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CAPITOLO 2 – L'ENIGMA DELLA FINZIONE

L'immaginazione nei bambini comincia a svilupparsi già a partire da 1 anno, a 2 anni cominciano a collaborare con i coetanei in semplici messe in scena e ad apprendere come sviluppare un personaggio. A 3/4 anni entrano nel periodo del gioco simbolico o di finzione e per i successivi anni fino ai 10/11 faranno da padroni nei territori del "facciamo finta di". I bambini sono attratti dall'arte, dalla musica e dalle storie per natura. Tuttavia la cosa più bella di tutte è il gioco, e il loro gioco preferito è la creazione (spontanea, senza alcuna guida) e la messa in scena di storie. Per i bambini il gioco di immaginazione è automatico e insopprimibile. Come mai essi sono così legati alle storie? Perché gli esseri umani raccontano storie? Perché ci piacciono e ci danno gioia. Ma come tutte le parti del nostro corpo sono versatili, così anche le storie possono avere

Diversi scopi delle funzioni:

  • Esibizione delle proprie capacità per fare sesso
  • Forma di gioco cognitivo per allenare la mente
  • Fonti poco costose di informazioni e di apprendimento tramite esperienza altrui
  • Collante sociale per unire le persone a valori comuni

Droga per il cervello

La finzione narrativa, come la cocaina, è una droga che utilizziamo per sfuggire la noia e alle brutture della vita reale. Secondo Kessel non leggiamo o guardiamo film per ampliare la mente ma per lo sballo. Le storie non servono a niente, il cervello non è progettato per la narrazione ma nel suo design vi sono anomalie che lo rendono vulnerabile ad essa. Se l'attitudine alla narrazione fosse solo un piacevole fronzolo, l'evoluzione l'avrebbe eliminata già da parecchio, in quanto inutile spreco di energia. Il fatto che le storie siano un universale umano costituisce una forte evidenza di una finalità biologica. Non si sa per certo se le storie siano un

adattamento all'evoluzione o un suo effetto collaterale ma possono esserci in questa attitudine degli elementi che danno l'impressione di un progetto evoluzionistico e anche degli elementi che oggi sono altamente funzionali ma che non sono stati concepiti dalla natura a questo scopo. Il lavoro dei bambini Gli adulti hanno la tendenza a ricordare il gioco di immaginazione dell'infanzia come uno spazio paradisiaco, ma il gioco dei bambini non è un'evasione dalla realtà, bensì un comportamento che affronta di petto i problemi della condizione umana. Il gioco di immedesimazione è un divertimento serio da morire e nonostante riguardi molte cose e si sviluppi in situazioni diverse è sempre incentrato sui problemi e le situazioni che generano ansia e preoccupazione. Il teorico del gioco Brian Sutton-Smith afferma che: "Nelle storie narrate oralmente dai bimbi piccoli le azioni più tipiche comprendono l'essersi persi, essere

portati via, essere morsicati, morire, essere calpestati, essere arrabbiati, chiamare la polizia, scappare o cadere. Nelle loro storie i bambini ritraggono un mondo in continuo mutamento, un mondo di anarchia e disastri.”.

Maschi e femmine

La maestra d’infanzia Vivian Paley descrive nel suo libro Boys and Girls. Superheroes in the Doll Corner un esperimento sulla psicologia di genere durato un anno. Il suo principale obiettivo era quello di far lavorare meglio la sua classe e fare in modo che i maschi si comportassero in modo più disciplinato. Dagli anni ’50 ai 2000 le donne sono entrate nel mondo del lavoro e gli uomini hanno iniziato a fare i lavori di casa eppure il gioco di finzione è praticamente rimasto invariato, bambini e bambine della sua classe erano perfette piccole incarnazioni degli stereotipi di genere. Il libro è dedicato all’anno da lei trascorso a cercare di indurre i suoi alunni a comportarsi in una maniera più uniforme sotto

l’aspetto dei sessi. Nessuno dei suoi trucchetti o manipolazioni haperò funzionato. L’esperimento è culminato nella sua dichiarazione di resa di fronte allaprofondità strutturale dei generi. Decine di ricerche ciò che Paley aveva osservato nella sua classe:bambini e bambine tendono spontaneamente ad autosegregarsi in base al proprio sesso; i bambinigiocano in modo molto più disordinato e turbolento; il gioco di immedesimazione è molto piùfrequente nelle bambine; i maschi sono tendenzialmente più aggressivi e meno accoglienti dellefemmine; e queste differenze sono presenti e misurabili a partire dai 17 mesi. A differenza deisogni o della tendenza adulta alle storie il gioco di finzione infantile ha delle funzioni biologiche. Laspiegazione prevalente della presenza del gioco in numerose specie è che esso aiuta i giovani asimulare azioni per prepararsi alla vita adulta. I bambini che giocano stanno allenando il

loro corpo è il loro cervello per le sfide che affronteranno da grandi. Il gioco è il lavoro dei bambini.

Ninnenanne da brivido

Le burrasche e i conflitti del gioco di finzione dei bambini potrebbero essere un'eco dei drammi contenuti nelle storie che diamo loro da leggere e il territorio del "facciamo finta che" è pericoloso perché ai bambini accade di essere esposti a narrazioni immaginarie intrise di problemi, ansietà e dolore.

CAPITOLO 3 - L'INFERNO È AMICO DELLE STORIE

Storia del padre e della figlia al supermercato raccontata in due modi diversi.

