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ENTI SOTTO PROCESSO E NUOVI ORIZZONTI DIFENSIVI. IL DIRITTO AL
PROBATION DELL’IMPUTATO PERSONA GIURIDICA.
Processo penale agli enti e messa alla prova dell’imputato: affinità elettive e inconsapevolezza
giurisprudenziale.
La disciplina della sospensione del processo con messa alla prova condivide la vocazione finalistica
dell’apparato procedimentale e punitivo in materia di corporate liability: quella di ridurre il rischio – reato
attraverso un controllo rieducativo e riorganizzativo dell’ente incolpato al punto che, forse piu della
condanna dell’ente il percorso giudiziario si orienta a incentivare il ritorno all’agire legale dell’imputato
persona giuridica. Una vera e propria finalità di recupero sociale dell’impresa.
Di una simile affinità elettiva non è parsa consapevole la giurisprudenza, la quale ha reputato
inammissibile l’istanza del soggetto giuridico volta a esercitare la facoltà di cui all’art. 464 bis c.p.p. in
quanto, in mancanza di espresse previsioni ad hoc nel d.lgs. 231/2001, non sarebbe consentito
all’interprete colmare in via ermeneutica un siffatto vuoto normativo.
Tuttavia gli art. 34 e 35 d.lgs. 231/2001 stabiliscono da un lato che per il procedimento relativo agli illeciti
amministrativi dipendenti da reato si osservano le previsioni contenute nel decreto nonché in quanto
compatibili quelle del codice di procedura penale; dall’altro che all’ente si applicano le disposizioni
processuali relative all’imputato.
Dunque, contemplata espressamente per l’accusato persona fisica dall’art. 464 bis c.p.p., la garanzia in
esame ricade, all’interno dell’orbita operativa del principio di sussidiarietà previsto dagli art. 34 e 35 d.lgs.
231/2001.
Le clausole di rinvio omnibus contenute negli artt. 34 e 35 mirano a consentire che qualsiasi nuova
previsione codicistica, la quale apporti un incremento delle garanzie processuali a tutela dell’imputato
persona fisica, vengano automaticamente estese al soggetto giuridico, avendo dunque un’efficacia iper-
inclusiva.
La richiesta di messa alla prova dell’accusato ente collettivo, fra intrinseca compatibilità
strutturale ed effettività del diritto di difesa.
Dietro ricompensa della sospensione di eventuali misure cautelari in corso di esecuzione o dell’esonero
dalle sanzione interdittive in caso di condanna dell’ente, le disposizioni richiamate impongono alla
persona giuridica che intenda fruirne, una serie di adempimenti collaborativi tra cui il risarcimento del
danno, l’eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato, nonché delle carenze
organizzative interne e l’adozione di compilance programs idonei a prevenire reati della specie di quello
verificatosi. Una sorta di progetto rieducativo sulla cui base appare riconoscibile la compatibilità, rispetto
alla procedura giudiziaria a carico dell’ente imputato, del diritto di richiedere la sospensione del processo
con messa alla prova, ai sensi del 464 bis c.p.p.
È anche riconosciuta l’ipotesi di sospensione del processo qualora a norma dell’art. 65 d.lgs. 231/2001,
l’ente imputato chieda di provvedere ad attività riparatorie prima dell’apertura del dibattimento di primo
grado. Si tratta di una battuta d’arresto nello svolgimento dell’iter processuale che viene interrotto su
istanza della persona giuridica, la quale, a patto di dimostrare di essersi trovata nell’impossibilità di
adempiere precedentemente, richiede al giudice una deviazione dell’ordinaria progressione
procedimentale di accertamento della res iudicanda, al fine di porre in essere le attività riparatorie e
riorganizzative ai sensi dell’art. 17 d.lgs. 231/2001. Il tutto con risvolti premiali a livello sanzionatorio o
cautelare. Tale istituto è compatibile con il 464 bis c.p.p. e rende ingiustificabile ogni ostracismo
ermeneutico inteso a precludere alla persona giuridica l’esercizio della facoltà di cui all’art. 464 bis c.p.p.
citato.
Il diniego alla persona giuridica della facoltà di accedere al probation desta perplessità in riferimento ai
livelli di osservanza del diritto fondamentale di difesa dell’ente imputato. Una lesione dell’art. 24 cost.
Col dichiarare la fondatezza della quaestio proposta in ordine al 460 comma 1 c.p.p. nella parte in cui
non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà per l’imputato di chiedere,
con opposizione, la sospensione del procedimento con messa alla prova, i giudici costituzionali hanno
messo nero su bianco che il probation, consiste in nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio,
la cui richiesta, al pari di quella avente a oggetto tipologie diversificate di riti speciali, costituisce una
modalità tra le più qualificanti di esercizio del diritto di difesa.
Ciò si traduce nel corollario per cui, la privazione all’ente della facoltà di chiedere il probation
rappresentando una amputazione dello ius variandi dell’imputato, finisce col pregiudicarne l’effettività
delle garanzie difensive consacrate come inviolabili dal 24 Cost.
Cosi da non costringere il soggetto giuridico accusato a dover per forza subire il processo penale e le sue
decisioni.
La modulazione in concreto del diritto al probation d’impresa.
