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Filippo Longo e con Bona di Guelfuccio: si può vedere il carattere maturo di Francesco, rispettoso delle categorie morali e sociali che si
è lasciato alle spalle. Francesco si preoccupa anche della scelta di Chiara e ne parla col vescovo Guido: nella Domenica delle Palme
del 1211/2 Chiara non ancora diciottenne si apprestava ad abbandonare il tetto domestico senza preavviso. La notte arrivò alla
Porziuncola dove ad aspettarla vi erano i frati con le torce accese, le tagliarono i capelli in segno di penitenza, si spogliò degli abiti
ricchi e indossò la veste ruvida e non tinta, venne condotta dalle monache benedettine di San Paolo tra Assisi e Perugia. Lì provarono
a tirarla fuori i parenti di Chiara, ma lei fece vedere loro i capelli tagliati, segno sia della condizione di penitente che protezione
ecclesiastica. La tensione era tale che Francesco fece spostare Chiara in un altro monastero benedettino, quello di Sant’Angelo in
Panso, sotto la giurisdizione dell’abate di San Pietro del Subasio (lo stesso che gli aveva concesso la Porziuncola). Anche le due
sorelle di Chiara (Caterina e Beatrice) insieme alla madre presero i voti. Quindi Chiara e le sue compagne (che intanto erano a loro
volta divenute un piccolo nucleo) vennero spostate presso la chiesetta di San Damiano. Alle povere dame però non si confacevano né
la mendicità, né la predicazione né l’erranza. Da Innocenzo III ricevettero l’approvazione del diritto di vivere per sempre senza
possedere nulla di proprio, il cosiddetto Privilegium paupertatis, ma il quale venne approvato in forma scritta nel 1228 da Gregorio IX.
La Regola di Santa Chiara verrà però approvata nel 1253 da Innocenzo IV, anche se era da tempo una religio, un vero e proprio
Ordine. Francesco molto raramente concesse loro la sua compagnia, non per evitare scandali, ma perché il godere della presenza
degli amici andava contro il loro obiettivo di vita. Una volta che fu infermo e ospite a San Damiano venne da lui frate Elia per chiedergli
di predicare davanti le dominae, adunate le suore alzo gli occhi al cielo e stette a lungo in preghiera, si fece portare della cenere, ne
sparse a cerchio intorno a lui e se la gettò in testa, poi dopo aver recitato il Miserere si alzò rapidamente e se ne andò lasciando le
dominae stupite e forse deluse. Tommaso da Celano scrive che le suore si sciolsero in lacrime una volta capita l’azione di Francesco.
La predicazione di Francesco era simile a molti altri, ma la sua unicità fu nell’offrire alla Cristianità del tempo e alla Chiesa del tempo
ciò di cui essa aveva bisogno. La vocazione francescana era aderire con tutto se stesso e in ogni istante della vita al modello del Gesù
evangelico. Per Francesco era il cavaliere errante, il povero cavaliere, che esercita un fascino esemplare. Il re di Francia san Luigi,
devoto a Francesco e terziario del suo Ordine, ripeteva che il ruolo del cavaliere era difendere la fede con la spada lasciando le
speculazioni teologiche agli altri. Era l’agere posto a fondamento del cavaliere e dell’uomo di Assisi. Preziosa guida era l’esempio dei
