Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SCOMPARSA E’ OGNI COESIONE
Il capitolo si apre con alcuni versi tratti dal poema “Una anatomia
del mondo” di John Donne. Il poema esprime il drammatico
smarrimento provocato dal frantumarsi dell’ordine cosmico a opera
delle rivoluzioni astronomiche di Copernico e Keplero, che Donne
chiama disturbatori della pace. Ma per Donne disturbatori della
pace sono anche i seguaci gesuiti di Loyola e tanti altri.
Il poema si presentava come un’elegia del declino cosmico e
sociale, che esprimeva l’atteggiamento conservatore nei confronti
dell’innovazione intellettuale.
Si trattava, innanzitutto, della rovina dell’ordine della natura a
opera della nuova filosofia, con il suo atomismo.
Donne usa l’espressione “scomparsa è ogni coesione”; secondo lui,
ciò che il mondo ha perso, insieme all’unità organica che
caratterizzava il cosmos, è il senso generale della coesione
familiare e dell’obbligazione politica.
Dal punto di vista di Donne, gli eventi metereologici, le scoperte
degli astronomi, le nuove idee sulla struttura della materia, la
perdita di senso delle lealtà politiche e dei doveri familiari e
persino l frammentazione dell’identità personale, sono aspetti di
una singola unità. Le idee di Copernico e Keplero, infatti, non sono
semplicemente nuovi modi di concepire il moto dei pianeti o la
struttura del ghiaccio, ma, secondo Donne, insidiano l’intera e
consolidata Cosmopolis. Questa considerazione mette in evidenza i
complessi legami fra cosmos e polis, fra l’ordine della natura e
l’ordine della società.
L’età moderna è nata da un complesso di scoperte traumatiche che
infransero lo spazio cognitivo e il mondo il cui viveva l’uomo
europeo. Fu con la scoperta del pianeta Terra e con le scoperte
astronomiche che si infransero improvvisamente le sfere di un
mondo chiuso, di un cosmo finito e dotato di un insieme
numerabile di corpi e di luoghi.
Da quel momento in poi, la sfida della modernità sarebbe stata
quella di concepire un nuovo ordine.
1. Una nuova coesione
Nell’età moderna si intensificano e diventano più complesse le
relazioni fra saperi e territori.
La scienza moderna si era posta il compito di mediare fra la mente
umana e le diversità del cosmo. La strategia prevalente fu quella di
individuare un metodo che avrebbe consentito di esplorare tutti gli
spazi e tutti i tempi della Terra e del cosmo. Quindi, lo spazio
cognitivo della modernità si propone come unitario.
La scienza moderna, dunque, si è sviluppata attorno a un monismo,
secondo il quale uno stesso metodo può dare la conoscenza
complessiva di tutto l’universo. L’atteggiamento cognitivo
dominante in età moderna è quello dell’estrapolazione.
Questa prospettiva ha garantito gli straordinari successi della
scienza del Settecento e dell’Ottocento. Ad interpretare il nuovo
ideale fu in questo periodo la figura del ricercatore, a cui spetta il
compito di discriminare fra rilevante e accessorio, essenziale e
superfluo. Teatro e paradigma del suo operare diventa il
laboratorio. In questa prospettiva, l’onniscienza diventa il punto di
vista normativo rispetto al quale definire le direzioni di sviluppo
delle singole scienze. Si delineò, quindi, un progetto di enorme
portata, consistente nel filtrare l’infinito nel finito e nel ridurre
l’eterogeneo all’omogeneo, nell’identificare un nucleo ristretto di
presupposti e di leggi tramite i quali poter accedere ai molteplici
aspetti del cosmo. Si è andati alla ricerca di un invisibile semplice,
considerando la complessità dei fenomeni come apparente e
talvolta ingannevole.
Nel Seicento e nel Settecento si delinearono così le filosofie
naturali, che ambirono a dare una visione unitaria del sapere e del
cosmo, pur con varie articolazioni locali.
Ma questa prima fase della modernità è entrata poi in crisi quando
gli oggetti e le regioni spaziotemporali del cosmo si moltiplicarono
e quando diventò difficile stabilire fra loro relazioni semplici. Da
questo stato di cose nasce la figura dello specialista e la sconfinata
estensione del sapere e del cosmo viene limitata da rigidi confini
disciplinari. Il cosmo a un tratto appare troppo esteso perché un
singolo individuo o un singolo gruppo possa anche solo tentare di
intravederlo. Al contrario, la conoscenza si definisce come
un’impresa cumulativa, realizzabile tramite la collaborazione fra
tanti individui e tanti gruppi, ognuno dei quali si incarica di
esplorare un tassello sempre più ristretto dell’immenso mosaico
dell’universo.
Dunque, proprio questa fase della modernità ha modellato l’idea
stessa di universalità, erigendo confini fra discipline e dipartimenti.
La ritirata nello specialismo ha funzionato per più di un secolo,
dagli inizi dell’Ottocento fino al Novecento inoltrato. Ma è andata
in crisi in seguito alla democratizzazione della conoscenza e
all’ulteriore proliferare di oggetti e conoscenza, che ha ampliato
l’ambito delle discipline e dei percorsi di ricerca. Nel contempo,
sono sorte questioni importanti riguardo al ruolo sociale della
scienza: la pressante richiesta da parte dell’opinione pubblica non
solo di informazione, ma anche di coinvolgimento attivo nelle
decisioni e nelle scelte più importanti, ha reso insufficiente il
tradizionale strumento della divulgazione scientifica.
