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CRITERI DIAGNOSTICI DEL DISTURBO AUTISTICO SECONDO IL DSM IV:
Un totale di 6 (o più voci) nelle tre rispettive aree:
- Compromissione qualitativa dell'interazione sociale (almeno 2) nel:
- uso di comportamenti non verbali (sguardo diretto, mimica e gesti)
- sviluppare relazioni coi coetanei
- condivisione di gioie, obiettivi
- reciprocità sociale ed emotiva
- Compromissione della comunicazione (almeno 1) nel:
- sviluppo del linguaggio
- Iniziare sostenere una conversazione con altri
- Linguaggio stereotipato/eccentrico
- giochi di simulazione
- Modalità di comportamento, interessi e attività ripetitivi e stereotipati (almeno 1):
- interessi ristretti, stereotipati anomali per intensità e/o focalizzazione
- abitudini inutili o rituali specifici
- manierismi motori stereotipati e ripetitivi
- eccessivo interesse per parti di oggetti
+ Ritardo o funzionamento anomalo in almeno una delle aree entro i 3 anni:
- interazione sociale
- linguaggio
- gioco simbolico o di
immaginazione
APPORTI TEORICI
- Prime osservazioni di Kanner su 11 bambini (felici se lasciati soli, mancanza linguaggio, autismo infantile precoce, ritualità e coniazione del termine)
- Segue Rutter che individua un ritardo mentale nei ¾ dei bambini con autismo.
- Approccio psicodinamico: le cause dell'autismo vengono fatte risalire a un fallimento relazionale, per Bettelheim (concetto di "madre-frigorifero" - carenza contatto fisico, pratiche alimentari anormali, difficoltà nel linguaggio/contatto oculare col figlio) e del processo di separazione della diade madre-bambino, per Mahler.
MANIFESTAZIONI CLINICHE (prima del 30° mese)
- Scorso sviluppo comunicativo (ecolalia) o assente, alterazione dell'attività ludica sociale, mancanza di coinvolgimento emotivo, movimenti stereotipati, interessi limitati, tendenza all'isolamento, rituali, eccessi di collera, contatto visivo assente, deficit di sequenza verbale, di astrazione.
di memoria, di fissazione e di scambio verbale.
Conflitto motivazionale: palesazione della presenza contemporanea dell'attività di due o più sistemi funzionali maggiori attraverso (es.) comportamenti che si autoescludono (avvicinarsi e allontanarsi).
Chiusura relazionale, abbandono. Se prova a legarsi all'altro per superare l'abbandono -> angoscia di confondersi con l'altro, essere inglobato da lui.
EZIOLOGIA (causa)
All'origine dell'autismo vi è un disordine, di varia natura, dell'organizzazione del sistema nervoso che sfugge a una causalità lineare e dipende dalla concomitanza di diverse condizioni pre/peri/post natali. Alcune spiegazioni abbozzate nel corso degli anni riguardano:
- cause genetiche, neurologiche e anomalie cerebrali
- mancanza di una teoria della mente (Leslie) o alterato funzionamento dei "neuroni-specchio" (teoria della simulazione mentale).
APPROCCI TERAPEUTICI NEL TRATTAMENTO DI BAMBINI AUTISTICI
Parent training
- Attività ludica e gioco
- Terapia comportamentale drammatizzazione
- Terapia del linguaggio
- Metodi ABA (insegnare unità comportamentali piccole e misurabili)
- Metodo TEACCH
- Musicoterapia attraverso l'uso di rinforzi
- Comunicazione assistita o facilitata
- Trattamento farmacologico: neurolettici, oppiacei
- Approccio che privilegia la Teoria della Mente
L'approccio educativo:
- Parte con raggiungere il bambino autistico nel "suo mondo", sintonizzarsi empaticamente, saper stare accanto
- Poggia su una programmazione specifica del lavoro educativo che richiede interdisciplinarietà e la messa in rete dei vari interventi specialistici
- È individualizzato (PEI) perché diverse sono le caratteristiche di ciascuno e le variabili che entrano in relazione
- È dinamico e punta ad obiettivi a breve, medio e lungo termine volti a garantire una qualità di vita soddisfacente e a rendere la persona attiva
segni e simboli- Emotivo, affettivo e relazionale: fragilità, mentalizzazione della corporeità erotica, educare alla sessualità- Dell'autonomia personale: comunicazione, orientamento, movimento, uso del denaro e dei servizi- Della partecipazione sociale: coinvolgimento in percorsi di inserimento sociale e lavorativo.- + Miglioramento della conoscenza metacognitiva e dei processi metacognitivi di controllo: rendersi conto del problema, saper predire la propria prestazione, autovalutazione…
10. Paralisi cerebrale infantile (PCI): Turba persistente, ma non immutabile, dello sviluppo della postura e del movimento (paresi), dovuta ad alterazioni della funzione cerebrale (encefalica), prima che se ne completi la crescita e lo sviluppo (precoce).
