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CULTURALE

Adriana Cupelli S.T.P Uniurb 6

In questo capitolo descriverò e cercherò di spiegare cosa accade a nove mesi di età.

1. L’emergere della cognizione nella prima infanzia

1.1. La comprensione degli oggetti

Nei suoi classici studi sulla prima infanzia, Piaget [1936] ha sviluppato una teoria della cognizione

infantile che è il punto di partenza di tutte le teorizzazioni successive. Egli notò che intorno ai

quattro mesi di età i bambini cominciano a cercare di raggiungere e afferrare gli oggetti; attorno agli

otto mesi cominciano a cercare gli oggetti che sono scomparsi dal loro campo visivo e tra i dodici e

i diciotto mesi cominciano a seguire gli spostamenti spaziali. Piaget avanzò l’ipotesi che tutti questi

cambiamenti che avvengono nel comportamento sensomotorio fossero l’effetto della manipolazione

attiva e della esplorazione degli oggetti da parte del bambino a mano a mano che costruisce la

realtà. Un’importante sfida alla concezione piagetiana è venuta da quegli studenti che hanno

scoperto che nel bambino vi è l’idea di un mondo fisico dotato di esistenza indipendente fin da

un’età che coincide con le sue primissime manipolazioni degli oggetti – dunque prima che abbia

avuto il tempo di usare tali manipolazioni per costruire il mondo. Studi di una ricerca mostravano

che i bambini possedevano l’idea degli oggetti come entità indipendenti che esistono anche quando

non sono osservate già attorno ai tre o quattro mesi di età (all’incirca quando cominciano a

manipolare deliberatamente gli oggetti. Si è mostrato anche che i bambini comprendono altrettanto

precocemente un certo numero di principi che governano il comportamento degli oggetti, per

esempio che un oggetto non può stare in due luoghi contemporaneamente, che un oggetto non può

passare attraverso un altro oggetto. Prima dell’anno essi possono categorizzare percettivamente

degli oggetti e fare una stima di piccole quantità. La cosa importante è che queste sono tutte abiltà

possedute dai primati non umani. I bambini si limitano dunque a fare ricorso alla loro eredità di

primati.

1.2. La comprensione degli altri

Poche ore dopo la nascita, un bambino preferisce la rappresentazione schematica di una faccia

umana ad altre configurazioni percettive; il processo di abituazione alla voce materna sembra già in

atto nel feto; e fin dalle prime fasi dello sviluppo i bambini riconoscono le altre persone come

essere animati distinti dagli oggetti fisici. Vi sono però due comportamenti sociali che fanno

pensare che i bambini non siano sociali come gli altri primati, ma piuttosto ultrasociali.

In primo luogo già poco dopo la nascita i bambini prendono parte a protoconversazioni

con chi si prende cura di loro. Le protoconversazioni sono interazioni sociali nelle quali il genitore e

il bambino focalizzano l’attenzione l’uno sull’altro.

In secondo luogo, nel contesto di queste prime interazioni sociali i neonati umani ripetono alcuni

movimenti corporei degli adulti, specie alcuni movimenti della bocca e della testa. E’ perciò

possibile che l’imitazione neonatale rifletta non solo la tendenza del bambino a mimare i movimenti

che già conosce, ma anche, in un certo modo ad “identificarsi” con i conspecifici.

1.3. La comprensione del Sè

Quando interagiscono con l’ambiente fisico e sociale, i bambini hanno anche esperienza di se stessi.

I bambini possono scoprire quel che possono e non possono fare in certe situazioni, come quando,

per esempi, evitano di prendere un oggetto che si trova troppo lontano o che richiede un

aggiustamento posturale che li metterebbe in condizione di equilibrio precario. Ciò che è stato

chiamato Sè ecologico. E’ stato spesso osservato che i primati non umani hanno una certa

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conoscenza delle proprie possibilità e dei propri limiti motori quando navigano nello spazio in

ambienti relativamente nuovi. Perciò è molto probabile che il senso del Sè ecologico posseduto dai

bambini sia qualcosa che essi condividono con altri primati.

2. La rivoluzione dei nove mesi

2.1. L’emergere dell’attenzione congiunta

A nove mesi di età, i bambini cominciano ad impegnarsi in una varietà di comportamenti di

attenzione congiunta che sembrano indicare l’emergere di una comprensione degli altri come agenti

intenzionali al pari del Sè. I bambini di sei mesi interagiscono in modo diadico o con gli oggetti

afferrandoli e manipolandoli, o con gli altri individui. Se il bambino sta manipolando un oggetto e

nelle vicinanze vi sono persone, tenderà ad ignorarle. Se il bambino sta interagendo con una

persona e nelle vicinanze vi sono degli oggetti tenderà ad ignorarli. Ma tra i nove e i dodici mesi

comincia ad emergere un nuovo complesso di comportamenti, non più diadici, ma triadici, nel senso

che implicano una coordinazione delle interazioni sull’evento sul quale è focalizzata l’attenzione di

entrambi. Molto spesso per caratterizzare tutto questo complesso di abilità e di interazioni sociali è

stato usato il termine attenzione congiunta. E’ a questa età che i bambini cominciano a

“sintonizzarsi” con l’attenzione e il comportamento degli adulti nei confronti delle entità esterne.

