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Leopardi, pur concettualizzando la connessione tra naturalezza ed errori, vigila su se stesso per
evitarli, Stendhal studia una strategia che rivaluta l’errore, gli accorda dignità e ne immortala la
memoria, riservandogli un posto nell’universo della scrittura. Leopardi, non contento di una parola
scappatagli dalla penna, l’avrebbe corretta facendoci un frego sopra e sostituendola, ma Stendhal
la lascia invece sopravvivere nel corpo della scrittura e la commenta, ne spiega le ragioni e la
innalza a testo non riformato. Se dietro l’orrore leopardiano per l’errore c’era una formazione
profondamente religiosa, dietro Stendhal c’è un vuoto metafisico.
Se si rifiutano l’errore e le forme transitorie dell’io, per affrontare un discorso autobiografico
bisogna conservare la memoria nei vari stadi dell’io. Ma uno dei problemi del genere
autobiografico consiste nel rapporto tra forma finale e forme transitorie, cioè tra il punto di vista
dell’io narrante all’epoca della scrittura e i punti di vista dell’io passato che, pur avendo la stessa
identità dell’io narrante, questo si differenzia a ritroso e in profondità nel corso del tempo. Leopardi
tende a presentare di sé un’immagine sempre grammaticalizzata, vagliando attentamente sulla
scrittura presente. Se non raggiunge la perfezione, il manoscritto merita di essere dato alle
fiamme. Ma l’errore linguistico corrisponde allo svelamento emotivo. Stendhal, al contrario, tende a
scoprirsi e ad esporre, nel bene e nel male, un se stesso che sa già diverso da quello futuro. In
ogni parola di Stendhal è visibile una tensione tra un presente che diventa subito passato e un
futuro aperto e imprevedibile. In ogni parola è scritta la temporalità denunciata dall’errore.
L’errore ortografico, scrive Leopardi, è tipico dei fanciulli o degli ignoranti che sono, come i fanciulli,
poco o mal scolarizzati. Lo stadio precedente alla fissazione del testo scritto è uno stato infantile.
Nei brani in cui Leopardi descrive il discorso infantile e cerca di spiegare come funziona la mente
del fanciullo, troviamo che i fanciulli stentano nel fare un discorso continuato o un racconto. Questa
incapacità di fissare e di mantenere l’attenzione, di svolgere un discorso continuo e coerente,
sostenuto da nessi logici, è accostata da Leopardi a molte altre caratteristiche, tutte riconducibili
alla comune matrice della naturalezza. E’ infatti un eccesso di energia naturale che porta i fanciulli
ad agire immediatamente e a farsi catturare in modo esclusivo dalle cose con cui vengono in 8
contatto qui ed ora: il loro linguaggio è quello di chi vive immerso nella vita e non se ne è ancora
distaccato per vederla da lontano, giudicandola e scrivendola.
Precisamente identica a questa è l’idea stendhaliana dell’infanzia: l’energia è un fluido che scorre
in una direzione o nell’altra. L’energia impiegata nel vivere può essere utilizzata nello scrivere. La
scrittura e l’attività intellettuale annullano la passione e la felicità se la si esercita con costanza. La
salvezza del fanciullo consiste nella discontinuità, ovvero nell’assenza di metodo. Analogo a
questo è il ritratto che Stendhal ci dà di sé scrittore perché si entusiasma all’eccesso per una cosa
in un istante, poi la dimentica e passa ad altro. Se questo è tipico, sostiene Leopardi, dei fanciulli
non ancora (ri)formati o mal scolarizzati, Stendhal si sente precisamente così. Fin dall’infanzia
Leopardi è invece vissuto in una casa dove non era possibile sbagliarsi o distrarsi e un luogo in cui
la mente è spinta a costruire e riformare se stessa, fino a diventare una totalità chiusa come un
libro. Un mondo così, che è poi il mondo della scrittura, Leopardi non riuscì mai a sostituirlo
simbolicamente con un altro mondo, se non quello della Natura intesa come mito. Non prese mai
in considerazione, invece, il mondo “reale” di una natura socializzata.
Se molti tratti della mente stendhaliana sono simili a quelli della mente leopardiana, esistono
anche delle differenze. In entrambi abbiamo un’ispirazione fortemente autobiografica ma che si
dirige verso generi completamente diversi: da un lato la lirica, dall’altro il romanzo. Leopardi si
adatta ad un salotto borghese ingombro di oggetti per cercare un’interiore misura ideale che gli
consentirà poi di riformare il mondo. Stendhal si getta nella società ed acquisisce quella
dimestichezza con il mondo che farà di lui un vero poeta.
