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Tozzi, può portare a delle brevi riconciliazioni con l’esistere, al riscatto dall’oscurità, al
ritorno dall’esilio e dalla persecuzione. Pirandello, recensendo “Con gli occhi chiusi”,
afferma che Tozzi, come altri pittori, inserisce molti segni di punteggiatura, che visti da
vicino danno l’idea di perdersi, ma poi a distanza riescono a costruire le forme, attraverso
giochi di ombra e di luce. Come nel più maturo degli espressionismi, fa confluire fisico e
psichico, elemento e sensazione. Proprio questa idea di continuità tra anima e cose, mediata
dalle figure e da ciò che si vede, spiega la condizione di dissolvenza dell’io individuale.
Tozzi riflette infatti anche sulle condizioni del vedere e nel romanzo “Con gli occhi chiusi”
constata la disperata morte dell’essere.
Stagione metafisica
Questo senso di vuoto, di assenza, di non lineare rapporto con la realtà corrisponde alla stagione
metafisica.
Aldo Palazzeschi si aggancia a tre diverse forme artistiche (poesia, pittura e musica)
rifiutando l’approccio tradizionale. Introduce la follia, che diventa l’obiettivo della poesia,
per rendere consapevoli del cambiamento dei processi mentali dell’individuo nel corso del
Ventesimo secolo. Ricorre alla concezione di eterno ritorno all’uguale di Nietzsche.
Descrive gli eventi della sua esperienza parigina cambiando il fuoco originale, e cioè
attraverso la vista della luce artificiale e del riflesso, che diventa l’unica realtà vera della
città: il suo doppio (il riflesso) diventa la sua più autentica identità. “Al mondo solo una cosa
è più bella del sole: il riflesso del sole”.
Giorgio de Chirico, come Palazzeschi, cambia il fuoco e si allontana dalle forme e dalle
prospettive tradizionali.
Alberto Savinio, nome d’arte di Andrea de Chirico, fratello di Giorgio, come i due artisti
precedenti, crede che le immagini debbano essere presentate per loro stesse e, riducendo le
immagini a cose, si rendono queste immagini medesime uguali a loro stesse. La sua ricerca,
sia in letteratura sia in pittura, insiste sulla composizione, fatta di elementi e frammenti
autonomi e isolati che rivelano l’aspetto più nascosto delle cose, il loro rovescio, la loro
doppiezza. L’arte è vita solo se accoglie in sé i frammenti del dolore, della morte, del
ricordo, affinché la morte possa essere sentita naturale.
Futurismo
Il Futurismo basa il rapporto parola-immagine su un fondamento che non è più quello imitativo
dell’800. Il Futurismo prende ispirazione dalla pittura divisionista, con la frammentazione dinamica
della materia, e quindi gli spazi lasciati liberi dall’azione della luce e dei colori e i movimenti delle
sostanze rappresentate. La materia esplode sui quadri e comincia a seguire il dinamismo autonomo
dell’espressività dei colori. La scrittura deve seguire il percorso della nuova invenzione figurativa:
Marinetti inventa le tavole parolibere e il “Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo”
(1915) mette in luce l’equivalenza del visivo e dello scrittorio. Con i futuristi nel Novecento si fa
strada una scrittura che deve dare peso, odore e suono alla frase o alla parola, e quindi che sa
evocare sensazioni non solo intellettuali, ma soprattutto di tipo tattile, gustativo, legate ai sensi e
allo stato d’animo. La parola si trasforma così in icona (in immagine) e dà nuovi significati
all’esercizio della scrittura.
Ardengo Soffici, grande figura di congiunzione tra critica, letteratura e immagini, in alcuni
saggi pubblicati su “La Voce” e “Lacerba”, insiste sulla necessità per l’artista di esprimere una
sua visione intima e personale della realtà. Questo conduce inevitabilmente alla deformazione,
verbale o plastica, dell’immagine corrente del reale.
Montale
Per quanto riguarda Eugenio Montale, non è possibile ricollegarsi direttamente a un’idea di
uguaglianza tra pittura e poesia, ma si può capire indirettamente grazie alla sua attiva interazione tra
poesia, musica e pittura, al suo “pensiero visivo” e alla fusione tra mezzi linguistici differenti.
Spesso Montale scrive poesia partendo da un quadro, e, viceversa, dipinge un quadro partendo da
una poesia (l’immagine diventa parola e la parola diventa immagine). Esempi:
- Il dipinto montaliano “Il Llobregat”, collegato all’omonima poesia della “Bufera e altro”.
- La poesia “Quando cominciai a dipingere”, della raccolta “Quaderno di quattro anni”, collegata
alla formica dell’acquaforte “Cinque terre” (1966).
- La poesia “L’arte povera”, della raccolta “Diario del ’71 e del ‘72”, in cui l’autore descrive gli
strumenti da lui utilizzati per dipingere e spiega come la pittura sia l’aspetto più emotivo e
sensibile del mondo poetico, cioè “la parte di me che riesce a sopravvivere” (terzultimo verso).
In più, la tecnica del correlativo oggettivo in poesia deriva dal paesaggismo moderno: l’equilibrio
tra la poesia interiore dell’artista e i colori, le forme e le linee restituisce i dati sensibili della realtà
attraverso il correlativo oggettivo. È difficile dire che Montale sia un “pittore”, perché non si
intravede la differenza tra un suo dipinto con il colore e una sua poesia scritta con i colori delle
parole. Ermetismo
I poeti ermetici tendono ad associare la parola “depurata” a significati accessori, quindi aggiungono
materia espressiva e straniante.