Nella probation vi è la partecipazione fattiva dell’imputato alle dinamiche processuali. Tutte le
prescrizioni trattamentali del probation concepite dal 464 bis c.p.p. per la persona fisica, possono trovare
agevolmente applicazione pratica anche rispetto alla persona giuridica. Con la conseguenza di poter
eventualmente chiedere all’ente imputato non solo il risarcimento del danno da reato e l’elisione delle
conseguenze materiali dell’offesa arrecata dalla persona fisica autrice del delitto presupposto, ma anche
la devoluzione del profitto criminoso a associazioni che perseguono la tutela degli interessi resi dal reato
medesimo. Stessa cosa per il lavoro di pubblica utilità. Tale attività infatti potrebbe riguardare l’attuazione
di iniziative e attività sociali varie come l’organizzazione di corsi di formazione gratuita ecc.
Fungerebbe poi da chance rieducativa per l’ente.
L’ente imputato, richiedente il probation, verrebbe a sottoscrivere una proposta di percorso riabilitativo,
caratterizzato dalla fattiva adozione post factum di protocolli di comportamento e organizzazione interi
a reinserirlo nel mercato di una rinnovata legalità. Anche con la predisposizione di nuove regole cautelari
di condotta, rafforzati meccanismi di controllo e vigilanza del proprio operato nonché di repressione in
via disciplinare di comportamenti anti-doverosi. Tale programma dovrebbe essere preventivamente
vagliato dall’organo giurisdizionale che ne dovrebbe valutare l’efficacia.
La declaratoria estintiva del reato cui la persona giuridica andrebbe incontro in caso di esito positivo del
probation, quale percorso di riorganizzazione aziendale appare, idonea a controbilanciare l’ineffettività di
talune garanzie processuali accordate al soggetto collettivo come possibili vie di fuga dall’addebito di
responsabilità a proprio carico.
NEGOTIATED SETTLEMENTS E RESPONSABILITA DA REATO DELL’ENTE.
L’ESPERIENZA AMERICANA E LE PROSPETTIVE DI EVOLUZIONE DEL SISTEMA
IN ITALIA.
Circolazione dei modelli giuridici, diritti dell’ente e esiti alternativi al processo.
Se fino a qualche anno fa quella nordamericana costituiva l’esperienza di riferimento, oggi può affermarsi
che pure la disciplina italiana, sia diventata un prodotto di esportazione. Lo dimostrano le scelte del
legislatore spagnolo. Diversi sono oggi gli ordinamenti che nel complesso fanno riferimento alle scelte
elaborate dal d.lgs. 231/2001.
Quella degli accordi pre-dibattimentali sembra rappresentare una evoluzione che solo in parte deriva da
elementi specifici del modello americano. La preoccupazione di fondo che ha indotto a preferire gli
accordi negoziali è stata quella di evitare una propagazione delle conseguenze collegate all’eventuale
condanna ovvero già al processo. Tutto ciò giustifica un esame dei termini in cui l’esperienza degli accordi
si sia sviluppata negli Stati Uniti.
I negotiated settlements nell’esperienza federale statunitense: brevi cenni.
Da tempo la politica del Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti propende per addivenire ad accordi
con gli enti di grandi dimensioni o con le imprese a proprietà diffusa e non concentrata. Da un lato le
imprese evitano il processo, dall’altro si sottopongono ad un set di conseguenze, talvolta unilateralmente
decise dagli uffici di procura, che vanno dall’irrogazione di sanzioni pecuniarie alla previsione di
risarcimenti o altri comportamenti riparativi sino all’imposizione di adempimenti concernenti la struttura
organizzativa monitorati da uffici di vigilanza in accordo con le autorità.
A tal fine le società devono sottoscrivere una dichiarazione di responsabilità che potrà essere usata dal
dipartimento di giustizia nel caso in cui l’ente non rispetto gli obblighi cui sia tenuto in virtù di tale
accordo. I margini di controllo del giudice su tale accordo sono assai ridotti se non addirittura inesistenti
e questo è uno degli elementi più critici di tale sistema.
Attraverso tali accordi gli enti scongiurano il c.d. Arthur Andersen effect; non solo evitano di essere
sottoposti all’azione penale, con i danni anche di reputazione che ne conseguono, ma evitano l’innesco
di conseguenze accessorie alla pena criminale o sanzionatoria che possono produrre es a livello
interdittivo o inabilitante.
Lezioni americane?
La pratica mostra che il ricorso a tali accordi può produrre squilibri e criticità. Tra i problemi di maggior
rilievo:
1. il problema “Too big to Jail?”: le autorità giudiziarie finiscono per riconoscere l’accesso a detti
accordi quasi esclusivamente agli enti di grandi dimensioni e a proprietà o azionariato diffuso,
limitando l’applicazione dello schema vicariale classico alle imprese di piccole o medie dimensioni
e a proprietà concentrata. Tale scelta risulta essere arbitrariamente selettiva.
2. La trasformazione degli uffici di procura in vere e proprie autorità regolamentari con il potere di
individuare il contenuto degli obblighi imposti alle imprese che non è determinato da legge e
comunque senza controllo del giudice.
3. Una deriva caratteriologico preventiva dell’intervento penale che rischia di trasformare l’ente in una
sorta di “clockwork corporation”: gli accordi anche per la loro durata nel tempo, ridisegnano
l’indirizzo preventivo del sistema di responsabilità e della sanzione, introducen