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UN ESEMPIO DI PROGRAMMA INTEGRATO: IL KIT KIWII

Il Kiwi (KIT IPERATTIVITÀ: Valutazione e intervento in classe) fornisce una iniziale valutazione dell'allievo iperattivo attraverso l'utilizzo della rating scale Iper: 1. INIBIZIONE COGNITIVA: vengono misurate le difficoltà del soggetto a inibire risposte cognitive e motorie irrilevanti per il compito. (Qui rientra: incapacità a ritardare la gratificazione e la mancata aderenza alle regole). 2. ORIENTAMENTO AL COMPITO E PERSISTENZA: viene valutata la capacità del soggetto di mantenere l'attenzione sostenuta nel tempo, soprattutto in assenza di guida esterna. (Qui rientra: difficoltà scolastiche imputabili a problematiche di memoria di lavoro e di pianificazione). 3. AUTOCONTROLLO MOTORIO: vengono analizzati i comportamenti di iperattività motoria, includendo una serie di movimenti non finalizzati e potenzialmente rischiosi per il soggetto. In base al deficit.prevalente mostrato dall'allievo, vengono attivati tre tipi di percorsi: 1. Training di autocontrollo: sono presentati cinque curricoli per l'autoregolazione: attenzione, scrittura, autocontrollo comportamentali, gestione del tempo, organizzazione dei compiti scolastici. 2. Esercizi di attenzione, memoria e inibizione. Sono fornite 40 schede per il potenziamento di tali abilità. 3. Contratto educativo. Viene presentata in dettaglio la procedura per sviluppare un contratto educativo, con l'ausilio di esercizi, schede di lavoro etc. Il Kiwi, rivolto ad allievi dai 4 ai 14 anni, ha come obiettivo quello di integrare in maniera sempre maggiore l'intervento specialistico sul disturbo ADHD con la programmazione e gestione educativa dell'intero gruppo classe. CAPITOLO 10: I PROBLEMI DI COMPORTAMENTO 1. INTRODUZIONE I problemi di comportamento rappresentano molto probabilmente la categoria di difficoltà scolastiche che suscitano maggiori preoccupazioni, in

virtù delle profonde ricadute sull’apprendimento degli allievi, sul loro benessere e sulla lorosicurezza fisica. Si tratta di un campo di indagine e d'intervento estremamente complesso:

  1. sono numerose ed eterogenee le manifestazioni dell'aggressività, così ché risulta impossibile racchiuderleall'interno di un unico modello esplicativo o proporre una modalità di risposta monodimensionale.
  2. queste condotte tendono ad assumere diverse configurazioni in base a una serie di variabili demografiche. Infatti, alcuni atteggiamenti oppositivi tipici della prima infanzia possono evolvere verso comportamentipalesemente aggressivi in adolescenza o nella prima età adulta;
  3. la terminologia riferita a questo fenomeno è stata la più varia, ricorrendo di volta in volta a termini come 'aggressività', 'violenza', 'oppositività', 'delinquenza', 'distruttività',
etc.
4. Lo studio delle condotte aggressive è stato approcciato da campi di ricerca differenti, tra i quali la psicologia, la neurobiologia, la psichiatria, la sociologia, la pedagogia, etc.
5. Infine, il comportamento aggressivo può configurarsi come un disturbo clinico indipendente ovvero può rappresentare la manifestazione atipica di un altro disturbo psichiatrico.
1.1. VERSO UNA CHIARIFICAZIONE TERMINOLOGICA
La definizione di comportamento aggressivo incontra un primo rilevante ostacolo nella molteplicità di approcci che si sono interessati ad esso.
Possiamo descrivere quattro strade principali di analisi delle condotte aggressive (Connor):
1. Gli Studi Di Stampo Sociologico, che concettualizzano l'aggressività come la conseguenza di condizioni sociali inadeguate, ovvero come la difficoltà di adattamento tra l'individuo e la comunità di appartenenza;
2. Le Riflessioni In Campo Normativo, che collegano strettamente la definizione di

devianza comportamentale all'infrazione di determinate regole sociali;

3. Le Indagini Mediche, con le quali si sposta il focus dal piano intersoggettivo a quello intraindividuale, alla ricerca di possibili fattori eziopatogenetici di natura neurobiologica;

4. La Prospettiva Psicoeducativa, secondo cui i comportamenti aggressivi sono spesso il risultato di un carente apprendimento di abilità sociali e comunicative.

Questa pluralità d'approcci, se da un lato permette un'analisi multidimensionale delle problematiche comportamentali, dall'altro lato suscita delle possibili confusioni logiche e interpretative, nel momento in cui non viene definito il piano su cui ci muoviamo.

La stessa condotta problematica può assumere valenze diverse in base a fattori contestuali e individuali a seconda della prospettiva d'indagine che assumiamo. Possiamo affermare che l'aggressività consiste in un qualsiasi atto osservabile emesso intenzionalmente per

arrecare danno a persone, animali o cose. In questa definizione possiamo enucleare tre elementi fondanti (Moffitt e Lynam): 1. ATTO MOTORIO/VERBALE: Il comportamento aggressivo si sostanzia in produzioni motorie o verbali. Il semplice fatto di avere fantasie o idee con contenuti violenti non è sufficiente per parlare di aggressività, a meno che non dimostrassimo che il numero di pensieri aggressivi è correlato alla probabilità di commettere atti devianti, il che attualmente non è stato confermato. Spesso, l'atto problematico compare in maniera improvvisa, in un allievo che fino a quel momento aveva avuto ideazioni specifiche. 2. INTENZIONE: La volontarietà dell'atto aggressivo permette di escludere tutti quei comportamenti impulsivi e incontrollati che, pur procurando un danno a terzi, sono emessi senza la volontà di danneggiare. Il problema è quello di disporre di alcuni criteri operativi che ci permettano di stabilire in

maniera affidabile l'intenzionalità di una condotta. Al contempo, dobbiamo essere consapevoli di come questo criterio di intenzionalità sia talvolta assente in soggetti che emettono comportamenti fortemente violenti, senza avere una chiara consapevolezza né degli obiettivi perseguiti con tale condotta né dei risultati prodotti nell'ambiente.

