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Secondo Denis de Rougemont, la mitanalisi avrebbe dovuto usare la letteratura come pretesto per soddisfare
un'analisi della nostra società mitomane.
(2) Mitocritica: parola coniata da Gilbert Durand. Il compito della mitocritica è di "svelare un sistema
pertinente fondato su delle dinamiche dell'immaginario". Chiamta a confrontare in due schemi le grandi
strutture figurative – il loro flusso e riflusso all'interno di una cultura e in un dato momento culturale – essa
sfocia in una mitanalisi.
La <<Mitanalisi>> secondo Denis de Rougemont
La produzione saggistica di Denis de Rougemont risale soprattutto al primo dopoguerra, ma è permeata da
alcune costanti che si riverberano nella sua ricerca fino ai suoi ultimi anni di vita.
Il neologismo "mitanalisi" compare per la prima volta in Les Mithes de l'Amour (1961), una delle opere più
tarde. L'oggetto di questa nuova scienza è di natura doppia→ richiede due linee di metodo, accomunate da
una preoccupazione etica, che è da considerare in definitiva l'aspetto dominante del saggista svizzero.
(1) prima linea: un'investigazione sulla letteratura 15
In L'Amore e l'Occidente (1939), Denis de Rougemont presenta il mito di Tristano , la filiazione che si
stabilisce dal romanzo bretone a Gotfried, Shakespare, etc fino a Wagner. In Le Mythes de l'Amour invece
sono indagate le ripercussioni del mito occidentale dell'amore fino alla letteratura del Novecento.
De Rougemont parte dall'emergenza dei miti nella letteratura mondiale: è a partire da essa che i miti hanno
realmente agito e sviluppato i loro poteri contagiosi e liberatori. "Tristano, Faust, Amleto e Don Giovanni
sono delle creazioni immaginarie, ognuno di loro descrive l'irruzione drammatica di una forza dell'anima in
una società ben precisa".
De Rougemont legge il rapporto mito-letteratura come un rapporto di degenerazione: la letteratura è
solo lo specchio deformante del mito, la sua immagine confusa. Essa dà inizio a un processo di decadenza:
non si costituisce se non a favore di una prima degradazione, di una prima profanazione. "Quando i miti
perdono il loro carattere esoterico e la loro funzione sacra, si tramutano in letteratura" → la storia della
passione d'amore in tutte le grandi letterature (dal Medioevo ai giorni nostri) è la storia della degradazione
del "mito cortese" nella vita "profanata": è la storia dei tentativi, di volta in volta sempre più profanati, che
Eros mette in atto per rimpiazzare la trascendenza mistica con un'intensita emotiva.
il movimento di decadenza è irreversibile, sia che il mito si incammini sulla "via poetica" (la "tradiozione
indebolita, intellettualizzata, sofisticata" che Poe ha trasmesso a Baudelaire), sia sulla "via romantica", cioè
una "strada nazionale intasata". Riassumendo: il processo di profanazione del mito si articola in due
momenti, che suscitano in De Rougemont una duplice attitudine critica: 16
1. il suo venire alla luce nella letteratura → De Rougemont sostituisce all'elemento sacro originale un
ambiente spirituale che lo sostituirà. Parlando di Tristano, attraverso l'amor cortese subentra il
catarismo , debitore di un dualismo di origine orientale (visione manichea?), di uno gnosticismo
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diffuso .
13 I due concetti vengono formulati ben prima che i rispettivi inventori creino dei neologismi per designarli.
14 abusivamente rivendicata da Gilbert Durand.
15 Benché De Rougemont creda a una forma di proto-Tristano celtico, limita la sua ricerca alla leggenda scritta di
Tristano, che designa come "mito primitivo".
16 Nel caso di Tristano, la fonte celtica.
17 Da qui la tesi paradossale, contestata dai medievalisti, di un mito occidentale dell'amore venuto da Oriente.
2. il suo declino nella sotto-letteratura → De Rougemont esprime un giudizio negativo sulla letteratura
contemporanea, corretto però dalla volontà di ritrovare , sotto la mediocrità del discorso, la
permanenza, la scintilla del mito. Nel mito occidentale dell'amore si sedimenta la costante banale
dell'ostacolo: nel romanzo bretone era il re Marco tra Tristano e Isotta. Da qui, tre avatar di questo
ostacolo la cui manifestazione è individuata in tre grandi romanzi del XX sec, visti da De
Rougemont come "le nuove metamorfosi di Tristano":
◦ Lolita, Nabokov: ostacolo della morale comune.
◦ L'uomo senza qualità, Musil: ostacolo della società austriaca.
◦ il dottor Zivago, Pasternak: ostacolo del regime comunista.
Brunel nota una certa imprecisione nell'uso terminologico che fa De Rougemont: quest'ultimo parla di
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Tristano come di un mito, come di un tema e persino come di un archetipo . De Rougemont definisce
l'"archetipo medievale di Tristano" come "quella forma dell'amore che rifiuta l'immediato, fugge ciò che è
prossimo, vuole la distanza e alla bisogna la inventa , per meglio sentirsi o per esaltarsi", "la passione che
desidera la notte"→ il supporto narrativo è eliminato a favore di un contenuto ideologico.
prodigiosa estensione del campo di indagine ed errori di valutazione, che suscitano perplessità in Brunel:
De Rougemont confonde il romanzo di Tristano e Isotta col grande mito europeo dell'adulterio: Tristano non
è più Tristano, egli è Romeo, o Humbert Humbert o Ulrich o Zivago. Data questa incertezza, De Rougemont
può sostituire al mito di Tristano ciò che chiama, del tutto impropriamente, il mito occidentale dell'amore,
che a dire il vero non è così occidentale e il saggista crea dal nulla → De Rougemont crea il suo mito, la sua
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"poesia" dell'amore.
