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ASTRI MEDICEI
Galileo anticipa le scoperte che tratterà in seguito e quindi afferma in
primo luogo che grazie al suo cannocchiale potè vedere oltre alle
numerose Stelle Fisse che si possono facilmente vedere con la naturale
facoltà visiva altre innumerevoli stelle e che la Luna non è rivestita da una
superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale e come la Terra ricoperta
di profonde valli e anfratti. In questo modo Galileo dimostra che la natura
e le caratteristiche dei corpi celesti non sono in nulla diversi da quelli del
nostro pianeta e quindi Galileo voleva abbattere la distinzione che vigeva
tra una fisica dei cieli, perfetti e immutabili, costituiti da una
“quintessenza” diversa dai quattro elementi che costituivano il nostro
mondo, e una fisica terrestre, applicabile a una realtà imperfetta e
corruttibile. Infine annuncia la scoperta di quattro stelle erranti, ovvero i
quattro satelliti di Giove.
Successivamente Galileo racconta come gli si presentò l'occasione di
perfezionare il cannocchiale e quindi ci narra che circa 10 mesi fa giunse
alle sue orecchie la voce che un certo Fiammingo (olandese, identificato
secondo la tradizione con un fabbricante di occhiali di nome Hans
Lipperhey) aveva fabbricato un occhiale mediante il quale gli oggetti
visibili, per quanto molto distanti dall'occhio dell'osservatore si vedevano
distintamente come se fossero vicini. Galileo si procurò quindi questo
strumento e lo perfezionò costruendo il cannocchiale e puntandolo verso il
cielo potè vedere da vicino la luna e le stelle, e iniziò a misurarne le
distanze. La superficie lunare
Galileo espone le sue osservazioni effettuate dal 7 gennaio al 2 marzo del
1610 e inizia in primo luogo a parlare della faccia lunare e la divide in 2
parti, una più chiara e una più scura. Osservando ad occhio nudo la
superficie lunare notò grandi macchie scure e grazie al cannocchiale scoprì
che accanto ad esse ne esistevano molte altre di dimensioni inferiori che
ricoprivano la parte più lucente della luna. Da queste macchie lunari
Galileo giunge alla conclusione che la superficie della Luna non è affatto
liscia, uniforme e di esatta sfericità, ma disuguale, scabra, ricca di cavità e
sporgenze come la faccia della Terra. Inoltre Già dal quarto o quinto
giorno dopo la congiunzione, ovvero quando la Luna si interpone tra la
Terra e il Sole, diventando così invisibile dal momento che il Sole illumina
la faccia opposta al nostro pianeta, ed è quindi la fase del Novilunio, il
termine che divide la parte oscura dalla parte luminosa non si stende
uniformemente secondo una linea ovale come in un solido perfettamente
sferico dovrebbe accadere e quindi netta e geometrica sarebbe dovuta
essere la demarcazione tra la parte illuminata e quella in ombra se fosse
stata vera la teoria dei peripatetici circa la perfetta sfericità dei corpi
celesti. Ma è segnato da una linea disuguale e sinuosa. Infine Galileo
osservò che le macchie lunari erano le ombre delle montagne proiettate
dalla luce del Sole. Il Secondo Candore
Galileo confuta l'obiezione che sostiene che per l'asperità (irregolarità)
della superficie, la luna al plenilunio (fase della luna durante la quale
l'emisfero lunare illuminato dal sole è interamente visibile dalla terra, in
altri termini la luna piena), dovrebbe mostrare bordi irregolari e scabri,
mentre appare perfettamente circolare. Galileo confuta questa obiezione
con 2 spiegazioni: la prima è che vi sono molti monti e molte valli e a chi
guarda da lontano essi si manifestano secondo una linea uniforme e per
nulla tortuosa; la seconda spiegazione è che intorno al corpo lunare c'è un
involucro di gas che illuminato dai raggi solari confonde la vista
maggiormente sui bordi. In seguito Galileo tratta del fenomeno del “lume
secondario” della luna, quella che oggi si chiama luce cinerea, da lui
chiamato “secondo candore”. Si tratta del fenomeno che si presenta
quando della parte illuminata della luna si vede come una piccola falce e la
parte in ombra non è del tutto buia poiché è presente un chiarore
attribuibile alla riflessione della luce solare sulla terra.
La causa del fenomeno è un motivo molto dibattuto: per alcuni è la luce
propria emessa dalla Luna, per altri è la luce riflessa proveniente da
Venere, per altri da tutte le stelle, per altri è la luce del sole.
Galileo prosegue confutando tutte queste spiegazioni: non può essere luce
propria o delle stelle, altrimenti la luna la manterrebbe anche nelle eclissi e
il chiarore lunare nelle eclissi è molto minore e rossiccio mentre questo è
più intenso e bianco; Non può provenire da Venere perchè è impossibile
che nel periodo tra la congiunzione (Novilunio) e il sestile la parte della
luna opposta al Sole sia rivolta verso Venere e infine è impossibile che sia
la luce solare che penetri e impregna di sé la solidità della luna poiché se
così fosse tale candore non diminuirebbe mai, perchè un emisfero della
luna è sempre illuminato dal sole (salvo durante le eclissi).
Poichè il fenomeno non è dovuto a luce propria o del Sole o di altre stelle,
Galileo conclude che questo “secondo candore” proviene dalla Terra.