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AUTISMO INFANTILE:
Per prima cosa l’autore ci spiega cos’è l’autismo infantile e quali sono i suoi
sintomi: è un grave disturbo dello sviluppo che interessa circa 4 bambini su 10.000
e che ha come sintomo principale un deficit della comunicazione verbale e non
verbale. Il bambino in questo caso avrebbe quindi una grave compromissione della
capacità di comprendere l’ambiente sociale e interagire con esso (l’incapacità di
sviluppare relazioni sociali normali), indipendentemente dal quoziente intellettivo
posseduto (infatti sebbene la maggior parte dei bambini con autismo presenti
anche un ritardo mentale ciò non è sufficiente a spiegare il loro deficit sociale.
Infatti oltre ad esserci bambini con autismo con quoziente intellettivo nella norma, ci
sono anche bambini con ritardo cognitivo ma senza autismo, come quelli con
sindrome di Down).
Caratteristiche dei bambini con autismo sono:
- nella primissima infanzia, rispetto al normale, i bambini presentano una scarsa
frequenza di attenzione congiunta (due o più cose insieme)
- presentano meno gioco di finzione o, in alternativa, un tipo di finzione limitato a
schemi basati su regole
- non capiscono l’inganno, quindi tendono a credere che tutti dicano la verità e
possono rimanere sconvolti dall’idea che gli altri potrebbero dire cose diverse da
quelle che pensano
- non sono in grado di capire che cosa potrebbe offendere i sentimenti altrui e
quindi cosa è meglio dire
- hanno difficoltà nell’interpretare le espressioni di un’altra persona osservandone
lo sguardo per dedurre cosa pensa o prova in quel momento
PRIMO ARTICOLO SULLA TEORIA DELLA MENTE NEI BAMBINI CON AUTISMO:
Il primo articolo in cui veniva presentata teoria della mente nei bambini con autismo
risultò importante per dieci motivi:
- prima di allora non esisteva una spiegazione chiara di tipo cognitivo delle
difficoltà dei bambini con autismo nello sviluppare relazioni sociali né del loro
disinteresse verso la fantasia (in particolare i giochi di finzione che compaiono
intorno ai 2 anni)
- ci si è resi conto che possedere una teoria della mente è essenziale per
l’interazione e la comunicazione sociale, altrimenti i comportamenti degli altri
disorienterebbero, apparirebbero inspiegabili e addirittura minacciosi con la logica
conseguenza che il bambino con autismo si ritira in se stesso ed evita l’ambiente
sociale
- rendendosi conto che la teoria della mente non dipende dalle capacità cognitive
generali si è ipotizzato che essa sia un aspetto distinto, modulare, della
cognizione umana
- questo a sua volta ha fatto pensare sia a una base genetica per la teoria della
mente sia che essa possa essere il prodotto di milioni di anni di evoluzione
umana
- l’idea di un’evoluzione di una teoria della mente ha spinto gli studiosi a chiedersi
se la teoria della mente fosse presente anche negli scimpanzé ottenendo però
dagli studi esito negativo
- l’aver poi ipotizzato l’esistenza nella mente di un modulo relativo alla teoria della
mente ha avuto come conseguenza quella di dargli un volto attraverso strumenti
di scansione funzionale del cervello per poterla localizzare in un area specifica
del cervello (in uno studio: corteccia orbitofrontale; in uno studio seguente:
corteccia prefrontale ventriomedale sinistra
- l’idea di un deficit della teoria della mente ha spinto a considerarne le implicazioni
a livello educativo: infatti se un bambino con sviluppo tipico può aver bisogno di
insegnamenti particolari per acquisire e sviluppare una teoria della mente, un
bambino con autismo potrebbe invece richiedere interventi educativi speciali
molto individualizzati per raggiungere lo stesso obiettivo.
- la considerazione che all’età di 4 anni un bambino con sviluppo tipico, a
differenza di un bambino autistico della stessa età, abbia già una teoria della
mente ha indotto gli psicologi a prendere in esame i precursori (in particolare
attenzione congiunta e gioco di finzione) dello sviluppo della teoria della mente
- questa idea ha portato gli studiosi a sviluppare un test di screening e di
identificazione precoce denominato CHAT (Checklist for Autism Toddlers) rivolto a
pediatri, operatori sanitari e medici di famiglia. Accanto a questo anche il Q-CHAT
per rivelare i casi meno gravi e più sfuggenti come quelli della Sindrome di
Asperger
- tutto questo lavoro è stato riunito in una breve monografia dal titolo
Mindblindness
TEORIA DELL’EMPATIA-SISTEMATIZZAZIONE:
Come dicevamo, l’autore riprende la teoria della mente nei bambini con autismo
apportando delle modifiche tra cui il fatto che:
- i risultati della prima ricerca mostravano che si era di fronte a un fenomeno
<<tutto o niente>> , dal momento che il 20% dei bambini con autismo erano stati i
grado di svolgere la prova di teoria della mente, ma ciò è stato poi interpretato
come indice di un ritardo specifico dello sviluppo, non di una totale e definitiva
assenza di una teoria della mente. Questa ha portato l’autore a sviluppare
strumenti come il “Quoziente di Empatia” (EQ) dimostrando come le persone con
disturbi dello spettro autistico abbiano un’empatia inferiore alla media.
