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Minucio Felice
Apologetica latina fine II sec. : Octavius di M. Felice e orazioni Ad nationes e Apologeticum di
Tertulliano. Nel primo aspra e violenta polemica antipagana, intende colpirli con slancio. La fede
per lui è di stampo intellettualistico con un lucido misticismo espresso in una inesausta sete di
assoluto contrariamente a Tertulliano in cui permane l’aspetto terreno con particolare attenzione al
corpo e alla reincarnazione. Duplice originalità quindi, nella posizione spirituale e nello stile.
Tertulliano
Getta le basi della patristica occidentale: affronta il problema trinitario, cristologico e il problema
del male. Si utilizzava il sermo plebeius per le modeste origini sociali dei nuovi credenti,
abbassando così il livello a cui era la cultura pagana.
Formulò per primo con esattezza le linee principali del dogma della trinità ma negò l’esistenza del
Figlio ab aeterno e pose nel Padre la preminenza assoluta. Abbracciò poi l’eresia montanista, pose
l’accento sulla diretta illuminazione dello Spirito Santo e negò la verginità di Maria (si mostrò
anche crudelmente misogino).
Ad nationes: ha concepito l’opera come un discorso ai pagani persecutori e immorali, pone in
ridicolo tutta la loro tradizione religiosa.
Apologeticum: opera più organica che testimonia gli studi di retorica e la pratica dell’avvocatura
dell’autore. Il fascino è costituito dalla convinzione che la curia Christianorum è il fermento
destinato a svegliare la società pagana sprofondata nel suo risibile orgoglio e nei suoi vizi. Viene
data notevole importanza al tema del martirio; grido di vittoria di una società nuova che non teme la
morte, ma anela a versare il suo sangue per fecondare il mondo.
Adversus Marcionem: 5 libri. Marcione negava a Cristo di aver posseduto un corpo effettivo e
ripudiava alcuni libri del nuovo testamento sottolineando la contraddizione tra antico e nuovo
testamento.
De ieiunio adversus psychicos: si scaglia contro i cattolici distinguendo sè e i suoi compagni
(pneumatici, seguaci del Pneuma “spirito”) da quelli che vegetano in una vita di carnalità animale
schiavi della disciplina ortodossa (psychici). Il distacco vero e proprio dall’ortodossia cattolica
avviene nel De pudicitia in cui nega la remissione dei peccati alla chiesa episcopale riconoscendola
solo agli apostoli ed ai profeti loro successori.
San Cipriano
Fu dapprima maestro di retorica, frutto immediato della sua conversione sembra essere il trattatello
Quod idola dii non sint. Scrisse per l’amico Quirino che gli aveva chiesto una dimostrazione della
verità della dottrina cristiana i 3 libri del Testimonia ad Quirinum . Poi scrisse De habitu virginum
per la guida morale delle vergini consacrate a Dio. L’epistolario ci mostra che da vescovo dovette
affrontare tutti i problemi legati alle persecuzioni. Questo riguardano gli scritti De catholicae
ecclesiae unitate in cui propugna il dovere di sottomissione dei fedeli ai loro pastori; e De lapsis
(“lapsis” erano coloro che avevano comprato la dichiarazione di abiura e avevano ceduto ai
persecutori). Problema di come accogliere nella comunità quelli battezzati da eretici: San Cipriano
risponde che hanno bisogno di un nuovo battesimo, ne nacque un urto con la chiesa di Roma in cui
Stefano I era più indulgente. Fu vittima della persecuzione dell’imperatore Valeriano, - se ne trova
precisa testimonianza negli Acta consolatoria Cypriani - fu martirizzato.
Letteratura pagana del III sec. : Poeta M. Aurelio Olimpo Nemesiano; storiografi Mario
Massimo, Lollio Urbico, Elio Giunio Cordo, Giulio Valerio Polemio.
Arnobio
Era un maestro di retorica che si convertì al Cristianesimo, al tempo di Diocleziano, spinto da un
sogno. Scrisse i 7 libri Adversus nationes per dimostrare al vescovo l’autenticità della sua fede. La
sua particolarità consiste nel servirsi di pensatori pagani per demolire il mondo della civiltà pagana.
Nelle sue opere non è affatto dimostrato che egli conoscesse il vecchio testamento; e vi sono
contenute delle proposizioni definibili ereticali: non è esclusa l’esistenza di dei pagani, considerati
inferiori rispetto a Dio padre, alla pari di Cristo considerato anche lui una divinità di secondo grado.
Questo autore è il prodotto del sincretismo della civiltà pagana e le correnti mistiche del tempo.
Lattanzio
Fu per molti anni un retore,imbevuto di cultura tradizionale. Problema del De ave phoenice: chi lo
attribuisce a Lattanzio sostiene che il carme sia posteriore alla conversione. Questa avvenne intorno
al 303 poiché rimase scosso dalla persecuzione anticristiana di quegli anni. Di questo periodo sono
le opere De opificio Dei, Divinae istitutiones, De ira Dei, De mortibus persecutorum. Le sue opere
sono legate l’una all’altra da un filo conduttore, la prima opera fonda la visione ottimistica del
messaggio cristiano: l’organismo umano in quanto creazione di Dio, è una costruzione mirabile è
perfetta. Ma il suo scopo fondamentale è sempre stato quello di insegnare la nuova dottrina ai non
credenti, sfoggiando la propria di cultura.
Scrittori minori del IV sec. : connubio fra i due mondi con gli editti di tolleranza spec. quello di
Costantino.