3. DANNO: un comportamento è aggressivo quando produce un danno a persone, animali o cose.

Possiamo individuare due difficoltà:

  • Spesso l'attenzione degli adulti si concentra solamente sul danno fisico, anche perché è quello che lascia i segni più eclatanti e quindi facilmente registrabili. Tuttavia, numerose ricerche sottolineano come i danni emotivi siano spesso più profondi e permanenti di quelli fisici. Però, sono anche quelli più difficilmente ravvisabili, proprio perché si sostanziano in lenti cambiamenti dell'umore, in peggioramenti del
rendimento scolastico etc.- La seconda difficoltà insita nel concetto di danno riguarda la persona chiamata a stabilirne l'esistenza. La vittima, l'aggressore, gli spettatori o l'insegnante? Ovviamente ognuna di queste figure avrà un livello di tolleranza e dei criteri valoriali molto diversi, per cui lo stesso atto di derisione può rappresentare uno scherzo per alcuni e una forma di violenza verbale per altri. 2. LE NUMEROSE AGGRESSIVITÀ: POSSIBILI CLASSIFICAZIONE Nel corso dei decenni sono state proposte differenti classificazioni, dando luogo a tassonomie spesso eterogenee e talvolta confuse. Infatti, una classificazione non dovrebbe limitarsi a organizzare i vari comportamenti in base a qualche criterio, ma dovrebbe guidare l'intervento educativo e riabilitativo, costituendosi in tal modo come una sorta di linea guida che colleghi la fase di analisi del problema alla programmazione degli interventi in ambito scolastico e extrascolastico. Possiamodistinguere quattro diversi approcci classificatori: DESCRITTIVO, FUNZIONALE, PSICOPATOLOGICO E DEVOLUTIVO. L'APPROCCIO DESCRITTIVO: Ci permette di individuare la direzione e la topografia dell'atto: I tre criteri individuati, ossia l'iniziativa, la mediazione e la direzione possono collegarsi in tutte le combinazioni possibili. Così, ad esempio possiamo avere un comportamento attivo, indiretto ed eterodiretto quando un allievo diffonde delle maldicenze per danneggiare un compagno di classe. Alla stessa maniera possiamo assistere a un comportamento sempre indiretto e eterodiretto, ma questa volta passivo, se il bambino non si attiva per contrastare le maldicenze che altri diffondono sul conto di un suo compagno di classe. Il secondo elemento di riflessione riguarda la forma di aggressività passiva, consistente ad esempio nell'evitare di aiutare un compagno in evidente difficoltà. Tornando ai tre elementi costitutivi della definizione di aggressività, abbiamoparlato di osservabilitàdell'atto: il comportamento aggressivo si sostanzia cioè in produzioni motorie o verbali..L’APPROCCIO FUNZIONALEPerché un allievo inizia a colpire con i calci un suo compagno? E perché un altro bambino offende l’insegnante, pur potendo prevedere delle possibili sanzioni per il comportamento?Numerosi studiosi hanno diversificato i comportamenti aggressivi in base alle motivazioni sottostanti (Angold e Costello; Keenan e Wakschlag; Krol).Sono stati così distinti cinque ampi gruppi:1. AZIONI AGGRESSIVE STRUMENTALI: si tratta di atti (diretti o indiretti) volti a ottenere un vantaggio (ad esempio, conquistare un oggetto, ottenere l'attenzione dell'adulto etc.).2. COMPORTAMENTI IRRITANTI: si concretizzano in una serie di comportamenti fortemente irritanti e disturbanti per chi circonda il soggetto, senza che vi sia un evidente vantaggio da raggiungere.3. AGGRESSIVITÀ DI TIPO EMOZIONALE: il comportamento

aggressivo è il risultato di stati emotivi fortemente alterati, come ad esempio rabbia o paura. È un comportamento che si ritrova frequentemente in soggetti con deficit cognitivo.

4. COMPORTAMENTI AGGRESSIVI DI TIPO DIFENSIVA: l'atto aggressivo è elicitato dall'azione di altri ed è volto a difendere il soggetto. In tali casi, è discutibile parlare di aggressività, in quanto mancherebbe l'intenzione di produrre conseguenze negative per terzi, mentre prevale il desiderio di salvaguardare la propria incolumità. Alcuni autori utilizzano l'espressione di "aggressività adattativa" al fine di evidenziare come si tratti della migliore forma di adattamento che il soggetto ha saputo trovare nel contesto di vita quotidiana.

5. COMPORTAMENTO ANTISOCIALE: è un tipo di comportamento deviante rispetto alle norme sociali (scolastiche, familiari, ecc.), ma utilizzato per conformarsi alle norme del gruppo dei

pari.Anche in questo caso, dovremmo aspettarci condizioni pluridimensionali, nelle

Dettagli
A.A. 2017-2018
139 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia.arcangeletti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'educazione per l'handicap e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Cottini Lucio.