- Altra modifica è il fatto secondo l’autore che gli aspetti positivi dell’autismo (i punti
di forza) non facciano parte di un’altra disabilità ma siano indice di uno sviluppo
integro e persino precoce di un secondo processo psicologico che egli ha
chiamato “Sistematizzazione” : quando di sistematizza occorre mettere in pratica
ciò che fanno in genere gli scienziati ovvero concentrarsi su un dettaglio/una
variabile alla volta, mantenendo il resto del sistema costante per vedere cosa
succede quando se ne cambia una componente alla volta. Questa porterebbe a
uno sviluppo precoce nella comprensione di <<come funzionano le cose>> e
contribuisce a spiegare perché un bambino con autismo sia comunque in grado
di capire come far funzionare un videoregistratore o un computer (inoltre esso
spiegherebbe alcuni sintomi dell’autismo come il comportamento fortemente
ripetitivo, gli interessi ristretti (fissazioni) e la resistenza la cambiamento ma
anche la tendenza a collezionare oggetti o informazioni in modo ossessivo o a
smontare e rimontare ripetutamente un oggetto, un pezzo alla volta, per trovare
conferma delle regole che governano il sistema (picchiettare sulle superfici o
lasciar scorrere la sabbia attraverso le dita, voler mangiare lo stesso cibo tutti i
giorni, girare continuamente in tondo o dondolarsi avanti e indietro, apprendere
schemi di lavoro a maglia o una tecnica del gioco del tennis, collezionare foglie o
figurine dei giocatori, redigere liste e cataloghi, fissazioni per calendari e orari dei
treni, risoluzione di problemi matematici, osservare il cestello della lavatrice in
funzione, fissazioni per percorsi stabiliti, sviluppo di tecniche del disegno,
allineare i blocchi per le costruzioni sempre nello stesso ordine, insistenza
affinché nei vari ambienti di vita non venga spostato nulla, dire la prima parte di
una frase e aspettare che l’interlocutore la completi, voler giocare sempre allo
stesso gioco ogni volta che un bambinoni avvicina per giocare, chiedere in
continuazione che tempo farà oggi, imparare il nome scientifico di tutte le piante,
fare eco ai suoni, guardare sempre lo stesso film, analizzare le tecniche di danza,
suonare sempre lo stesso motivo, analizzare la struttura musicale di una
canzone.
Dunque la sistematizzazione aiuta i soggetti con autismo a capire il funzionamento
delle cose.
Da tutto ciò egli ipotizza dunque la “Teoria dell’empatia-sistematizzazione”:
Sebbene la sistematizzazioe possa condurre all’individuazione di schemi in forma
di regole, ciò può avvenire solo in ambiti governati da regole. Una ragione per cui le
persone con autismo presentano forti difficoltà con l’empatia o scarso interesse
verso temi come la pura fantasia, la finzione o l’inganno è che tutto ciò non
risponde a schemi di regole. Riguardo alla sfera delle emozioni, infatti, il
comportamento umano non è regolare al 100%. Persone diverse possono
esprimere la stessa emozione in modo diverso o un’emozione può non manifestarsi
affatto. Riguardo agli stati mentali, essi mandano all’aria ogni relazione di schema
di regole , data l’opacità, ad esempio , della credenza o della finzione. Pertanto può
essere che uno dei motivi per cui le persone con autismo hanno difficoltà con
l’empatia è che non la si può sistematizzare facilmente.
La teoria che invece è stata elaborata in passato e che considera la tendenza alla
sistematizzazione in senso negativo , ovvero secondo la quale i soggetti si
perderanno sempre nei dettagli senza riuscire ad avere una comprensione del
sistema complessivo, è “la teoria del deficit di coerenza centrale”; altra è “la teoria
del disfunzionamento esecutivo” secondo la quale ad esempio far ondeggiare un
pezzo di spago davanti agli occhi un’infinità di volte è un comportamento di
perseverazione dovuta a una qualche disfunzione neurale che impedisce alla
persona di spostare l’attenzione .
Essa risulta molto importante in ambito educativo, in quanto se le prime teorie
sull’autismo consideravano i comportamenti ripetitivi come non finalizzati e la
pratica educativa tendeva a scoraggiarli, al contrario oggi la teoria dell’empatia-
sistematizzazione li reputa altamente finalizzati, nonché indice di uno stile cognitivo
molto diverso, e di conseguenza ritiene che impedire al bambino di sistematizzare
equivarrebbe a impedire a un bambino con talento musicale di trascorrere il tempo
ascoltando musica o a un bambino cieco dalla nascita di usare il tatto. Si invitano
perciò gli educatori a incoraggiare il bambino con autismo a perseguire i suoi
comportamenti ripetitivi e interessi ristretti perché questo può permettergli di
padroneggiare un aspetto dell’ambiente alla volta, per quanto piccolo.
Può trattarsi di un sistema come quello dei nomi dei dinosauri, degli schemi orari
dei treni o di prevedere in quale giorno della settimana cada una qualsiasi data del
calendario: sono le cosiddette “abilità savana”.
Questa teoria (dell’empatia-sistematizzazione) ha diversi punti di forza:
- può contribuire a definire il singolare profilo dei disturbi dello spettro autistico;
infatti se da un lato ci sono molte persone che dimostrano difficoltà di empatia,
solo quelle con disturbi dello spettro autistico evidenziano la discrepanza tra
questa carenza e la tendenza invece integra se