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Capitolo 2, le relazioni
L'educazione passa sempre attraverso una relazione tra chi si propone di educare chi viene educato. Il riconoscimento dei diritti di espressione e di partecipazione alla vita comune del bambino è un processo sociale e culturale complesso che si avvia nel '900 e culmina nella convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia adottata dall'ONU nel 1989, dalla quale il bambino emerge come soggetto diverso ma paritario nella sua relazione con l'adulto. L'educatore deve proporre esperienze a sostegno della crescita del bambino ma deve anche porsi in ascolto del suo punto di vista rispetto a quanto proposto e accogliere i suoi interessi e percorsi di esplorazione con la disponibilità o sensibilità a promuovere l'apprendimento. Si devono accordare quindi al bambino diritti di parola e decisione rendendolo protagonista attivo e partecipe della costruzione del suo percorso di crescita.
La prospettiva partecipativa riferita
l'infanzia comporta due conseguenze particolari quando viene proposta come riferimento per la relazione educativa con il bambino in età prescolare.
La prima conseguenza è ampiamente positiva e riguarda il valore immediatamente educativo del mettere al centro della relazione la voce del bambino, ovvero il suo diritto di esprimersi e di essere ascoltato nelle questioni che lo riguardano. Questa messa al centro equivale all'affermazione del suo esistere come soggetto rilevante nello scambio della relazione, che comporta per il bambino la via della costruzione di un'immagine di sé valorizzata.
La seconda conseguenza è meno positiva. La parità di posizioni che proponi tra adulto e bambino, almeno sul piano dei diritti all'espressione e alla partecipazione, risulta particolarmente complessa da realizzare nella relazione con i bambini piccoli. I bambini tra 0 e 6 anni condividono trasversalmente la caratteristica di essere corpo più che linguaggio.
privilegiano il canale comunicativo non verbale. È soprattutto in questo dialogo che la voce del bambino rischia di non trovare ascolto. L'atteggiamento di cura, soprattutto nei momenti dedicati alle cure fisiche, è alla base della postura educativa che pone al centro l'ascolto della voce del bambino. La relazione adulto-bambino è un aspetto cruciale di qualsiasi rapporto educativo ed ha un'incidenza decisiva sulla possibilità di realizzazione degli obiettivi di crescita. È un processo complesso che si sviluppa sul piano sociale, affettivo e cognitivo. La relazione come rispecchiamento e conferma. Le teorie di Rogers indicano gli atteggiamenti che caratterizzano una relazione volta a liberare e sostenere la tendenza attualizzante di una persona. Chi attiva la relazione che aiuta a crescere deve porre al centro l'esperienza dell'altro. L'espressione si attua attraverso comunicazioni verbali e non verbali che privilegiano il canale comunicativo non verbale.Rispecchiano in modo emotivamente sintonico ciò che si è compreso dalla comunicazione dell'interlocutore. Questo tipo di atteggiamento relazionale e comunicativo avrebbe effetti dirompenti dal punto di vista dello sviluppo della persona: l'altro si sente profondamente capito, confermato e accettato nell'esperienza che ha di sé, che gli permette di esprimersi nel modo più libero e autentico possibile, di procedere verso la crescita per diventare ciò che è, dispiegando le proprie potenzialità. Il potere evolutivo di questo atteggiamento relazionale viene convalidato considerando un comportamento chiamato conferma, una risposta alla comunicazione relazionale che coincide con l'accettazione della definizione di sé data dal proprio interlocutore. Questa garantisce lo sviluppo e la stabilità mentali.
Relazione come contenimento, La relazione tra adulto e bambino è sempre attraversata da vissuti emotivi di grande
Intensità e il modo in cui vengono affrontati determinano la qualità della relazione. Nel caso di un bambino piccolo di fronte a una situazione di apprendimento questi proverà sentimenti negativi (ansia, incertezza, confusione) e per provare ad eliminarli li proietterà sull'educatore con comportamenti disturbanti che intralciano il lavoro educativo.
Le risposte relazionali da parte dell'educatore possono essere due. La prima consiste nel tentativo di sfuggire allo stato emotivo di disagio senza soffermarsi a riflettere su cosa accade nel bambino, questi reagirà pertanto al suo senso di impotenza con un atteggiamento rigido e autoritario e al senso di inadeguatezza con un atteggiamento di superiorità facendo sentire il bambino ancora più impotente e inadeguato.
La seconda risposta relazionale consiste nel collegare questo stato doloroso, entrando in contatto con esso e con le proprie reazioni ad esso per riflettere su cosa sta avvenendo.
nel bambino, dentro di sé e nellarelazione. In questo caso l'educatore esercita una vera e propria funzione di contenimento: i sentimenti del bambino vengono accolti, compresi ed elaborati, restituiti al bambino bonificati. In tal modo il bambino fa esperienza del fatto che i suoi vissuti possono essere tollerati, compresi e tradotti in pensieri e parole.
Una buona relazione educativa richiede osservazione, apertura, ricettività, disponibilità emotiva, riflessione sull'ascolto, traduzione in pensieri e parole di quanto si è colto e la sua comunicazione al bambino.
