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Fiori cristiani -> dopo il 476 dC la società romana occidentale mantenne i suoi caratteri e quadri istituzionali (i popoli
germanici intanto fondavano all’interno dell’Impero dei regni nei quali convivevano coi romani). In seguito mutarono le
abitudini alimentari (animali grassi e proteine), i caratteri produttivi, il rapporto con l’ambiente e la natura (scomparvero le
vaste estensioni di terreno che i romani avevano adibito a orti, a frutteti/pomaria e a viridaria - luogo verde per alberi,
arbusti, erbe ad oggi verzieri)..
L’eterna primavera -> Isidoro di Siviglia nell’Etimologie scritte all’inizio del VII sec definisce l’hortus come orto dal verbo
orior nascere, perché vi nasce sempre qualcosa, non è mai senza frutto, l’uomo è stato capace di creare un’eterna
primavera come un’imitazione divina all’Eden.
Nel IX sec Rabano Mauro nel trattato Le nature delle cose riprendeva Isidoro, distinguendo tra le nobili erbe coltivate
nell’orto e quelle più vili che crescevano spontanee nei campi, precisando come l’hortus fosse simbolo della Chiesa.
L’orto delle delizie (Paradiso) rappresenta la Chiesa del suo tempo, ma anche quella prefigurata nel Genesi e nel Cantico
dei Cantici: il fiume che nasce è il Cristo, i quattro fiumi che irrigano la terra sono le 4 virtù cardinali (prudenza,
temperanza, fortezza, giustizia) e i 4 vangeli, l’albero della vita è il Cristo (quello del bene e del male, il libero arbitrio).
Anche le erbe dell’orto hanno significati allegorici. Quindi nell’altomedioevo il giardino ha un posto nell’allegoria ereditata
dal mondo antico.
in tutto il medioevo avevano buona fortuna i tratti “erbari” con elenchi di piante, descritte e illustrate nel loro aspetto e
nelle loro proprietà.
Il giardino dei monaci -> nell’altomedioevo le condizioni climatiche, sociopolitiche, ambientali e culturali determinarono
una crisi nell’agricoltura, floricoltura e frutticoltura. All’interno dei monasteri si riprese la coltivazione in spazi chiusi e
recintati nei quali si coltivavano tanto piante aromatiche e salutari quanto legumi, ortaggi, alberi da frutto per la mensa
comune e fiori per l’altare. La Regola benedettina prescrive che dentro il monastero si trovino sempre riserve d’acqua e
un hortus. I monasteri sono eredi in parte delle villae rusticae codificate da Varrone, quindi avevano diversi spazi destinati
alle colture: horti, frutteti/pomaria , giardini alberati o viridaria ed erbari/herbaria. Dal centro del chiostro benedettino (dove
vi era o un pozzo, o cisterna o albero) si dipartivano 4 bacini d’acqua o sentieri disposti in maniera cruciforme. Il chiostro
era immagine del paradiso terrestre e figura di quel Paradiso eterno della Gerusalemme celeste.
Erbe carolinge -> nel giardino medievale fiori e verdure saranno disposti in aiuole quadrate o rettangolari, elevate rispetto
al piano di calpestio, cinte di legno o mattoni, sistemate a scacchiera. L’orto monastico annulla tutte le conseguenze del
primo peccato. Nel piano dell’abbazia di San Gallo dell’820 tre spazi sono destinati alla coltivazione, con funzioni diverse:
un orto rettangolare (hortus) diviso in 18 aiuole su due lati, ciascuna con un’essenza; un giardino quadrato deputato alle
erbe e alle essenze medicinali (herbularius) con otto aiuole disposte lungo il perimetro e otto all’interno su due file; il terzo
spazio coltivato ad alberi da frutto è il cimitero-frutteto, con al centro la croce contornata dall’iscrizione che da i frutti della
salvezza, tra le tombe dei monaci avrebbero dovuto esserci quindici piante. Alcune di queste piante compaiono nel Libro
della coltura degli orti di Valafrido Strabone, monaco a Reichenau (in questo importantissimo testo le tecniche di
giardinaggio e orticoltura sono esposte in maniera semplice, pratica e moderna. vengono descritte sia specie utili che
ornamentali), e comparivano anche nel 795 nel Capitolare sulle ville di Carlo Magno (si imponeva nell’orto oltre 70 specie
di piante e alberi da frutto tutti diversi). Nel IX sec quindi l’elenco delle piante è abbastanza articolato.
L’Albero della vita -> nel X sec a Cluny il monachesimo benedettino viene trasformato e lo spazio riservato a chiostri, orti
e giardini sarà imponente. Nell’architettura benedettina i giardini erano importanti, perché spazi di fruizione comunitaria
ed essenziali per alcune regole benedettine riformate: i certosini (fondati nel 1084 da san Bruno di Colonia) devono vivere
in cellette separate all’interno di un comune recinto e a ciascuna di esse sia annesso un piccolo giardino; con i cistercensi
(Bernardo di Clairvaux) i simboli del giardino vengono trattati con intensità e profondità.
Per la mistica e folklore cristiani gli eventi fondamentali della storia dell’umanità (dalla creazione alla Resurrezione fino al
gaudio dei giusti) si svolgono in un giardino che deve essere conchiuso o limitato (per distinguerlo da ciò che non è
giardino), poi vi deve essere armonia tra natura e cultura (carattere architettonico dell’uomo), poi questo equilibrio subisce
un pericolo costante perché effimero. Il giardino diventa tempio e spazio sacro, quindi inviolabile, l’archetipo è il giardino
dell’Eden associato anche alla muraglia, quindi il giardino ha una bipolarità perché dolce all’interno ma inviolabile
all’esterno. La Bibbia ricorda tre grandi episodi di recinzione: l’Eden il cui ingresso è vietato ai Progenitori, la reggia e
Tempio di Salomone a Gerusalemme perché lo separa dal resto del popolo (anche se è quello Eletto), infine la
Gerusalemme Celeste nella visione apocalittica ha le mura di pietre preziose. Il giardino monastico si ricollega anche al
giardino del Cantico dei Cantici (opera più commentata nella letteratura monastica), un cercarsi e nascondersi fra amante
e amato, ricerca di Dio . Per Pier Damiani non c’è salvezza fuori dal monastero, invece per Bernardo di Clairvaux il
monastero è la vera Gerusalemme.
