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FALSO!
1. ARGOMENTO ONTOLOGICO
1. Urbi et Orbi
La rete non è un'entità dalla natura immutabile: è composta da macchine meccaniche
(computer, cavi, router), semiotiche (codici e linguaggi) e biologiche (umani) che
interagiscono fra loro in maniera complessa secondo un meccanismo di autocostruzione.
La rete è nata dall'informatica, la quale non è una semplice tecnica per gestire
l'informazione ma è fisica teorica e sperimentale assieme: studia la formalizzazione del
linguaggio (quindi formalizza la conoscenza), la applica ai componenti fisici dell'elettronica
e ne ricava linguaggi che a loro volta influenzano la conoscenza, il tutto in una dimensione
ricorsiva.
Questa complessità è spesso banalizzata ed ora più che mai si rende necessario articolare
nuovi approcci estetici ed etici per distinguere l'innovazione dal rumore.
2. La rete non è il web
La Rete di internet non coincide con il world wide web.
Il web è solo uno dei tanti servizi disponibili, sebbene il più conosciuto, che ci permette di
navigare tra i contenuti messi in rete attraverso i collegamenti (links) che formano gli
ipertesti.
Ciò che distingue la Rete dal Web sono i protocolli: un protocollo informatico è una sorta di
accordo comunicativo fra macchine che definiscono in maniera il più possibile chiara in
documenti tecnici detti RFC (Request For Comment), essi funzionano a livelli, di cui l'utente
vede solo l'ultimo.
Il protocollo del Web si chiama http (hypertext transfer protocol) e risale al 1991.
Tutto ciò che non è http non è web (es. Skype e Torrent usano tcp/ip).
Il web può essere considerato come una pellicola che avvolge tutti i protocolli e ci permette
di usarli con semplicità.
La società della rete come fenomeno di massa è stato reso possibile grazie all'espansione
del Web e la facilità d'uso del suo protocollo ed i suoi servizi derivati, prima di tutti il
browser ed infine le piattaforme di social networking.
I dispositivi hardware servono ormai quasi esclusivamente per usufruire del Web e dei suoi
servizi: tutto è condiviso e nessuno possiede più niente.
3. “La democrazia sul web funziona”
L'indicizzazione del Web da parte di Google è simbolica di questa forma di malafede
costitutiva.
L'idea che la democrazia possa essere garantita dalle macchine nasce dalla loro oggettività
matematica.
Google ritiene erroneamente che il suo algoritmo (PageRank) possa ordinare il mondo in
maniera oggettiva e democratica: il PageRank presenta i risultati in base alle relazioni tra le
pagine, quindi il numero di link in entrata per ogni sito e l'importanza che a loro volta
questi siti posseggono, come in una sorta di “voto”.
Il ragionamento sottointeso è che il PageRank, in quanto oggetto tecnologico, non giudichi
e non menta.
In realtà questo algoritmo è doppiamente ideologico:
crede di essere una buona tecnologia
• è sottomessa all'ideologia dello spettacolo: più una cosa è conosciuta e più sarà
• famosa
4. La Repubblica degli algoritmi
L'idea del link come simbolo di voto positivo ha un'origine culturale precisa: si tratta di una
traduzione matematica del meccanismo di citazione scientifica, nel il quale più un articolo
scientifico viene accolto in maniera positiva da altri scienziati, più l'articolo viene
considerato importante e meritevole.
Un algoritmo di popolarità si trasforma in un algoritmo di qualità.
Il metodo che offre magiore oggettività è quello del “doppio cieco” (double blind): prima di
essere accolto da una rivista scientifica, un articolo viene sottoposto a due ricercatori di
fama che non devono conoscere il nome dell'autore, mentre l'emittente non deve
conoscere i nomi dei recensori.
L'algoritmo del PageRank è utile per rintracciare il senso comune riguardo a un certo
argomento, ma quando la nostra intenzione è di tipo esplorativo (ovvero non sappiamo
esattamente cosa cerchiamo) l'interfaccia di Google diventa scomoda, l'ordine scalare dei
risultati non è di aiuto e diventa necessario sfogliare le pagine una a una.
Il sogno di Google come contenitore di Internet è un'idea comoda e ci illudiamo che la
libertà sia ottenere informazioni a costo zero
5. La disonestà della trasparenza totale
Come guadagna Google?
La moneta con cui si paga siamo noi, le nostre informazioni e le nostre esplorazioni: ogni
volta che usiamo un prodotto 2.0 viene fatta una profilazione dei nostri dati usata per
proporci pubblicità mirate.
La trasparenza totale non è reale, in quanto i responsabili del servizio si sottraggono da
qualunque confronto e i singoli utenti non possono fare nulla se non sono abbastanza
influenti.
Oggi si parla di Big Data come nuovo filone aurifero dell'economia informatica: questo
mercato fa affidamento sull'inconsapevolezza dell'utente e la leggerezza con cui esso
espone le sue informazioni personale.
6. Liberi di navigare in un grande “mare nostrum”
Facebook è il campione indiscusso del profiling: esso si presenta come una grande massa
egualitaria tesa ad accogliere in sé tutti coloro che ne sono fuori.
