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OPERE IN LATINO
1. “De Aetna”: uscita per i tipi di Aldo Manunzio, è un opuscolo in forma dialogica. E' un
dialogo tra Pietro e Bernardo sulla descrizione di fenomeni vulcanici. Vi è un applicazione
degli strumenti della filologia ad argomenti di carattere scientifico;
2. “De Vergili gilici et Terenzi fabulis (vedi internet)”: dedicata a Ercole Strozzi che aveva
conosciuto a Ferrara e da questo capiamo che quest'opera è stata scritta prima del 1530
perchè legata al periodo ferrarese quindi si ipotizza che sia stata scritta nel 1497-1503.
Forma di dialogo in cui sono presenti le commedie di Terenzio e il Gulex di Virgilio (La
zanzara). Bembo corregge con la filologia passi di queste opere.
3. “De imitatione”: raccolta di Carmina (poesie latine), opuscolo di estetica, lettera responsiva
indirizzata nel 1513 al nipote di Pico della Mirandola che aveva scritto una lettera a Bembo
in cui gli sottopone una questione di estetica, ovvero il problema dell'imitazione. Giovanni
Francesco Pico argomenta la questione ricorrendo ai temi della filosofia platonica: in
ciascuno di noi è presente l'idea della bellezza universale informa inquinata dalle peculiarità
individuali di ciascun soggetto: nessuno può dare forma alla bellezza universale che si
accompagnerà sempre a qualche difetto. Quindi bisogna leggere, assimilare una molteplicità
di scrittori e da essi distillare la nostra idea di bellezza universale. Bembo risponde a Pico
con questa raccolta e sostiene che bisogna imitare lo stile che si ha scelto come proprio
modello riproducendo tutta la sua struttura e quel modello deve essere il migliore possibile.
Nel campo della prosa Latina Bembo guarda a Cicerone, in quella della poesia a Virgilio.
OPERE IN VOLGARE
1. “Gli asolani”: scritti durante il soggiorno ferrarese, prima edizione a stampa per i tipi di
Aldo Manunzio 1505. E' un dialogo di 3 giornate nella villa della regina di Cipro Caterina....
ad Asolo. Ricalca il titolo dall'opera di Cicerone per il fatto di affermare la pari dignità del
volgare rispetto al latino. Sono 3 giorni di discussione tra 3 giovani ovvero Perotino,
Gismondo e Lavinello in presenza di 3 donne che assistono alla conversazione senza parlare.
I discorsi sono interrotii dalla recitazione di componimenti poetici composti dai giovani
(dialogo più prosimetro (prosa e poesia)). E' un trattato d'amore che riprende la concezione
platonica. La novità sta nell'aspetto linguistico. Durante la prima giornata Perotino, amante
infelice, parla contro l'amore e dichiara che è fonte della maggior parte delle sofferenze del
genere umano. Nella seconda giornata, Gismondo che è invece amante felice, loda l'amore
come un impulso naturale che ci viene da Dio non peccaminoso, è fonte di gioia . Lavinello
invece parla di un amore a livello più alto, un amore che non genera sofferenza ma che può
essere goduto eternamente, cioè quello contemplativo, un amore che è fonte di salvezza.
Gli asolani sono una novità per quanto riguarda le scelte stilistiche adoperate da Bembo.
Egli fornisce un esempio per quello che egli intende per lingua volgare, una lingua costruita
sui grandi modelli letterari del 300, ricondotta alle sue forme più pure. (Principio dell'ottimo
modello: imitazione). Per ogni genere deve esserci quindi un unico modello, Petrarca per la
poesia e Boccaccio per la prosa;
2. “Le rime”: è tutta la sua produzione lirica che risale agli anni della sua giovinezza, le prime
circolano in forma di manoscritti con singoli testi. Nel 1530 organizza i testi in un
canzoniere e riprende quindi il modello di Petrarca inserendo canzoni, ballate e sonetti,
mentre i capitoli rimandano ai Trionfi di Petrarca. Rappresenta quindi una ripresa del
modello di Petrarca in una forma organica e compiuta e quindi Bembo da il via al
Petrarchismo. Petrarca diventa per lui il modello unico e assoluto della poesia lirica 500esca;
3. “Le prose della volgar lingua”: dialogo immaginario svolto a Venezia nel dicembre del
1502 ( dalla data possiamo capire che le sue idee risalgono prima del 1505). E' un dialogo
tra il fratello di Pietro, Carlo Bembo che interviene in funzione di portavoce delle idee di
Pietro, Ercole Strozzi (poeta latino ferrarese) che rappresenta le posizioni degli intellettuali
di posizione umanistica che guardano al volgare con sospetto, Giuliano de' Medici (terzo
figlio di Lorenzo) e il cardinale e arcivescovo Federico Fregoso. Si articola in 3 libri:
1. Bembo alla ricerca delle origini del modello volgare fa risalire le mescolanze del latino
con la lingua dei barbari invasori e si afferma il primato del volgare fiorentino su tutti gli
altri volgari italiani per il fatto che il volgare possiede un'alta maturità letteraria e espressiva
grazie all'opera delle 3 corone. La lingua volgare di Bembo è una lingua scritta e letteraria e
per Bembo la lingua deve fondarsi sull'autorevolezza dei suoi scrittori. La discussione parte
da un'affermazione di Giuliano che fu uso di un termine fiorentino che gli altri non
comprendono, cioè Rovaio che indica il vento di tramontana. Ercole Strozzi attacca la lingua
volgare e afferma che è una lingua vile, rozza e plebea. Carlo Bembo sostiene invece la
piena dignità del volgare e afferma il primato fiorentino sugli altri volgari italiani. Secondo
Bembo per scrivere un buon italiano bisogna scrivere come i fiorentini del 300. Le critiche
che sono state fatte a Bembo per le sue scelte linguistiche sono il fatto che egli abbia
limitato la produzione della letteratura italiana. La sua lingua è adatta alla filosofia morale,
alla poesia ma non è adatta per la rappresentazione della lingua quotidiana. Bembo come
modelli guarda per la prosa Boccaccio e per la poesia Petrarca ma non Dante perchè
quest'ultimo presenta problemi in base al suo plurilinguismo e pluristilismo e quindi Dante
presenta una lingua non omogenea ma una molteplicità di registri e soluzioni stilistiche.
