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CAP.2_ EDUCARE LO SGUARDO E LE CAPACITA’ RELAZIONALI
Con l’espressione “infant observation” viene designato il metodo di osservazione diretta e partecipe
del bambino durante i due primi anni di vita nella sua relazione con la madre, col gruppo familiare e
all’interno della propria casa. Su questo ha approfondito gli stufi la Tavistock Clinic di Londra. Essa
ha da sempre seguito la finalità di promuovere la salute mentale e il benessere emotivo delle
persone, indipendentemente dalle possibilità economiche; sono due gli aspetti che da sempre
caratterizzano la ricerca scientifica della Tavistock Clinic: da un lato il suo essere radicata nella
pratica clinica e dall’altro il suo muoversi in un’ottica multidisciplinare, un’ottica aperta al punto
che non è possibile individuare un orientamento specifico dell’attività di ricerca. L’osservazione
delle ricerche umane è dunque il fondamento sul quale si basano le attività della clinica:
formazione, pratica clinica e ricerca. Secondo la metodologia di Esther Bick, il ricorso
all’osservazione dei bambini si presenta come l’esplorazione diretta di un continente -l’infanzia-
che la psicoanalisi presupponeva come fondamentale per lo sviluppo umano e del quale aveva
conoscenza attraverso il lavoro clinico con le persone adulta. L’osservazione diretta dei bambini
aveva pertanto lo scopo di confermare, confutare o meglio precisare le teorie sullo sviluppo
infantile che erano state elaborate per via “ricostruttiva”. Va rilevato inoltre che l’Infant observation
si configura come un metodo fortemente ispirato all’approccio etologico e orientato dal punto di
vista epistemologico nella direzione della naturalistic inquiry. La caratteristica dell’infant
observation è quella di costituire uno strumento metodologico in continua evoluzione, pur
avvalendosi di un insieme di procedure pratiche che sono rimaste immutate nel tempo. La
metodologia si struttura attraverso tre momenti fondamentali: l’esperienza dell’osservazione diretta
dell’interazione madre-bimbo in famiglia, la scrittura del protocollo dell’osservazione, il lavoro di
analisi dei protocolli in piccoli gruppi condotto da psicoanalisti con formazione modello Tavistock.
1- L’infant observation prevede l’osservazione settimanale di un bambino/a nel contesto familiare,
protratta per i primi due anni di vita e E. Bick afferma che non è difficile trovare madri disposte ad
accogliere un osservatore, perché alla madre viene semplicemente chiesta la disponibilità di avere
un osservatore accanto a sé mentre si cura del suo bambino, escludendo le famiglie di parenti, amici
e colleghi. L’osservatore deve soprattutto ascoltare e seguire ciò che si presenta spontaneamente. La
regolarità delle osservazioni fornisce un setting costante che facilita il lavoro dell’osservatore e
delle persone osservate, oltre che l’ospitalità della famiglia. Uno degli obiettivi principali del
tirocinio osservativo è che l’osservatori impari a mettere tra parentesi le proprie griglie mentali; il
metodo deve portare l’osservatore ad apprendere “dalle esperienze fatte nel vivo delle cose”.
L’umiltà e la gratitudine devono essere i sentimenti nell’osservatore dell’infant observation. La
pratica della metodologia mostra che, quando l’allievo non raggiunge la postura etica
dell’osservatore, il rischio che emergano difficoltà è elevato. Una ricerca osservativa esige che
venga posta particolare attenzione e cura sul campo per non influire sul naturale scorrere degli
eventi. Osservazione “non partecipante” è caratteristica della ricerca etologica resa dall’immagine
dell’etologo sul campo che cerca in ogni modo di confondersi con l’ambiente circostante; il
ricercatore deve tenersi a distanza dai soggetti studiati avvalendosi di audio e video; il presupposto
dell’osservazione etologica è la netta separazione tra osservatore e osservato evitando la
contaminazione. Osservazione “partecipante” non può assolutamente prescindere da una
contaminazione con i soggetti osservati, la ricerca etnografica si pone l’obiettivo di studiare culture
diverse, quindi l’osservatore deve entrare a far parte del loro mondo, farsi accettare condividendo
l’esperienza quotidiana e richiedendo un’immersione totale nel contesto studiato; il ricercatore deve
essere simultaneamente attore e osservatore. “Osservazione partecipe e neutrale” è quella richiesta
dall’infant observation, cioè dev’essere un’osservazione con un elevato livello di presenza mentale:
l’osservatore è esposto alla relazione con il soggetto osservato ed è solo la mente umano che può
registrare la complessità degli eventi e le esperienze vissute. Oggetto privilegiato dell’osservazione
sono le interazioni umane che possono essere comprese per cogliere l’attività mentale che sta prima
e dietro esse; tale attività deve essere colta attraverso l’osservatore, la cui presenza diventa fonte di
conoscenza esposta continuamente ad errori e distorsioni. Il contributo che la ricerca psicoanalitica
dà al problema dell’osservazione sta nel porre al centro dell’atto di osservare la relazione
