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CAPITOLO 4: “I COMPORTAMENTI DEVIANTI NEL CONTESTO DI LAVORO”:

La devianza organizzativa è definibile come atto volontario che infrange le regole organizzative, con

ripercussioni sul benessere dei lavoratori e dell’organizzazione di lavoro.

Robinson e Bennett propongono una tassonomia di quattro forme principali di comportamento

deviante:

-comportamento deviante rivolto al patrimonio,

-comportamento deviante rivolto alla produzione,

-comportamento deviante di tipo politico (cattive voci su azienda o colleghi) e

-comportamenti di aggressione personale.

I due autori hanno distinto i comportamenti devianti rivolti alle persone e all’organizzazione:

1)Comportamenti antisociali: azioni dannose per i lavoratori, l’organizzazione o gli stakeholder.

2)Comportamenti anti - produttivi : comportamento contrario ai legittimi interessi dell’organizzazione.

3)Comportamenti disfunzionali: danni nei confronti del singolo, dei gruppi di lavoro o

dell’organizzazione.

4)Cattive condotte organizzative: violazione delle norme organizzative e sociali.

Vardi e Weitz propongono tre categorie sulla base della volontarietà:

-cattive condotte miranti ad avvantaggiare se stessi,

-cattive condotte miranti ad avvantaggiare la propria organizzazione

-cattive condotte finalizzate ad infliggere danni.

Elementi caratterizzanti del comportamento deviante sono:

-la volontarietà dell’azione deviante (se accidentale non è deviante)

-la violazione del contratto psicologico tra lavoratore e organizzazione (solo se esplicito)

-la potenzialità del danno arrecato (deviante anche se non ha conseguenze deleterie)

-la contestualizzazione dell’azione deviante nell’ambito del rapporto di lavoro (solo i lavoratori no

esterni)

-la marginalità del fenomeno

I ricercatori hanno individuato due processi motivazionali alla base dei comportamenti devianti:

1)Processi cognitivi: tentare di recuperare la disparità o migliorare la situazione attuale

(strumentale).

2)Processi affettivi: la devianza è espressione dei propri sentimenti di rabbia, indignazione e

frustrazione.

Oggi è condivisa la prospettiva secondo cui le variabili che intervengono nel comportamento deviante

siano:

1)Livello individuale: sono alcune caratteristiche di personalità a predisporre alla devianza:

inclinazione affettiva negativa, personalità narcisistica, scarso autocontrollo e aggressività.

Nel tentativo di identificare i tratti di personalità predittivi della devianza, si è usato il modello dei Big

Five;

risultano predisposti alla devianza i lavoratori con scarsa coscienziosità, bassa amicalità e minore

stabilità emotiva.

2)Livello organizzativo: la convinzione di non essere trattati equamente dalla propria organizzazione cioè

la giustizia organizzativa, favorisce l’insorgenza di una condotta deviante.

Se i dipendenti percepiscono la propria azienda come supportiva (supporto organizzativo) sarà più

difficile che

nutrano risentimento nell’organizzazione, mettendo in atto di comportamenti devianti.

Bandura ha introdotto il concetto di disimpegno morale (processo attraverso il quale le persone si

svincolano dalle norme e dalle proprie responsabilità) per spiegare i processi cognitivi sottesi alla

promozione o giustificazione del comportamento deviante.

Secondo Vardi e Weitz è possibile ipotizzare un corso di gestione della condotta deviante, diviso in

quattro fasi:

1)Preassunzione: valutare oltre alle competenze lavorative, le caratteristiche di personalità e la sfera

etica.

2)Socializzazione: promuovere un clima organizzativo coeso nell’ambiente attraverso la

socializzazione.

3)Monitoraggio dei comportamenti: azioni di supervisione da parte di manager e capi intermedi.

4)Misure correttive: sanzioni disciplinari da utilizzare se necessario ed in relazione all’entità del

danno.

5. Stress e rischi psicosociali

5.1 Stress e benessere al lavoro

-lo stress è la reazione alla pressione avvertita di dover far fronte a più richieste di quelle gestibili

-ad ogni modo un po’ di stress è necessario, per far fronte a quella spinta per raggiungere i risultati

-il problema consiste nella quantità di stress, se troppo è dannoso per la salute e il benessere generale

-identificato lo stress da lavoro, sono state improntate delle notifiche atte a maggiorare l’efficienza, la

salute e la sicurezza nell’Accordo quadro Europeo siglato nell’8 ottobre del 2004

-le migliorie sono visibili in termini di: benefici economici per le imprese, e sociali per lavoratori e

società

5.2 Stress, sicurezza e salute sul lavoro: dall’Europa all’Italia

-le prime leggi in Italia sulla sicurezza sul lavoro risalgono agli anni ’50, con scarsa applicazione

-negli anni ’90 nuove leggi ricostituiscono responsabilità e ruoli di sicurezza: la sicurezza non è più

affidata esclusivamente al datore di lavoro, ma coinvolge ogni singolo lavoratore

-nel 2002 un articolo viene sostituito da uno che impegna il datore a valutare tutti i rischi per la salute e la

sicurezza

-nel documento di valutazione vengono inseriti anche i rischi psicosociali (natura psicologica, sociale

o fisica)