Relazione come impalcatura, La prospettiva della relazione educativa di Vygotskij è radicata nel concetto di zona prossimale di sviluppo, ovvero la distanza tra ciò che il bambino è in grado di fare autonomamente e ciò che riesce a fare se aiutato da un partner più competente. In questa prospettiva l'educatore e l'insegnante si pongono in un
atteggiamento di osservazione e attenzione, per poter definire i confini dell' zona, in modo da modular le proprie proposte di sostegno in base ad essi. L'ambito di riferimento è cognitivo, ovvero una situazione di problem solving, proposta al bambino all'interno di una relazione di tutoring che gli autori precisano in termini di scaffolding, ovvero di un'impalcatura fornita dall'adulto sia per risolvere il problema sia per sostenere competenze relative alla comprensione della struttura del problema stesso. Nella concezione di dewey la capacità di problem solving è il fulcro dell'opportunità di apprendere. Il manifestarsi di squilibri nel rapporto con il mondo sono sempre come un problema da risolvere e il modo in cui li risolviamo determina la possibilità di tradurre ciò in apprendimento. Nella relazione educativa gli adulti hanno funzione di mediazione e facilitazione, aiutano i bambini a pensare e a riflettere.
meglio.L'adulto è personalmente coinvolto nello scambio relazionale con il bambino anche sul piano corporale. Non deve mancare sensibilità e rispetto per le esigenze infantili, deve sapere ascoltare il bambino e deve lasciare spazio alla sua inventiva cogliendo nel significato e rispecchiando la come proposta di comprensione. Occorre che tale relazione sia oggetto di progettazione esplicita e monitoraggio per evitare che gli aspetti importanti siano disattesi o dismessi. Ci sono delle condizioni che risultano fondamentali per poter sviluppare tale rapporto. Lo spazio e il suo allestimento dovrebbero prevedere la possibilità per i bambini di disporsi in gruppi, in modo da gestirsi autonomamente, devono essere presenti poi materiali ricchi di stimoli che permettono la libera espressione del bambino. Per quanto riguarda i tempi è importante che questi vengano progettati e gestiti, prevedendo la possibilità per i bambini di avere ritmi propri e, nel caso incui l'attività deve essere interrotta, prevedere momenti per riproporla.Relazioni tra pari, secondo alcuni studi il bambino è predisposto all'interazione sociale fin dalla nascita. La relazione tra pari sostiene una socialità positiva, la costruzione di comunità di apprendimento e l'avvio alla cittadinanza. Favorisce inoltre il superamento dell'egocentrismo, l'imitazione dei più grandi da parte dei più piccoli, la cooperazione, l'aiuto tutoriale dei più grandi verso i più piccoli. Soprattutto dopo i 3 anni i caratteri competitivi e conflittuali lasciano spazio a quelli di affiliazione e cooperazione. Il gioco tra pari viene riconosciuto come una realtà significativa in relazione alla possibilità dei bambini di costruire una propria cultura. I bambini che hanno modo di frequentarsi regolarmente producono delle proprie culture locali, le culture dei pari. Viene riconosciuto al bambino, in
In questo modo, il ruolo di attore sociale attivo, partecipe da subito alle dinamiche di costruzione culturale del contesto. La socialità infantile, sottolinea anche aspetti di fragilità. Secondo Isaacs è importante la stabilità nella frequenza del gruppo, che permette di trovare terreni di condivisione nella vita nel gioco comune. Inoltre è necessario un ambiente ricco di stimoli, aperto alla libera esplorazione in modo che i bambini riescano a costruire le loro interazioni di scambio autentico e quindi a conoscersi. Fondamentale infine il ruolo dell'adulto che deve attivare una funzione di regolazione sociale nei confronti del gruppo infantile. L'adulto deve orientare la sua azione educativa alla promozione di contesti cooperativi e di confronto diffuso utili alla costruzione di significati, al sostegno per la realizzazione di prime esperienze di cittadinanza originate dallo scambio democratico. Deve permettere la libera interazione tra
bambiniintervenendo solo come ponte sociale, orientando cioè lo sviluppo di collaborazioni e aiutando nellarisoluzione dei conflitti. Progettazione e monitoraggio sono azioni indispensabili alla costruzione di unasocialità positiva volta alla realizzazione di una comunità di apprendimento. Occorre che spazi, tempi emateriali favoriscono l'aggregazione dei bambini senza dimenticare momenti di gioco libero.
Relazione tra adulti , Le fondamenta di un buon team educativo poggiano sulla condivisione di una stessaidentità educativa, cioè l'insieme di principi, teorie, idee e buone pratiche a cui fa riferimento chi educa. Ilteam educativo deve costruirsi intorno ad un’identità educativa comune che deve essere discussa e definitaesplicitamente. Il coinvolgimento diretto dei collaboratori ausiliari nei confronti dell'identità educativa sirivolge anche ai genitori e al territorio a cui il team presta la propria identità educativa.
Il gruppo di lavoro deve essere razionale e funzionare secondo: un approccio razionale scientifico al compito, un'idea di sviluppo come conseguenza dell'apprendimento dall'esperienza, un processo di cooperazione che produce l'organizzazione è la struttura del gruppo. La razionalità