Marcello Verdenelli, Scacco alla Regina: Leopardi e il “primo amore”
Il primo e non facile problema posto da uno degli scritti autobiografici di Leopardi è innanzitutto
quello del titolo. Leopardi non ha dato il titolo a due blocchi di maggior spessore letterario. Uno di
questi scritti autobiografici senza titolo si riferisce a quando la cugina ventisettenne Gertrude Cassi
fu un’ospite di passaggio a casa Leopardi. L’arrivo di Gertrude produsse un vero e proprio
terremoto nell’animo del diciannovenne Leopardi, illuminando improvvisamente di una luce nuova
e diversa le sue giornate. Giornate intense sotto il profilo di una ricchezza culturale sempre più
incontenibile e stupefacente, ma monotone e spente sotto il profilo dei fatti che possono accendere
improvvisamente la vita. L’arrivo della cugina contribuì ad accendere, per la prima volta, la fiamma
d’amore. Fu un’occasione che permise al giovane di verificare il profondo divario tra letteratura e
vita. Leopardi non era certamente a digiuno di letture che che gli avevano fatto capire la
complessità, il fascino e il rischio della passione amorosa. Ma un conto è leggere quella passione
sui libri, vivendola attraverso le lenti della letteratura e un altro conto, invece, è vivere direttamente
sulla propria pelle gli effetti devastanti di quella passione. Nello stesso anno dell’arrivo a casa
Leopardi della cugina, lo scrittore avvia la complessa quanto affascinante macchina dello
Zibaldone. Inoltre, sempre nello stesso anno, Leopardi avvia un importante rapporto epistolare con
Pietro Giordani, una delle autorità letterarie allora più in vista. Questo rapporto rappresenta uno dei
momenti culturalmente più ricchi e nasce la scrittura autobiografica sulla spinta della visita della
cugina Gertrude, in compagnia dell’anziano marito. La risposta letteraria di fronte a questo fatto fu
la stesura, in forma autobiografica, di alcune paginette in prosa senza titolo e la stesura di un testo
poetico dal titolo Il primo amore. La soluzione letteraria avanzata da Leopardi sul tema del “primo
amore” vuole andare oltre una semplice e schematica registrazione emotiva e sentimentale
dell’evento e intrecciare poesia e prosa in un unico “romanzo”. I due testi interagiscono tra loro,
costituendo il nucleo tematico del “primo amore”: se per il testo poetico non sono ancora
sufficientemente metallizzati certi retaggi culturali e vengono creati fastidiosi momenti di eccessivo
sovraccarico culturale, il testo prostatico ha un chiaro e inconfondibile profilo artistico. Di fronte alle
cose dell’amore, la scrittura ha un significato molto incerto e precario. L’amore è una sorta di gioco
degli scacchi fatto del rispetto di alcune fondamentali regole, ma anche di abissi di senso a cui
allude in fondo ogni mossa. Nel gioco e nell’amore, i silenzi, le pause e le mosse pensate si
caricano di una forte espressività. Lo scacco alla Regina è quello fatto da Leopardi a Gertrude,
diventata nel sistema relazionale della scrittura autobiografica la pedina più importante e di
maggior pregio e da difendere ad ogni costo. La Regina è il pezzo in assoluto più pregiato nel
gioco degli scacchi, anche perché l’intero gioco regge e ha senso finché la Regina è in campo, al
punto che gli altri pezzi della scacchiera sono pronti a sacrificarsi al suo posto. Ma il vero “scacco”,
quello che inchioda e non lascia scampo alla Regina, richiede una pazienza che solo la scrittura 9
può realizzare. La narrativi risulta fondamentale per vedere con occhio diverso e più distaccato la
scena di tormento e di dolore prodotta da quel “primo amore”. La vocazione al racconto è in questo
caso favorita da una disposizione autobiografica di fondo della scrittura leopardiana. Leopardi,
ancora alle prime armi ed inesperto di fronte alla complessità del discorso amoroso, che ha già
l’inconfondibile tratto di cosa unica e assoluta, ha bisogno di costruire un particolare tempo della
scrittura che difenda l’io da quell’assalto devastante, unico e coinvolgente. Il tono rievocativo, che
si rifà sempre a qualcosa che è accaduto un po’ prima, serve a frenare quel coinvolgimento
emotivo che non si sa dove potrebbe portare. Questo spiega allora il carattere terapeutico della
scrittura, quando il “primo amore” assume il profilo di una vera e propria “malattia”, ricostruita in
tutta la sua particolare sintomatologia, che fa sprofondare Leopardi in uno stato di malinconia. La
malinconia è memoria letteraria e scoperta del diverso. L’inclinazione leopardiana alla malinconia
ha il suo più naturale e vicino antecedente letterario alla “malinconia profonda e ostinata” che
Alfieri nella Vita associa al suo “primo amoruccio”. Notevoli sono le affinità tra la descrizione
alfierana del “primo amoruccio” e le paginette leopardi sul “primo amore”. Alfieri impagina il tema
che alimenta il tono malinconico che avrà un’inequivocabile ricaduta sulla scrittura leopardiana: sia
in Alfieri che in Leopardi, la malinconia è il “sintomo” di una profonda “malattia”. Se in Alfieri il
“sintomo” ha un risvolto più decisamente epocale e storicamente meglio determinato, in Leopardi è
più una “forma di esistenza” che lo “lima” e lo “divora”. Giordani funzionerà come destinatario
epistolare a cui poter confidare certi umori malinconici, prima che la malinconia si trasformi in vera
e propria infelicità più buia e materialistica. A scorrere le lettere indirizzate a Giordani, il mese in cui
nel laboratorio leopardiano si staglia il tema del “primo amore”, si scopre che la malinconia è un
tema insistito e ricorrente. Leopardi sente più crescente dentro di sé l’urgenza di una nuova
scrittura autobiografica e lo fa appoggiandosi al tema della malinconia. Una malinconia prima
dolce, affettuosa e portatrice di soluzioni poetiche più dense e cariche e poi una malinconia
sempre più amara, dolorosa e crudele dove il testo fa sen