Alcuni vocaboli simbolici come l’albero al centro del giardino o la fonte ridisegnata come peschiera rimarranno nel
giardino “laico” dal Trecento(come nelle descrizioni dei giardini di Boccaccio), ovviamente cambieranno i valori simbolici,
ma i giardini europei anche moderni non possono essere considerati prescindendo dai precedenti monastici.
2. Alberi e fiori d’Oriente
Nei secoli centrali del medioevo (XI-XIII sec) vi è un intenso miglioramento per i giardini e gli orti occidentali, perché era
aumentata la temperatura, erano aumentati il livello demografico e la qualità della vita, era aumentata la domanda e
offerta di generi alimentari, vi era un’attenzione e cura maggiore nei confronti della natura dovuti agli insegnamenti di
teologia e neoplatonismo della scuola di Chartres e della sensibilità di Francesco d’Assisi e una conoscenza di nuovi
modelli portati dalla tradizione islamica (in Spagna, Sicilia, Egitto, Siria-Plestina) proveniente dai Persiani. Tantoché arabi
e persiani erano abilissimi nelle tecniche di irrigazione, coltivazioni specialistiche e innesti, proprio per dominare la natura
arida dei luoghi di origine. Il Corano promette giardini e vergini per i fedeli. L’Islam aveva ereditato dalla cultura persiana
la struttura tipica dei giardini-paradiso di Ciro e di Cosroe, che hanno influenzato anche l’Eden biblico: immensi parchi-
giardino distinti in quattro parti da due canali perpendicolari che s’incrociano e all’incrocio un’isola artificiale considerata
Montagna Sacra centro dell’universo (ripreso dall’Islam). Il modello primario è il “giardino quadruplo” tchahar bag in
persiano. Al centro del parco-giardino si ergeva un padiglione che riparava un trono, da questa struttura quadrata
partivano quattro grandi bacini disposti a cruciforme verso i punti cardinali, gli spazi delimitati erano tagliati da una rete di
canali minori che si alternavano ad aiuole fiorite. Con l’Islam i canali, i sentieri e le aree destinate alla coltivazione era
soggetti alla matematica e geometria, infatti nel X-XI il matematico al-Biruni nella sua Cronologia insegnava ad
apprezzare la geometria e il contrasto cromatico come aspetti dell’ordine cosmico. Ma anche per i musulmani e i cristiani
il paradiso era il giardino e specchio della terra.
Paradisi giardini -> mentre i persiani rendevano i giardini dei paradisi in terra, in seguito gli arabi renderanno l’idea del
paradiso un giardino con fiumi di miele, latte, vino, acqua dolce, dove le donne sono sempre vergini e gli alberi danno cibi
già pronti, dove fioriscono gemme e profumi. L’antico modello musulmano cambiava in base alle zone, dalla Spagna alla
Sicilia, in base agli incontri col modello cristiano. Tramite Costantinopoli si rinnovò la botanica medica nella Spagna
araba, rileggendo il trattato di botanica in greco di Dioscoride tradotto in arabo. Nacquero gli orti botanici in Spagna.
Anche l’Egitto fu un altro grande centro di elaborazione dell’arte dei giardini, destinato a influenzare gli occidentali. Poco
resta di questi giardini, ma all’epoca vennero diffusi dai visitatori e pellegrini. Stessa sorte hanno subito quelli persiani dei
quali rimangono pochissime tracce da Baghdad a Samarcanda, furono danneggiati dall’ondata dei mongoli di Gengis
Khan a metà XIII sec, ma vennero ricostruiti dagli stessi il khan tartaro-persiani tra XIV-XV sec.
Simboli e ricchezze dei giardini. Palermo -> tra X-XII (musulmani, normanno-svevi) è un luogo di incontro di culture
diverse che esaltano i giardini. Al-Idrisi (geografo e naturalista arabo) descrive Palermo con: ovunque corsi d’acqua e
canali, pozzi, mulini, verzieri e giardini di piacere, portici, cortili e logge fiorite. Attorno alla città si riescono a controllare le
zone umide e paludose attraverso una rete di canali, quindi anche all’esterno vi sono giardini dove si coltiva la canna da
zucchero, datteri, agrumi, portando ricchezza. I sovrani normanni e Federico II trasformeranno i palazzi in simboli del
potere. Alla fine del XII sec è il testo di Pietro da Eboli il Libro in onore di Augusto (dove Augusto è Enrico IV di Svevia) nel
quale viene descritto il Viridarium Genoard realizzato dal re normanno Guglielmo II, alla morte di questo gli abitanti dei
quartieri piangono nel Viridarium perché idealmente rimanda al potere del re, quindi lo inseriscono nel contesto urbano e
gli affidano una valenza simbolica e politica. Palermo diviene una città-giardino, per la bellezza del verde e l’abbondanza
delle acque, i giardini riempiono ogni spazio e vederli è un piacere per gli occhi.
I solatia palermitani sono complessi solenni ed eleganti residenze, specchi d’acqua, parchi, giardini ordinati per fornire al
sovrano un sollievo dalle cure di governo che riprendono un modello persiano giunta in Sicilia tramite gli arabi e sul