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I miti sopravvivono nella storia perché rappresentano un tipo di accesso

autonomo al reale. La considerazione dei miti parte dalla distinzione tra

esegesi (che avviene in stretto contatto con i testi mitologici, dal “di

dentro”) e interpretazione (che comincia quando subentra una

prospettiva esterna). Nella maggior parte delle culture sono compresenti

due modelli mitologici:

1) Sintesi di miti affidati a linguaggi non ritualizzati e si dischiude in

forme simboliche riconoscibili in superficie;

in flagranti

2) Miti che fanno parte di pratiche culturali e rituali,

sottoposti a un’interpretazione religiosa accompagnati da

un’esegesi teologica che ne discute il significato.

Il linguaggio mitologico è il risultato della sovrapposizione di questi due

modelli. Varie scienze studiano questo argomento (antropologia,

etnografia, psicologia, filosofia…). Anche la Grecia antica si servì di un

doppio paradigma: interpretazione archeologica-storica e fiosofica-

religiosa-politica. I miti si affermano sui culti pre-ellenici e cercano degli

passio

eroi-dei che si facciano carico della di un’umanità strappata al

mythos

tempo ciclico della natura; Omero in scopre un ambito semantico

logos

molto vicino a quello di (parola-discorso, racconto) che unisce le

storie degli dei a quelle degli uomini.

Gli interpreti di Omero usano diverse forme d’interpretazione: figurale-

(kath’hypònoian)

allegorica degli Anassagorei e retorico-argomentativa

(katà diànoian) dei Sofisti. Secondo Platone il mito ha la sua realizzazione

più autentica nella poesia poiché essa ha origine dalla divina follia. Nella

Repubblica esclude la poesia dai programmi educativi sottolineando

quanto i miti possano essere pericolosi per chi non li sappia

comprendere, poiché danno una visione incerta del bene e del male. Si

pronuncia perciò, contro l’allegoria poiché adottando questa tecnica si

pretende che i miti siano detentori di verità. Aristotele invece non la

rifiuta categoricamente e afferma che amore del mito e amore della

saggezza coincidono. Secondo lui il mito è l’anima della tragedia, ma è

solo una delle cinque componenti che ritiene indispensabili per la

(caratteri-ethe, discorso-lèxis, tema-dianoia,

costruzione del dramma

scena-opsis, canto-melopoiia). Mythos dianoia

messa in e restano distinti,

poiché il mito fa parte dell’azione primordiale mentre il tema riguarda

l’argomentazione. Salda il discorso mitico a quello filosofico, sostenendo

che il poeta è il vero creatore di miti che vengono veicolati dai

personaggi agente. Ne rivendica quindi il carattere di universalità. La

De natura

tradizione dell’allegoria si diffonde soprattutto grazie al

deorum di Cicerone che conferisce ampio spazio nel secondo libro

all’interpretazione allegorica dei miti. Questa permetterebbe di affrontare

i temi fondamentali della teologia: l’esistenza e la natura degli dei... .

Nelle diverse scuole, platonica, aristotelica, epicurea, stoica,

l’insegnamento consisteva in esercizi dialettici che avevano come fine

una scienza politica illuminata dalla filosofia, l’accesso al sapere o a una

vita morale ma dopo la conquista di Atene (87 a.c.) queste scuole si

sparpagliano nel bacino del Mediterraneo. Parallelamente viene meno la

tradizione orale e si dà priorità all’esegesi del testo piuttosto che al

dialogo. A questo punto diviene determinante il pitagorismo:

insegnamento incentrato sul segreto, verità affidata all’udito, fondata

akoùsmata hypomnèmata

sugli e (annotazioni) per aiutare la memoria. I

miti sono sempre più associati ai misteri. Ammetteva la demonologia: dei

suscettibili di piacere, dolore, e anche ai vizi. Plotino sottolinea che il

mito è una formulazione inadeguata ma necessaria della verità, e che

serve a svelare a tutti ciò che il filosofo ha difficoltà a trasmettere.

Con l’affermazione del Cristianesimo cambia il ruolo del mito e viene

accusato di immoralità e di avere qualsiasi significato filosofico: i miti

divengono prefigurazioni tipologiche della fede cristiana secondo

aenigmata fabularum,

l’esegesi biblica. Nasce il problema degli e

sebbene le immagini favolose siano considerate un pericolo, Tommaso

d’Aquino ammette che poeti e filosofi si assomigliano perché riflettono

entrambi sul meraviglioso. Guglielmo de Conches elabora una teoria sulla

favola che offre una nuova base sull’allegoria teologica: dà una coesione

filosofica fondata sulla dialettica tra immagine, enigma e analogia.

docta ignorantia,

Invoca la teologia negativa che deve guidare l’uomo di

fronte ai misteri teologici, la consapevolezza che tutti i suoi linguaggi

sono insufficienti, inadeguati. Quello che impressiona di Guglielmo è la

pluralità di punti di vista, l’onnicomprensività.

