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Riassunto esame Letteratura italiana, prof.ssa Roberta Turchi, libro consigliato "Memoria e infanzia tra Alfieri e Leopardi", Marco Dondero, Laura Melosi Pag. 1 Riassunto esame Letteratura italiana, prof.ssa Roberta Turchi, libro consigliato "Memoria e infanzia tra Alfieri e Leopardi", Marco Dondero, Laura Melosi Pag. 2
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Leopardi, pur concettualizzando la connessione tra naturalezza ed errori, vigila su se stesso per

evitarli, Stendhal studia una strategia che rivaluta l’errore, gli accorda dignità e ne immortala la

memoria, riservandogli un posto nell’universo della scrittura. Leopardi, non contento di una parola

scappatagli dalla penna, l’avrebbe corretta facendoci un frego sopra e sostituendola, ma Stendhal

la lascia invece sopravvivere nel corpo della scrittura e la commenta, ne spiega le ragioni e la

innalza a testo non riformato. Se dietro l’orrore leopardiano per l’errore c’era una formazione

profondamente religiosa, dietro Stendhal c’è un vuoto metafisico.

Se si rifiutano l’errore e le forme transitorie dell’io, per affrontare un discorso autobiografico

bisogna conservare la memoria nei vari stadi dell’io. Ma uno dei problemi del genere

autobiografico consiste nel rapporto tra forma finale e forme transitorie, cioè tra il punto di vista

dell’io narrante all’epoca della scrittura e i punti di vista dell’io passato che, pur avendo la stessa

identità dell’io narrante, questo si differenzia a ritroso e in profondità nel corso del tempo. Leopardi

tende a presentare di sé un’immagine sempre grammaticalizzata, vagliando attentamente sulla

scrittura presente. Se non raggiunge la perfezione, il manoscritto merita di essere dato alle

fiamme. Ma l’errore linguistico corrisponde allo svelamento emotivo. Stendhal, al contrario, tende a

scoprirsi e ad esporre, nel bene e nel male, un se stesso che sa già diverso da quello futuro. In

ogni parola di Stendhal è visibile una tensione tra un presente che diventa subito passato e un

futuro aperto e imprevedibile. In ogni parola è scritta la temporalità denunciata dall’errore.

L’errore ortografico, scrive Leopardi, è tipico dei fanciulli o degli ignoranti che sono, come i fanciulli,

poco o mal scolarizzati. Lo stadio precedente alla fissazione del testo scritto è uno stato infantile.

Nei brani in cui Leopardi descrive il discorso infantile e cerca di spiegare come funziona la mente

del fanciullo, troviamo che i fanciulli stentano nel fare un discorso continuato o un racconto. Questa

incapacità di fissare e di mantenere l’attenzione, di svolgere un discorso continuo e coerente,

sostenuto da nessi logici, è accostata da Leopardi a molte altre caratteristiche, tutte riconducibili

alla comune matrice della naturalezza. E’ infatti un eccesso di energia naturale che porta i fanciulli

ad agire immediatamente e a farsi catturare in modo esclusivo dalle cose con cui vengono in 8

contatto qui ed ora: il loro linguaggio è quello di chi vive immerso nella vita e non se ne è ancora

distaccato per vederla da lontano, giudicandola e scrivendola.

Precisamente identica a questa è l’idea stendhaliana dell’infanzia: l’energia è un fluido che scorre

in una direzione o nell’altra. L’energia impiegata nel vivere può essere utilizzata nello scrivere. La

scrittura e l’attività intellettuale annullano la passione e la felicità se la si esercita con costanza. La

salvezza del fanciullo consiste nella discontinuità, ovvero nell’assenza di metodo. Analogo a

questo è il ritratto che Stendhal ci dà di sé scrittore perché si entusiasma all’eccesso per una cosa

in un istante, poi la dimentica e passa ad altro. Se questo è tipico, sostiene Leopardi, dei fanciulli

non ancora (ri)formati o mal scolarizzati, Stendhal si sente precisamente così. Fin dall’infanzia

Leopardi è invece vissuto in una casa dove non era possibile sbagliarsi o distrarsi e un luogo in cui

la mente è spinta a costruire e riformare se stessa, fino a diventare una totalità chiusa come un

libro. Un mondo così, che è poi il mondo della scrittura, Leopardi non riuscì mai a sostituirlo

simbolicamente con un altro mondo, se non quello della Natura intesa come mito. Non prese mai

in considerazione, invece, il mondo “reale” di una natura socializzata.

Se molti tratti della mente stendhaliana sono simili a quelli della mente leopardiana, esistono

anche delle differenze. In entrambi abbiamo un’ispirazione fortemente autobiografica ma che si

dirige verso generi completamente diversi: da un lato la lirica, dall’altro il romanzo. Leopardi si

adatta ad un salotto borghese ingombro di oggetti per cercare un’interiore misura ideale che gli

consentirà poi di riformare il mondo. Stendhal si getta nella società ed acquisisce quella

dimestichezza con il mondo che farà di lui un vero poeta.