Bembo pensa per lo più a una lingua con un registro alto e omogeneo che esclude gli aspetti
più bassi della realtà. Bembo guarda agli autori del 300 e non ai suoi contemporanei poiché
sostiene che dopo le 3 corone la lingua volgare ha subito un processo involutivo: ai suoi
tempi è troppo sbilanciata da una parte verso il latino o verso le forme parlate e quindi ha
perso il suo equilibrio che aveva raggiunto con le 3 corone.
2. Nel secondo libro c'è l'esposizione delle principali norme stilistiche relative al volgare
letterario, ovvero la scelta e la disposizione delle parole e si afferma la trattazione delle
questioni legate al ritmo del periodo per quanto riguarda la prosa e alla metrica per quanto
riguarda la poesia. Ricordiamo che Bembo guarda alla prosa di Boccaccio per quanto
riguarda la cornice del Decameron e non alle novelle.
3. Nel terzo libro espone i precetti della grammatica della nuova lingua letteraria italiana,
trattando una per una le parti del discorso (nome, articoli, verbi ecc..). La lingua volgare ora
possiede una grammatica e quindi può collocarsi in una prospettiva di pari dignità con il
latino. IL DIBATTITO SULLA QUESTIONE DELLA LINGUA
La Questione della lingua inizia con l'uscita delle seguenti opere:
1. 1501/1502: escono le edizioni del Canzoniere di Petrarca e della Commedia di Dante
curate da Bembo e stampate da Aldo Manunzio. Qui Bembo applica la lezione della
filologia umanistica 400esca a 2 testi volgari;
2. 1504: “Arcadia” di Sannazaro (poeta umanista napoletano) che era giunto a elaborare un
volgare che si muove nella direzione di una base fiorentina ricondotta alle 3 corone, quella
imposta da Bembo. L'arcadia entrò nel dibattito come modello delle scelte che tendevano a
guardare come punto di riferimento i modelli del 300;
3. “Gli asolani”: 1505.
Linee che si oppongono alla proposta di Bembo;
1. Linea della lingua cortigiana o lingua comune: i sostenitori sostengono l'idea di una lingua
modellata su quella parlata nelle corti italiane, in particolare la curia pontificia di Roma.
Accettano vocaboli comunemente usati al livello più alto nella lingua di conversazione
pubblica quindi elementi delle altre parlate locali purchè parlate nelle corti. Tra loro vi è
Baldassar Castiglione che nel suo 1 libro della sua opera il “Cortegiano” dedica una
sezione che affronta la questione della lingua: la lingua ideale è quella dell'uomo di corte e
qui vi è un confronto tra Federico Fregoso che sostiene le idee di Bembo e Ludovico di
Canossa che sostiene che la scelta di Bembo (secondo anche Castiglione) cade al vizio di
fare uso di vocaboli e parole che non tutti possono capire e quindi è una sorta di snobismo, o
come la chiama lui “affettazione”. Nel 1528 tuttavia le idee di Bembo si impongono; infatti
la seconda edizione dell'Orlando Furioso verrà corretta per uniformarlo alle norme di
Bembo;
2. GianGiorgio Trissino (1478-1550) sostiene che la lingua di Dante e Petrarca non è
fiorentino poiché già in loro vi è una mescolanza di lingue parlate diverse e quindi vengono
definiti italiani e non fiorentini. Fonda quest'idea sul De vulgari eloquenza di Dante. A
Padova Trissino scopre un manoscritto di quest'opera, la rimette in circolazione e la pubblica
con una sua traduzione. Questo trattato linguistico dantesco ha lo scopo di individuare il
volgare illustre adatto alla forma poetica più alta, ovvero alla canzone, e quindi Dante
prende in esame le diverse parlate delle regioni italiane e le scarta tutte. Trissino interpreta il
criterio dell'eliminazione dei dialetti nel senso della mescolanza: sostiene che il volgare
illustre di Dante è quello della mescolanza delle varie parlate. (forzatura) e nel “Castellano”
nel 1529 espone le sue idee sulla lingua;
3. Proposta del fiorentino vivo, moderno e contemporaneo. Ricordiamo il “Discorso intorno
alla nostra lingua” di Machiavelli del 1524 in cui sostiene che la supremazia del fiorentino
non è dato dall'elaborazione delle 3 corone ma dalle sue caratteristiche intrinseche della
lingua, l'armonia e la purezza che appartengono alla lingua indipendentemente dalle 3
corone. E quindi bisogna ricorrere al fiorentino vivo.
Il dibattito si conclude con le vittorie delle idee di Bembo nella seconda metà del 500, processo che
giunge a maturità con Benedetto Varchi, Leonardo Salviati e Vicenzio Borghini.
Nel 1582 vi è la fondazione dell'accademia della crusca che ha la finalità di tutelare e salvaguardare
il patrimonio della lingua fiorentina, quella che è diventata la lingua italiana. Compila un
vocabolario storico (in cui si documenta i diversi usi di ciascun vocabolo) della lingua italiana nel
1612. Con le