La mitografia umanistica stabilisce stretti legami con i procedimenti

allegorici nell’iconografia politica e civile. Grazie all’età delle scoperte vi

è una revisione del simbolico suscitata dal confronto con culture lontane

che facevano un uso ancora attivo del mito: la logica umanistica doveva

riconoscere all’uomo selvaggio tutti i pregi dell’uomo razionale. La

Riforma e la Controriforma avevano segnato la cacciata definitiva degli

dei antichi, e a essi sono subentrate personificazioni di sentimenti,

concetti, astrazioni attive sulla scena del Barocco (Fortuna, Parche,

Tempo, Amore…). Alla fine del ‘600 lo studio della mitologia comparata

De sapientia veterum

diviene una necessità. Per esempio nel di Bacon

sono contenuti 31 miti degli antichi poeti interpretati come anticipazioni

allegoriche del suo pensiero scientifico. Gli dei sono personificazioni di

principi filosofici, naturali, politici, etici. Per primo giudica la coerenza

interna delle storie mitiche, e il mito si afferma come forma di

conoscenza attraverso la nascita di una logica dei miti. La sua opera

contribuisce alla desacralizzazione delle fonti pagane, riconoscendo nei

miti funzioni di divertimento, memoria che rinviano ai tre generi che li

veicolano: poesia parabolica, storia e poesia narrativa. Secondo Vico il

mito possiede una sua identità precisa e non è rivestimento della verità,

ma forma poetica. Nella seconda parte della Scienza Nuova è contenuta

la convinzione che il linguaggio mitico è analogo al linguaggio poetico e

presuppone che la teologia e la storia siano unite. La mitologia si fa

interprete di forze sovrumane e le sue rappresentazioni agiscono sul

comportamento dell’uomo poiché il rispetto della divinità induce a

governare gli istinti. L’immaginazione di un dio produce civiltà.

Affermazione decisa dell’autosignificazione del mito.

Secondo l’Illuminismo i miti documentano gli inizi della civiltà e

l’immaginazione mitica produce chimere e assurdità, anche se i miti

sopravvivono nelle arti grazie alla loro bellezza (concetto ripreso da

Heyne e Winckrlmann). Schelling è il primo che ha saputo affermare la

mitologia come manifestazione della coscienza: si oppone all’idea di una

poesia originaria, all’evemerismo e all’allegorismo. La mitologia per lui

non è invenzione, ma frutto della coscienza dell’umanità primitiva e ha le

sue radici nella formazione della coscienza. L’immaginario è un episodio

decisivo della storia dell’universo inteso come storia. Punto d’avvio è il

dibattito sulla Nuova Mitologia, un programma proclamato nell’ultimo

decennio del ‘700 da Hegel, Schelling e Schlegel che vuole rispondere in

positivo al disincanto dell’Illuminismo. Il mito, oltre ad essere una forma

di pensiero primitivo, è una forma letteraria: questo pensiero applicato

all’esegesi biblica alimenta il razionalismo ideologico. Schelling affermerà

che l’età della ragione è il risultato di un percorso a tre tappe: la perdita

dello stato di natura in cui l’uomo è fideista, l’epoca del giudizio in cui

l’uomo non è più al servizio dei sensi, infine la fase di libertà autonoma

della ragione. Il mito originario è testimonianza dei primi passi della

ragione, e pur nella sua rozzezza espressiva, è già filosofia. Vi sono due

tipi di mito: il mito storico è puro tramandare, quello filosofico è

rivestimento sensibile di un’idea. Il programma della Nuova Mitologia è

filosofico: prende avvio dall’interpretazione estetica della mitologia greca

e ha come fine la ricostruzione di una coscienza mitologica cristiana. La

poesia moderna “manca di un centro quale era la mitologia per quella

degli antichi”. L’arte rigenera l’etica del popolo, e la religione non può

costituirsi di verità universali, ma in essa i principi devono essere

nascosti sotto un velo sensibile che è rappresentato dai miti. La poesia

torna ad essere l’educatrice dell’umanità. Schlegel sottolinea

l’impossibilità di un ritorno alla mitologia antica e vede la mitologia come

un’espressione della natura trasfigurata dalla fantasia e dall’amore.

Schelling crede che non si può retrocedere alla serenità dell’intuizione

della natura che ebbero i Greci, ma si può sperare che la filosofia della

natura possa divenire una nuova sorgente di conoscenza di Dio. Hegel

sostiene che l’arte greca sia una fase superata, e cercare di ripristinarla è

Fenomenologia dello spirito

un vano anacronismo. Nella insiste sul fatto

che la religione greca ha perso la sua forza religiosa. Creuzer, filologo

tedesco di fine ‘700, riconosce la necessità di leggere congiuntamente i

miti greci con quelli orientali in chiave simbolica; dando al simbolo

maggiore funziona narrativa rispetto al mito. I miti sono simboli enunciati

nei quali trionfa la dimensione storica della poesia.

Nell’Ottocento, Bachofen (giurista, storico, antropologo svizzero),

sviluppa la tesi secondo la quale il simbolo è all’origine e

l’interpretazione linguistica in forma di mito è successiva. Mentre il

simbolo ha le sue radici nella profondità dell’anima, la parola affiora alla

superficie dell’intelligenza. Il mito come esegesi del simbolo rappresenta

una forma di scrittura religiosa della storia (Ne Il Matriarcato, 1861, la

tradizione mitica è memoria di grandi eventi storici). Nietzsche ne La

nascita della tragedia tratta l’origine dei miti greci e fonda le categorie

del dionisiaco e dell’apollineo, i due impulsi primari del “voler

Dettagli
A.A. 2018-2019
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/14 Critica letteraria e letterature comparate

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiaracalselli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Critica letteraria e letterature comparate e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Sinopoli Franca.