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3.1.1. LO SVILUPPO MORALE SECONDO PIAGET
Piaget [1932], attraverso il metodo clinico, ha proposto a bambini tra 6 e 12 anni alcuni problemi
quotidiani (dire le bugie, assegnare premi e punizioni, suddividere oggetti) invitandoli a dare un giudizio e
ad operare un confronto tra alternative diverse.
Attraverso l'osservazione diretta ha pure studiato il modo in cui i bambini dai 4 ai 12-13 anni
affrontano un gioco contraddistinto dall'applicazione di regole: il gioco delle biglie [ibidem].
Dall'analisi delle risposte e dei comportamenti infantili, ha desunto la forma che assume la
comprensione delle norme nel corso dello sviluppo.
Fino ai 3-4 anni, i bambini sono in un periodo premorale caratterizzato da anomia, cioè da assenza di
regole. Successivamente, si vengono organizzando due forme distinte di moralità, proprie del realismo
morale e del relativismo morale.
Dai 4-5 anni fino agli 8-9 anni, prevale il realismo morale, tipico del periodo preoperatorio e
caratterizzato dall'adozione di un punto di vista egocentrico, così denominato perché i giudizi tendono ad
essere formulati adottando come criterio guida il danno reale e oggettivo, più che l'intenzionalità di chi
compie l'azione. Viene considerato più grave il comportamento del bambino che, inavvertitamente, rompe
diverse tazze di quello del bambino che ne rompe una, mentre compie una trasgressione.
In questo stadio prevale una morale eteronoma, secondo cui la validità dei principi morali dipende
dall'autorità di colui che li ha promulgati e sanciti (i genitori, gli insegnanti, la religione, ecc.) e dalla forza
con cui vengono fatti rispettare, attraverso punizioni e sanzioni. La menzogna, giudicata alla stregua di un
comportamento sbagliato perché comporta una punizione, deve la sua gravità non tanto all'intenzionalità del
mentitore ma al grado di discrepanza rispetto alla realtà. È giudicato più grave e più colpevole colui che
racconta bugie più grosse ed irreali. Le conseguenze delle azioni (responsabilità oggettiva) sono più
importanti delle intenzioni di chi le compie (responsabilità soggettiva).
La fase del relativismo morale o soggettivismo morale si caratterizza per una concezione meno
rigida delle regole, concepite come frutto di accordo e, in quanto tali, passibili di cambiamento. Dopo gli 8
anni, troviamo una morale autonoma contraddistinta dalla progressiva importanza attribuita agli elementi
specifici della situazione e alle intenzioni (responsabilità soggettiva). Questo periodo è dominato dalle idee
di reciprocità e cooperazione nelle interazioni, e dalla convinzione che ciascuno abbia diritto al rispetto e
alla giustizia. La menzogna è intesa come azione immorale in sé perché danneggia la fiducia reciproca e
mina i rapporti interpersonali, compromettendo la stabilità e l'ordine sociale. Le regole non sono più ritenute
immutabili, ma determinate dal consenso reciproco e, quindi, modificabili; le aspettative e il benessere degli
altri sono ritenuti più importanti del rispetto dell'autorità. Nella formulazione dei giudizi morali, il bambino
è più flessibile e critico: può prendere in considerazione la situazione, le caratteristiche psicologiche
dell'agente (intenzioni, sentimenti, emozioni, ecc.) e la gravità del danno inferto. Piaget ha approfondito
come evolva nell'infanzia il concetto di giustizia (cfr. quadro 6.1) e quali caratteristiche assumano la pratica
e la coscienza della regola. In sintesi, lo sviluppo della morale secondo Piaget presenta due diversi aspetti
riguardanti, il primo, la pratica della regola, e il secondo, la coscienza e il significato della regola stessa.
Riguardo la pratica della regola, Piaget ha individuato quattro stadi che dalle semplici abitudini
motorie (fino ai 2 anni) giunge, dagli 11 anni in poi, alla codificazione delle regole (cfr. tab. 6.2).
Il rapporto tra giudizio e azione si articola, quindi, attraverso la presa di coscienza di una regola dopo
averla sperimentata e praticata in modo acritico, per un certo periodo.
La maturazione delle concezioni morali procede parallelamente allo sviluppo delle capacità cognitive,
cosicché progressivamente il bambino comprende sempre più le nozioni morali, le rielabora e le arricchisce,
giungendo ad una graduale e significativa presa di coscienza e di integrazione tra pensiero ed azione morale.
QUADRO 6.1. CONCETTI DI GIUSTIZIA E DI SANZIONE SECONDO PIAGET
Molti giudizi morali si basano sulle nozioni di giustizia e di punizione. Piaget ha approfondito questi
aspetti proponendo ai bambini alcune storie al termine delle quali chiedeva di valutare l'operato degli adulti.
Una di queste storie vede come protagonista una mamma che tra due figlie, di cui una obbediente e
l'altra disobbediente, preferisce e vuole più bene a quella che le obbedisce, e per questo le dà le fette di torta
più grandi. Un'altra storia ha come quesito il comportamento da tenere con il figlio più piccolo che, per
sbadataggine, lascia cadere il panino e resta senza merenda. / Piaget ha individuato due nozioni di giustizia:
- giustizia retributiva, legata alla morale eteronoma, si fonda sull'idea che ci debba essere una
proporzione tra meriti e vantaggi, fra trasgressioni e punizioni. Se la figlia è disobbediente, la mamma fa
bene a preferire l'altra. Se si è sbadati è giusto restare senza merenda;
- giustizia distributiva, legata alla morale autonoma, si fonda sulla necessità dell'eguaglianza tra
individui. La mamma deve voler bene a tutti i figli nello stesso modo, e non deve fare preferenze.
