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IL NOVECENTO
1. Introduzione
Il Novecento è stato decisivo per la storia della lingua italiana, perché si sono realizzati cambiamenti nell'uso dell'italiano anche dal punto di vista sociale.
La mobilitazione delle masse e la formazione dei partiti nella prima metà del secolo hanno avuto come conseguenza un uso maggiore dell'italiano a discapito del dialetto.
Durante la Prima Guerra Mondiale i contadini arruolati hanno imparato la lingua italiana parlata dagli ufficiali.
Nel Novecento si è inoltre avuta un'industrializzazione senza precedenti che ha provocato spostamenti dalle campagne alle città e dal Sud al Nord e gli spostamenti non sono mai senza conseguenze linguistiche.
In questo secolo sono progredite anche le tecnologie: radio, televisione, informatica e telematica.
L'italiano per secoli era stato usato soprattutto nella letteratura, mentre il dialetto era usato per la comunicazione quotidiana. Nel Novecento i dialetti sono rimasti vivi e necessari.
ma si avvicinarono sempre di più alla lingua nazionale, che spesso li sostituì. L'italiano era destinato a semplificarsi, a perdere parole e giri di sintassi -> prevalse una semplificazione delle strutture.
2. La politica linguistica del Fascismo
Durante il ventennio fascista, quando furono avviati eventi di politica linguistica particolare, come la lotta ai dialetti e ai forestierismi, la lingua continuò lo stesso a progredire verso la modernizzazione e il rinnovamento.
La politica xenofoba del fascismo portò all'italianizzazione forzata dei nomi geografici, dei nomi propri e la chiusura di scuole bilingui.
Nel 1930 si ordinò la soppressione nei film di scene parlate in lingua straniera;
Nel 1940 l'Accademia d'Italia (prestigiosa istituzione culturale del regime) fu incaricata di trovare alternative all'uso di parole forestiere perché una legge dello stesso anno vietò l'uso di parole straniere nelle
Intestazioni delle ditte, nelle attività professionali e nelle pubblicità -> furono creati degli elenchi delle parole sostituite e le corrispondenti soluzioni. Furono però accettati diversi termini stranieri che ormai venivano usati quotidianamente da molto tempo: sport, film, tennis, tram, camion ecc. "lei" "tu". Durante il fascismo ci fu anche una campagna per abolire e sostituirlo con e utilizzare "voi" come forma di cortesia. La campagna non ebbe successo perché il "lei" era considerato dialettale, in quanto usato quotidianamente al sud (Benedetto Croce, napoletano, passò da "voi" a "lei"). A "Lingua Nostra", fu fondata la rivista con cui Bruno Migliorini elaborò la sua concezione avversa ai forestierismi, detta "neopurismo" (da non confondere con la politica xenofoba fascista, in quanto Migliorini rifiutò di mescolare la questione della lingua con.
La questione della razza). "regista" "regisseur" "autistista" A Migliorini si deve la sostituzione di al francese e di al posto "chauffeur". Con l'avvento della Repubblica è stata abrogata la normativa linguistica che prevedeva l'uso solo delle parole italiane e non straniere e non si sono più avuti interventi autoritari di politica linguistica, a parte quelli contro il cosiddetto uso sessista della lingua italiana che rifiutava il "maschile non marcato" e le professioni in -essa (da sostituire con un femminile diretto: non avvocatessa ma avvocata). All'inizio del Novecento l'Accademia della Crusca tentava ancora di concludere la sua quinta versione del vocabolario, che però non aveva più la funzione di un tempo ma, anche in questo secolo, continuava ad essere circondata da polemiche. Nel 1923 il ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile tolse alla Crusca il compitodipreparare il vocabolario. Fu prodotto, dall'Accademia d'Italia, un nuovo e moderno Vocabolario del Fascismo, direttoda Giulio Bertoni, non ebbe però fortuna e arrivò solo alla lettera C. boxe, bulldog, camion,Caratteristica di questo vocabolario è la presenza di parole straniere (claque, posti tra parentesi quadre) nei casi in cui non era stata trovata la relativa sostituzionerecord>primato, menù>lista).con la parola italiana (alcune parole sono state sostituite:Un aspetto interessante e innovativo di questo vocabolario è dato dal criterio di citazione degliesempi, un compromesso tra la forma tradizionale della Crusca e di Tommaseo (ampiacitazione degli autori), e quello del Giorgini-Broglio, che aveva sostituito il riferimento agliautori con esempi del parlato: qui sono citati gli autori ma solo come documentazione di un usocomune, senza riferimento preciso all'opera.Questo vocabolario non ebbe però influenza.Un certorilievo ebbe invece il piccolo vocabolario di Bertoni e Ugolini, che forniva la pronuncia esatta delle parole italiane, fatto soprattutto per gli annunciatori della radio e che prese il nome di Prontuario di pronunzia e di ortografia nel quale si affrontavano le differenze tra la pronuncia romana e quella fiorentina.
3. L'oratoria e la prosa "d'azione"
I discorsi dei politici venivano trasmessi alla radio e alla televisione, ma il loro fascino stava nel rapporto diretto con la folla; da ricordare i discorsi di Mussolini e soprattutto quelli di D'Annunzio, poeta-soldato e uomo d'azione.