giullari. Nel 1213 (o nel 1224 se consideriamo i Fioretti), l’8 maggio festa dell’Apparizione dell’arcangelo Michele, alla festa di
addobbamento di un “cavaliere novello” a San Leo, nel Montefeltro, capitò Francesco che insieme a frate Leone era diretto in
Romagna. Per la chiesa questo tipo di eventi era considerato negativamente per la troppa mondanità, ma può darsi che Francesco
ancora amava il mondo cavalleresco. Comunque Francesco predicò un versetto d’amore erotico per farsi ascoltare da tutti quei
mondani, tra di essi vi era un nobile signore del Casentino, un certo Orlando da Chiusi che nel 1213 donò a frate Francesco il monte
della Verna (non cessione di proprietà, ma concessione), quindi Francesco accetta per non far rifiuto al nobile. La distanza tra i
francescani e gli Ordini monastici tradizionali sta nel vagabondare, l’instabilità e l’insicurezza. I monaci apprezzavano la stabilitas loci e
non avevano in simpatia i clerici vagantes, ma il viaggiare era un’esperienza comune di un po’ tutti i laici, Francesco amava il
pellegrinaggio, nel 1211 aveva provato a raggiungere la Terrasanta, ma le tempeste lo avevano spinto sulle coste della Dalmazia da
dove era riuscito a tornare ad Ancona, oppure nel 1212 intraprese il pellegrinaggio a Roma. Viaggi minori si alternavano a quelli
maggiori, quindi nel 1213 tra Marche e Romagna, tra 1213/4 - 1214/5 iniziano i grandi pellegrinaggi presso gli infedeli (voleva arrivare
in Marocco, ma si ferma a Santiago de Compostela). Nel 1215 al Concilio Laterano IV Francesco conobbe l’importanza del tau,
secondo Bonaventura il frate tracciava un Tau sulle sue lettere e lo considerava segno di redenzione e salvezza. Dopo il Concilio
l’affermarsi del francescanesimo anche oltralpe è significativo: prima i sacerdoti e autorità ecclesiastiche locali non accoglievano
gradatamente i francescani, anzi a volte li consideravano eretici. Prima del 1216 Francesco decise che la sua fraternitas si sarebbe
chiamata “dei frati minori”, riprendendo un passo della forma vitae del 1209/10. Nel capitolo generale tenutosi a Porziuncola nel 1217
si decisero le missioni oltralpe e oltremare: Egidio partì per Tunisi, Elia per la Siria, Francesco per la Francia, vari frati per la Spagna, la
Germania e l’Ungheria. Sulla Via Francigena Francesco venne fermato a Firenze dal cardinale Ugolino d’Ostia che si trovava lì come
legato papale per organizzare la grande spedizione crociata decisa dal Concilio. L’incontro fiorentino creò le basi per una
collaborazione. Ugolino gli ricordò come l’esperienza di Francesco venisse considerata ancora con sospetto e lo invitò a rimanere in
Italia. I problemi iniziarono con l’aumentare dei frati, perché ognuno di loro aveva esperienze e intenzioni di vario genere,anche frati
inesperti venivano mandati due a due a predicare, mentre chierici e sacerdoti ambivano a vestire il saio, attizzando gelosie. Verso la
fine del Sacrum Commercium i frati conducono Povertà su un’altura elevata e, mostrandole l’ampio panorama tutto in giro,
proclamano: “Questo è il nostro chiostro, o Signore”.