Il social network si presenta come elemento omogeneo di concentrazione orizzontale, chi
usa il social network è convinto che tutte le informazioni utili possano essere reperibili al
suo interno e che le informazioni pubblicate ottengano il massimo grado di
pubblicizzazione.
Facebook trasforma l'idea di opinione pubblica nella convinzione che molte opinioni
soggettive si trasformino in verità nel momento in cui vengono superati un certo numero di
like
In quasi tutte le analisi si tace sul fatto che le piattaforme social sono state create con
l'obiettivo del profitto: spesso i Terms of service sono molto chiari riguardo al fatto che le
nostre informazioni saranno copiate ed utilizzate a fini commerciali ma nessuno li legge.
Più le persone si esprimono ed interagiscono, maggiori sono i dati raccolti e di conseguenza
il profitto derivante dalla vendita delle statistiche, pubblicità mirate ed analisi di mercato.
Per agevolare questo monitoraggio i social network ci invitano a metterci in contatto con le
persone che conosciamo e a condividere contenuti con chi manifesta gli stessi gusti.
Per conoscerci meglio, e quindi facilitare e migliorare la profilazione, siamo spinti
all'omofilia, ovvero alla creazione di gruppi omogenei di persone.
L'utente può vedere solo la porzione di reti alle quali è collegato, mentre il potere centrale
ha una visione d'insieme.
7. La dittatura del poter-fare illimitato
Ogni fornitore di servizi segue il proprio utente anche nella navigazione su altre piattaforme
ed ha così potenzialmente accesso a tutte le informazioni.
La garanzia di seguire gli utenti lungo la loro esperienza digitale è realizzata tramite i
cookie, ovvero piccoli file di testo che permettono ai servizi di ricordarsi chi siamo ogni
volta che torniamo ad usarli (è possibile però cancellarli).
Il prezzo della libertà digitale è la nostra privacy.
Si scorgono nel social network caratteristiche del panottico focaultiano: introiezione del
controllo, censura e delazione: più che di fronte ad una democrazia globale ci troviamo
davanti ad una nuova istituzione.
La prassi disciplinare si regge sulla contrapposizione di amico vs. nemico, ma il soggetto del
Web 2.0 ha fatto un passo più in là, eliminando ogni dialettica negativa: secondo Byung-
Chul Han, il soggetto di prestazione è più rapido e produttivo rispetto a quello
dell'obbedianza, è iper-responsabilizzato in direzione dell'iniziativa e si dediva alla
costruzione ossessiva di un profilo publico su una Rete privata.
La democrazia digitale non sarebbe però completa se non incorporasse una porzione di
dissenso: se lo spazio fosse interamente privo di conflitto si giungerebbe alla rapida
saturazione, occorre quindi sussumere elementi di contrasto in modo che il sistema
conservi sempre un dinamismo omeostatico.
8. La domesticazione delle masse
La realtà aumentata dei social attraverso i dispositivi mobili ci fa sentire parte del tutto in
una sensazione di fusionalità: è un'esperienza di massa ed individuale al tempo setesso.
Nella massa nessuno è di più, nessuno è meglio dell'altro, i componenti si liberano delle
loro differenze e si sentono uguali.
La domesticazione della massa era appannaggio delle tecniche di reclutamento delle grandi
religioni mondiali (soprattutto monoteiste).
Per comprendere la relazione tra massa e singolarità facciamo riferimento alla teoria
statistica delal coda lunga (long tail): pochi eventi si verificano con estrema frequenza,
molti eventi si verificano con scarsità.
La strategia vincente sui mercati a coda lunga non è l'abbassamento dei prezzi dei prodotti
più popolari ma l'ampliamento dell'offerta di tutto a tutti, che permette ricavi maggiori
attraverso al vendita in poche copie di tanti prodotti diveri a nicchie specifiche.
Google ad esempio vende i propri spazi pubblicitari non solo alle grandi aziende
multinazionali ma soprattutto ai piccoli inserzionisti, ai quali può fornire rapidamente la
nicchia di mercato adeguata al loro prodotto, posizione geografica e lingua.
Tipicamente siamo abituati a pensare alle tecniche di controllo comme appannaggio della
sfera politica, oggi invece sono questioni economiche e commerciali
L'esperienza del web permette agli utenti di percepirsi come singoli cittadiniattivi in grado
di esprimere la propria opinione ed allo stesso tempo di fornirgli una sensazione di massa
che lo fa sentire parte di qualcosa di più grande in grado di influenzare l'opinione pubblica
sui grandi temi della contemporaneità. Il cittadino della rete (netizen) si sente investito
della grande opportinutà di rifondare la democrazia in senso globale.
Conclusione: ciò che abitualmente viene identificato come rete in realtà non è che una
piccola porzione di essa, selezionata in esclusiva per tutti sulla base delle informazioni
personali fornite dagli utenti.
L'utente medio è un'invenzione statistica del cittadino medio con un'aggravante: gli utenti
non hanno alcun controllo.
2. ARGOMENTO EPISTEMOLOGICO
1. L'informazione rende liberi
L'argomento epistemologico esplora l'aspetto conoscitivo: si sostiene spesso che in rete ci
sia qualunque cosa cerchiamo .
Il Web 2.0 viene descritto spesso come un insieme coerente ed unitario dal punto di vista
delle tecnologie impiegate, mentre la