soggetto-oggetto. La soggettività dell’osservatore quindi assume un ruolo centrale nell’atto
conoscitivo. Un incontro attivo e trasformativo è sempre già interpretato, giudicato e filtrato dalla
nostra cultura ed esperienza, dal nostro sistema di valori e dalla nostra affettività. Il principio di
indeterminazione di Heisenberg afferma che è impossibile fare un’osservazione scientifica quando
non si tiene conto dell’interazione osservatore-osservato, quindi enuncia l’impossibilità di
conoscere l’altro come altro da noi. L’osservazione è un processo che è frutto di un’interazione a
vari livelli tra osservatore e osservato. L’approccio psicoanalitico alla conoscenza indica la via da
percorrere per poter “andare alle cose stesse” e mantenersi fedeli al fenomeno, restituendo
all’oggetto osservato la sua autenticità. La soggettività non è considerata una variabile da
controllare e neutralizzare, piuttosto una chiave importante per comprendere l’altro, a condizione
che venga esaminata per prendere consapevolezza delle valenze personali implicite presenti in ogni
osservazione. Alla base dell’infant observation sta il presupposto che non basta guardare con
attenzione per vedere. Le connotazioni essenziali della realtà umana sono nascoste e l’osservatore è
immerso nei meccanismi di occultamento e condizionamento, deve potersi inserire nella famiglia in
modo da partecipare alla situazione emotiva, senza tuttavia lasciarsi coinvolgere nelle dinamiche
dei ruoli familiari. Nell’infant observation, l’attenzione e l’impegno a creare le condizioni per il
massimo rispetto nei confronti delle persone ospitanti con la massima percettività dell’osservatore,
hanno portato a definire delle regole che sono la condizione essenziale per un ottimo lavoro
osservativo. La regola fondamentale è l’astensione dall’azione, cioè la capacità di prestare
attenzione ai fenomeni della realtà esterna; il problema è, secondo Bion, che spesso l’azione
sostituisce il pensiero. La regola di non intervenire consente all’osservatore di far sedimentare
dentro di sé le impressioni che la relazione madre-bambino gli offre, mentre i momenti successivi
(scrittura e analisi nel gruppo) gli offrono la possibilità di elaborazione mentale dell’esperienza.
Saper stare in compagnia dei propri sentimenti allena la capacità di auto contenimento e porta
all’acquisizione di un atteggiamento non intrusivo nei confronti degli altri. La regola dell’astensione
dall’azione è l’atteggiamento fenomenologico del “non sapere a priori”; un’ulteriore indicazione è
quella di prestare un’attenzione libera e fluttuante, cioè non anticipatamente orientata a cercare
qualcosa di preciso, ma aperta al manifestarsi dei fenomeni. La filosofa Maria Zambrano sostiene
che è il sapere che uccide e impedisce l’emergere di un incontro nuovo. Secondo Bion, memoria e
desiderio rappresentano forme di distorsione dell’attenzione, che allontanano il soggetto conoscente
dall’essere presente al fenomeno nel qui e ora del suo manifestarsi. La creazione di uno spazio
vuoto nella mente permette l’accoglienza dell’altro nel suo modo di apparire più proprio. Bion usa il
concetto di capacità negativa per esprimere la capacità di stare nell’incertezza e nella vulnerabilità,
senza voler rapidamente giungere a comprensioni e spiegazioni. Le regole del non agire, del saper
tacere, riconoscere e contenere le emozioni, rispettare i tempi dell’osservazione,.. sono tutte
funzionali all’apprendimento di una disciplina interiore sul versante conoscitivo e pratico.
2-Il secondo passo fondamentale dell’infant observation è la scrittura che si aggiunge
all’osservazione, ma è un atto epistemico primario, poiché lo scrivere contribuisce a strutturare
l’esperienza stessa, facendo chiarezza nei pensieri dell’osservatore. L’uso di un gergo scientifico
viene scoraggiato: una linguaggio facilitato permetta una miglior comprensione. Nella scrittura
l’impressione primaria dell’osservatore è rimessa in gioco perché deve ripensare alla situazione
quando dovrà narrarla al gruppo, in modo da potersi distanziare emotivamente. L’osservatore, in
assenza della comunicazione verbale, è ancor più obbligato a prestare attenzione ai dettagli e alla
qualità del comportamento infantile, non solo a cosa fa il bambino, ma anche a come lo fa per
cogliere le comunicazioni implicite. Il linguaggio è quindi in grado di rendere imprescindibile
l’essere emozionalmente presenti. È soltanto attraverso le stesure del protocollo e il congiunto
lavoro del gruppo che l’osservatore può collocarsi ad una giusta distanza, riconoscendo ed
elaborando le complesse dinamiche tra sé, madre e bambino.
3- Il terzo momento è il gruppo di connessione, denominato seminario; in esso, sotto la guida di un
conduttore esperto, viene effettuata l’analisi dei protocolli scritti dagli osservatori. È solo nel
gruppo che può prodursi la comprensione e si può trovare il profilo più veritiero degli eventi
osservati; per quanto riguarda l’infant observation, fin dall’inizio la pratica della discussione in
piccoli gruppi è stata ritenuta una fase fondamentale del m