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Stato pontificio. Nel piccolo Giacomo, che subito rivelò un’intelligenza e un impegno nello studio
eccezionali, il padre volle trasferire le sue insoddisfatte ambizioni culturali, facendone una sorta di
ragazzo prodigio, favorendo la sua passione precocissima per la cultura classica, esibendo le sue
prime composizioni ai frequentatori del palazzo familiare, ecclesiastici e nobili di provincia. La 9
prima educazione di Giacomo fu opera di precettori ecclesiastici. Tra letture appassionate, giochi
pieni di immaginazione e gare di erudizione, il bambino sviluppò ben presto un vivo culto degli
antichi eroi. I “sette anni di studio matto e disperatissimo” videro l’adolescente impegnato in una
serie sterminata di letture che gli permisero di acquisire una padronanza assoluta nel campo della
filologia e dell’erudizione classica e di sviluppare vare curiosità filosofiche e scientifiche. Giacomo
passava così giorni e notti al tavolino, tanto da rovinare definitivamente il suo fisico, già gracile e
deforme. L’esperienza fatta attraverso studi così precoci gli fece avvertire un senso di infelicità e si
sviluppò in lui un’insofferenza per l’autoritarismo della “gabbia” familiare in cui si trovava.
L’insoddisfazione e il bisogno di nuove esperienze lo spinsero a una più diretta immersione
nell’attività letteraria e cominciarono a comparire le sue prime pubblicazioni. Iniziò poi una sua
corrispondenza con Pietro Giordani, che gli aprì più vasti orizzonti culturali e gli diede una più
sicura coscienza del proprio valore intellettuale, rinsaldando i legami con la tradizione classicistica
e illuministica e contribuendo al distacco dall’ideologia reazionaria del padre. Leopardi maturò un
atteggiamento competitivo verso il presente e verso la società contemporanea, sentita come
corruttrice e nemica dei valori autentici della natura (pessimismo storico). Giacomo cercò di
organizzare una fuga da casa, ma il padre venne a conoscenza del progetto e, rinunciando alla
fuga, Giacomo cadde in una cupa disperazione. Leopardi si distaccò definitivamente dalla religione
e aderì alla filosofia sensistica e materialistica . La prima vera uscita da Recanati fu possibile solo
grazie ad un viaggio a Roma con gli zii, ma questo soggiorno fu una delusione: la visita dei
monumenti e delle antiche rovine suscitarono in lui uno scarso entusiasmo, la vita romana gli
apparve meschina e l’ambiente letterario mediocre. Da questo viaggio gli venne una
consapevolezza profonda della meschinità della vita di relazione e dell’uso sociale della cultura. Il
suo pessimismo rifiutava l’impegno e la partecipazione politica e considerava il carattere della
natura negativo e maligno (pessimismo cosmico). Grazie ad un impegno di lavoro che poteva
permettergli una permanenza fuori di casa senza il sostegno familiare, fu finalmente possibile per
Leopardi una partenza da Recanati: un editore milanese lo invitò a dirigere un’edizione completa
delle opere di Cicerone. A Bologna lavorò a un commento a Petrarca commissionatogli dalle
stesso editore milanese. A Firenze frequentò vari intellettuali e scrittori ed incontrò Manzoni.
L’ultimo soggiorno a Recanati fu caratterizzato da dolci ricordi delle immagini della giovinezza,
dalla noia più intollerabile e dalle sofferenze causate dalle malattie. Nuovamente a Firenze,
Leopardi iniziò una vita di più intensi rapporti sociali, confrontandosi con il mondo contemporaneo:
nonostante le sofferenze fisiche, che gli impedirono qualsiasi attività intellettuale, voleva far sentire
la propria voce pessimista. Dopo una deludente esperienza amorosa con Fanny Targioni Tozzetti e
l’aggravamento della malattia agli occhi, Leopardi si trasferisce a Napoli in cerca di un clima
migliore, dove lavora ad altri progetti. Nell’ambiente napoletano Leopardi pare aver trovato di
nuovo un attaccamento alla vita ma, in seguito all’aggravarsi dei mali fisici, lì morirà.
La convulsa attività di Leopardi fanciullo e adolescente è caratterizzata da un’ostinazione e una
vastità di interessi che lo portarono a padroneggiare la biblioteca del padre e a realizzare nel modo
più perfetto il modello di cultura che gli orizzonti familiari gli permettevano di immaginare. La sua
formazione culturale è di tipo settecentesco e classicistico e si muove verso una sorta di
cattolicesimo “illuministico”, che difende i valori razionali della tradizione cristiana, opponendosi a
tutte le credenze mitiche o superstiziose.