2. La sfida della complessità
Dal momento che non tutti i sistemi dell’universo sono di un unico
tipo e non tutti sono descrivibili sulla base di leggi universali, la
sfida della complessità nasce attraverso numerose vie. Tutte
queste vie mettono in discussione l’idea che la visione della scienza
classica esaurisca la visione scientifica del mondo.
“complessità” plectere
Il termine deriva dal latino (intrecciare) e
plexus cum
(intrecciato)m, insieme alla preposizione (con).
“intrecciato insieme”.
Significa, quindi, Nell’etimologia troviamo
dunque un riferimento alle idee di molteplicità, ma anche di unità.
Le proprietà dei sistemi complessi:
Emergenza: le proprietà dei sistemi complessi non sono
direttamente deducibili o spiegabili sulla base delle singole
parti che li compongono. I modelli di comportamento nuovi si
producono, quindi, sulla base della quantità e della qualità
delle relazioni fra le componenti; reticolare,
Un sistema complesso è un sistema fatto di nodi e
di linee che li connettono. Le interazioni però non sono
lineari;
Discontinuità: i sistemi complessi possono cambiare nel corso
del tempo in modi improvvisi ed imprevedibili;
Contingenza: le proprietà dei sistemi complessi sono esiti di
un intreccio, spesso difficile da decifrare, di leggi e di storia,
di principi generali e di singolarità uniche ed irripetibili.
3. L’evoluzione opportunista
L’obiettivo della scienza moderna è stato quello di ridurre la
molteplicità la varietà dei processi naturali a poche leggi in grado
di definire le condizioni necessarie e sufficienti per spiegare ogni
fenomeno reale e possibile. All’interno di questo orizzonte si sono
collocate anche le scienze del cambiamento, del tempo e della
storia.
Dietro ai flussi e ai processi della storia della natura e della
società, sono state cercate le invarianti che determinerebbero la
linea maestra del dispiegarsi degli eventi.
Anche all’interno della tradizione darwiniana si è in varie fasi
cercato di riformulare il paradigma della tradizione pre-
evoluzionistica, imperniato sulle idee di perfezione della natura, di
compiutezza del piano che la regola, di onniscienza e di
preveggenza dell’artefice divino. La variante evoluzionista di
queste idee costituisce il cosiddetto paradigma adattazionista,
ribattezzato “paradigma di Pangloss”. Pangloss, il maestro del
“Candide” do Voltaire, voleva a ogni costo mostrare come il nostro
fosse il migliore dei mondi possibili. Secondo il paradigma
adattazionista, le varie parti, i vari caratteri, i vari comportamenti
degli organismi sarebbero disegnati espressamente per una
funzione prestabilita: essi dovrebbero le ragioni della loro
esistenza a questa funzione.
Dietro questa immagine riappare l’idea che ha governato la lettura
della storia naturale prima di Darwin: i molteplici fenomeni e
processi della biosfera devono la loro esistenza a un progetto
antecedente alla storia della vita. L’universo di Pangloss è una
riedizione del cosmo ordinato e compatto della biologia pre-
evoluzionista. In età evoluzionista, al disegno del divino artefice si
sostituisce l’astuzia immanente alla natura stessa, che fra tutte le
possibilità sceglie quella più adeguata all’armonia complessiva. Le
apparenti disarmonie dipenderebbero dalla nostra cecità sul
disegno complessivo.
La biologia contemporanea ha però radicalmente messo in
discussione questa classica idea di evoluzione e ne ha elaborata
una molto innovativa, che è stata introdotta tramite alcune
metafore. La più interessante è quella che considera l’evoluzione
come bricolage. Tale metafora è stata elaborata da Francois Jacob,
secondo cui l’unità e l’integrazione degli organismi possono essere
intese come prodotto dell’attività di un bricoleur, abile ma anche
passibile di errori. Stephen J. Gould ha intitolato un suo celebre
libro “Il pollice del panda”. Da allora in poi questo “pollice” è
diventato una metafora del nuovo modo di intendere l’evoluzione.
Gould ha mostrato quanto i caratteri morfologici e
comportamentali degli organismi di una particolare specie siano
vincolati dalla stabilità e dall’irreversibilità delle scelte avvenute
nel passato della sua traiettoria evolutiva. Ma ha mostrato anche
fino a quale punto l’evoluzione possa comunque operare in modi
creativi e innovativi sulla base del materiale a sua disposizione. Il
panda gigante è un animale che è erbivoro da molto tempo, ma
appartiene a una linea evolutiva di animali carnivori. Nel corso
della sua storia, il panda gigante ha dovuto sviluppare una serie di
adattamenti alla nuova situazione. Così, trovandosi nella necessità,
per poter cogliere i germogli di bambù, di possedere una mano
dotata di un pollice opponibile alle altre dita, il panda gigante non
ha potuto trarre vantaggio dalla struttura delle dita della mana
caratteristica della sua linea evolutiva,