L'oscillazione terminologica è dovuta da qualche esitazione nel definire il mito. Scartando la concezione
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negativa del mito , De Rougemont si crede costretto a distinguere, del mito, un:
• senso ampio: rinvia al testo. "Un mito è una storia, una favola simbolica, semplice e sorprendente,
che riassume un numero infinito di situazioni più o meno analoghe".
• senso stretto: "i miti traducono le regole di condotta di un gruppo sociale o religioso. Essi procedono
dunque dall'elemento sacro intorno al quale si è costituito il gruppo.
il mito è al tempo stesso dato e non dato, storico ed eterno.
(2) seconda linea: studio della società contemporanea → mitanalisi come terapeutica collettiva
De Rougemont: "Io non faccio critica letteraria e non ho altro proposito se non quello d'illustrare un tema di
cui non sono l'ultimo a subire il carisma e il fascino fatale" → De Rougemont non si occupa né di letteratura
né di mito: la letteratura è per lui solo un punto di partenza per un indagine più vasta, e di conseguenza il
mito è solo un mezzo di una "mitanalisi".
Il neologismo "mitanalisi" è forgiato su psicanalisi, ma il parallelismo risulta ingannevole, perché di fatto la
mitanalisi è come una nuova analisi della psiche, intesa non come psiche individuale ma come psiche
collettiva → i miti ne permettono il difficile approccio: "ognuno di essi descrive l'irruzione drammatica di
una forza dell'anima in una società ben precisa", o anche "la mitologia conduce il suo gioco, che è un gioco
dell'anima" →il proposito di De Rougemont colorazione junghiana (→ inconscio collettivo e archetipi
dell'immaginario). Polemica con la psicanalisi di Freud, che viene ripresa e modificata nell'idea di "cura
mitanalitica". De Rougemont presenta la cortezia in questo modo:
L'amore cortese è nato nel XII secolo in piena rivoluzione della psiche occidentale. È sorto dallo
stesso movimento che fece riemergere, al mezzogiorno della coscienza e dell'espressione lirica
dell'anima, il Principio femminile della Shakti, il culto della Donna, della Madre, della Vergine. Esso
partecipa a questa epifania dell'Anima che rappresenta ai miei occhi, nell'uomo occidentale, il
ritorno di un Oriente simbolico.
In L'Amore e l'Occidente, De Rougemont si è proposto di "cercare le corrispondenze religiose e filosofiche
delle attitudini descritte o magnificate dall'attuale letteratura che parla d'amore". Ha notato che la concezione
cortese dell'amore corrisponde ad attitudini maniche e gnostiche. Dato il successo costante della letteratura
della passione, manicheismo e gnosticismo si sono conservati fino ai giorni nostri nella psiche occidentale.
18 Brunel si chiede in che modo si possa parlare di archetipo dato che la leggenda scritta di Tristano (che il saggista
definisce come "archetipo medievale") è molto lontano dall'arch, cioè dall'origine, dal cominciamento.
19 Vedi nota successiva. poiew),
20 Cioè quella del mito come illusione, come "poesia" (vd cioè di invenzione di realtà che non esistono
veramente se non nella loro espressione.
De Rougemont entra in polemica con Nietzsche, che credeva che il Cristianesimo fosse il principale
responsabile della passione così come viene vissuta in Europa → Per De Rougemont l'amore-passione
occidentale proviene da una deriva manichea e gnostica di origine orientale: "è nato dalla complicita di
questa religione con le nostre più antiche credenze, e dal conflitto dell'eresia che ne risultò con l'ortodossia
cristiana" → "La nostra drammatica fortuna è di avere resistito alla passione con dei mezzi che erano
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destinati ad esaltarla" .
Per De Rougemont, questo amore-passione costituisce un fattore di pericolo permanente → come la
psicanalisi freudiana, la mitanalisi deve essere praticata a scopi terapeutici. De Rougemont evidenzia una
crisi del matrimonio, perché "la passione danneggia l'idea stessa di matrimonio in un'epoca in cui si tenta
l'assurdità di fondare il matrimonio su dei valori elaborati attraverso un'etica della passione".
De Rougemont sottolinea la necessità di una "cura mitanalitica": riportare alla luce le rimozioni, osservando
le torbide complessità e gli intrighi apparentemente insani dell'erotica contemporanea, presenti nel mito, per
indurre una catarsi collettiva. "Quando noi ignoriamo la natura dei miti, essi ci governano senza pietà e ci
portano allo smarrimento".
Secondo De Rougemont si può giungere a una rivalutazione del matrimonio, grazie al passaggio da EROS
( pagano, amore-passione, la condizione di essere innamorati) ad AGAPE (cristiano, amore caritatevole, non
condizione ma atto di amare) → il matrimonio apparirà come istit