9. “Nella presenza del soldan superba”
Tra 1219/20 altre missioni di francescani si diressero in Francia, Germania, Ungheria, Spagna e Marocco, ma in Francia vennero
scambiati per catari (e solo la mediazione della Curia romana riuscì a sistemare tutto), invece in Germania arrivarono in un sessantina
senza conoscere la lingua del posto e furono scambiati per eretici e sbattuti in galera, in Marocco addirittura furono martirizzati. Il 24
giugno del 1219 Francesco si imbarcò ad Ancona alla volta di Acri accompagnato da Pietro Cattani, lì li attendeva Elia inviato in Siria
già nel 1217. In Italia sarebbero rimasti Matteo da Narni nella Porziuncola e Gregorio da Napoli che avrebbe dovuto spostarsi di
continuo tra una comunità minoritica all’altra. La visita di Francesco segna il decollo del rapporto tra Ordine dei Minori e Terrasanta. La
crociata non è mai stata guerra di religione, ma si configura come pellegrinaggio durante il quale (in deroga alla normativa ordinaria
riguardante i pellegrinaggi) la necessitas consente l’uso delle armi e scopo del quale è la conquista, la difesa o (dopo il 1187) la
riconquista dei Luoghi Santi. Attorno alla crociata (termine tuttavia ancora non entrato nel lessico ufficiale) stava nascendo tutta una
scienza giuridica che l’avrebbe trasformata in una macchina complicatissima di pressione politica e fiscale. Francesco non poteva
essere contrario alla crociata, sia per un motivo esterno e disciplinare (legato all’obbedienza rispetto alla gerarchia ecclesiastica) e
l’altro motivo era spirituale (connaturato ai tempi e a lui stesso). Gli eretici predicavano contro la crociata. La crociata del 1213 era figlia
della Chiesa perché voluta dallo stesso papa Innocenzo III. Inizialmente Francesco considerava la crociata con gli occhi del fedele, del
chierico e del pauper del tempo: quindi un pellegrinaggio per vedere la Casa del Padre, è il Nuovo Esodo, la marcia del popolo eletto
verso la Terra Promessa, il cristiano medita sulla vita come insicuro e tempestoso passaggio, sulla sua transitorietà. Francesco vedeva
la crociata come occasione del martirio, la forma più alta e pura della testimonianza cristiana. Tornato dal suo viaggio avrebbe detto
nella sua Regola del 1221 che qualunque frate avesse voluto andare dagli infedeli sarebbe stato libero di andare, però si sarebbe
dovuto comportare in due modi: non avrebbe dovuto litigare o fare dispute, ma soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio, e
avrebbero dovuto confessare d essere cristiani, l’altro modo è annunziare la parola di Dio affinché essi credano in Dio Onnipotente.
Inoltre Francesco non ignorava cosa succedeva nella crociata, l’accampamento crociato era la negazione di quel che avrebbe dovuto
essere, c’era vizio e violenza. Dura prova per i Minori. Il motivo della simpatia che Francesco aveva per il mondo arabo-musulmano ci
è oscuro, sicuramente le chansons de geste davano l’immagine dei musulmani quali esseri feroci, mostruosi, ispirati dai demoni,
tuttavia la tradizione cavalleresca che Francesco conosceva parlava di un Oriente magico, meraviglioso e dei guerrieri dell’islam com
prodi e cortesi anche se fieri. Il viaggio per mare alla volta della Terrasanta fece scalo ad Acri prima di arrivare a Damietta. La fonte più
certa di questo viaggio è quella di Giacomo da Vitry vescovo d’Acri che aveva un particolare interesse per i Minori anche se era
preoccupato dall’entusiasmo disordinato che stava prendendo il movimento. Il vescovo scrive che quando i Minori iniziano ad
annunciare il Vangelo si fermano ad ascoltarli anche i saraceni . Arrivato a Damietta Francesco rimase nell’accampamento cristiano
prima di andare in quello del sultano. Della sua permanenza in quello crociato sappiamo poco, Tommaso da Celano dice che
sconsigliò i crociati dal combattere perché Dio gli aveva rivelato che essi sarebbero stati sconfitti (forse la battaglia del 29 agosto
1219), ma è poco probabile che predicasse di deporre le armi. Secondo Guglielmo di Tiro che redasse la Histoire de Eracles
Francesco sarebbe rimasto al campo crociato fino alla presa di Damietta. È possibile proporre una cronologia del genere: giunto ad
Acri verso la fine di luglio si trattenne lì qualche giorno o settimana, arrivò a Damietta ad agosto e assisté alla infausta giornata del 29,
s’incontrò con il sultano dopo quell’episodio e prima della presa della città (quindi fra settembre e ottobre), dopo la conquista della città
seguirono due anni di lotte a la ripresa musulmana nel 1221. Tuttavia Francesco lasciò il delta del Nilo nel 1219. Francesco approfittò
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