Eziologia: fattori agenti prima della nascita, alla nascita (in particolare prematurità ed immaturità) e dopo la nascita (traumi, disturbi circolatori, malattie infettive…).
Classificazione. Presenti le
seguenti forme:
Spasticità: - resistenza all'allungamento dei muscoli, con cedimento improvviso
Atetosi: - difficoltà di armonia del movimento, movimenti atetoidi (involontari, irregolari, lenti)
Atassia: - difficoltà del movimento e della coordinazione muscolare con ipotonia e lassità legamentosa.
Aspetto clinico: disturbo della funzione motoria spesso associata ad alterazioni sensoriali (vista, udito), del linguaggio, intellettive (insufficienza mentale), dell'affettività e epilessia.
Trattamento terapeutico: terapia medica (farmaci) e/o riabilitativa (metodologia basata sul principio locomotorio "innato", metodica riabilitativa di Castagnini...).
Intervento educativo speciale: promuovere l'integrazione con ambienti sociali stimolanti dal punto di vista cognitivo e affettivo ed individuare modalità di compensazione delle abilità irrecuperabili; in sinergia coi genitori e terapia neuro-psico motoria. Alcuni ambiti
di sviluppo:
Educare a- Mangiare: no alla PEG (Gastroscopia Endoscopica Percutanea)- Parlare. Offrirne le basi fondamentali: esprimersi da Sé, corretta respirazione, riabilitazione della muscolatura facciale (logopedia), osservare/imitare la mimica adulta.- Esperienza (la limitazione motoria riduce il campo di esperienza): favorire tutti i movimenti possibili, trovare soluzioni motorie a semplici problemi.- Letto-scrittura e far di conto: solitamente non presente un ritardo mentale -> valutare la compromissione dei movimenti per decidere di avviare un percorso d'insegnamento della scrittura idoneo.
11. Lesioni cerebrali di origine traumatica
Trauma cranico: lesione celebrale causata da un impatto esterno o da un movimento improvviso e violento del capo che può determinare una perdita di coscienza (TCE Trauma Cranio-encefalico) e altri disturbi neurologici. Può essere: lieve, moderato, grave. Si suddividono in:
- Lesioni dirette: alterazioni dovute all'impatto
- Commozione celebrale
- Ematoma
- Frattura cranica
- Contusione celebrale
- Paralisi dei nervi cranici
- Lacerazione celebrale
Lesioni secondarie: non imputabili direttamente al trauma ma a conseguenti disturbi circolatori, metabolici o a infezioni. Sono: ipertensione endocranica, edema, ischemia-anossia, igroma, brain-swelling, disturbi metabolici.
Sequele post-traumatiche: esiti della lesione che possono manifestarsi come disturbi motori, della sensibilità, del linguaggio, delle funzioni cognitive, crisi epilettiche, disturbi della personalità.
Intervento educativo
L'intervento educativo comincia già nella "fase acuta" (salvaguardia della vita) nel soggetto, per continuare nella "fase post-acuta" e "fase degli esiti" (stabilizzazione, riabilitazione e integrazione sociale).
Le problematiche del soggetto riguardano difficoltà di movimento e coordinazione, difficoltà cognitive, problemi
comportamentali-neuropsicologici e psicosociali. Proprio per questo momento riabilitativo e rieducativo devono viaggiare insieme, all'interno di un progetto educativo che miri non solo al recupero delle funzioni danneggiate ma anche al raggiungimento dell'integrazione sociale e lavorativa. Oltre a questo, centrale è la percezione nel soggetto di una frammentazione del proprio Io. Ciò a cui si tende è la ricostruzione di un senso d'identità personale in cui sé attuale e passato possano integrarsi, senso d'identità che sia coerente con i nuovi bisogni e le reali capacità. 12. Malattie degenerative: il caso della distrofia muscolare di Duchenne e di Becker Distrofia muscolare: gruppo di malattie che, determinate geneticamente, causano danni progressivi alla muscolatura.