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Carlo Denina. Stiamo parlando rispettivamente dei sette volumi di Della storia e della ragione di

ogni poesia, pubblicati tra il 1739 e il 1752, e del Discorso sopra le vicende della letteratura,

pubblicato in due volumi tra il 1784 e il 1785 a Berlino. E’ opportuno distinguere tra una prospettiva

“universalistica” e una “proto-comparatistica” in riferimento alle due opere. Con “prospettiva

universalistica” si intende un modello storico-erudito di ricerca storiografica che privilegia una

narrazione finalizzata a ricostruire, attestare e disciplinare il valore di una tradizione letteraria in

funzione della sua “classificabilità”, spesso, come nel caso del Quadrio, con un intento

esplicitamente precettistico. Mentre per “prospettiva proto-comparatistica” si intende quella forma

di storiografia letteraria che considera la letteratura sulla base della relazione con il contesto

culturale e linguistico europeo e della percezione che si ha di essa come luogo di esperienza del

gusto e del bello. L’interesse di Denina è di situare storicamente e in un quadro europeo un

problema “estetico”, quello del mutamento del gusto e del genio delle lettere. La “dicotomia” tra

patrimonio e memoria della tradizione letteraria si rivela essere molto appropriato perché tra

“patrimonio”, inteso quale insieme dei beni materiali e immateriali appartenenti per eredità e

tradizione a una comunità, e “memoria”, cioè elaborazione critica e ricostruzione di quello stesso

patrimonio in forme letterarie, corre una relazione problematica collegata alla dimensione

storiografica. Si tratta infatti di una “relazione problematica” fra patrimonio testuale e memoria della

tradizione perché, a seconda del peso che assume ciascuno dei due elementi del binomio, si

produce un diverso modello di ricerca e di scrittura, portatore di un’immagine degli scrittori d’Italia

ritagliata di volta in volta sulle finalità che quel singolo progetto culturale si propone. Se si prova a

incrociare la prospettiva europea del genere epico con la presenza degli “scrittori d’Italia” nelle due

opere, la differenza macroscopica che subito balza agli occhi è che mentre Denina isola

un’accezione più moderna e più restrittiva di “epica”, limitandola ai poemi e ai romanzi di contenuto

favolistico, mitico o storico, Quadrio ne adotta il senso più estensivo, comprendente composizione

di argomento favolistico e non. Ragionare sulle cause del mutamento del buon gusto e del genio

delle lettere necessita di un criterio generale, di tipo storico, che tenga unite le riflessioni in un

quadro generale. L’attenzione per la letteratura dal punto di vista dello spectateur, cioè non lo

storico erudito bensì l’osservatore critico, fa sì che l’intento del Discorso sopra le vicende della

letteratura sia quello e solo quello di comprendere le modalità di esistenza e il manifestarsi della

letteratura in quanto tale. Nel suo articolato e ampio saggio dedicato alla Trattatistica e storiografia

letteraria del Settecento, Augusta Brettoni individua una linea di demarcazione ben precisa tra il

criterio dell’utile morale come fine della poesia, impiegato proprio dal Quadrio, e quello del giudizio

di gusto; tale demarcazione sarebbe, secondo la studiosa, frutto della diffusione europea

dell’Aesthetica di Baumgarten. Prima ancora di Baumgarten, però, va ricordato che nel 1719 era

stata pubblicata l’opera dell’abate Dubos, la quale aveva attribuito al pubblico la qualità di miglior

giudice sia in materia di poesia che di pittura, spostando quindi il baricentro dell’osservazione

dall’erudito (e dall’artista stesso) al fruitore delle arti. La memoria della tradizione letteraria, e

dunque il problema della sua ricostruzione attraverso un’osservazione critica filtrata dalla

narrazione storiografica, emerge con maggior vigore nell’opera di Denina, dove paradossalmente

proprio il filone della tradizione degli scrittori d’Italia non viene astrattamente privilegiato ma

ricompreso proprio nel più ampio contesto europeo. Mme de Stael dedica un saggio storiografico

alle influenze reciproche tra cultura e istituzioni politiche, religiose o sociali. Il volume in questione,

pubblicato a Parigi nel 1800, è costituito da due parti, di cui la seconda è quella che dà il senso

all’intero saggio. In questa prospettiva il quadro storico della prima parte è funzionale a giustificare

la lettura del presente, su cui verte la seconda parte, e a prefigurare un suo uso pratico che

potrebbe addirittura rivelarsi irrealizzabile nei confini della patria Francia. Nel dubbio, infatti, che le

conseguenze della Rivoluzione possano tradursi realmente in uno stato di libertà e di uguaglianza

politica, godibili da parte di un popolo finalmente illuminato, la de Stael si augura che le sue

riflessioni generali sui progressi dello spirito umano possano almeno “trovare la loro applicazione

in un altro paese, od in un altro secolo””, citando quale paese che le sembra in quel momento

storico più disposto ad accoglierle gli Stati Uniti, a causa della capacità di piegare lo stile

dell’eloquenza all’espressione di “verità semplici” e “puri sentimenti”. I due assi portanti di ogni