Alfonso Gatto segue l’arte moderna nella fusione tra segno pittorico e segno poetico,
specialmente ispirandosi a Cézanne, con la tecnica neo e post-impressionista. Colore, segno e
parola sono tutti mezzi che hanno origine comune e si influenzano reciprocamente.
Giuseppe Ungaretti si pone il problema di “leggere l’invisibile nel visibile”. Afferma di
imparare dalla pittura di Dorazio che “vedere” non vuol dire affidarsi alle apparenze, ma
significa insegnare all’occhio come le apparenze si formano, per ritrovare l’origine comune
delle operazioni dello spirito e ristabilire unità nell’essere.
- “Sentimento del tempo”. La poesia di Ungaretti non è una poesia di colore, ma è una
poesia carica di abbagli. L’espressione ossimorica “luce nera” si collega con quella
“rilucere inveduto” e mostrano come le immagini e i temi del vedere siano fondamentali
nella poesia ermetica
Mario Luzi, nel primo decennio postbellico, svolge la sua ricerca poetica mirando a ottenere la
realtà materiale e quindi l’esperienza concreta del vivere. Venturino Venturi (artista che ha
illustrato il Paradiso di Dante) è per Luzi l’artista fondamentale, perché la sua opera richiama i
valori primari della natura e i principi cosmici, attraverso un linguaggio totale che accoglie le
emozioni creative e vitali allo stato puro.
Altre idee del Novecento
Leonardo Sinisgalli è un particolare scrittore, attivo nell’area del rinnovamento informale e
astratto. Privilegia l’invenzione che attiva l’emotività dell’individuo e compone una serie di
opere per “lettori fuggitivi” ai quali vuole far arrivare (anche parzialmente) un’immagine
plausibile del poeta e del personaggio. Aspira a una critica raccontata, che si unisce alla fantasia
arrivando a fare concorrenza con la novella, e alterna prosa creativa, poesia iconica e critica
d’arte.
Massimo Bontempelli, nelle sue opere narrative, mostra esplicitamente le sue competenze
nell’ambito delle arti figurative, ma rifiuta questa sua unione con l’arte, dichiarandosi estraneo
all’uso dell’ecfrasi (descrizione a parole di una persona, di un luogo, di un oggetto, di un'opera
d'arte, che tenta una comunicazione più espressiva di quanto può essere un'immagine e cerca di
trasmettere di più di quanto farebbe un'esperienza in prima persona), che ritiene un’attività
danneggiante. Nonostante ciò, è uno degli intellettuali maggiormente coinvolti in questo secolo
nel progetto globale di rinnovamento delle arti e per questo può essere definito “costruttivista”,
per la vicinanza al Neoplasticismo e al Bauhaus.
Caratteristiche e riflessioni di Bontempelli:
- È legato alla componente prospettivistica di De Chirico, che riconduce all’area metafisica,
ma soprattutto alla trasformazione dell’ordine del cosmo, che non si ferma alla naturale
apparenza delle cose. Bontempelli rifiuta, infatti, l’imitazione e l’attaccamento al reale,
perché oltre la superficie dei fatti, dei dati e dell’esperienza fenomenica, c’è un’altra
sostanza, che la pittura quattrocentesca metteva già in luce (con, ad esempio, Piero della
Francesca).
- Non bisogna però rinunciare totalmente alla materia e al realismo, che devono essere
ricondotti a una nuova condizione di naturalezza, non più fondata sul dato fenomenico, ma
sul primordio (luogo di tutti gli elementi significanti, cioè immagini, oggetti e personaggi).
- Nel primordio, l’io novecentesco perde concretezza e lascia spazio alla marionetta, che si
sostituisce all’essere vivente. L’automa o marionetta diventa il più vero vivente e diventa
quindi anche la nuova realtà. Gli oggetti, una volta svuotati della loro consistenza
fenomenica, si trasformano in una nuova realtà naturale.
- L’attività della visione determina l’eliminazione dei dati naturalistici, a favore di quelli
universali.
- La morte ha la funzione di liberare dalle apparenze.
- Il tempo immobile rappresenta la dimensione eternizzata del mondo
Libero de Libero si pone interrogativi sostanziali sul paragone tra i due linguaggi dominanti
(poesia e pittura) nella scena estetica del Novecento. Favorisce la categoria dei poeti-cronisti
d’arte, invece di quella dei critici laureati. Allo stesso modo, si oppone all’ordine critico
accademico, sostenendo le forze della fantasia e dell’invenzione nelle opere di chi ha lavorato
per rinnovare l’arte, come ad esempio De Chirico. De Libero propone quindi un rapporto
personale e diretto con l’opera e con l’artefice.
Il movimento di “Corrente”
Tra anni Trenta e Quaranta si manifestano nuove tendenze verso la ricerca della “figuratività” nel
linguaggio poetico. Il gruppo di scrittori e artisti che si forma nel clima della rivista “Corrente di
vita giovanile” ha l’obiettivo di inserire il vissuto personale, affinché la coscienza colga i momenti
che accendo