Attenti al varco

La prima storia (giro al supermercato con esiti catastrofici) è la più desiderabile nella finzione narrativa mentre la seconda storia (giro al supermercato privo di incidenti) è la più desiderabile nella vita reale. Le storie sono piacevoli perché ci consentono di evadere dalla realtà che è difficile mentre l'isola che

Non è facile. Ma se la teoria dell'evasione fosse vera sarebbe lecito aspettarsi principalmente delle storie a lieto fine, storie in cui ci sia il pieno appagamento dei desideri. Invece i nostri svariati mondi finzionali sono nell'insieme paesaggi orrorifici. Nella finzione narrativa c'è un paradosso che Aristotele fu il primo a rilevare nella Poetica: siamo conquistati dalla finzione perché ci da piacere, ma la maggior parte di ciò che è contenuto in essa è di fatto spiacevole. A prescindere dal genere se non ci sono problemi intricati non c'è storia. Uno specchio della vita? Gli scrittori hanno sperimentato l'iperrealismo, che si libera degli espedienti della trama della narrativa tradizionale e presenta stralci della vita così come la viviamo realmente. L'iperrealismo è interessante in quanto esperimento ma fallisce per la stessa ragione per cui falliscono le storie di puro

appagamento: a entrambi manca l'ingrediente chiave, cioè il meccanismo della trama sviluppato intorno ai problemi.

Una grammatica universale

La finzione narrativa è incentrata sui problemi. Janet Burroway è chiarissima al riguardo: "Il conflitto è l'elemento fondamentale della finzione narrativa. Nella vita, spesso il conflitto ha una connotazione negativa, invece nella finzione il conflitto drammatico è essenziale perché in letteratura solo i problemi sono interessanti. Non così è nella vita." L'idea che le storie vertano sui problemi è un tale luogo comune da rasentare il cliché. Al di sotto della superficie di tutta la più disparata varietà di storie raccontate c'è una struttura comune, relativamente flessibile. Praticamente tutte le storie del mondo sono incentrate sugli sforzi di uno o una protagonista per ottenere ciò che desidera.

(storia = personaggio +

situazione difficile/problema + tentativo di superamento) Più la situazione da affrontare è spinosa più la storia piace. La finzione narrativa è considerata pressoché unanimemente una forma d'arte altamente creativa ma tutti gli autori lavorano entro i rigidi confini della struttura incentrata sul problema. Nasce così il movimento modernista che tenta di trascendere la storia convenzionale rinnovando il bisogno di raccontare storie. Come ha dimostrato il linguista Noam Chomsky, tutte le lingue umane hanno in comune alcuni principi costitutivi di base: una grammatica universale; e lo stesso vale per le storie. Nella finzione narrativa di tutto il mondo c'è una grammatica universale, una struttura profonda che vede gli eroi affrontare i problemi e combattere per superarli. Universalmente le storie si focalizzano sulle grandi difficoltà della condizione umana: l'amore, il sesso, la paura della morte, le sfide della vita e il

potere. L'eroe si sacrifica al nostro posto

Secondo molti teorici dell'evoluzione le storie costituiscono lo spazio nel quale gli individui si esercitano a utilizzare le competenze più importanti della vita sociale umana. Janet Burroway sostiene che il principale vantaggio offerto da questa pratica sia la possibilità di vivere delle esperienze surrogate senza esporsi in prima persona. La psicologa e romanziera Keith Oatley considera le storie come simulatore di volo per la vita sociale umana. I simulatori di volo consentono ai piloti di addestrarsi in sicurezza, le storie ci preparano alle grandi sfide della vita. Secondo questo ragionamento cerchiamo sì le storie perché ci piacciono ma la natura ci ha progettati per amarle affinché potessimo fruire del vantaggio derivante dal fare pratica. La finzione narrativa è un'arcaica tecnologia di realtà virtuale specializzata nella simulazione di problemi umani.

Simulare equivale a

Negli anni '90 un gruppo di neuroscienziati italiani scoprì i neuroni specchio. Molti ritengono che possediamo delle reti neurali che si attivano quando eseguiamo una certa azione o sperimentiamo un'emozione e anche quando osserviamo qualcun altro eseguire quell'azione o provare quell'emozione. Questo potrebbe spiegare perché gli stati mentali sono contagiosi. I neuroni specchio potrebbero anche essere alla base della capacità umana di creare nella mente potenti simulazioni di fronte a una finzione narrativa. Studi di laboratorio rivelano inoltre che le storie influiscono su di noi non solo a livello mentale ma anche a livello fisico. Nel libro The media equation gli scienziati informatici Byron Reeves e Clifford Nass mostrano che le persone rispondono alle forme finzionali e ai videogiochi in modo del tutto simile a come rispondono a eventi reali. Il fatto di sapere che la finzione è finzione non impedisce al cervello di elaborarla.

schermo. Questo perché il nostro cervello non distingue tra ciò che è reale e ciò che è solo rappresentato. Quindi, quando guardiamo un film, le emozioni che proviamo sono genuine, anche se sappiamo che ciò che stiamo vedendo non è realmente accaduto. Questo fenomeno è noto come "suspension of disbelief" (sospensione dell'incredulità) ed è ciò che ci permette di immergerci completamente nella storia e di provare emozioni intense. I registi e gli sceneggiatori sfruttano questa capacità del nostro cervello per creare film coinvolgenti e memorabili. Ad esempio, quando vediamo una scena di azione in cui il protagonista è in pericolo, il nostro battito cardiaco può accelerare e possiamo provare una sensazione di ansia o paura. Allo stesso modo, quando assistiamo a una scena romantica o sensuale, possiamo provare un senso di eccitazione o attrazione. Tutto ciò è reso possibile grazie alla potenza dell'immaginazione e alla capacità del nostro cervello di creare una realtà virtuale all'interno della nostra mente. Quindi, la prossima volta che guardi un film e ti senti coinvolto emotivamente, ricorda che è il tuo cervello che sta reagendo come se ciò che stai vedendo fosse reale.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
15 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LaVivi99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura per la prima infanzia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Oliviero Stefano.