Il modello d'annunziano influì sulla retorica del fascismo, infatti, nei discorsi di Mussolini si trovano: (martire, asceta- abbondanza di metafore religiose ecc) (falangi, vèliti)- metafore militari (redini del proprio destino)- metafore riguardanti la cavalleria (Duce, littore)- tecnicismi romani (milioni di italiani, decine di migliaia di caduti- uso dei
numeri )- slogan (la più nera delle ingiustizie, fermissima incrollabile decisione- esagerazioni ...)
4. Il linguaggio letterario nella prima metà del secolo
Gli autori vissuti a cavallo tra i due secoli, come D'annunzio e Pascoli, testimoniano nelle loro opere le trasformazioni in atto nel linguaggio letterario.
La poesia di D'Annunzio ricercò la nobilitazione attraverso la selezione lessicale (ad esempio ippopotamo "pachidermo fiumale", cameriere "fanti, cameriste" è chiamato le sono mentre l'operaio "uomo operatore").
Pur aderendo alla tradizione, la poesia di D'Annunzio si presenta comunque innovativa per la sua capacità di sperimentare moltissime forme diverse, anche metriche, e per il gusto di usare la lingua antica.
Il successo della sua opera e la sua vita offerta al pubblico come una parte della propria arte, hanno influenzato la lingua del Novecento: a lui si devono alcuni
neologismi come ad esempio “velivolo”. La Rinascente per aeroplano e anche il nome del grande emporio milanese (distrutto da un incendio e “rinato” quindi dalle proprie ceneri). (Amaro Montenegro, biscotti Saiwa) D’Annunzio collaborò con le pubblicità fornendo gli slogane con la cinematografia del muto fornendo didascalie e nomi di persona (chiaramente, dietro corrispettivo). Notturno: Le innovazioni apportate nella prosa da D’Annunzio si possono trovare nel- scritto a Venezia nel 1916 durante un periodo di temporanea cecità in cui, a causa di un incidente, il poeta era costretto a portare una benda sugli occhi. - si caratterizza per il periodare breve, la sintassi nominale, i frequenti “a capo”, presenza di elementi ritmici nella frase di andamento lirico. Una prima rottura con il linguaggio poetico tradizionale si ebbe con Pascoli, con i crepuscolari e con le avanguardie. Benché Pascoli usi termini colti e latinismi, conlui cade la distinzione tra parole poetiche e nonpoetiche, includendo nelle sue opere dialettismi, regionalismi, e in alcuni casi anche un po' di italo-americano (nel poemetto Italy dedicato all'emigrazione degli italiani. La poesia crepuscolare, ispirandosi a Pascoli, accentuò la tendenza alla prosa e all'abbassamento del tono tramite l'ironia. Quanto all'avanguardia, che in Italia si identifica soprattutto con il Futurismo, introdusse l'uso di parole miste a immagini, l'uso di caratteri tipografici di dimensioni diverse per rendere intensità e volume fonico delle parole, abolizione della punteggiatura e un largo uso dell'onomatopea -> tutto questo fu occasione di lunghe discussioni ma in sostanza si tratta di un movimento breve; non va tuttavia sottovalutato l'effetto del Futurismo sul linguaggio poetico. Un interessante riflesso del parlato si ha in Pirandello, non tanto nei romanzi, quanto nelle sue opere teatrali; lariproduzione dell'oralità è verificabile nella frequente presenza di: (ah si! Eh via! Ah no!) - esclamazioni (è vero, si sa, figurarsi) - connettivi (non più, ma..., si forse) - relativizzazioni Va ricordato che Pirandello è sempre stato diffidente verso il dialetto come strumento letterario, ma non ha rinunciato a dare un colore locale alle sue opere, soprattutto nella scelta dei nomi di persona, almeno nelle opere di ambiente siciliano. L'altro grande scrittore del primo Novecento, Italo Svevo, è famoso per il suo difficile rapporto con la lingua italiana, a causa della sua provenienza (Trieste) e dal fatto che ha sempre vissuto lontano dalle "chiese" della letteratura. Gli fu anche rivolta l'accusa di "scrivere male", accusa che lo fece soffrire e che Mengaldo cercò di cancellare -> la lingua di questo scrittore va inserita nel contesto storico in cui è nata e non va banalmente giudicata in.In base a modelli letterari della tradizione. Uno dei punti di riferimento per gli scrittori è il dialetto, distinto tra l'utilizzazione diretta e le varie miscele tra dialetti e lingua. Nel Novecento anche il toscano è ormai considerato un dialetto: Federico Tozzi introduce ("untare" "ungere", "piaggiata" "terreno in pendio", toscanismi nei suoi romanzi per "astiare" "odiare", "bicciarsi" "cozzare con le corna").
Un uso diverso del dialetto si ha con Carlo Emilio Gadda che invece usa una varietà di dialetti, definito "multilinguismo" o "pastiche gaddiano".
Dal "neoitaliano" di Pasolini alla lingua "standa". Nella seconda metà del secolo, si deve a Pasolini un importante intervento nella "questione della lingua" ("Rinascita" "Nuove questioni linguistiche").