-l’8 ottobre 2004 l’Accordo sullo stress lavoro-correlato sostituisce i rischi psicosociali con quelli dello

stress lavoro-correlato, senza però considerare lo stress originato dalla volontà soggettiva di alcuni

soggetti su di altri

-il mobbing viene infatti escluso poiché prevede determinati aspetti di intenzionalità

-in Italia nel 2008 viene siglato l’“Accordo interconfederale” in cui viene esplicitato l’obbligo di

valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, senza però fornire delle metodologie

da adottare

-nel 2010 con la “Lettera Circolare del Ministero del lavoro” prevede 2 fasi nella valutazione degli

elementi:

1. valutazione preliminare necessaria: rileva gli indicatori oggettivi e verificabili di eventi usando

delle check-list

-considera anche i fattori di contesto e quelli di contenuto del lavoro

-rilevati dei rischi si devono pianificare degli interventi correttivi, che se falliranno porteranno alla

seconda fase

2. valutazione approfondita: valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori con questionari e

interviste

5.3 Stress lavoro-correlato e differenze individuali

-è applicabile una distinzione tra gli elementi in gioco nello stress:

-stressor: gli antecedenti dello stress e le richieste del lavoro

-strain: le reazioni negative allo stress profondamente influenzate dalle caratteristiche della persona

-si tratta di reazioni fisiche, comportamentali o prestazioni e dinamiche di gruppo inadeguate

-i singoli individui possono reagire differentemente alla stessa situazione, o diverse reazioni in tempi

diversi

-in realtà non è l’evento in sé ad essere stressante ma la percezione e le capacità di gestirlo

-infatti ogni individuo possiede un limite oltre il quali i compiti e le attivazioni diventano stressanti

-il tutto è riassumibile nella legge di Yerkes-Dodson che descrive la relazione tra l’attivazione e le

prestazioni

-l’attivazione migliora la prestazione fino ad un punto ottimale, oltre il quale la prestazione diminuisce

-il tutto è riassumibile nella curva che parte da una situazione di ipostress ad una opposta di stress

-inoltre lo stress è influenzato dal cambiamento di fattori situazionali

5.4 I rischi psicosociali

-i rischi psicosociali nascono dalla relazione di: lavoro, gestione, organizzazione e competenze,

esigenze dei lavoratori che potenzialmente possono arrecare danni fisici o psicologici

-questo tipo di rischio può riguardare tutte le professioni

-questi rischi possono ricadere sulla salute (infortuni o incidenti) o essere mediati dalla percezione dello

stress

-esistono tante caratteristiche dannose per la salute e la sicurezza dei lavoratori relative a:

-fattori di contesto del lavoro

-fattori di contenuto del lavoro

5.5 Rischi riguardanti il contenuto del lavoro

-il ritmo e il carico di lavoro riguardano la quantità di attività da svolgere nel tempo, la velocità, e la

percezione

-riguardano anche la percezione di un gap tra ciò che viene richiesto e le proprie competenze

-l’orario di lavoro (a turni o prolungato) ha conseguenze sia sull’abilità mentale esaurita che sulla

produttività

-in tutto questo gioca un forte ruolo l’influenza delle norme di gruppo come la cultura dell’orario

lungo: orari di

lavoro troppo lunghi che obbligano ad usare le sere e le ferie per far fronte al carico di lavoro

-il carico emotivo si rifà alla gestione delle emozioni e delle relazioni, che può portare a nascondere o

fingere

-nascondendo e vedendosi costretti ad esprimere altro si sperimenta una dissonanza emotiva

-l’autonomia, la cui mancanza nell’organizzazione e nelle decisioni porta a insoddisfazioni, stati

negativi e sintomi

5.6 Rischi riguardanti il contesto del lavoro

-la cultura organizzativa, influenza comportamenti, ha una sua storia e fa riferimento a propri valori e

codici

-garantisce stabilità ed efficienza ma può rivelarsi un ostacolo a cambiamenti utili, generando delle

resistenze

-i ruoli, cioè l’insieme di aspettative condivise circa la condotta che una persona dovrebbe adottare,

possono generare conflitti come quando si chiede di impersonare ciò che va contro i valori del lavoratore

-altro esempio potrebbe essere quello lavoro-famiglia, date le pressioni provenienti da entrambi i versi

-la giustizia organizzativa rende conto della percezione che il lavoratore ha riguardo il trattamento

ricevuto, 3 tipi:

1. giustizia distributiva: benefit, retribuzione, sviluppo della carriera e responsabilità

2. giustizia procedurale: possibilità di partecipazione nelle decisioni e reperire tutte le informazioni a

riguardo

3. giustizia interazionale: trattamento interpersonale ricevuto dal lavoratore

-infatti la percezione di iniquità genera stati negativi di stress innescando comportamenti devianti o

aggressivi

-la condizione lavorativa ed economica rende l’insicurezza lavorativa una fonte di stress e di danno della

salute

-infine le relazioni interpersonali hanno un forte impatto sulla percezione del nostro benessere

-in tale situazione riveste un grande ruolo la dimensione del supporto sociale

5.7 Il Mobbing

5.8 Work-life: storia e definizione

-l’espressione “equilibrio vita-lavoro” è nata negli anni ’60 cercando modi di lavoro alternativi per

evitare stress

-una tecnica usata è la riduzione degli obiettivi, abbassando le aspettative si riducono le ore lavorative

-il vero cambiamento si

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Publisher
A.A. 2015-2016
34 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Davide_L_R di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Di Stefano Giovanni.