Marcello Verdenelli, Scacco alla Regina: Leopardi e il “primo amore”

Il primo e non facile problema posto da uno degli scritti autobiografici di Leopardi è innanzitutto

quello del titolo. Leopardi non ha dato il titolo a due blocchi di maggior spessore letterario. Uno di

questi scritti autobiografici senza titolo si riferisce a quando la cugina ventisettenne Gertrude Cassi

fu un’ospite di passaggio a casa Leopardi. L’arrivo di Gertrude produsse un vero e proprio

terremoto nell’animo del diciannovenne Leopardi, illuminando improvvisamente di una luce nuova

e diversa le sue giornate. Giornate intense sotto il profilo di una ricchezza culturale sempre più

incontenibile e stupefacente, ma monotone e spente sotto il profilo dei fatti che possono accendere

improvvisamente la vita. L’arrivo della cugina contribuì ad accendere, per la prima volta, la fiamma

d’amore. Fu un’occasione che permise al giovane di verificare il profondo divario tra letteratura e

vita. Leopardi non era certamente a digiuno di letture che che gli avevano fatto capire la

complessità, il fascino e il rischio della passione amorosa. Ma un conto è leggere quella passione

sui libri, vivendola attraverso le lenti della letteratura e un altro conto, invece, è vivere direttamente

sulla propria pelle gli effetti devastanti di quella passione. Nello stesso anno dell’arrivo a casa

Leopardi della cugina, lo scrittore avvia la complessa quanto affascinante macchina dello

Zibaldone. Inoltre, sempre nello stesso anno, Leopardi avvia un importante rapporto epistolare con

Pietro Giordani, una delle autorità letterarie allora più in vista. Questo rapporto rappresenta uno dei

momenti culturalmente più ricchi e nasce la scrittura autobiografica sulla spinta della visita della

cugina Gertrude, in compagnia dell’anziano marito. La risposta letteraria di fronte a questo fatto fu

la stesura, in forma autobiografica, di alcune paginette in prosa senza titolo e la stesura di un testo

poetico dal titolo Il primo amore. La soluzione letteraria avanzata da Leopardi sul tema del “primo

amore” vuole andare oltre una semplice e schematica registrazione emotiva e sentimentale

dell’evento e intrecciare poesia e prosa in un unico “romanzo”. I due testi interagiscono tra loro,

costituendo il nucleo tematico del “primo amore”: se per il testo poetico non sono ancora

sufficientemente metallizzati certi retaggi culturali e vengono creati fastidiosi momenti di eccessivo

sovraccarico culturale, il testo prostatico ha un chiaro e inconfondibile profilo artistico. Di fronte alle

cose dell’amore, la scrittura ha un significato molto incerto e precario. L’amore è una sorta di gioco

degli scacchi fatto del rispetto di alcune fondamentali regole, ma anche di abissi di senso a cui

allude in fondo ogni mossa. Nel gioco e nell’amore, i silenzi, le pause e le mosse pensate si

caricano di una forte espressività. Lo scacco alla Regina è quello fatto da Leopardi a Gertrude,

diventata nel sistema relazionale della scrittura autobiografica la pedina più importante e di

maggior pregio e da difendere ad ogni costo. La Regina è il pezzo in assoluto più pregiato nel

gioco degli scacchi, anche perché l’intero gioco regge e ha senso finché la Regina è in campo, al

punto che gli altri pezzi della scacchiera sono pronti a sacrificarsi al suo posto. Ma il vero “scacco”,

quello che inchioda e non lascia scampo alla Regina, richiede una pazienza che solo la scrittura 9

può realizzare. La narrativi risulta fondamentale per vedere con occhio diverso e più distaccato la

scena di tormento e di dolore prodotta da quel “primo amore”. La vocazione al racconto è in questo

caso favorita da una disposizione autobiografica di fondo della scrittura leopardiana. Leopardi,

ancora alle prime armi ed inesperto di fronte alla complessità del discorso amoroso, che ha già

l’inconfondibile tratto di cosa unica e assoluta, ha bisogno di costruire un particolare tempo della

scrittura che difenda l’io da quell’assalto devastante, unico e coinvolgente. Il tono rievocativo, che

si rifà sempre a qualcosa che è accaduto un po’ prima, serve a frenare quel coinvolgimento

emotivo che non si sa dove potrebbe portare. Questo spiega allora il carattere terapeutico della

scrittura, quando il “primo amore” assume il profilo di una vera e propria “malattia”, ricostruita in

tutta la sua particolare sintomatologia, che fa sprofondare Leopardi in uno stato di malinconia. La

malinconia è memoria letteraria e scoperta del diverso. L’inclinazione leopardiana alla malinconia

ha il suo più naturale e vicino antecedente letterario alla “malinconia profonda e ostinata” che

Alfieri nella Vita associa al suo “primo amoruccio”. Notevoli sono le affinità tra la descrizione

alfierana del “primo amoruccio” e le paginette leopardi sul “primo amore”. Alfieri impagina il tema

che alimenta il tono malinconico che avrà un’inequivocabile ricaduta sulla scrittura leopardiana: sia

in Alfieri che in Leopardi, la malinconia è il “sintomo” di una profonda “malattia”. Se in Alfieri il

“sintomo” ha un risvolto più decisamente epocale e storicamente meglio determinato, in Leopardi è

più una “forma di esistenza” che lo “lima” e lo “divora”. Giordani funzionerà come destinatario

epistolare a cui poter confidare certi umori malinconici, prima che la malinconia si trasformi in vera

e propria infelicità più buia e materialistica. A scorrere le lettere indirizzate a Giordani, il mese in cui

nel laboratorio leopardiano si staglia il tema del “primo amore”, si scopre che la malinconia è un

tema insistito e ricorrente. Leopardi sente più crescente dentro di sé l’urgenza di una nuova

scrittura autobiografica e lo fa appoggiandosi al tema della malinconia. Una malinconia prima

dolce, affettuosa e portatrice di soluzioni poetiche più dense e cariche e poi una malinconia

sempre più amara, dolorosa e crudele dove il testo fa sen

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
15 pagine
13 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Turchi Roberta.