Alla stessa età i bambini usano gesti deittici, come l’atto di indicare o quello di esibire un oggetto

affinchè qualcuno lo veda. Questi comportamenti comunicativi rappresentano il tentativo dei

bambini di far sì che l’adulto si sintonizzi con la loro attenzione verso un’entità esterna. Il semplice

atto di indicare un oggetto a qualcun altro al solo scopo di condividere l’attenzione verso di esso é

un comportamento comunicativo specificamente umano, l’assenza del quale è anche un importante

criterio diagnostico della sindrome dell’autismo infantile. I bambini cominciano a impegnarsi in

interazione di attenzione congiunta quando cominciano a comprendere le altre persone come agenti

intenzionali al pari del sé.

3. La simulazione come spiegazione della rivoluzione dei nove mesi

Le teorie sociali hanno sottolineato che la nostra comprensione delle altre persone poggia su una

particolare fonte di conoscenza: l'analogia con il sé. Nella misura in cui assumo che un'entità

esterna sia “come me”, e perciò attribuisco ad essa lo stesso funzionamento interno che trovo in me

stesso, possono ottenere tutta una serie di conoscenze in più sul suo funzionamento. Questo

approccio può essere considerato una sorta di simulazione nella quale gli individui comprendono le

altre persone in analogia con il sé, in un modo che non è applicabile agli oggetti inanimati.

3.1. La connessione tra il Sè e l’altro

Il bambino comprende fin dalla nascita che le altre persone sono “come me”. Questa comprensione

è un elemento chiave dell’emergere nei bambini, a nove mesi di età, della comprensione degli altri

come agenti intenzionali. In sostanza io simulo il funzionamento psicologico delle altre persone per

analogia col mio che mi è intimamente noto.

3.2. Il Sè diviene intenzionale

A circa sei-otto mesi i bambini di Piaget sembravano mostrare una nuova comprensione delle

relazioni mezzi-fine. Per esempio quando i bambini volevano raggiungere un giocattolo e Piaget li

ostacolava frapponendo un cuscino tra loro e il giocattolo, prima degli otto mesi di età i bambini

avrebbero cominciato a interagire con il cuscino, dimentichi del giocattolo, o avrebbero continuato

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a concentrare l’attenzione sul giocattolo, divenendo semplicemente frustrati; ma a otto mesi di età i

bambino reagivano facendo una pausa, poi togliendo di mezzo il cuscino, e infine procedendo

deliberatamente ad afferrare il giocattolo. L’altra faccia del superamento degli ostacoli era l’uso di

mediatori, soprattutto umani, per raggiungere uno scopo. L'uso di molti strumenti per raggiungere

lo stesso scopo e l'uso di mediatori sono il segno di un nuovo livello di funzionamento intenzionale.

Per esempio quando i bambini volevano mettere in funzione un giocattolo e non vi riuscivano,

spingevano la mano dell’adulto verso di esso e restavano in attesa di un risultato. Quando un

bambino elimina un ostacolo e procede senza esitazioni verso lo scopo, è plausibile che fin da

principio abbia uno scopo ben chiaro in mente.

3.3. Simulare le azioni intenzionali degli altri

L’idea è che i bambini si identifichino con gli altri esseri umani fin dai primissimi momenti

dell’ontogenesi, e che ciò avvenga sulla base di un’eredità biologica peculiare della specie umana.

Quando i bambini, a otto-nove mesi cominciano a comprendere se stessi come agenti intenzionali

comprendono in questo stesso modo anche le altre persone.

3.4. I bambini autistici

Se si assume che gli esseri umani ereditino biologicamente una particolare capacità di identificarsi

con i conspecifici, è naturale attendersi che vi siano individui con un deficit biologico relativo a

questa capacità. Si sta parlando dei bambini autistici. E’ ben noto che i bambini autistici hanno

gravi problemi nelle abilità di attenzione congiunta e nelle capacità di assumere prospettive diverse

dalla propria. Per esempio producono pochissimi gesti dichiarativi e si impegnano raramente nel

gioco simbolico o di finzione, che spesso richiedere di assumere il ruolo di un altro. In generale ciò

che caratterizza i bambini autistici è che sono fondamentalmente “culturali”. Hanno problemi

nell’apprendimento imitativo e hanno difficoltà ad apprendere e usare simboli linguistici in modi

comunicativamente appropriati.

4. I primi passi dell’apprendimento culturale

A dispetto della ricchezza dell’ambiente culturale nel quale i bambini sono nati, se essi non

comprendono gli altri come agenti intenzionali – come tipicamente non fanno i bambini che hanno

meno di nove mesi, i primati non umani e la maggior parte delle persone con autismo – non saranno

neppure in grado di trarre profitto dalle abilità cognitive e dalle conoscenze dei conspecifici che

quell’ambiente culturale porta alla luce.

4.1. La cultura come nicchia ontogenetica

Che gli organismi ereditino il loro ambiente non meno del loro genoma è una verità mai troppo

ripetuta. Questo particolare ambiente è ciò che chiamiamo “cultura”, e non è altro che una nicchia

ontogenetica specie-specifica nella quale avviene lo sviluppo umano. Fino a tutta la seconda

infanzia i piccoli dipendono completamente dagli adulti, essi mangiano in questi modi, vivono

se

Dettagli
A.A. 2018-2019
21 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher adrianacupelli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Belacchi Carmen.