Il giovanissimo Leopardi, con la sola forza della sua intelligenza e della sua curiosità culturale, si
liberò di gran parte dei condizionamenti di carattere familiare e investì le sue energie nella
letteratura e nella poesia. La sua “conversione letteraria” si fonda su una nozione “classica” della
figura dello scrittore e su ideali di “virtù” e di “gloria”. Leopardi sperimentò varie forme espressive,
ma si accorse subito che il mondo contemporaneo si opponeva alle manifestazioni della “virtù” e
non si curava affatto della “gloria”: la situazione attuale dell’Italia, priva di vera vita sociale e
sottoposta al dominio straniero, gli apparve come il segno più esemplare della negatività del
presente. Il nuovo impegno letterario lo condusse così spontaneamente a un nuovo atteggiamento
liberale e patriottico. La ricerca di un linguaggio poetico personale si svolse attraverso varie
traduzioni dei classici, in cui Leopardi cercava di avvicinarsi alla semplicità degli originali, al di là
delle sovraccariche interpretazioni neoclassiche. L’attenzione alla propria condizione infelice, i
nuovi impulsi che gli venivano dalla corrispondenza col Giordani e la lettura della Vita di Alfieri lo
sollecitarono ad una diretta espressione letteraria della propria esperienza personale: dalla brace
vicenda per l’infatuazione amorosa per la cugina nacquero così le prime scritture barate sull’analisi
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di sé. Da una più diretta volontà di intervenire nella situazione presente, Leopardi si rivolse all’Italia
presente per risvegliarne la “virtù” e per sottrarsi a ogni mediocrità del presente.
Attraverso le riviste che giungevano a Recanati, Leopardi seguì lo svolgersi della polemica tra
classicismo e Romanticismo, cercando di parteciparvi direttamente, con interventi che non
furono però pubblicati. Leopardi aderisce ad un’ottica di “primitivismo classico”, dove l’imitazione
dei classici viene difesa in quanto essi sono più vicini e legati alla natura e ad una vitalità autentica
e primigenia. Il giovane Leopardi vede un’opposizione radicale tra natura e incivilimento: il rapporto
con la natura stimola l’immaginazione e produce illusioni capaci di dare un senso alla vita. Il
mondo antico, più vicino alla natura, trova la sua suprema espressione in una poesia che sa
“illudere” e “dialettare” imitando la natura. Con lo sviluppo della civiltà materiale e delle
conoscenze, il mondo moderno ha invece spento la facoltà dell’immaginare e dell’illudersi,
trovando la sua suprema espressione nella filosofia e nella scienza. Tuttavia la poesia può valere
ancora come unico mezzo per mantenere in vita la forza della natura e delle sue illusioni.
L’adesione di Leopardi al classi cosmo resta assai forte e nettissimo è il suo distacco, anche
polemico, dal Romanticismo italiano. Leopardi ricava dal classicismo una volontà di esperienza
“forte” e così finisce col rompere alcune forme tradizionali di comunicazione, giungendo a una
poesia assolutamente originale, estranea agli schemi classicisti e romantici. Leopardi vede nella
poesia un valore essenziale e uno strumento di conoscenza di sé e di vitalità. Tra i generi poetici,
la lirica appare quello più spontaneo, originario e vicino all’espressione della natura e il suo ambito
è quello dell’indeterminato. La forma artistica che più si avvicina alla poesia è la musica e il suo
fascino sta nel fatto che trascina l’anima nell’indeterminato. In questo suo dar voce all’indefinita
immediatezza della coscienza, la poesia genera grandi illusioni, opponendosi alla vita sociale
contemporanea che è incapace di credere nelle illusioni. Negli anni, la nozione di una poesia come
ritorno alla vitalità della natura antica contro l’aridità della ragione moderna si complica con
l’approfondirsi del pensiero pessimistico di Leopardi, allontanando sempre di più la possibilità di un
recupero della natura come forza positiva: mentre i processi naturali rivelano aspetti negativi,
meccanici, estranei e ostili all’uomo, la poesia filosofica smaschera le “illusioni” e si impegna
nell’accettazione dolorosa del “vero”.
Negli appunti destinati a costituire lo Zibaldone, Leopardi toccò gli argomenti più diversi, da quelli
filosofici, letterari e linguistici a quelli legati alla sua esperienza personale e a problemi etici o di
comportamento sociale. Nello Zibaldone la riflessione di Leopardi si svolge nel modo più libero,
interrogandosi sul senso dell’esperienza letteraria, sul rapporto dell’uomo con la natura e sul
significato dell’esistenza individuale e sociale. Si rivela così la filosofia di Leopardi ed emergono i
temi essenziali del suo pensiero. La filosofia di Leopardi imposta prospettive essenziali sulla
condizione umana proprio perché rifiuta i tradizionali schemi istituzionali della filosofia, prende
corpo all’interno della sua più integrale esperienza e si intreccia intimamente con la sua poesia. La
filosofia e la poesia sono per l’autore modi per capire il senso della situazione dell’uomo nel mondo
e per rispondere a domande fondamentali che dovrebbero riguardare ogni essere umano e che
toccano il vivere degli individui, i loro rapporti con la società, con la storia e con la natura. Dopo la
“conversione filosofica”, Leopardi si inserisce in una visione “sensistica”, che mette in primo piano
il problema della felicità: l’azione delle illusioni sull’uomo deriva da delle condizioni date dai sensi e
si spiega attraverso quella che Leopardi definisce la sua teoria del piacere. Secondo questa teoria,
ogni comportamento umano è guidato da un’aspirazione al piacere che non riesce mai a
realizzarsi totalmente ma si risolve in un continuo desiderio o aspettazione. Il raggiungimento di
determinati oggetti di desiderio non soddisfa mai veramente perché il desiderio è sempre “infinito”
e ciò spiega l’inclinazione del