paradigma storico-critico o teorico riguardante la comprensione del fenomeno letterario sono l’idea

di “letteratura” e la modalità della sua indagabilità. Nel caso della de Stael, l’idea di letteratura è

molto chiara e originale, lontana dalla pervezione semantica ampia e variegata ancora presente

oltre la metà del Settecento, ma altrettanto diversa dall’uso più ristretto che noi ne facciamo. Si

tratta di un’idea di letteratura derivata da una prospettiva critica precisa ed esplicita che è quella di

comprendere la possibilità di perfettibilità di due facoltà umane, l’immaginazione e il pensiero

filosofico-morale. “Littérature d’idée” e “littérature d’imagination” sono al contempo distinte ma

insieme sussunte alla stessa funzione sociale che vede reciprocamente influenzantisi la letteratura

e le istituzioni politiche, sociali e religiose. Il libro della de Stael è originale innanzitutto per due

ragioni: l’aver di fatto fondato la storia comparata della letteratura europea sull’idea della continuità

e dell’aspetto “evolutivo” dei fenomeni letterari, e l’aver ricondotto al piano letterario il principio

filosofico di Montesquieu della relatività storica delle istituzioni. Ma possiamo aggiungervi un terzo

elemento di novità, e cioè l’ideale di rifondazione politica e sociale della civiltà europea, dopo la

crisi prodotta dagli esiti del Terrore giacobino e dalla militarizzazione dell’Europa napoleonica.

Questa attenzione per l’Europa ne fa non tanto un’entità politica quanto una figura sovranazionale

che attira verso di sé la storia delle singole nazioni (anche quella letteraria). La letteratura moderna

per la de Stael si distingueva per l’efficacia che avrebbe dovuto esercitare sul piano storico e

sociale dei lettori e delle nazioni, secondo i presupposti della poetica romantica degli Schlegel,

colmando il divario esistente tra la cultura e la partecipazione attiva alla vita politica del proprio

paese. Se poi il “carattere nazionale” è il frutto delle “istituzioni e delle circostanze, che influiscono

sulla felicità di un popolo”, ognuna delle letterature europee prese in esame dall’autrice deve e dà,

al contempo, la sua impronta culturale al corpo della nazione. In questa cornice ideologica va letta

anche la critica all’Italia. Emerge anche nella trattazione del caso italiano un “problema

storiografico” che possiamo meglio definire come questione della consistenza della modernità nella

letteratura coeva alla de Stael. Cos’è quindi che definisce come “moderno” il progetto di una

letteratura che sia all’altezza dei tempi? Definirebbe la dimensione del “moderno”, la ricerca della

libertà condivisa ovvero dell’”educazione dell’eguaglianza”. Sismondi individua le costanti letterarie

del suo discorso nel quadro del comune formarsi e differenziarsi del genio creatore nel Medioevo

europeo. Il concetto di “modernità” è da lui direttamente ricondotto alle nazioni “romanze”, cioè di

lingua romanza, secondo la teoria del moderno come romantico elaborata dai teorici tedeschi per i

quali il “romantico” sarebbe il risultato dell’incontro tra romanità e mondo germanico. Nel 1813

esce a Parigi De la littérature du Midi de l’Europe, in 4 volumi, frutto di un corso di lezioni tenutosi a

Ginevra, in cui Sismondi si concentra sulle tradizioni letterarie nazionali con finalità divulgativa,

ripercorrendo le letterature provenzale, araba, italiana, spagnola e portoghese. Il principio guida su

cui si articola quest’opera sulle letterature romanze è l’idea che esse siano scandite da una prima

fase di espansione, durante il Medioevo, caratterizzata dal “genio creatore” della nazione e

dall’ignoranza delle letterature straniere, pur non negando Sismondi l’esistenza di casi in cui

l’imitazione di modelli stranieri può aver caratterizzato anche gli esordi della storia di una

letteratura. La seconda fase, di durata maggiore della prima, sarebbe caratterizzata dalla

stabilizzazione del sistema letterario vero e proprio, con perdita di spontaneità e di forza

immaginativa. L’idea dell’utilità della comparazione come funzione critica finalizzata al recupero di

una facoltà estetico-poetica è la chiave principale per comprendere lo scopo del De la littérature

du Midi de l’Europe, in quanto essa, venendo messa a fuoco raggruppando letterature affini dal

punto di vista linguistico, è l’opposto di un’attitudine che fa dei principi che la caratterizzano delle

leggi universali e innate. Le letterature moderne mediterranee sono raggruppate sulla base della

loro comune doppia matrice, latina e “orientale”, quest’ultima introdotta come “style oriental” in tutte

le lingue romanze attraverso la mediazione spagnola e provenzale. Nel primo caso invece, quello

della matrice latina, si dà spazio alla derivazione delle lingue neolatine considerate (italiano,

castigliano, francese e portoghese) da una comune evoluzione del latino a contatto con le lingue

parlate dai popoli barbarici migrati in Europa occidentale. Una differenziazione interessante

introdotta da Sismondi è quella che distingue una comunità

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
15 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/14 Critica letteraria e letterature comparate

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovyviv94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letterature comparate e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Sinopoli Franca.