in quanto diviene sempre più semplice
associare diversi punti di vista alle proprie paure.
Il problema diventa un circolo vizioso: con l'arte della negoziazione in
disuso il “bene comune” è guardato con sospetto.
Cultura viene associato spesso con etnicità, che è a sua volta un
modo legittimo per scavarsi una nicchia all'interno della società
(sopratutto a lvl territoriale, il diritto ad avere uno spazio difendibile).
Etnicità ha una forte valenza semantica: presume assiomaticamente
un vincolo sacro inannullabile che precede qualunque tipo di
contrattazione.
L'omogeneità che si presume caratterizzi le entità etniche è
eteronoma, cioè non è stata fatta dalla propria generazione.
Il rinato comunitarismo non è un caso di irrazionalità: con la credibilità
delle persone pubbliche sempre meno solida, confessioni pubbliche
ed ideologizzazione della professione, la gente è diventata spettatrice
passiva del personaggio politico, non aspettandosi molto da esso.
Allora preservare la comunità diventa un fine in se', mentre l'espulsione
di quanti non vi appartengono diventa prerogativa della comunità.
Il desiderio di espulsione dell'estraneo è simile a quello di cura del
proprio corpo.
Non è però una patologia psichica ma dello spazio pubblico risultante
da una patologia politica: la scomparsa del negoziato e la sostituzione
del coinvolgimento e l'impegno reciproco con la fuga.
I governi non sono in grado di colpire le radici dell'insicurezza
esistenziale e dell'ansia dei propri cittadini
La modernità come storia del tempo → tempo e spazio nella
modernità pesante
Grazie all'invenzione dei mezzi di trasporto non umani e non animali il
tempo è diventato un oggetto da possedere e controllare. Il tempo si
separa dallo spazio perchè può essere ora cambiato e manipolato.
Il potenziale umano rendeva gli uomini simili (es. il viaggio di un re non
era molto più veloce di quello di un mercante) mentre oggi il
potenziale meccanico li rende diversi (es. treno vs. cavallo).
Grazie alla conquista del tempo si potè conquistare anche lo spazio,
quindi potere.
Per massimizzare il valore viene rispettato il principio di “razionalità
razionale” di Weber, ovvero si eseguono i compiti il più velocemente
possibile eleminando tutto ciò che è improduttivo.
La differenza tra il forte ed il debole è determinato dal territorio che
esso controlla.
Insomma l'età solida che si è conclusa (età dell'hardware/modernità
pesante) è ossessionata dalle dimensioni: tutto ciò che è grande è
meglio (es. grandi macchine, grandi fabbriche, grandi navi).
Conquistare lo spazio/la terra era l'obiettivo supremo (es. le grandi
esplorazioni).
La logica del potere/controllo è radicata alla separazione tra dentro e
fuori, a garantire la compattezza del luogo e la sua omogeneità è la
standardizzazione.
Tutto rimane ancorato ad un luogo (es. matrimonio, fabbriche, operai,
capitale ecc...).
Dalla modernità pesante alla modernità leggera
Cohen individua lo spartiacque nella storia moderna del tempo.
Oggi, nell'universo software, lo spazio è irrilevante, mascherato
sottoforma di annullamento del tempo: le informazioni viaggiano alla
velocità della luce.
Lo spazio non pone più limiti all'azione e alle sue conseguenze, ha
perso il proprio valore strategico, è stato svalutato.
L'attenzione si è spostata dai mezzi ai fini: se tutte le parti dello spazio
possono essere raggiunte in qualsiasi momento non ci si sente
obbligati a farlo se non c'è un lauto guadagno.
La seducente leggerezza dell'essere
Istantaneità significa acquisizione immediata, ma anche immediata
perdita di interesse.
La distanza temporale che separa l'inizio dalla fine si assottiglia.
Tuttavia l'irrilevanza dello spazio non si è ancora realizzata, così come
l'esistenza umana non è ancora del tutto flessibile.
Crozier trent'anni fa identificato i dominatori come coloro che riescono
a mantenere le proprie azioni indipendenti da norme e riesce a
controllare chi le segue.
Oggi questa nozione non è cambiata, ma si è ristretta all'istantaneità:
coloro che si muovono più velocemente sominano su quelli che
agiscono più lentamente.
Nella modernità liquida a dominare gli elusivi, cioè coloro che si
muovono velocemente senza dare nell'occhio (mentre nella
modernità solida dominati e dominatori erano legati da reciproco
coinvolgimento e nel caso di rivolte era facile identificare chi fosse il
dominatore, ora è difficile identificare chi sono i responsabili e ancora
più difficile punirli).
Polanyi proclamava che trattare il lavoro come una merce è una
falsificazione: il lavoro non è una merce in quanto non può essere
venduto o separato da chi lo svolge.
Nell'epoca della modernità solida era impossiible dunque monitorare il
lavoro o incanalarlo in una deteminata direzione senza avere un
rapporto faccia a faccia con i lavoratori, costringendo capitale e
lavoro alla reciproca dipendenza.
Oggi però viene a meno la corporeità che Polanyi dava per scontato,
il legame di reciproca dipendenza è stato spezzato unilateralmente:
mentre la capacità di lavorare rimane ancorata all'individuo, il
capitale