Il bambino è piccolo e, anche se ha commesso un errore, non è giusto che resti senza merenda.
Nel bambino emerge prima un concetto di giustizia che richiede l'espiazione, regolato dal principio
che sia giusto ricevere in conformità a ciò che si è dato (premi e punizioni dipendono dalla condotta buona o
cattiva), e successivamente un concetto più evoluto che considera l'uguaglianza tra gli individui.
Fra i più piccoli, afferma Piaget, la sanzione prevale sull'uguaglianza.
Riguardo alla sanzione, Piaget ha individuato le fasi attraverso cui essa si sviluppa:
- la nozione di sanzione espiatoria (fino ai 6-7 anni), tipica della fase del realismo morale, è dominata
dal concetto di giustizia immanente secondo cui alla trasgressione deve seguire una punizione come
conseguenza naturale e intrinsecamente connessa alla trasgressione stessa;
- la nozione di sanzione per reciprocità (dai 7 ai 10 anni) si sviluppa parallelamente alla
consapevolezza dell'importanza del rispetto reciproco e della cooperazione e sfocia nel superamento del
carattere espiatorio della punizione e nel riconoscimento dell’importanza della riparazione;
- la nozione di equità (dagli 11-12 anni) consente di esprimere un giudizio sulla trasgressione e sulla
sanzione tenendo presenti gli elementi del contesto. La pena materiale diventa secondaria rispetto al
significato della trasgressione come atto che indica la rottura di un legame sociale.
3.2. LO SVILUPPO MORALE SECONDO KOHLBERG
Kohlberg [1969; 1973; 1976] riprende negli anni '60 la posizione sul giudizio morale proposta da
Piaget, per riportare lo studio del comportamento sociale sotto il primato del cognitivo. Si oppone alla
tradizione comportamentista, e quindi all'idea che la morale sia frutto di abitudine, di imitazione e di
apprendimento, ritenendo che il pensiero diriga l'azione e non viceversa. È interessato al tipo di motivazione
e di ragionamento posti alla base dei comportamenti e lo sviluppo morale è identificato nel passaggio da
strutture cognitive più elementari a strutture cognitive più mature ed evolute. L'ipotesi di una sequenza
parallela di stadi dello sviluppo cognitivo e morale delineata da Piaget viene accettata e sviluppata da
Kohlberg che identifica tre livelli dello sviluppo morale che vanno dall'infanzia all'età adulta [Shweder,
Mahapatra e Miller 1987].
Per esplorare le trasformazioni del giudizio morale, utilizza vari dilemmi in forma di storie, in cui il
protagonista può prendere decisioni diverse. Il dilemma più famoso è quello in cui si dibatte Heinz, la cui
moglie, moribonda a causa di una forma particolare di cancro, potrebbe essere salvata solo da una medicina,
costosa da produrre e scoperta da un farmacista che la fa pagare dieci volte quello che gli costa per
fabbricarla. Heinz dopo aver inutilmente cercato di farsi prestare l'intera somma di denaro, propone al
farmacista di vendergli il farmaco a prezzo inferiore o di accettare una dilazione del prezzo. Al rifiuto del
farmacista, Heinz, preso dalla disperazione, s'introduce nella farmacia per rubare il farmaco. All'esposizione
del dilemma seguono alcune domande: «Ha agito bene Heinz?»; «Aveva torto o ragione?»; «Perché?». Il
tipo di risposta genera ulteriori approfondimenti. Se il soggetto risponde che Heinz doveva rubare la
medicina si chiede: «Se il marito non si fosse sentito molto vicino o affezionato alla moglie,
avrebbe dovuto rubare la medicina?»; «Se in fin di vita, invece della moglie, ci fosse stato il miglior amico
di Heinz?». Se la risposta indica che Heinz non avrebbe dovuto rubare la medicina si chiede: «Tu ruberesti
la medicina per salvare la vita a tua moglie?»; «Se tu stessi morendo di cancro ma avessi ancora abbastanza
forze, ruberesti la medicina?».
I giudizi espressi dai soggetti sulla decisione di Heinz consentono a Kohlberg di delineare una
sequenza costituita da tre livelli di giudizio morale, ciascuno articolato in due stadi.
3.2.1. LIVELLI DI GIUDIZIO MORALE
Livelli e stadi vengono definiti da Kohlberg in relazione ad una serie di criteri che tengono conto dei
comportamenti che sono oggetto di giudizio, le motivazioni dei giudizi e dello sviluppo sociocognitivo che
costituiscono la base per la formazione dei giudizi stessi [Varin 1999].
I tre livelli, preconvenzionale, convenzionale e postconvenzionale, ruotano attorno al concetto di
«convenzionale» che significa conformarsi ed attenersi alle regole, alle aspettative e alle convenzioni della
società o dell'autorità, proprio perché sono regole, aspettative e convenzioni della società {Kohlberg 1976].
Il bambino del livello preconvenzionale non è ancora giunto a comprendere tali norme e le percepisce come
esterne a sé, mentre l'adulto del livello postconvenzionale ne comprende appieno il significato e le accetta,
ma si orienta verso principi più generali che, a volte, le includono altre volte possono entrare in conflitto con
esse. Nel primo livello preconvenzionale, prevalente nei bambini di età inferiore ai 9-10 anni, il bene e il
male vengono giudicati in base alle conseguenze negative o positive per il