Poeti: Vettio Aquilino Giovenco, Decimo Magno Ausonio, Rufio Festo Avieno, papa San Damaso-
“centones” pratica di stralciare e ricucire insieme i versi virgiliani volgendo lì a nuovo contenuto.
Prosatori: storiografia con la Historia Augusta, serie di biografie da Adriano a Numeriano e Carino.
Fra i breviaristi e epitomatori Eutropio e Rufio Festo. Itineraria di argomento cristiano che narrano
di pellegrinaggi ai luoghi santi vd. Sulpicio Severo che scrisse una biografia di S. Martino ma cade
nel romanzesco. Patristica Latina vd. Sant’Ilario di Poitiers che dedicò la sua vita a combattere
l’eresia ariana (cristo è genitum e factum, cioè generato nel tempo e non consustanziale al padre) fu
esiliato in Asia minore e furono gli anni più fecondi poiché scrisse De Trinitate. Sosteneva che
cristo ha assunto un corpus caeleste per come si è formato per volere di Dio in modo diverso
rispetto agli uomini. Camminare sull’acqua non era un miracolo, ma semplicemente la sua natura.
Rufino di Aquileia e Pelagio: la loro importanza è data dagli scontri che ebbero rispettivamente con
S. Girolamo e Sant’Agostino. Pelagio riportò la morale stoica nell’ambito del cristianesimo
rivendicando la perfettibilità della natura umana, ponendo l’accento sul libero arbitrio, mettendo in
dubbio la necessità del battesimo e la trasmissione del peccato originale. Vista la pericolosità di
queste affermazioni, la parola di Sant'Agostino fece condannare l’eresia di Pelagio.
Aurelio Simmaco, panegirista e il più accanito difensore della tradizione politica romana. Non
vuole arrendersi di fronte al mutamento dei tempi e vagheggia l’auctoritas e il mos maiorum.
Ambrosio Macrobio Teodosio, Saturanalia e De differentiis et societatibus Graeci Latinique verbi.
Elio Donato, compose Ars minor e Ars maior, il più completo corso di grammatica dell’antichità.
Mario Vittorino, era un maestro di retorica nemico del Cristianesimo che quando si convertì perse
l’insegnamento a causa della costituzione di Giuliano l’Apostata che vietò ai maestri cristiani di
esercitare.
Ammiano Marcellino
Era un soldato e militò al tempo di Costanzo II e poi di Giuliano l’apostata. Voleva narrare le
vicende dal punto in cui erano arrivate le vicende di Tacito, cioò dalla morte di Domiziano. Scrisse
quindi i Rerum gestarum libri XXXI, in cui l’eroe è Giuliano l’apostata. Nonostante l’improprietà
della sua lingua, (era siriaco), lo stento e la pesantezza del suo stile, è l’ultimo dei grandi storici a
Roma. E’ molto scrupoloso nella narrazione, abbonda di digressioni e sfoggi di erudizione, è
imparziale e obiettivo - critica il provvedimento di Giuliano contro i maestri di retorica nonostante
ne sia un grande ammiratore - . Il modello tacitiano è stato il più operante su di lui, la narrazione
ruota infatti intorno alle figure degli imperatori, costituendo una serie di biografie, dopo la morte di
uno di questi si sottolineando i suoi vizi e le sue virtù, Roma è al centro dell’attenzione. La
differenza fondamentale consiste nel fatto che Ammiano è molto più ottimista riguardo il futuro del
dominio di Roma e manca di sussulti drammatici.
Sant’Ambrogio
Fu eletto vescovo e distribuì subito ai poveri tutti i suoi averi e condusse una vita rigida di
astinenza. Fu difensore dell’autorità della chiesa come depositaria dei valori supremi e
dell’ortodossia. Scrisse per l’imperatore Graziano De fide ad Gratianum contro l’eresia ariana e De
Spiritu Sancto. Scrisse anche degli Inni ambrosiani che furono imitati da molti. Scrisse poi per il su
clero milanese il De officiis ministrorum in cui raccomanda i doveri verso i poveri e gli umili e
tende a sostituire un trattato cristiano al De officiis di Cicerone. Questione dell’Ambrosiaster:
Commento alle lettere di San Paolo che fu diffuso sotto il nome di Sant'Ambrogio ma Erasmo da
Rotterdam riconobbe che non poteva essere lui l’autore, poiché seguace di un indirizzo più
ottimistico rispetto a quello espresso nel Commento.
San Girolamo
L’insegnamento di Elio Donato ebbe un effetto decisivo su di lui: gli inculcò una passione
invincibile per le lettere latine che combinata con la fede determinò l’organizzazione della civiltà
occidentale. Trascorse tre anni di vita anacoretica e qui fece un sogno in cui viene espresso il suo
dissidio interiore: gli parve di essere trasportato di fronte al tribunale divino e di essere accusato da
cristo di non essere un cristiano ma un ciceroniano e di essere frustato fino a che non promise di
abbandonare la lettura degli autori pagani. Maturò però nel corso del tempo che lo studio della
latinità classica non poteva essere peccato. L'opera fondamentale gli fu commissionata da San
Damaso e fu la revisione del testo latino della sacra scrittura che va sotto il nome di Itala. Epistola
De conservanda virginitate che gli attirò contro molte ostilità che lo indussero ad abbandonare
Roma. Si dedicò nuovamente alla revisione della sacra scrittura e la versione del vecchio e nuovo
testamento fu accolta da aspre polemiche perchè si discostava molto dalla versione degli anni
precedenti. A poco a poco però esse finì col diventare la vulgata editio proclamata autentica è
ufficiale dal Concilio di Trento. L’opera svetoniana gli suggerì il De viris illustribus comprendente
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